Spopola su internet un gruppo aperto il 15 settembre scorso, in cui si inneggia alla criminalità organizzata con fotografie e scritte deliranti
ANTONIO DI COSTANZO
Una pagina di Facebook che incita alla camorra. Che incita alla malavita e all’odio. Accade di nuovo e, cosa che lascia attoniti, raccoglie moltissime adesioni. Sono oltre 21mila le persone che si sono iscritte a “Malavita napoletana”, il gruppo aperto lo scorso 15 settembre che sta spopolando su Internet, raccogliendo quotidianamente decine di post dal contenuto più che discutibile. Come quelli inviati da sedicenti fan della camorra che sostengono apertamente di tifare per i boss. Insieme a loro c’è chi fa della violenza una ragione di vita e sfoggia il motto «solo con la forza si ottiene rispetto».
Il profilo della pagina, gli amministratori non sono visibili, ma c’è scritto che avrebbe un’ipotetica sede a Giugliano. La pagina si apre con una locandina che spiega immediatamente il contenuto del link, “’O Sistema”, piazzata sopra a un ragazzino che punta una pistola. Dello stesso tono la maggior parte dei commenti che riempiono la pagina.
Scorrendo il sito si vedono immagini tratte dai film il “Padrino”, dall’immancabile “Scarface”, da “Gomorra” e dalla fiction “Il Capo dei capi”. La pagina web, inoltre, è zeppa di foto del boss Raffaele Cutolo e di pestaggi.
Non mancano le armi da fuoco. Una foto di kalashnikov è commentata così: «Prendiamo il ferro è andiamo a lavorare». Molti i post che, in un italiano sgrammaticato, incitano alla violenza «distrugio chi mi h’afronta». Sotto a un’immagine del boss della Nco dietro alle sbarre si legge: «Indietro non posso più tornare... il viaggio continua, ma a modo mio!». Per fortuna non mancano i commenti di chi tenta di dissociarsi, ma viene invitato subito ad abbandonare la pagina che è riservata a chi inneggia alla camorra. Non a caso la foto di due agenti di polizia è condita da insulti pesanti e dall’inequivocabile messaggio: «Sono i nostri nemici». Mentre sono molti gli attestati di stima rivolti ai carcerati e a chi usa le armi per «arrivare a fine mese».
napoli.repubblica.it