Che democrazia è se teme i simboli?

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LexImperat
00sabato 26 febbraio 2005 10:44
Che democrazia è se teme i simboli?

di Massimo Fini - da "Il Resto del Carlino"


Qualche settimana fa, dopo la goliardata del principino Harry
che a una festa in maschera si era presentato vestito da
nazista, suscitando grande scandalo, il neocomissario europeo
alla Libertà, Giustizia e Sicurezza, Franco Frattini, che
evidentemente non ha cose più importanti cui pensare, aveva
proposto di «bandire totalmente, per legge, in modo chiaro ed
esplicito, ogni simbolo che ricordi la dittatura nazista».
Iniziativa accolta dal plauso delle sinistre, europee e
italiane che non saranno più comuniste ma che dei comunisti
d’antan conservano il vizietto censorio senza averne però
l’intelligenza.
Quando infatti, nei primi anni Cinquanta, si discuteva in
Parlamento la legge che vietava la ricostituzione, in
qualsiasi forma, del Partito fascista (la cosiddetta «legge
Scelba»), uno degli avversari più ostinati fu proprio Palmiro
Togliatti, il segretario del Pci. «Il Migliore» capiva
benissimo che si comincia con i fascisti e si va a finire con
i comunisti. Allora, con il Pci molto forte e con alle spalle
l’Unione Sovietica, non si osò, ma adesso che il vento è
cambiato l’iniziativa di Frattini è stata colta al volo da due
zelanti eurodeputati, l’ungherese Josef Szaier e il lituano
Vytautas Landsbergis, che hanno proposto di estenderla alla
falce, al martello e agli altri simboli del comunismo.
A questo punto le sinistre hanno gridato al sacrilegio e ne è
seguita la solita, stucchevole, diatriba se nazismo e
comunismo, in quanto totalitarismi, possano essere messi sullo
stesso piano. Ma qui in realtà il problema non riguarda i
totalitarismi di ieri, ma la democrazia di oggi. Sembra
infatti che man mano che trionfa sui suoi antagonisti
(nazismo, comunismo, Islam, culture tradizionali) la
democrazia perda coscienza di propri presupposti e diventi, a
sua volta, concettualmente totalitaria. Abolire i simboli
delle culture antagoniste è infatti una concezione, un metodo
e una prassi proprie dei totalitarismi, in diametrale
contrasto con i principi della democrazia.
Una democrazia infatti è tale solo se accetta che nel suo
ambito abbiano libero corso tutte le idee, anche quelle che le
paiono più aberranti e ad esse antitetiche. La democrazia è un
metodo e in essa ogni opinione ha diritto di esistere e di
esprimersi, anche attraverso i propri simboli, si tratti della
falce e martello, della svastica o di quant’altro, purché
rinunci a farsi valere con la violenza. Questo è il solo, ma
decisivo, discrimine. Punto e basta.
Dirò di più, liberticide, e quindi antidemocratiche, sono
anche le norme che puniscono «l’odio razziale», come, in
Italia, la «Legge Mancino» contro la quale in questi giorni
sta manifestando la Lega, ministro Calderoli in testa, perché
sei suoi esponenti sono stati condannati per istigazione
all’odio razziale. Per la verità i leghisti, con l’ottusità
che li contraddistingue, non protestano contro la legge ma
contro il magistrato, Papalia, che l’ha applicata,
coerentemente e correttamente visto che esiste e del resto i
leghisti non avevano mosso orecchia quando dalla «Legge
Mancino» erano stati colpiti esponenti di Forza Nuova,
naziskin e altri stracci della destra estrema. L’odio è un
sentimento e, ancor meno che alle idee, non gli si possono
mettere le manette. Io ho il diritto di odiare chi mi pare e
di manifestare questo mio odio. Ho diritto di essere razzista
e di dichiararlo.
Nel momento in cui però torco anche un solo capello
all’oggetto del mio odio o del mio razzismo, devo essere
accompagnato d’urgenza nelle patrie galere e punito con leggi
adeguate. Il discrimine, lo ripetiamo, è l’azione, è la
violenza, anche la più piccola.
Infine la strada delle epurazioni, di ideologie, di simboli,
di persone, oltre che grottesca (non potremo più portare,
nell’Europa Unita, la camicia nera o rossa o bruna o magari
anche verde? Dovremo abbattere la Casa della Cultura all’Eur,
la Stazione Centrale e il Palazzo di Giustizia di Milano e
quel che resta, mi pare la facciata del Museo della pittura di
Hitler a Berlino, perché ricordano il nazifascismo? E anche lo
«stile Impero», diciamo la verità, è un po’ sospetto. E, come
nel «1984» di Orwell, Parodia dell’Unione Sovietica sotto
Stalin, espungeremo dalle enciclopedie, dai testi e persino
dal linguaggio, i termini indesiderabili e i nomi «maledetti»)
è scivolosa e pericolosa anche per chi la imbocca. Epurare
significa eliminare in nome della «purezza», in questo caso
della purezza democratica. E, come diceva il vecchio e saggio
Nenni, «alla fine trovi sempre uno più puro di te che ti
epura».
Werty74
00sabato 26 febbraio 2005 11:03
Alcuni tratti condivisibili, ma nel complesso non condivido il monito dell'anarchico Massimo Fini che, in pratica, ritiene giusto abolire leggi sacrosante come la "Mancino" e la Scelba che vietano la ricostituzione del partito fascista e l'odio razziale.
Molto bello il passaggio sulla questione che questa finta democrazia sta vietando tutto, diventando (....veramente è già diventata e lui lo sa perchè è il primo che ha subito le conseguenze della trasformazione dallo stato repubblicano nella seconda repubblica neofascista) uno stato "totalitario".
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