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La P2? Presto P3 e P4.. dai diari della Anselmi

Ultimo Aggiornamento: 25/03/2011 16:06
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25/03/2011 11:58
 
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Il 17 marzo 1981 il colonnello Vincenzo Bianchi si presenta a Villa Wanda, a Castiglion Fibocchi, vicino ad Arezzo, residenza dell'allora quasi sconosciuto Licio Gelli. Ha in tasca un mandato di perquisizione dei giudici milanesi Giuliano Turone e Gherardo Colombo, che indagano sull'assassinio Ambrosoli e sul finto sequestro di Sindona, mandante del delitto. Dopo qualche ora di lavoro, l'ufficiale riceve una telefonata del comandante generale della Finanza, Orazio Giannini. Si sente dire: «So che hai trovato gli elenchi e so che ci sono anch'io. Personalmente non me ne frega niente, ma fai attenzione perché lì dentro ci sono tutti i massimi vertici». Poche parole, dalle quali Bianchi è colpito per la doppia intimidazione che riassumono. Cioè per quel «non me ne frega niente», che esprime un assoluto senso d'impunità. E per quel «tutti i massimi vertici», che capisce va riferito ai vertici «dello Stato e non del corpo» di cui lui stesso indossa la divisa.
Ed è proprio vero: c'è una parte importante dell'Italia che conta, in quella lista di affiliati alla loggia massonica Propaganda Due, che il colonnello sequestra assieme a molti altri documenti e trasporta sotto scorta armata a Milano. Ci sono 12 generali dei carabinieri, 5 della guardia di Finanza, 22 dell'Esercito, 4 dell'Areonautica militare, 8 ammiragli, direttori e funzionari dei vari servizi segreti, 44 parlamentari, 2 ministri in carica, un segretario di partito, banchieri, imprenditori, manager, faccendieri, giornalisti, magistrati.


Insomma: nella P2 ci sono 962 nomi di persone che formano «il nocciolo del potere fuori dalla scena del potere, o almeno fuori dalle sue sedi conosciute». Una sorta di «interpartito» formatosi su quello che appare subito come un oscuro groviglio d'interessi dietro il quale affiorano business e tangenti, legami con mafia e stragismo, il golpe Borghese, omicidi eccellenti (Moro, Calvi, Ambrosoli, Pecorella) e soprattutto un progetto politico anti-sistema. Quando, dopo due mesi di traccheggiamenti, gli elenchi sono resi pubblici, lo scandalo è enorme.
Il governo ne è travolto e il 9 dicembre 1981, anche per la spinta di un'opinione pubblica sotto choc e che chiede la verità, s'insedia una commissione parlamentare d'inchiesta che la presidente della Camera, Nilde Jotti, affida alla guida di Tina Anselmi. Da allora l'ex partigiana di Castelfranco Veneto, deputata della Dc e prima donna a ricoprire l'incarico di ministro, comincia a tenere un memorandum a uso personale oggi raccolto in volume: «La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi», a cura di Anna Vinci (Chiarelettere, pag. 576, euro 16).


Tra i primi appunti, uno è rivelatore del clima che investe la politica («i socialisti sono terrorizzati dall'inchiesta») e l'altro del metodo che la Anselmi intende seguire: «Fare presto, delimitare la materia, stare nei tempi della legge». Un proposito giusto. Lo sfogo del colonnello Bianchi le ha fatto percepire l'enormità dell'indagine e i livelli che è destinata a toccare. Diventa decisivo, per lei, sottrarsi all'accusa di «dar la caccia ai fantasmi» e di certificare quindi l'attendibilità delle liste (su questo si gioca la critica principale), come pure evitare che l'investigazione si chiuda con il giudizio minimalista accreditato da alcuni, secondo i quali la P2 sarebbe solo un «comitato d'affari».
È un'impresa dura e difficile, per la Anselmi. Carica di inquietudini. Lo dimostrano i 773 foglietti in cui annota ciò che più la colpisce durante le 147 sedute della commissione. Riflette, ad esempio, il 14 aprile 1983: «Strano atteggiamento del Pci... non mi pare che voglia andare a fondo. La stessa richiesta loro di non approfondire il filone servizi segreti fa pensare che temano delle verità che emergono dal periodo della solidarietà. Ipotesi: ruolo di Andreotti, che li ha traditi? O coinvolgimento di qualche loro uomo? Più probabile la prima ipotesi. Mi pare che Br e P2 si siano mosse in parallelo e abbiano fatto coincidere i loro obiettivi sul rapimento e sulla morte di Moro». Altro appunto, del 26 gennaio '84, con l'audizione di Marco Pannella: «Com'è possibile che Piccoli, Berlinguer e Andreotti non sapessero della P2 prima del 1981?». Ragionando poi sul fatto che gli elenchi non sono forse completi e che Gelli potrebbe essere solo «un segretario», si chiede se la pista non vada esplorata fino a Montecarlo, sede di una evocata super loggia. E ancora, il 16 dicembre '81 mette a verbale che il parlamentare Giuseppe D'Alema (padre di Massimo) «consiglia di parlare» con un poco conosciuto giudice di Palermo che cominciava a conquistarsi le prime pagine sui giornali: Giovanni Falcone.
S'incrocia di tutto in quelle carte. La fantapolitica diventa realtà. Ci sono momenti nei quali la commissione è una «buca delle lettere»: arrivano messaggi cifrati, notizie pilotate o false, ricatti. Parecchi riguardano la partita aperta intorno al Corriere della Sera, che era stato infiltrato (nella proprietà e in parte anche nella redazione) da uomini del «venerabile» e alla cui direzione c'è ora Alberto Cavallari, indicato da Pertini per restituire l'onore al giornale. In questo caso sono insieme all'opera finanzieri e politici, ossessionati dalla smania di controllare via Solferino. Si agitano anche pezzi del Vaticano, il cardinale Marcinkus, senza che la cattolica Anselmi se ne turbi e lo dimostra ciò che dice al segretario, Giovanni Di Ciommo: «Non ho fatto la staffetta partigiana per farmi intimidire da un monsignore».


Ma a intimidirla ci provano comunque. La pedinano per strada. Qualche collega, passando davanti al suo scranno a Montecitorio, le sibila: «Chi te lo fa fare? Qua dobbiamo metterci i fiori». Fanno trovare tre chili di tritolo vicino a casa sua. Lei tira dritto. Quando, il 9 gennaio '86, presenta alla Camera la monumentale conclusione del suo lavoro, 120 volumi, definisce la P2 «il più dotato arsenale di pericolosi e validi strumenti di eversione politica e morale» (il piano di Rinascita Democratica di Gelli). Nel diario aveva profeticamente scritto: «Le P2 non nascono a caso, ma occupano spazi lasciati vuoti, per insensibilità, e li occupano per creare la P3, la P4...». Sono passati trent'anni e la testimonianza di Tina Anselmi, dimenticata e da tempo malata, è da riprendere. Magari riflettendo su un dato: nella lista compariva anche il nome di Silvio Berlusconi. All'epoca era soltanto un giovane imprenditore rampante e i parlamentari non ritennero di sentirlo perché era parso un «personaggio secondario».
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25/03/2011 12:28
 
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tanti torbidi misteri in questa Italia di 150 anni, e quello della p2 uno dei piu'inquietanti
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Utente Veteran
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25/03/2011 14:19
 
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Questa operazione mi suscita sospetti. Primo perchè Tina Anselmi, donna che sia chiaro si merita il massimo rispetto, fu scelta perché esponente della sinistra democristiana più estrema, quella a volta veniva definita del comunismo bianco, che ha poi partorito le Rosi Bindi, fortemente ostile ai socialisti e infatti quell'appunto sui socialisti che hanno paura mi sembra chiaro.
In più l'editrice del libro è chiarelettere, che è un importante azionista del Fatto quotidiano. Lo so che è un modo etrusco di ragionare, ma qui ci dobbiamo adattare.

Primo noi partiamo da un dato, il processo alla P2 è finito con tutti gli imputati assolti. In un paese in cui molti pensano che dalle sentenze della magistratura derivino i destini del mondo, questo dato dovrebbe essere rivelato. Anche perchè lo sappiamo tutti che a condurre le indagini ci fu il dottor Colombo, che per rendere
subito l'inchiesta ad alto impatto dovette cancellare il nome del generale Carlo Alberto dalla Chiesa dalla lista. Possibile che l'uomo che aveva appena sconfitto le Br e stava per essere mandato a fare il super prefetto antimafia, fosse parte di una organizzazione di pericolosi cospiratori che complottavano contro la repubblica?
Un' organizzazione dove c'erano anche altri noti estremisti del golpismo, tipo il cantante Claudio Villa che nel piano di rinascita democratica aveva il compito di fare da cavallo di troia cantando Granada per distrarre il pubblico all'ora X in cui sarebbe scattato il golpe.

Cossiga ha sempre detto che la P2 era un bluff, se il grande vecchio negava significa che un ruolo lo avesse. Ma che non fosse quello che i grandi dietrologi italiani hanno disegnato è chiaro. Mi sembra interessante notare un fatto, su cui mai nessuno ha riflettuto. Dal dossier mitrokhin nella parte riguardante l'Italia, non è mai uscito un documento sulla p2. Possibile che i servizi segreti sovietici che in Italia erano attivissimi, non sapessero nulla di questa organizzazione che aveva una funzione anticomunista e che secondo la vulgata controllava l'Italia? Sapevano di gladio fin dal momento della costituzione, ma della p2 no?
E se invece sapevano, perché non farla smascherare prima?
Ecco questo ci porta alla prudenza di Berlinguer sulla faccenda. Forse il segretario comunista aveva paura che Licio Gelli, che lo ricordo è un ex partigiano che durante la resistanza collaborò con i comunisti tanto da essere citato in alcuni rapporti del partito come partecipe ad azioni di guerra con merito, sapesse dove erano sepolti i cadaveri del pci?
Poi devo dire che sono molto curioso di leggere questo libro, perché vorrei capire a proposito di Moro, quale fosse la vera opinione della Anselmi sulla famosa seduta spiritica raccontata da Romano Prodi in cui rievocarono lo spirito di La pira che indicò la parola "gradoli". Spero che ci sia qualcosa al riguardo.

Per il resto, sulla faccenda per ragionare seriamente noi dovremmo separare la figura di licio gelli da quella della loggia e riflettere sulle due cose distintamente.
Gelli è un enigma. Sappiamo che quest'uomo entrava ed usciva nelle cancellerie di tutti i paesi del mondo come se fosse a casa sua.
Nella sua agenda c'erano i numeri dei primi ministri e di presidenti, di generali, ammiragli, funzionari, dall'america, alla germania, dal congo al brasile.
Sappiamo che era sul palco con Peron al momento del suo insediamento, senza che abbiamo mai capito come e perché.
Il personaggio ha una portata extraterritoriale, che va persino al di sopra dei normali legami e rapporti della massoneria.

Sul piano interno, non era certo un sconosciuto prima del 1981. Saragat andava a trovarlo a casa sua quando era presidente della repubblica ed io sull'onestà di Saragat e sul suo rigore morale ci metto la mano sul fuoco. Ma non era certo il solo, chi più chi meno tutti i personaggi politici italiani, compresi i comunisti, hanno avuto a che fare con Gelli. Forse è proprio questa trasversalità, che ci impeddisce di capire ancora chiaramente quale fu il suo ruolo in tutta la nostra storia.

Per quanto riguarda i grandi eventi, invece più o meno il ruolo della P2 lo conosciamo.
Il golpe De lorenzo è una boiata storica, il golpe borghese è una mezza boiata, il sequestro moro e la stazione di Bologna non furono opera della loggia che vi si trovò coinvolta successivamente in veste di pompiere per spegnere gli incendi che altri avevano causato.
Invece La p2 sicuramente è coinvolta a piazza fontana e nella strage di piazza della loggia, che sono due episodi che vanno tenuti del tutto distinti dal resto delle stragi. Ed è coinvolta nelle opere di repressione negli anni 50 e nei rapporti con il terrorismo negli anni settanta, oltre che negli scandali finanziari tipo il crack dell'ambrosiano.

Infine però, mi sembra ridicolo evoccare in continuazione il piano di rinascita democratica o di usare il metodo travagliesco di rileggere le proposte di oggi alla luce di quel piano. Il piano era sostanzialmente una ricopiatura della costituzione francese della quinta repubblica.
I francesi hanno tanti difetti e noi li odiamo e li schifiamo, ma non mi sembra che con l'avvento della quinta repubblicaa in francia si sia instaurato un pericoloso regime dittatoriale.

Questo è quanto allo stato delle conoscenze attuali, il resto è travaglismo e serve a far vendere libri gialli a basso costo.
[Modificato da trixam 25/03/2011 14:21]
25/03/2011 16:06
 
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P3, P4 ma perché oggi c'è ancora bisogno di sovvertire l'assetto socio-politico-istituzionale? Credevo fosse già accaduto, tacitamente.
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