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Il pensiero economico di Vendola

Ultimo Aggiornamento: 15/11/2010 00:54
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10/11/2010 13:18
 
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sandro brusco
Vendola si rende conto, come non può che fare qualunque persona minimamente onesta che guardi all'evoluzione dell'economia italiana, che l'Italia ha un drammatico problema di crescita del reddito e della produttività dei fattori, anche se lui magari usa un linguaggio diverso. Quali sono le cause e qual è la soluzione proposta?

Spero di non far troppa violenza al pensiero di Vendola se dico che le risposte che appaiono dai suoi interventi sono: 1) la produttività è bassa perché le imprese non investono e non innovano; 2) la soluzione è un attivo intervento dello stato che dovrebbe o investire direttamente o finanziare le imprese nei settori specifici che, ad avviso dei politici, sono più utili alla crescita della produttività.

Nell'intervista di agosto, significativamente titolata ''All'Italia serve una politica industriale'', Vendola afferma:

Una politica industriale intanto bisogna avercela. Per Berlusconi è opzionale. Pare che la faccia spontaneamente il mercato. E in questa insostenibile leggerezza della politica l'Italia vive un vero e proprio processo di deindustrializzazione che è una tragedia civile e sociale. Non esiste un luogo in cui si discute di quali siano gli apparati industriali considerati strategici e come di conseguenza agire affinché essi possano radicarsi e rinforzarsi qui in Italia, di come possano internazionalizzarsi senza emigrare alla ricerca della manodopera al più basso costo, di come possano competere usando la chiave magica che apre la porta dei mercati globali: la qualità delle produzioni, il contenuto di innovazione dei prodotti.

Mi sembra un passaggio abbastanza rappresentativo della filosofia politica ed economica di Vendola. E, anche se breve, è un passaggio pieno di errori e di confusione. Tanto per cominciare, non è assolutamente vero che il governo Berlusconi non abbia una politica industriale. Ce l'ha, purtroppo. Vendola ha mai sentito parlare di Alitalia? Di ''incentivi'', ossia sussidi all'acquisto delle cose che il governo ha deciso la gente deve comprare subito, tipo motorini e motori fuoribordo? Altro che lasciar fare al mercato. Ma di questo parleremo più approfonditamente nel secondo post.

Passiamo all'affermazione secondo cui la deindustrializzazione è di per sé ''una tragedia civile e sociale''. E' un'idea vecchia e anche assai diffusa, ma questo non la rende meno sbagliata. Giusto per avere idea, invito Vendola a leggere questo rapporto dell'OCSE sulla crescita nel settore dei servizi. In verità basta la prima frase:

The service sector now accounts for over 70% of total employment and value added in OECD economies. It also accounts for almost all employment growth in the OECD area.

[Traduzione: il settore dei servizi ora comprende il 70% dell'occupazione e del valore aggiunto nelle economie OCSE. E' anche responsabile per la quasi totalità della crescita dell'occupazione nell'area OCSE]

Questo significa come minimo che la deindustrializzazione non è necessariamente una tragedia. Si può vivere bene anche quando il settore industriale si riduce, e diventare ossessionati (come fanno tanti, non solo Vendola) sull'occupazione industriale, e ancor più sull'occupazione nelle grandi imprese, non è affatto una buona idea. Ma andiamo avanti.

E' ovvio che l'industria resta una componente molto importante di qualunque economia sviluppata. Ammettiamo pure che ci sia qualcosa di sbagliato in ciò che succede nell'industria italiana. Cosa ha in mente Vendola, e cosa propone? La mancata crescita della produttività è conseguenza di scelte che vengono compiute sia livello di impresa sia a livello di amministrazione pubblica.

In entrambe le interviste Vendola non discute cosa fare per aumentare la produttività del settore pubblico. Parlare di produttività nel settore pubblico richiede coraggio e capacità di analisi. Richiede, ad esempio, prendere di petto la questione dell'eccesso di dipendenti pubblici rispetto ai servizi erogati, fenomeno particolarmente acuto nelle regioni meridionali. Richiede anche di pensare in modo serio a come misurare qualità e quantità dei servizi prodotti nel settore pubblico (ciò che Brunetta non ha mai voluto e saputo fare), nonché a schemi di incentivo per promuovere l'eccellenza nell'amministrazione pubblica. Vendola, che io sappia, non ha detto nulla al riguardo. Nell'intervista di ottobre afferma

E con la produttività. Perché qui è più bassa che ovunque?
Perché sono asini quelli che non hanno investito in innovazione. Non si poteva pensare che Cina e India avrebbero continuato a produrre mutande e calzini. Lo sa che il gioco più importante dei bambini indiani sono le olimpiadi di matematica?

Ora, a parte che i miei amici indiani mi raccontano storie un po' diverse su quel che succede in India, qua siamo alle petizioni di principio completamente vuote. Non si capisce bene chi siano questi asini; io avevo interpretato che fossero gli industriali, ma alcuni commentatori hanno detto che probabilmente si riferiva alle scelte pubbliche. Ora, se gli asini che non hanno ''investito in innovazione'' sono i politici, bisogna spiegare un po' meglio cosa si vuol fare. Mi auguro Vendola non chieda semplicemente di pompare più soldi nel settore pubblico. Se sono invece gli imprenditori, consiglierei di andarci piano prima di dar dell'asino a chi rischia i suoi soldi, ma su questo diremo di più tra breve. Lasciamo pure in sospeso il giudizio su questo punto e passiamo invece a qualcosa su cui lui ha parlato esplicitamente, ossia la scarsa innovazione a livello di impresa.

Non conosco sufficientemente i dettagli statistici per dire quanto importante sia stato il ruolo delle imprese nella mancata crescita della produttività, ma assumiamo pure che il fenomeno sia sufficientemente importante da richiedere attenzione. La domanda da porsi allora è: perché le imprese non investono e non innovano? Per rispondere a questa domanda si possono seguire due approcci generali.

Il primo è l'approccio che viene seguito dalla maggior parte degli economisti. Si parte dall'ipotesi che le decisioni delle imprese vengano prese da persone pensanti e che, pur con qualche problema di gestione che si presenta nelle grandi imprese in cui il management è separato dalla proprietà, tali persone cerchino di sfruttare le opportunità di profitto rispondendo agli incentivi esistenti. Pertanto, se si ritiene che le imprese investano e innovino poco, la domanda da porsi è: quali incentivi presenti nel sistema economico italiano fanno sì che le imprese scelgano di rifuggire dagli investimenti più rischiosi (perché l'innovazione è rischiosa), preferendo invece il ''business as usual''?

A questa domanda ci sono risposte abbastanza standard. Primo, è chiaro che l'innovazione viene ostacolata se il sistema fiscale la rende poco remunerativa; quindi occorre analizzare la struttura e il livello delle tasse sul capitale e sull'impresa e chiedersi se non siano tali da scoraggiare gli investimenti più innovativi. Secondo, è altrettanto chiaro che l'innovazione viene scoraggiata se rigidità e colli di bottiglia impediscono alle imprese di trarre vantaggio dagli investimenti che producono i risultati migliori. Per esempio, occorre chiedersi se la struttura del nostro sistema finanziario sia adeguata, o se invece per qualche ragione (per esempio potere di mercato, influenza della politica, o regolamentazione del settore) le banche italiane non preferiscano evitare gli investimenti rischiosi (perché finanziare l'innovazione è rischioso), indirizzando invece i fondi verso impieghi sicuri o favoriti dai controllori politici. Terzo, se esistono barriere all'entrate in vari settori e industrie che garantiscono una rendita di posizione alle imprese esistenti è probabile che tali imprese preferiscano dedicarsi a raccogliere tali rendite e coltivare buoni rapporti con il il potere politico (per evitare che le barriere all'entrata che stanno all'origine delle rendite spariscano), piuttosto che intraprendere innovazioni rischiose. All'analisi dovrebbero seguire proposte per migliorare la situazione.

Il secondo è l'approccio che viene seguito da Vendola. Il quale non si chiede quali sono gli incentivi che generano scarsa innovazione ma assume che la scarsa propensione a innovare sia una caratteristica culturale, una specie di tara genetica degli imprenditori italiani. A questa tara deve porre rimedio la politica, creando, usando le sue parole, ''un luogo in cui si discute di quali siano gli apparati industriali considerati strategici e come di conseguenza agire''. Questo significa semplicemente, una volta fatta una robusta opera di potatura di tutti i fronzoli retorici, che alla politica viene assegnato il compito di individuare i settori in cui investire (quelli '''strategici'', ovviamente) e a cui verranno fatte affluire le risorse pubbliche.

Qui Vendola commette l'errore di illudersi che i politici siano più bravi degli imprenditori a scegliere gli investimenti e le industrie giuste. Questa è una illusione estremamente diffusa e ricorrente tra i politici italiani, di tutti gli schieramenti. Durante questi mesi in cui abbiamo fatto un certo numero di incontri per la promozione del libro, mi è capitato di sentirne diverse versioni. Gli imprenditori italiani sono troppo ignoranti e poco educati. Sono troppo avidi e avversi al rischio. Sono troppo affezionati all'idea della fabbrichetta di famiglia e paurosi di perderne il controllo in caso di crescita. E così via, spiegando che una buona dose di intervento da parte di qualche illuminato che risiede nei palazzi romani migliorerebbe sicuramente le cose. Che dire? Se decenni di partecipazioni statali, interventi straordinari, cattedrali nel deserto e altri simpatici frutti degli ''investimenti strategici'' guidati dalla mano pubblica non sono stati sufficienti a convincere che sia una cattiva idea presumere che i politici sappiano meglio degli altri come investire i soldi (sempre degli altri), dubito che niente possa esserlo.

Ma allora, si dirà, non c'è proprio nulla che il settore pubblico possa fare? In realtà sì, se si ha l'umiltà di riconoscere che l'intervento pubblico è comunque problematico e che i politici sono persone che (come tutti gli altri) tendono a fare il proprio interesse piuttosto che l'interesse pubblico. Non dico assolutamente niente di nuovo, ripeto solo quello che abbiamo imparato da decenni di teoria economica. L'intervento pubblico può correggere esternalità negative, per esempio penalizzando mediante tasse le attività inquinanti. Può produrre beni pubblici che altrimenti non verrebbero prodotti e che sono utili e necessari, per esempio buone infrastrutture di trasporto o ricerca di base. E così via, c'è un'enorme letteratura teorica ed empirica sui possibili fallimenti del mercato e su come rimediare.

Ma è un'altra cosa rispetto a quello che Vendola e tanti altri sembrano avere in mente. Che è appunto l'idea che i politici, che usano i soldi degli altri, siano meglio posizionati dei privati, che rischiano soldi propri, per decidere che investimenti fare. Va aggiunto inoltre che accanto alla letteratura sui fallimenti del mercato c'è un'altrettanto vasta letteratura sui fallimenti del governo e di come sia necessario essere molto attenti nel disegno dei meccanismi di intervento. Il potenziale per l'abuso è sempre presente. L'intervento va sempre giustificato con una buona spiegazione teorica di quali sono i fallimenti del mercato che si sta cercando di rimediare e convincenti dati empirici sul fatto che tali fallimenti sono quantitativamente importanti.

E no, dire che i privati sono arretrati e non capiscono in cosa innovare non è una spiegazione accettabile.
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10/11/2010 14:11
 
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già vi manca Berlusconi vero?



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10/11/2010 16:30
 
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what does it mean?

attendo con ansia la risposta nel merito e mi domando come sia possibile accettare certe cose solo perché B. è il male assoluto. In pratica visto che non sto con V. sono proB. oppure visto che critico V. sono nel gruppo dei cattivi?
Ci sono altre strade a B. e la strada maestra sarebbe quella di liberarsene sulla base delle cose buone e non di quelle che fingiamo siano meglio.

Un po' come se tolto Mussolini ci fossimo presi Andreotti, Craxi e Berlusconi.. ops
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11/11/2010 10:23
 
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Re: sandro brusco
giusperito, 10/11/2010 13.18:





Mi sembra un passaggio abbastanza rappresentativo della filosofia politica ed economica di Vendola. E, anche se breve, è un passaggio pieno di errori e di confusione. Tanto per cominciare, non è assolutamente vero che il governo Berlusconi non abbia una politica industriale. Ce l'ha, purtroppo. Vendola ha mai sentito parlare di Alitalia? Di ''incentivi'', ossia sussidi all'acquisto delle cose che il governo ha deciso la gente deve comprare subito, tipo motorini e motori fuoribordo? Altro che lasciar fare al mercato. Ma di questo parleremo più approfonditamente nel secondo post.


Berlusconi riempie di soldi determinati settori industriali, lo si è visto coi decoder, le Poste, le auto, i motorini, gli elettrodomestici, le barche,l'Alitalia,ecc.

Altro che libero mercato!!




In entrambe le interviste Vendola non discute cosa fare per aumentare la produttività del settore pubblico. Parlare di produttività nel settore pubblico richiede coraggio e capacità di analisi. Richiede, ad esempio, prendere di petto la questione dell'eccesso di dipendenti pubblici rispetto ai servizi erogati, fenomeno particolarmente acuto nelle regioni meridionali. Richiede anche di pensare in modo serio a come misurare qualità e quantità dei servizi prodotti nel settore pubblico (ciò che Brunetta non ha mai voluto e saputo fare), nonché a schemi di incentivo per promuovere l'eccellenza nell'amministrazione pubblica. Vendola, che io sappia, non ha detto nulla al riguardo.


il problema dell'inefficienza della PA non è legato all'eccesso di dipendenti, piuttosto a quanto faticano realmente e in che modo.
Credo che il problema numeri sia un falso problema, se abbiamo 20 impiegati in un ufficio del comune che sbrigano 2 pratiche al giorno e di queste due una è sbagliata ed il cittadino è obbligato a fare ricorso, la produttività è quasi inesistente. Tagliare soltanto i numeri non servirebbe a molto perché ci ritroveremmo con 5 impiegati piuttosto che 20 a produrre sempre 1-2 pratiche al giorno con un alta incidenza di errori.

Il problema sta in due fattori:
-voglia di lavorare
- capacità di svolgere bene il proprio lavoro.

Credo che vada inserito un meccanismo sanzionatorio per i dirigenti e gli impiegati che sbagliano nel redigere le pratiche e che ne redigono poche in un certo lasso di tempo.
Oggi la PA tende ad infischiarsene del fatto che il cittadino debba rivolgersi ai giudici per ottenere i propri diritti. Basti pensare a tutte le cause in materia pensionistica pendenti nei tribunali.

Se Vendola pensa che la soluzione siano soltanto i tagli è in errore.








Martin Niemoller :
Quando i nazisti vennero per i comunisti, | Io restai in silenzio; | Non ero comunista. || Quando rinchiusero i socialdemocratici, | Rimasi in silenzio; | Non ero un socialdemocratico. || Quando vennero per i sindacalisti, | Io non feci sentire la mia voce; | Non ero un sindacalista. || Quando vennero per gli ebrei, | Rimasi in silenzio; | Non ero un ebreo. || Quando vennero per me,
Non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.



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11/11/2010 11:27
 
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Sul primo grassetto sono d'accordo. A me non interessa chi inonda di denaro pubblica il mercato. A me interessa che ciò non avvenga. Detto questo il punto sono sempre le idee e non le persone da cui provengono. Critico V non perché è comunista o sellino o quanto altro egli desideri, ma per lo stesso motivo per cui critico B.


Sul secondo grassetto credo che il punto non siano le sanzioni, perché quelle le devi far applicare e diventa difficile anche capire nei mille inganni della pa chi effettivamente lavori e rispetti le regole e chi no. Difficile valutare la produttività sulla base delle sanzioni. Sarebbe, invece, più utile creare meccanismi premiali ed incentivanti tali da ridurre al minimo il rischio di inefficienze.
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Re:
giusperito, 11/11/2010 11.27:




Sul secondo grassetto credo che il punto non siano le sanzioni, perché quelle le devi far applicare e diventa difficile anche capire nei mille inganni della pa chi effettivamente lavori e rispetti le regole e chi no. Difficile valutare la produttività sulla base delle sanzioni. Sarebbe, invece, più utile creare meccanismi premiali ed incentivanti tali da ridurre al minimo il rischio di inefficienze.




i meccanismi premiali non funzionerebbero secondo me perché li gestirebbero sempre le stesse persone ( i dirigenti) a proprio uso e consumo.
Le sanzioni, se commisurate a parametri oggettivi come il numero di pratiche redatte e non finite in tribunale, sarebbero l'unico modo per ottenere l'agognata efficienza della PA.

Martin Niemoller :
Quando i nazisti vennero per i comunisti, | Io restai in silenzio; | Non ero comunista. || Quando rinchiusero i socialdemocratici, | Rimasi in silenzio; | Non ero un socialdemocratico. || Quando vennero per i sindacalisti, | Io non feci sentire la mia voce; | Non ero un sindacalista. || Quando vennero per gli ebrei, | Rimasi in silenzio; | Non ero un ebreo. || Quando vennero per me,
Non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.



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Re:
JuanManuelFangio, 10/11/2010 14.11:

già vi manca Berlusconi vero?




Veramente ha scritto quasi il contrario. Si vede che non hai letto.
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11/11/2010 12:35
 
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Gius, ma che ti applichi a fare? Vendola è un berlusconi rosso, non glielo puoi toccare a quelli di sinistra! è un santino.

Vendola è solo l'ultima espressione di una lunga tradizione italiana che miete vittime a destra e sinistra: quella del primato della politica.
Questa idea ce l'aveva Mussolini, è stata trasmessa alla prima repubblica, tranne alcune ovvie eccezioni tipo Martino padre Saragat ecc, che poi ne fu travolta; ed è la base fondante della seconda repubblica. Pensa all'evoluzione culturale di Giuliotto Tremenonti, dieci anni fa era un liberista spietato e poi con il potere è diventato il talebano di bretton woods, uno statalista oltranzista che va in giro a spiegare come debba esserci il primato dell politica aizzando, quando è necessario, il popolo contro i banchieri cattivi che poi riceve in privato con i tappeti rossi a via venti settembre. Per un certo verso non possiamo dargli torto, quando hai il potere e ti piace averlo non puoi fare a meno di dire che il tuo potere è più bello e più profumato di quello degli altri, oltre che più legittimo, dunque ti batti per farlo prevalere.
Vendola è piuttosto bravo a circondare questa sua inclinazione con atteggiamenti (pseudo)culturali, umanistici ecc. In più il nostro è un politico molto abile. Già il suo essere gay e poi dichiararsi cattolico, ammiccando così al centro più conservatore che sui comportamenti personali non è bigotto come si pensa e dallo statalismo si sente psicologicamente rassicurato, è un pezzo di notevole bravura.
Anche su altre cose si mostra abile. Ho letto una sua intervista in cui gli chiedevano cosa pensava della politica estera, e lui ha risposto che la sua prima preoccupazione sarebbe la sicurezza dello stato di Israele, una cosa che potrebbe sembrare spiazzante per uno che viene dalla sua aria politica che è filopalestinese ad oltranza, ma che ammicca a quell'elettorato socialista che negli anni ottanta era filopalestinese ed ora invece spostandosi con berlusconi ha capito le ragioni di israele.
Cerca di fare una politica di strappi e di slalom senza programmi specifici, cercando di piacere a tutti in un sincretismo mediatico.
Roba da politico intelligente, e se Bersani e i suoi scherani sono tanto stupidi da farsi portare alle primarie saranno assolutamente umiliati.

Non c'è dubbio però che dietro la scorza Vendola sia uno spietato conservatore, come l'articolo ben descrive. Lo sottoscrivo quasi in toto.

Io lo ripeto dal 1997, quando avevo dodici anni e militavo nei giovani socialisti, alla sinistra italiana serve un Tony Blair, un leader che sia capace prima di rivoltare come un calzino la sinistra modernizzandola e poi sia capace di affrontare le elezioni con una proposta politica alternativa al blocco della destra che in italia è più statalista della sinistra, e poi sappia inaugurare un periodo di governo riformista.
La gran bretagna lo ha fatto quindici anni fa.
Noi tra poco andremo alle settime elezioni politiche generali in diciannove anni, una roba che si commenta da sola.
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11/11/2010 12:49
 
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Re:
trixam, 11/11/2010 12.35:

Gius, ma che ti applichi a fare? Vendola è un berlusconi rosso, non glielo puoi toccare a quelli di sinistra! è un santino.

Vendola è solo l'ultima espressione di una lunga tradizione italiana che miete vittime a destra e sinistra: quella del primato della politica.
Questa idea ce l'aveva Mussolini, è stata trasmessa alla prima repubblica, tranne alcune ovvie eccezioni tipo Martino padre Saragat ecc, che poi ne fu travolta; ed è la base fondante della seconda repubblica. Pensa all'evoluzione culturale di Giuliotto Tremenonti, dieci anni fa era un liberista spietato e poi con il potere è diventato il talebano di bretton woods, uno statalista oltranzista che va in giro a spiegare come debba esserci il primato dell politica aizzando, quando è necessario, il popolo contro i banchieri cattivi che poi riceve in privato con i tappeti rossi a via venti settembre. Per un certo verso non possiamo dargli torto, quando hai il potere e ti piace averlo non puoi fare a meno di dire che il tuo potere è più bello e più profumato di quello degli altri, oltre che più legittimo, dunque ti batti per farlo prevalere.
Vendola è piuttosto bravo a circondare questa sua inclinazione con atteggiamenti (pseudo)culturali, umanistici ecc. In più il nostro è un politico molto abile. Già il suo essere gay e poi dichiararsi cattolico, ammiccando così al centro più conservatore che sui comportamenti personali non è bigotto come si pensa e dallo statalismo si sente psicologicamente rassicurato, è un pezzo di notevole bravura.
Anche su altre cose si mostra abile. Ho letto una sua intervista in cui gli chiedevano cosa pensava della politica estera, e lui ha risposto che la sua prima preoccupazione sarebbe la sicurezza dello stato di Israele, una cosa che potrebbe sembrare spiazzante per uno che viene dalla sua aria politica che è filopalestinese ad oltranza, ma che ammicca a quell'elettorato socialista che negli anni ottanta era filopalestinese ed ora invece spostandosi con berlusconi ha capito le ragioni di israele.
Cerca di fare una politica di strappi e di slalom senza programmi specifici, cercando di piacere a tutti in un sincretismo mediatico.
Roba da politico intelligente, e se Bersani e i suoi scherani sono tanto stupidi da farsi portare alle primarie saranno assolutamente umiliati.

Non c'è dubbio però che dietro la scorza Vendola sia uno spietato conservatore, come l'articolo ben descrive. Lo sottoscrivo quasi in toto.

Io lo ripeto dal 1997, quando avevo dodici anni e militavo nei giovani socialisti, alla sinistra italiana serve un Tony Blair, un leader che sia capace prima di rivoltare come un calzino la sinistra modernizzandola e poi sia capace di affrontare le elezioni con una proposta politica alternativa al blocco della destra che in italia è più statalista della sinistra, e poi sappia inaugurare un periodo di governo riformista.
La gran bretagna lo ha fatto quindici anni fa.
Noi tra poco andremo alle settime elezioni politiche generali in diciannove anni, una roba che si commenta da sola.



Domande

Prima di Blair gli inglesi hanno avuto la Thatcher.

Analogamente, gli americani hanno avuto Reagan prima di Clinton.

Noi???

Abbiamo saltato entrambe le fasi o siamo indietro di 25 anni?

Io opterei per la seconda.

Signed by uno che dal 94 al 2001 ha sperato che SB potesse innescare una rivoluzione thatcheriana in Italia.





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Re: Re:
.pisicchio., 11/11/2010 12.49:



Domande

Prima di Blair gli inglesi hanno avuto la Thatcher.

Analogamente, gli americani hanno avuto Reagan prima di Clinton.

Noi???

Abbiamo saltato entrambe le fasi o siamo indietro di 25 anni?

Io opterei per la seconda.

Signed by uno che dal 94 al 2001 ha sperato che SB potesse innescare una rivoluzione thatcheriana in Italia.









Obiezioni più che sensate, che vanno però contestualizzate.
Gli inglesi hanno avuto la rivoluzione tatcheriana perché venivano da un quarto di secolo in cui c'era stata una sostanziale egemonia laburista, dove anche i primi ministri conservatori, penso ad Harold Macmillian, avevano seguito le impostazioni che il partito laburista aveva impresso alla politica inglese dal 1945 con la vittoria di Hatlee su Churchill.
Così la Gb si era avviata su una via di lassismo che la portò durante il governo callaghan ad essere lo zimbello d'europa.
Nelle memorie di questo ultimo primo ministro laburista prima di Blair ci sono cose esilaranti, le descrizione di lunghe riunioni del consiglio dei ministri in cui si discuteva accanitamente per ore di... quanto dovessero guadagnare gli idraulici.
Chiaro che un paese del genere aveva bisogna di una svolta drastica e la Tatcher gliela diede.
Alla fine però la Tatcher fu cacciata nel 1991 a furor di popolo e nonostante la vittoria del 1992 l'ultima fase del governo conservatore fu una lunga agonia che suscitò un tale sdegno negli inglesi da dare a Blair nel 1997 la più grande maggioranza della storia, 179 seggi in più.

Per gli Usa si può fare un discorso analogo.
Dal 1932, anno della elezione di Frankie Roosevelt, i democratici esercitarono una egemonia sulla politica americana.
Dal 1932 al 1968, si ebbero 28 anni di presidenti democratici e solo 8 di presidenza repubblicana, peraltro affidata ad un repubblicano atipico come Ike Eisenhowere.
Nel mezzo i repubblicani subirono nel 1964 una sconfitta strategica, quella di Barry Gold Water contro Johnson nel 1964, la più umiliante sconfitta mai subita dal GOP.
Così cominciò per la destra americana quel periodo di rilancio, prima culturale e poi politico che fu elaborato nella presidenza nixon e poi esplose con il vecchio Ron che anche lui di suò non era un repubblicano Doc, non solo perché era un ex attore ma anche perché da giovane Ron era stato nel partito democratico per un bel pezzo.
La presidenza reagan fu una svolta talmente forte , prima culturale che politica, che generò un rimescolamento delle carte che portò anche i democrats a cambiare.

In italy queste condizioni non ci sono.
Noi abbiamo avuto il fascismo che in materia economia dal 1926 in poi fu statalista allo stato puro. Questo ha fatto che la destra in Italia sia dirigista e statalista.
Mandato via il fascismo ci siamo tenuti lo statalismo e lo abbiamo messo pure nella costituzione. Nei primi 15 anni della repubblica grazie a De Gasperdi ed Einaudi ci fu un moderatissimo liberalismo che produsse il miracolo economico. Dal 1963 con la nascita del primo governo di centrosinistra sancita simbolicamente dalla nazionalizzazione dell'energie elettrica, che ha causato lo sfacelo della nostra democrazia, ritornammo ad uno statalismo ultraordosso.
Per usare le parole di Cossiga: "pensavamo che la politica economica del governo dovesse ricalcare le azioni della San Vincenzo. Tanto credevamo che i soldi non sarebbero finiti mai".
Nel menù mettiamoci che abbiamo avuto il più grande partito comunista d'europa, il compromesso storico ecc, insomma alla fine nel 1992 tutto finì come sappiamo.
Dal 1994 abbiamo il bipolarismo grazie a B.
Io l'ho sempre detto che il programma di B del 1994 era il migliore che un governo abbia mai presentato in Italia.
Però lo buttarono giù. Forse se non fosse caduto qualche riforma liberale l'avrebbe fatta davvero.
Però dal 2001, quando ha avuto la più grande maggioranza della storia, ha preferito fare l'arcitaliano galleggiando a vista.
Ora io con la sinistra sono feroce, ma non possiamo dare sempre la colpa a lei.
Se B non ha fatto le riforme liberali la colpa è sua. So che uno potrà dire che c'era casini che lo frenava, che non voleva lo scontro sociale ecc... Insomma che potrebbe avere delle scusanti.
Ma anche la Tatcher aveva gli stessi problemi e però quando i minatori dichiararono lo sciopero... sappiamo bene come reagì.
La tatcher era una statista, berlusconi no.

Per questo io dico che siccome la destra in Italia è più statalista della sinistra, compreso futuro e libertà le cui clientele sono già fameliche, io credo che per sbloccare il sistema ci sia bisogno di una sinistra fortemente riformista. Una sinistra Blariana appunto.
Che dia quella scossa al paese che la destra non ha dato e non può dare.
Che poi questa sinistra sia difficilmente realizzabile qui è ovvio, ma non bisogna mai disperare. Noi ci dimentichiamo che quando Blair divetò leader del labour(era solo il 1994) nello statuto di quel partito c'era ancora la famigerata Clausola Iv, scritta nel 1917 ai tempi della rivoluzione di ottobre, in cui si diceva che il partito perseguiva la proprietà pubblica dei mezzi di produzione e di scambio. Diciamo che stavano più inguaiati di questa disgraziata sinistra italiana. Eppure dopo pochi anni quel partito approvò le più radicali riforme della storia inglese degli ultimi tre secoli, quelle che nemmeno alla tatcher erano riuscite.
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Certo mi risulta più semplice pensare che lo faccia Fini :D.. siamo a cavallo.. a sinistra non mi viene in mente nemmeno un nome. La speranza sarebbe qualche giovane leva proveniente dalle fila dei radicali, ma lì giovane leva porta il viso di Capezzone e simili.
I rottamatori io li rottamerei già da ora..
[Modificato da giusperito 11/11/2010 22:51]
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Re:
giusperito, 11/11/2010 22.48:

Certo mi risulta più semplice pensare che lo faccia Fini :D.. siamo a cavallo.. a sinistra non mi viene in mente nemmeno un nome. La speranza sarebbe qualche giovane leva proveniente dalle fila dei radicali, ma lì giovane leva porta il viso di Capezzone e simili.
I rottamatori io li rottamerei già da ora..




Guarda Gius sono stato alla convention dei rottamatori e ne sono rimasto orripilato.
Civati è giovane anagraficamente ma suscita lo stesso entusiasmo della mummia di Berja.
Non pensavo che a sinistra potesse esserci qualcuno con meno carisma di Prodi, ma non si finisce mai di stupirsi.
Renzi poi è incommentabile. Un guitto fiorentino che pensa di essere Bob Kennedy.
In generale i quarantenni arrabbiati mi facevano un po'pena. Sembravano bambini senza giocattoli.
Ormai sono già una lost generation per la politica.

Però c'era anche del buono, nella fascia 20-30, molte persone preparate e appassionate.
Tra loro credo che uscirà qualche buon leader se non si faranno fregare come i quarantenni.

Io personalmente credo che sarà una donna.
La mia ragazza è nella segreteria nazionale dei giovani pd ed è bravissima e come lei ci sono tante ragazze brave e determinate.
Secondo me è destino che un paese maschilista come il nostro avrà prima o poi una donna al potere che lo cambierà radicalmente, come la tatcher in UK.

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12/11/2010 00:24
 
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Dato il concetto di giovane nel nostro Paese, allora la donna sarà Angela Finocchiaro.
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Re:
giusperito, 12/11/2010 0.24:

Dato il concetto di giovane nel nostro Paese, allora la donna sarà Angela Finocchiaro.




Ringrazia che la mia ragazza e il suo gruppetto di femministe agguerrite non leggerà questo messaggio che è una offesa gravissima alle giovani pdiine.
Altrimenti chiamarebbero un hacker per localizzarti e poi assumerebbero un killer per farti gambizzare e dopo verrebbero a farti il catechismo neofemminista.

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Re:
giusperito, 11/11/2010 22.48:

Certo mi risulta più semplice pensare che lo faccia Fini :D.. siamo a cavallo.. a sinistra non mi viene in mente nemmeno un nome. La speranza sarebbe qualche giovane leva proveniente dalle fila dei radicali, ma lì giovane leva porta il viso di Capezzone e simili.
I rottamatori io li rottamerei già da ora..




Io speravo in Benedetto della Vedova, l'unico liberale rimasto nel cdx dopo la scomparsa di Colletti, Martino (so che non è morto ma è uguale...), Biondi (idem) etc.

Su Fini... parliamo dello stesso?
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Re: Re:
.pisicchio., 12/11/2010 9.21:




Io speravo in Benedetto della Vedova, l'unico liberale rimasto nel cdx dopo la scomparsa di Colletti, Martino (so che non è morto ma è uguale...), Biondi (idem) etc.

Su Fini... parliamo dello stesso?




Se parlo di Fini (ironicamente) è solo per Benedetto Della Vedova...

Trix confido nella tua bontà allora.. mantieni il silenzio (poi giuro era ironico)

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Re: Re: Re:
giusperito, 12/11/2010 12.45:




Se parlo di Fini (ironicamente) è solo per Benedetto Della Vedova...

Trix confido nella tua bontà allora.. mantieni il silenzio (poi giuro era ironico)




Mi incuriosisce questo fascino che esercita Della vedova. Francamente non lo capisco.
Si è una brava persona, è intelligente, brillante. però è il solito quarantacinquenne italiano che aspetta di essere cooptato nel sistema. Un professorino senza vervé, buono per fare il sottosegretario all'economia, non il leader. Non è poi nemmeno così liberale come si crede, anzi rispetto a quando era radicale è molto più conservatore e sta in un partito che è pronto ad imbracciare la bandiera del tassa e spendi.
Se a sinistra civati e renzi sono l'emblema della lost generation, a destra della vedova è il simbolo della ghost generation.
Una bella faccia che nasconde un vuoto generazionale, che detto tra noi è una ottima notizia per quelli della nostra generazione.
Io li vedo i quarantenni, onestamente sono di una debolezza paurosa e si reggono solo sul fatto che la nostra generazione è incapace di uscire dalla eterna adolescenza e rinchiusa nel vuoto pneumatico della assenza di culture politiche.

PS gius anche io ero ironico, le femministe non assumerebbero un Killer, verrebbero di persona con l'elmetto della wehrmacht in testa e il vangelo si susan somtang. Al confronto, un campo di prigionia vietnamita nel cuore di Khen shan nel 1968 era un villagio vacanze.
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Evoluzione liberale: TrixPerito



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13/11/2010 13:21
 
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Mah Della Vedova forse incarna la possibile speranza di chi non si riconosce in una sinistra priva di impulso europeo, di una destra schiava di Berlusconi e del postfascista volteggiante, di un partito radicale figlio orfano di Pannella.


Juan: attendo sempre risposte sul merito.
Essendo netta minoranza sul forum siamo gli unici due soggetti a cui è possibile applicare la crasi, ma mi dispiacerebbe che proprio tu diventassi la moltitudine indifferenziata degli altri.
[Modificato da giusperito 13/11/2010 13:22]
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14/11/2010 15:49
 
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Re:
giusperito, 13/11/2010 13.21:

Mah Della Vedova forse incarna la possibile speranza di chi non si riconosce in una sinistra priva di impulso europeo, di una destra schiava di Berlusconi e del postfascista volteggiante, di un partito radicale figlio orfano di Pannella.


Juan: attendo sempre risposte sul merito.
Essendo netta minoranza sul forum siamo gli unici due soggetti a cui è possibile applicare la crasi, ma mi dispiacerebbe che proprio tu diventassi la moltitudine indifferenziata degli altri.



Netta minoranza in cosa? Scusa potresti spiegarmi questa summa divisio tra voi due e la "netta moltitudine indifferenziata degli altri" ?
Se la differenza dovesse marcarsi solo in termini di spocchia, sono contentissimo di appartenere alla seconda categoria.

P.S. su Vendola ho ampiamente mostrato la mia posizione. Non è la massima figura di leader politico ma di sicuro rappresenta un abisso in confronto a B.
Ovviamente voi non sarete d'accordo, ma non mi meraviglia. Durante questi anni di porcile berlusconiano avete impegnato le vostre energie intellettuali per criticare chi è all'opposizione, non vedendo, o facendo finta di non vedere, cosa c'è dall'altra parte. Ora vi state preparando alla transizione, senza B. vi sentirete orfani dell'Uomo Forte.
Auguri.



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