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Eurispes: il potere in italia

Ultimo Aggiornamento: 12/11/2012 10:50
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12/11/2012 10:50
 
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tratto da : www.forzearmate.org/wordpress/2012/11/09/uomini-anziani-e-padani-ecco-i-potenti-che-governano-litalia-tra-i-personaggi-di-potere-spicca-la-bassissima-percentuale-dei-mili...


Roma, 9 nov 2012 (affaritaliani.it) – La classe dirigente italiana non si rinnova e dà vita ad una vera e propria gerontocrazia nella quale gli anziani monopolizzano il potere: 4 potenti su 5 hanno più di cinquant’anni (79,5%). I giovani fino a 35 anni rappresentano solo il 3% dell’intera classe dirigente e di questi il 71% è costituito da sportivi.

Quindi, le generazioni che anagraficamente sono più portate all’innovazione e all’adattamento a processi globali di cambiamento sempre più rapidi sono completamente tagliate fuori dai circuiti decisionali più importanti, circuiti che, oltre all’esperienza del potere “maturo”, hanno un bisogno vitale di quelle capacità di adattamento e di innovazione.

Ma ancora, le posizioni di vertice sono appannaggio degli uomini ed entrare a far parte del gotha dei personaggi influenti, potenti e celebri è quasi impossibile per le donne. Quelle che “ce la fanno” non solo vanno a rafforzare le fila delle over 50, ma finiscono anche per adattarsi a un modello tradizionalmente maschile, per cui non è lasciato spazio a soluzioni di “compromesso” tra ambito professionale e vita privata. Anche l’analisi comparata delle élite al potere nel 1992 e quelle di oggi testimonia un quadro di immobilità e di chiusura che dura da vent’anni. Sono venuti meno i processi fisiologici di ricambio generazionale e di circolazione delle élite e, insieme, si è inceppato il meccanismo virtuoso della trasmissione dei saperi. Insomma il potere, negli ultimi venti anni, sembra essere “invecchiato” insieme ai potenti. I dati mettono inoltre in evidenza il fenomeno della “fuga dei cervelli” e una concentrazione della distribuzione del potere prevalentemente su Roma e Milano, con la conseguente marginalizzazione delle regioni meridionali e più periferiche.

LA RICERCA – Questo il ritratto della classe dirigente italiana che emerge dalla ricerca realizzata dall’Eurispes in collaborazione con Who’s Who in Italy, attraverso l’elaborazione e l’analisi dei dati riguardanti 5.560 individui potenti e celebri individuati come coloro “che contano” nel nostro Paese. È stato possibile inoltre mettere a confronto i risultati con quelli emersi dalla ricerca sul potere in Italia pubblicata dall’Istituto nel 1992 e tracciare alcune rilevanti linee di tendenza in grado di raccontare molto dei cambiamenti e della storia della stessa società italiana.

«Suggerisce Aristotele nella Politica: «Ogni popolo ha il governo che si merita», e la società italiana non sembra certo venir meno al principio. Quanto emerge dalla nostra ricerca sulle power élite – sottolinea il Presidente dell’Eurispes, Prof. Gian Maria Fara – è una vera e propria antropologia del potere, che tanto può raccontare sia sui personaggi che rientrano nella classe dirigente vera e propria, sia sulla società di cui tale classe dirigente è, bene o male, espressione».

L’ETA’ – Il potere in Italia: una gerontocrazia, per soli uomini. Gli uomini rappresentano ben l’85% della classe dirigente, a fronte di un contenuto 15% di donne. Sebbene il numero delle donne potenti sia raddoppiato in vent’anni (erano il 7,8% del totale nel 1992 a fronte del 92,2% degli uomini), la presenza femminile nelle posizioni di potere continua a rappresentare un’eccezione.

Allo stesso tempo, le élite al potere hanno le caratteristiche di una vera e propria gerontocrazia, che offre pochi margini al ricambio generazionale, nella quale a contare sono in 8 casi su 10 (79,5%) gli over 50. Infatti il potere si concentra soprattutto nelle mani di quanti hanno un’età compresa tra i 51 e i 65 anni (40,2%) e tra quanti hanno più di 65 anni (39,3%). Solo il 17,5% dei personaggi potenti e celebri ha tra i 36 ed i 50 anni, mentre i giovani (fino a 35 anni) costituiscono uno sparuto 3%. Anche confrontando i dati con quelli monitorati nel 1992, i rappresentanti della classe dirigente di età inferiore ai 50 anni sono sempre una minoranza, anzi, la quota è persino calata da uno su 4 ad uno su 5. I giovani fino ai 35 anni costituivano una percentuale esigua nel 1992 (2,3%) come oggi (3%). Mentre scoraggiante appare il pur significativo aumento degli ultra 65enni, passati dal 25,2% del totale al 39,3% odierno.

L’età avanzata dei personaggi di potere italiani riguarda in misura maggiore gli uomini: gli over 65 sono ben il 41,6%, a fronte del 25,8% delle donne; nella fascia d’età tra i 51 e i 65 anni lo scarto invece è del 3,1% (40,7% vs 37,6%), mentre in quella dai 36 ai 50 anni le donne rappresentano il 29,1% contro il 15,4% degli uomini. Infine, il 7,5% del campione femminile ha meno di 36 anni, a fronte del 2,3% degli uomini. Eppure anche nel caso della power élite femminile più della metà ha superato i cinquant’anni (63,4%).

Matrimoni e figli. Quanto vanno d’accordo vita familiare e potere? Conciliare successo professionale e famiglia? Non sempre il potere si associa alla vita familiare o, quantomeno, ad una vita di coppia stabile: ad essere sposati sono il 46,1% dei personaggi potenti (contro il 53,9%). Un fenomeno ancora più marcato tra le donne: solo un terzo di queste (33,2%) risultano essere coniugate rispetto al dato che indica sposati quasi la metà degli uomini di potere (48,4%), a fronte di un terzo delle donne. Più della metà del campione d’indagine ha dichiarato di non avere figli o non ha reso noto il dato (55,3%). Tra coloro che hanno invece dichiarato di essere genitori (44,7%), prevale chi ha due figli (un quinto dell’intero campione: 20,1%); segue il 12,2% di chi ha solo un figlio, il 9,1% tre figli, il 3,3% quattro o più.

LA RESIDENZA - Una mappa più completa della geografia del potere nel nostro Paese viene inoltre disegnata dai dati relativi al luogo di residenza. Il 91,1% della classe dirigente italiana risiede in Italia, mentre il restante 8,9% all’estero. Questo dato può essere interpretato come un segnale del fatto che in molti casi l’Italia non riesce a trattenere i propri talenti, che scelgono di trasferirsi all’estero una volta raggiunto il successo, o che lasciano il nostro Paese trovando maggiori opportunità professionali in terra straniera, pur continuando a rimanere personaggi influenti o celebri nel paese d’origine. Un’altra parte dei residenti all’estero è invece data da coloro che, stranieri a tutti gli effetti, esercitano funzioni importanti in Italia, per esempio in qualità di dirigenti aziendali o di rappresentanti diplomatici.

Nella maggioranza dei casi i personaggi di potere residenti in Italia svolgono la loro attività al Centro (53,4%), elevata anche la percentuale di chi opera al Nord (Nord-Ovest: 30,8%; Nord-Est: 10,5%). È invece molto scarsa la presenza degli italiani potenti e celebri al Sud (3,7%) e nelle Isole (1,6%). Aggregando i dati sui residenti all’estero, si evince come l’intero Mezzogiorno ospiti soltanto il 4,8% della classe dirigente, mentre il Centro, da solo, supera nettamente l’intero Nord: 48,7% contro 37,6%. Il confronto con i dati del 1992 evidenzia un aumento di chi opera all’estero – dal 3,1% all’8,9% – dato che, se da una parte conferma un peggioramento del trend relativo alla “fuga dei cervelli”, dall’altra può anche attestare il portato di un maggior grado di globalizzazione.

ISTRUZIONE – Potere ed istruzione formano un binomio inscindibile: l’83,3% dei personaggi dalla power élite nostrana ha una laurea, a fronte di un 16,7% di diplomati. L’elevato livello di istruzione del campione è in parte riconducibile alla forte presenza di esponenti politici, manager e leader d’azienda, professori e studiosi, professioni che si associano ad un’elevata scolarità. I personaggi potenti e celebri non laureati appartengono soprattutto al settore dello spettacolo e dell’arte (34%). Va però segnalato un significativo 27,1% di non laureati attivi in politica. La quota più elevata dei laureati è costituita invece da esponenti del mondo della cultura (30,6%); secondariamente, della politica (26,6%) e dell’economia (21,9%). Rispetto a vent’anni fa il livello di istruzione della classe dirigente italiana si è significativamente innalzato: i laureati sono passati dal 66,1% all’83,3%.

Fra gli uomini è più elevata che fra le donne la quota dei laureati: l’84,5% del totale, a fronte del 75,7% delle donne. In modo corrispondente, nella classe dirigente si ferma al diploma quasi una donna su quattro (24,3%), contro il 15,5% degli uomini. Tale differenza è forse spiegabile considerando la maggiore difficoltà delle donne ad affermarsi in posizioni di potere “tradizionali” (cioè quelle legate alla politica o all’economia, tendenzialmente connesse a livelli di istruzione più alti), e una loro relativa presenza più ampia nel campione dei potenti attraverso ruoli meno “esigenti” sul piano dei titoli di studio, come quelli del campo sportivo o dello spettacolo. La percentuale dei laureati diminuisce nelle classi d’età più giovani: se gli ultra50enni fanno registrare in media valori oltre l’80% (84,6% tra i 51 ed i 65 anni, 85,8% oltre i 65 anni), il numero dei laureati si ferma al 76,5% tra i 36-50enni con un ulteriore, forte, decremento tra i soggetti fino a 35 anni (50%). La young power élite è composta soprattutto da sportivi e protagonisti dello spettacolo, professioni alle quali tende appunto ad associarsi un livello di istruzione meno elevato.

Tra i personaggi potenti laureati, 1 su 4 ha frequentato la facoltà di giurisprudenza (25,6%), il 17,3% è laureato in lettere e altre discipline umanistiche, il 15,3% in economia, il 10,9% in ingegneria o architettura, il 9,9% in medicina, il 7,8% in scienze politiche. Fra le donne è decisamente più alta che fra gli uomini la quota di laureate in lettere e altre discipline umanistiche (32,3% contro 15,1%); gli uomini più spesso risultano essere laureati in ingegneria e architettura (11,8% contro 4,5%), medicina (10,6% contro 5,3%), giurisprudenza (26,2% contro 21,8%), economia (15,8% contro 11,5%).

I SETTORI – Il principale campo di attività della classe dirigente è la politica: in questo settore è attivo un quarto del campione (24,6%). Ben rappresentato è anche l’ambito della cultura (22,4%), a cui fa seguito, al terzo posto, quello economico (19,2%). Il settore dell’arte e dello spettacolo interessa l’11,5% del campione, il 9,6% lavora nelle libere professioni, il 5,3% nello sport.

Le donne trovano come canali principali per il conseguimento di potere e successo la politica (29,5% contro il 23,8% del dato maschile), da un lato, ed il mondo artistico e dello spettacolo (20,8% contro 9,8%), dall’altro, vedendo invece ancora relativamente precluso l’ambito prettamente economico (20,7% contro 10,7%) e della cultura (23,3%, contro il 17% delle donne). Per gli uomini, invece, politica, cultura ed economia sono i tre grandi settori di appartenenza e, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, sono in proporzione meno rappresentati rispetto alle donne tra “coloro che contano” nel mondo sportivo (4,7% vs 8,5%). In quest’ultimo ambito sono i più giovani (fino a 35 anni) ad aver raggiunto il successo (71%), mentre solo il 13,5% si è affermato nella politica e il 9,7% nello spettacolo e nell’arte.

Gli esponenti della classe dirigente appartenenti alle fasce di età intermedie (dai 36 ai 65 anni) sono attivi soprattutto nella politica (più di un terzo) e, in secondo luogo, nel settore economico (più di uno su 5). Gli ultrasessantacinquenni, invece, dominano il mondo della cultura. Ben il 38,8% dei più maturi sono professori, intellettuali, scienziati e studiosi di spicco del Paese; segue poi un 16,5% attivo in ambito economico, un 11,6% nello spettacolo e nell’arte ed un 10,2% nella politica. Un dato particolarmente eclatante è rappresentato dalla quasi totale esclusione dei giovani dal mondo culturale (2,6%) e dalla presenza minoritaria anche di coloro i quali hanno un ’età compresa tra i 36 e i 50 anni (6,9%). Il 91,5% dei personaggi politici di primo piano italiani svolge la propria attività nel Lazio, regione che ospita la Capitale. Minime le percentuali relative alle altre regioni italiane, con un 1,8% per la Lombardia ed un 1% per la Campania. Il 54,9% degli sportivi celebri è attivo nel Lazio, il 22,9% in Lombardia, il 4,7% in Veneto ed il 3,2% in Trentino Alto Adige. Il Lazio è anche la regione della maggioranza degli artisti e personaggi di spettacolo (52,6%), seguita dalla Lombardia (25,5%) e, a forte distanza, da Emilia Romagna (4,6%) e Toscana (4%). I liberi professionisti di successo si concentrano principalmente in Lombardia (42,4%) e nel Lazio (36,8%). Prevedibilmente, il 40,1% della classe dirigente economica del Paese svolge la propria attività in Lombardia; il 24,2% nel Lazio, il 7% in Veneto, il 6,4% in Emilia Romagna. I personaggi della cultura, diversamente dagli altri ambiti professionali, si distribuiscono maggiormente nelle diverse regioni: se le percentuali più elevate si trovano in Lombardia (27,7%) e nel Lazio (23,6%), un 10,3% risulta attivo in Toscana, un 7,7% in Veneto, un 7,5% in Piemonte, un 6,5% in Emilia Romagna, un 4,1% in Campania.

LE PROFESSIONI – Professionisti del potere. Se si prendono in considerazione le singole professioni, emerge che oltre un quinto del campione (21,7%) ha intrapreso la carriera politica (intesa come una vera e propria professione di lunga durata). Al secondo posto, fra le professioni più diffuse presso la classe dirigente, troviamo i professori (più in generale, gli intellettuali, 18,5%), seguiti dai manager/dirigenti aziendali (14,7%). Ad una significativa distanza da queste prime tre categorie si classificano i giornalisti (5,3%) e gli sportivi (5,2%), seguiti da attori (4,5%), artisti e operatori del mondo dello spettacolo (4,3%) ed industriali (4%). Gli scrittori rappresentano il 3,4% dell’attuale power élite, gli ecclesiastici il 3,1%, i musicisti il 2,9%. Seguono coloro che hanno intrapreso la carriera diplomatica (2,5%), che esercitano la professione di avvocato (1,9%) o medico (1,4%). Meno consistente è invece la presenza dei militari (0,3%) e dei magistrati (0,8%). Fa riflettere che la categoria riferibile a scienziati e ricercatori sia rappresentata solamente dall’1,1% dei personaggi di potere.

La professione politica è esercitata dal 28,4% delle donne e si conferma, dunque, l’ambito lavorativo predominante per le donne di successo in Italia. Al secondo posto, per le donne, si posiziona la professione di attrice (10,6%), al terzo quella di professoressa (9,6%), al quarto quella di sportiva (8,5%) ed al quinto quella di manager/dirigente aziendale (8,3%). È significativa anche la percentuale delle artiste, delle giornaliste e delle scrittrici. Tra gli uomini le due professioni più diffuse sono il politico (20,5%) ed il professore (20,1%), seguite dal manager/dirigente aziendale (15,9%). Gli uomini si concentrano maggiormente in queste tre categorie principali, legate alla politica, alla cultura ed all’economia. Gli esponenti più giovani della classe dirigente (fino a 35 anni) sono nella larga maggioranza dei casi sportivi (71%). Nel 13,5% dei casi sono invece politici di professione, nel 4,5% attori. Tutte le altre professioni sono scarsamente rappresentate. I soggetti dai 36 ai 50 anni sono in quasi un terzo dei casi (31,3%) politici, nel 15,6% manager/dirigenti aziendali, nel 12,2% sportivi; si segnalano poi un 6,5% di attori ed un 4,8% di avvocati. Simile la distribuzione dei potenti dai 51 ai 65 anni: quasi un terzo sono politici (31%), il 18,6% manager/dirigenti aziendali, l’11,3% professori (professione che va a sostituire quella degli sportivi, ormai ridotti all’1,6%). Un significativo 6,7% è costituito da giornalisti. Tra gli ultrasessantacinquenni prevalgono invece i professori (33,9%), seguiti dai manager/dirigenti aziendali (11,4%) e, solo al terzo posto, dai politici (8,5%). Nel 6,3% dei casi si tratta di ecclesiastici, nel 5,6% di artisti, nel 5,4% di industriali. Anche la classe dirigente… si rilassa e si mantiene attiva. Più della metà della classe dirigente italiana (56,8%) ha un hobby di tipo dinamico (sport, viaggi, attività fisiche e manuali); il 43,2% un hobby statico (fruizione culturale, artistica, etc.). Rispetto al 1992, emerge oggi una minore propensione a scegliere hobby di tipo dinamico: il 56,8% a fronte del 71,2% di vent’anni fa, a conferma della presenza di una componente anziana maggiore rispetto al passato. È lo sport l’hobby più diffuso tra i personaggi potenti italiani (40,8%) e in particolare il tennis (19,4%), il calcio (18%), lo sci (16,3%), la vela (10,6%), il golf (7,9%), il nuoto (5,6%), il ciclismo (4,2%) e l’equitazione (3,8%). Si posizionano al secondo e terzo posto degli hobby preferiti la musica (12,9%) e la lettura (12,2%). Il resto del campione si divide in maniera eterogenea tra altri hobby: dal collezionismo (3,2%) all’escursionismo (2,6%), dalle scienze (2,4%) alla fotografa (2,4%) fino alla cucina (2,3%), alla caccia e pesca (2,2%), al giardinaggio (2,2%), ai viaggi e al cinema (2%), ecc. «Quando l’Eurispes affrontò nel 1992, per la prima volta, l’arduo compito di tracciare un profilo completo della classe dirigente italiana – spiega il Prof. Fara – ci trovavamo in un periodo di grandi cambiamenti, legati in larga parte al tramonto di un’intera epoca e alla transizione auspicata verso qualcosa di nuovo. Il quadro che emerge da questa ricerca, tuttavia, per quanto attiene alla classe dirigente del Paese, non è quello di una transizione incompiuta, ma di una transizione che non c’è mai stata, e, semmai, di un aggravamento di molti dei problemi già presenti nei primi anni Novanta.

UNA SOCIETA’ “IMMOBILE” – La quasi totale estromissione dei giovani dalle posizioni di maggiore responsabilità (una tendenza che è addirittura peggiorata), la presenza oltremodo esigua di donne tra coloro che più contano, una fuga dei cervelli all’estero sempre più consistente, nonché un generale invecchiamento di tutta la classe dirigente, autorizzano a tracciare un ritratto piuttosto desolante della nostra classe dirigente, che appare sempre più incentrata su se stessa, volta all’auto-preservazione, chiusa all’innovazione e quanto mai durevole nel tempo. Molti di coloro che all’inizio degli anni Novanta assurgevano a ruoli di potere si ritrovano, vent’anni dopo, ben radicati nella propria posizione, e molto poco disposti ad assecondare la spinta all’innovazione che un fisiologico ricambio generazionale dovrebbe invece assicurare.

Non si tratta di trovare dei capri espiatori o di colpevolizzare particolari individui o singole realtà, ma di comprendere quale sia la spiegazione più appropriata per interpretare più profondamente il legame che l’Italia intrattiene con la propria classe dirigente, quali siano i meccanismi di selezione sociale alla base del successo e dell’ottenimento del potere nei vari contesti e nei diversi ambiti, e infine perché i processi di circolazione delle élite si siano bloccati in tutti questi anni.

Solo trovando delle risposte soddisfacenti a queste domande – conclude il Presidente dell’Eurispes – sarà possibile aprire la strada del rinnovamento del potere, nella consapevolezza che solo con una classe dirigente all’altezza dei tempi il nostro Paese potrà affrontare al meglio le sfide del futuro». (affaritaliani.it) – 8/11/2012
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