Fini e Bocchino da giubbe rosse

Fini e il fumo del Bocchino
di Pietro Spataro | tutti gli articoli dell'autore Uno osserva lo smottamento, guarda quei soldatini un tempo combattivi mentre si facevano le foto con i telefonini, vede che molti preparano le valigie per tornare alla “casa del padre” come miti figliol prodighi, uno fa tutto questo e si chiede: ma come è possibile? Ma come ha fatto Gianfranco Fini a farsi sfilare un partito come era An (fu Msi) solido strutturato e organizzato, a resistere quindici anni sotto l'ala protettiva del Gran Capo dicendo sempre e quasi solo sì, a decidere di rompere e fondare un nuovo partito, a farsi il suo bel congresso con tanto di gadget inni e tutti in piedi e alla fine non accorgersi che le truppe stavano per diventare piccole schiere di fedelissimi? Ironia della storia, non c'è dubbio. Forse anche “effetto money”, come ora sostiene lui, nel senso che molti di fronte all'ignoto di un viaggio, hanno preferito ovviamente accasarsi laddove un posto c'è e probabilmente ci sarà.

Però non è tutto. Fini deve aver sbagliato qualcosa. I tempi sicuramente. Perché ha resistito troppo, ha sopportato troppi ordini e si è piegato troppe volte al potere del Gran Capo (prima del predellino e anche dopo) e non ha mai avuto il coraggio di andare oltre qualche battuta (siamo alle comiche finali, disse quando nacque d'incanto il Pdl, e si fermò lì) sopportando sopportando lo strapotere di quell'uomo che non concede nulla a nessuno (tranne alle Ruby di turno...). Ha sbagliato qualche mese fa quando ha deciso di misurarsi con una mozione di sfiducia al governo concedendo al premier tutto il tempo per organizzare la difesa e quindi vincere anche se di poco.

Ma ha fatto anche un altro errore, tutto politico. Ha cercato di fondare l'ideologia della sua nuova creatura, Futuro e Libertà, su un antiberlusconismo così duro, sprezzante e radicale che qualche volta ha rischiato di superare anche Di Pietro e Travaglio. E non ha funzionato, perché prima di essere anti è stato berlusconiano doc e non ha mai spiegato,con tanto di feroce autocritica come si conviene, perché ha cambiato opinione e quanti e quali errori ha fatto in questo quindicennio. Avrebbe dovuto incarnare la destra europea moderata, con I suoi buoni valori tradizionali, ma è sembrato un pasdaran e ha dato spesso l'impressione di voler rosicchiare un elettorato più di centrosinistra che di destra. La ciliegina sulla torta è stato lo spazio concesso al suo delfino, quell'Italo Bocchino che un tempo difendeva a spada tratta le malefatte di Berlusconi e poi si è mostrato in tv con argomenti e linguaggi così girotondini ed estremisti da apparire poco credibili. Ecco, appunto: al progetto di Fini è mancata, finora (mai dire mai...) una credibilità politica.
Si può dire così: a fregarlo è stato soprattutto il fumo del Bocchino, che troppo spesso puzzava un po' di sigaro cubano...