Dal professore Prisco, che mi prega di postare
Credo che qui si stia formando un'opinione comune, che io "leggo" così: sì al potenziamento serio e dall'inizio delle scuole (anche elementari) dello studio dell'inglese (no invece allo studietto "a tarallucci e wine" di oggi
, ma no all'imperialismo culturale (condivido le preoccupazioni di Rory). A Trixam chiarisco appunto - sono stato infelice nell'esprimermi - che in questo senso andava il mio richiamo a Cina e Tibet: se vuoi assimilare un popolo, stroncane l'apprendimento della lingua nativa.
Due piccoli racconti. Primo: da avvocato, ricevetti un giorno in studio un giovane ingegnere, che aveva un problema lavorativo giuridico da risolvere. Non vi dico i
se sarei e
se potrei. Ma forse conosceva l'inglese tecnico dei suoi libri all'universià, chissà. E mi ricordai che avevo conosciuto da ragazzo un ingegnere amico di mio padre, che conosceva il greco e il latino e che mi insegnò lui le basi del diritto dell'ediizia.
Secondo: ieri, visione in Dipartimento del film "Il resto di niente". I rivoluzionari del 1799 parlavano l'italiano dei classici e il francese giacobino (anche concettualmente), il popolo intendeva solo il dialetto stretto e i suoi bisogni immediati. Eleonora alla fine - preparandosi al patibolo - ammette co se stessa che il popolo vuole stare nei suoi vicoli, mentre "noi volevamo isegnargli la Libertà". La Libertà si insegna, al suo esercizio responsabile ci si arriva, appunto, ma l'educazione si ipartisce non ignorando che bisogna partire dalla gente, anche dei vicoli.
Non capisco perché (per dare di più,
il che è beninteso dovuto) si debba negare la propria storia. Guardate che è drammatico: i ragazzi di oggi passano per piazza Mercato o piazza dei Martiri, ma non sanno nulla dei rivoluzionari del 1799; a piazza dei Martiri non si interogano su chi fossero quei martiri e perché fossero stati messi a morte, ma guardano solo le
boutiques delle
griffes. Napoli, più in generale, ha cose bellissime, che i Napoletani però non conoscono, mentre smaniano per avere la Coppa America e i concerti di piazza Plebiscito.
Io spero che si riesca invece ad essere anglofoni (ma non dimenticate allora nemmeno lo spagnolo e il portoghese, lingue di quell'immensa area che è l'America Latina), senza essere volgarmente provinciali: si può e deve essere cittadini del mondo, certo, ma senza trascurare che si è nati magari a Marano o a Villaricca e senza perciò vegognarsi di parlare e comprendere anche (
anche, non solo) il dialetto (che i ragazzi oggi non conoscono bene, perché in molte famiglie non si parla più ed è un peccato), né l'italiano corretto