Non posso cavarmela dicendo semplicemente che gli svedesi non sono coglioni come un certo popolo abitante di una penisola bagnata da tre mari e devastata da (Tre)monti?
Vabbé, giusto per smaltire il Jack Daniels vediamo di far funzionare i due neuroni rimasti vivi offrendo a Pollastro un commento che parta da una premessa culturale giusto per dimostrargli che come si dice al testaccio "semo ignoranti multitasking". Intervento lungo, potete tranquillamente evitarvelo senza danni alla salute.
L'esperienza dei popoli nordici è unica da un punto di vista storico e culturale cosa che rende impossibile a priori un qualsiasi tentativo di imitarli, non solo per l'Italietta ma anche per paesi ben più avanzati, tipo per dire l'Olanda gli svedesi la vedono già come il loro mezzogiorno e con una certa puzza sotto il naso. Come diceva il prof Bellavista: "si è sempre meridionali di qualcuno".
La cosa interessante di questi popoli è che condividono con noi intesi proprio come italici terroni nati a sud di Roma un elemento culturale fondamentale: l'individualismo. Gli svedesi, finlandesi, norvegesi, sono popoli individualisti ed intimisti, in loro c'è un forte senso di individualità nato dal fatto che sono stati sempre costretti dalle condizioni naturali a vivere in gruppo. Solo che il loro individualismo ha prodotto effetti opposti a quelli raggiunti dal
nostro perché mischiato alla cultura protestante -dove l'individuo deve impegnarsi ad essere il migliore degli uomini possibili di modo che la comunità sia fatta dei migliori possibili- si è agganciato al valore della libertà.
Penso che la miglior descrizione di questo modo di essere sia stata di John Steinbeck nel romanzo breve La luna è Tramontata ambientato in un piccolo paese norvegese occupato dai tedeschi dove la popolazione locale fatta di uomini buoni e miti mette in atto una poderosa Resistenza.
C'è quella scena dell'ufficiale tedesco che chiede al sindaco cosa accadrebbe se avesse dato l'ordine di fucilarlo e il sindaco con estrema tranquillità gli risponde che non sarebbe cambiato niente perché loro, i cittadini, non si sarebbero arresi mai.
Due anni fa mi recai in Finlandia per un periodo di sei mesi, non sapevo niente di questo paese a parte gli articoli letti su riviste e internet.
Devo dire che arrivando lì rimasi abbastanza perplesso da questo popolo strano che dall'alba alle cinque del pomeriggio lavora con una serietà angosciante e dopo le 17 si abbandona ai peggiori bagordi sbronzandosi e dandosi alla pazza gioia con il risultato che Helsinki dove le 20 è praticamente una città morta perché sono tutti ubriachi. Ebbene per farmi capire qualcosa di più di loro mi diedero un copia in inglese del lIbro di Vaino Linna "Croci in Carelia" che racconta l'eroica resistenza dei Finlandesi nella guerra d'Inverno scatenata da Stalin contro il paese nel 1939 per assicurarsi il controllo dell'istmo di Carelia, una pagina quasi sconosciuta ai libri di storia italiani ancora influenzati dalle censure di parte.
Un esercito composto da operai, manovali, imbianchini, boscaioli, commercianti, medici, studenti ed impiegati armati di fucili e sci tenne in scacco per 4 mesi la poderosa armata rossa infliggendole due memorabili sconfitte a Suomussalmi e Tolvajärvi. A guidare questo esercito di popolo l'eroe nazionale: il maresciallo Carl Gustav Mannhreim arzillo vecchietto settantenne che alle 5 di mattina nel suo rifugio segreto dopo aver fatto la barba si immergeva in una vasca di ghiaccio per temprare il corpo e dopo si rivolgeva ai suoi soldati via radio dicendo: "non è necessario sperare nella vittoria per combattere con coraggio". Alla fine quella guerra la persero perché finirono le cartucce da sparare e dovettero arrendersi ad un nemico che aveva il doppio di uomini e mezzi ma si erano guadagnati il rispetto di tutto il mondo compreso Stalin il quale non chiese mai di annettere la Finlandia all'impero sovietico perché era conscio del fatto che sottomettere un popolo del genere non era possibile.
Penso che tutto questo faccia capire quali siano le abissali differenze. I nordici non amano le chiacchiere, voglio i fatti. Di quella che noi chiamiamo la partecipazione e alla quale(non io sia chiaro) attibuiamo grande importanza se ne sbattono altamente, il conflitto sociale non esiste come non esistono gli scioperi, le occupazioni e tutte le boiate italiche. Loro credono nella democrazia rappresentativa perché lì funziona grazie al fatto che hanno questi valori di fondo e perché sono società aperte dove il potere del governo è LIMITATO nonostante il forte interventismo statale.
In svezia il difensore civico - ridotto in italia all'ennesimo ente burocratico inutile- ha un potere fortissimo ed è uno dei principali strumenti di tutela del cittadino.
Infine va detto che la democrazia rappresentativa funziona perché la Svezia riesce a selezionare abbastanza bene le sue elite formate in scuole esclusive basate sul modello di Eton e Fettes e poi (almeno nel campo politico) in partiti veri dove c'è contendibilità della leadership e un ricambio continuo della classe dirigente.
Riassumendo: predisposizione del popolo, governo limitato, trasparenza assoluta, cultura della leadership. Quante ne manncano esattamente all'italia?
Ora invece andiamo ai fatti aridi da ragionieri, anche se la notizia è vecchia e stiracchiata.
Nei primi anni novanta la Svezia era in condizioni non troppo dissimili dall'italia attuale: debito eccessivo, economia stagnante, disocuppazione in aumento, servizi pubblici inefficienti, sfiducia crescente. La bomba scoppiò quando a tutti questi elementi si aggiunge una forte crisi bancaria praticamente uguale a quella che ha investito in anni recenti l'irlanda e la spagna e ora in arrivo in Danimarca e Olanda.
A questo gli svedesi invece di perdersi in chiacchiere reagirono con intelligenza, pragmatismo e coraggio.
La riksbank(la più antica banca centrale del mondo) affrontò di petto la crisi convincendo il governo a nazionalizzare tutte le banche, poi a ripulirne i bilanci con la creazione di apposite bad bank e infine a rimetterle gradualmente sul mercato con una quadro regolatorio più adeguato.
Fu un capolavoro economico-giuridico che oggi fa scuola, il contribuente alla lunga non ci ha perso e l'economia è stata salvata da una crisi potenzialmente devastante.
Nel frattempo il governo varò un durissimo piano di consolidamento fiscale per affrontare il problema del debito(il rapporto debito/pil dal 41% nel 1990 aveva raggiunto la cifra del 73% nel 1996). Fu una spending review lacrime e sangue come ci piace dire a noi che introdusse un tetto fiscale triennale alla crescita della spesa pubblica, impose i vincoli di bilancio per le amministrazioni locali e soprattutto l'obiettivo dell'1% del Pil di surplus fiscale da
raggiungere non su base annuale ma sull'intero ciclo economico in modo da avere a disposizione strumenti di stabilizzazione macro economica.
Contemporaneamente furono presi altri provvedimenti che in Italia susciterebbero rivolte di piazza: privatizzazione delle poste e delle ferrovie, riforma della sanità e della scuola(queste mi sembra che le illustrai in un post sul welfare tempo fa) oltre alla riforma delle pensioni.
Risultati sotto gli occhi di tutti: la spesa pubblica ha avuto una compressione di 18 punti in 20 anni, il rapporto debito pil è attorno al 35%(una quota che avrebbe fatto sognare Keynes) e il surplus di bilancio è stato raggiungo in 12 anni su 15 dalla sua applicazione.
In questo modo gli svedesi hanno salvato il loro modello sociale ed ora si possono permettere manovre espansive come quella annunciata sulla riduzione dell'aliquota sull'imposta societaria, cosa per altro criticata dall'opposizione che l'ha vista come una manovra propagandistica potenzialmente pericolosa per la stabilità delle finanze pubbliche e di conseguenza il benessere dei cittadini.
Cmq per essere chiari le tasse in Svezia sono altissime, ma sulle imprese se prendiamo il total tax rate, cioè l'incidenza complessiva del fisco, vediamo che in Italia è al 68% in svezia al 53%, questo perché lo stato in svezia tassa in maniera razionale e per produrre servizi non per rubare.
Ma la cosa importante da capire è che la stabilità delle finanze pubbliche in svezia è un patrimonio comune a tutti i partiti e senza questa visione il miracolo svedese non sarebbe mai stato possibile. Hanno sfruttato le occasioni e fatto le riforme quando erano in condizioni di farle(come andrebbe fatto) e sono riusciti nell'intento perché sono un paese che NON mente a sé stesso.
Va anche detto però che il miracolo svedese(a differenza di quello che sostiene Giavazzi) fu anche possibile grazie al deprezzamento del tasso di cambio reale che spinse le esportazioni fungendo da stimolo durante il periodo di consolidamento fiscale. Senza questo elemento anche la Svezia sarebbe dovuta passare per le forche caudine della deflazione interna attraverso la quale sta passando l'italia con conseguente crisi e disoccupazione annessa.
La svezia non ha l'euro e questo ha una sua importanza su molti parametri.
Ps infine se proprio volete il commento tecnico, è vero in Italia non funziona un cazzo ma non andatevene mai perché poi si sente la mancanza. Italian Girls Do It Better.
[Modificato da trixam 07/04/2013 17:15]