border="0"

È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
       
CHI SIAMO
            
PROBLEMI D'ACCESSO?
            
SALVASTUDENTI
            
MATRICOLE
     
GALLERIA
      
INFO UTILI UNIVERSITà
        
FACEBOOK
 

Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Stampa | Notifica email    
Autore

L’ideologia dello Stato terapeutico è una mutazione secolare dell’integralismo religioso

Ultimo Aggiornamento: 30/10/2012 21:49
Email Scheda Utente
Post: 6.073
Post: 6.061
Utente Master
Moderatore
OFFLINE
30/10/2012 21:49
 
Quota


Lo scorso 8 settembre, a 92 anni, è scomparso Thomas Stephen Szasz, Professore emerito di psichiatria presso la State University di New York (Syracuse), una delle intelligenze più affilate e curiose del secolo. Szasz è noto soprattutto per il suo “Il mito della malattia mentale” (ora disponibile per Spirali). Per Szasz, “la malattia mentale è un mito. Gli psichiatri non si occupano di malattie mentali e relativi trattamenti: in realtà, si occupano di problemi personali, etici e sociali che insorgono nel costo della vita”.
Nel corso della sua lunga carriera, Szasz ha costantemente riflettuto sull’utilizzo della medicina come formula politica per giustificare la coercizione. Come scriveva già in “Legge, libertà e psichiatria” (1963), egli ravvisava nella “nascita dello Stato terapeutico” un fenomeno simile e complementare all’affermarsi dei tentativi di legittimazione della coercizione che più avevano avuto successo nella storia: il ricorso al volere di Dio (la teocrazia), alla volontà del maggior numero (la democrazia) o agli ideali di eguaglianza economica (il socialismo).
L’ideologia dello Stato terapeutico è una mutazione secolare dell’integralismo religioso: “una volta che l’élite si trova d’accordo sull’aver identificato un vero Dio, o il Bene, ne segue che deve proteggere i membri del gruppo, e anche i non membri, dalla tentazione di adorare falsi dei, o falsi Beni. La versione post-illuministica di questo modo di vedere le cose è la medicalizzazione del Bene”.
La psichiatria per Szasz si basa su una eccessiva “presunzione di sapere” cose che in realtà non conosciamo per certo. L’effetto è quello di trasformare le scelte personali, da dilemmi morali, in questioni esclusivamente tecniche: mediche. Un altro importante critico dello “scientismo”, il Premio Nobel Friedrich von Hayek, fece considerazioni non dissimili, chiedendosi se “sono veramente gli psichiatri le autorità competenti per darci nuovi principi morali” (“Gli errori del costruttivismo”, 1970).
La formula politica dello Stato terapeutico ha avuto grande successo, proprio perché è riuscita a situarsi al di fuori del perimetro della tradizionale discussione sulla libertà. Per Szasz, “messo alla prova con il problema della ‘pazzia’, l’individualismo occidentale era poco preparato a difendere i diritti dell’individuo”. Una pratica come l’ospedalizzazione coatta, che sarebbe stata ritenuta altrimenti intollerabile, venne accettata innanzi allo spauracchio della “malattia mentale”. In epoca moderna, alle streghe si fa regolare diagnosi. “Quando garantiamo ai funzionari medici dello Stato il potere di imprigionare persone innocenti, non c’è alcun modo realistico di prevenire che essi, e i loro superiori, abusino della legge”.
Il lento emergere delle notizie su come gli ospedali psichiatrici fossero a tutti gli effetti luoghi di “medicalizzazione” dell’opposizione politica nella Germania hitleriana e in Unione Sovietica mise frecce importanti nell’arco di Szasz.
In contrasto coi più, egli non pensava che questi fenomeni riguardassero soltanto i regimi totalitari. La formula politica dello Stato terapeutico aveva raggiunto forse il suo massimo fulgore nella Germania nazista: la retorica di Hitler era intrisa di metafore mediche. Il Fuhrer aveva dato l’ordine “di bruciare fino alla carne viva le ulcere del nostro avvelenamento interno”. La persecuzione politica era un "trattamento" cui sottoporre la società: la medicina informava assieme la retorica e la pratica del totalitarismo, come è evidente dagli esperimenti su cavie umane e dalle lobotomizzazioni eseguite nei lager.
Ma le società “politicamente corrette” contemporanee mostrerebbero alcune delle caratteristiche del regime che affermava che “Il tuo corpo appartiene alla nazione! Il tuo corpo appartiene al Fuhrer! Hai il dovere di essere sano!”.
“La causa primaria della morte è il fatto di essere vivi; quindi, lo Stato terapeutico divora tutte le attività, seguendo l’osservazione apparentemente razionale che nulla cade al di fuori del campo della salute”. La “medicalizzazione” della politica erode lo spazio della scelta morale: cosa ingerire, quali sostanze assumere, quanto bere e se fumare, in ultima analisi come vivere la nostra vita sono questioni che vengono sempre più sottratte al ragionare individuale su bene e male.
Autore quantomai prolifico, Szasz non si è mai ritratto dal difendere con convinzione la libertà personale anche sui terreni più scivolosi.
“In Fatal Freedom: The Ethics and Politics of Suicide” (1999), aveva riflettuto sulla più radicale manifestazione della libertà individuale: la libertà di porre fine alla propria vita. Per lo psichiatra di origini ungheresi, esattamente come lo Stato e la professione medica “non interferiscono più con il controllo delle nascite, così non dovrebbero più interferire con il controllo della morte”. Suicidarsi è un “diritto”: “su se stesso, sulla sua mente e sul suo corpo, l’individuo è sovrano”, per citare John Stuart Mill. La “prevenzione del suicidio” altro non è che un’altra forma di “coercizione psichiatrica”. Tuttavia, il suicidio non è un “diritto positivo” bensì un “diritto negativo”: egli affermava la nostra libertà “di decidere quando e come vogliamo morire” rigettando però la legittimazione del suicidio assistito. Il suicidio assistito da un medico è un “bootlegging suicide”, il suicidio di contrabbando. In gioco non c'è tanto la libertà di morire, quanto la regolamentazione delle dosi nelle quali gli individui possono assumere determinate sostanze. "Fatal Freedom" invitava il lettore a confrontarsi col desiderio di darsi la morte per quello che è, una questione etica e non un problema di sanità pubblica.
Szasz è stato uno studioso solidamente inserito nel solco del liberalismo classico, tanto da aver scritto anche un libro su “principi libertari e pratiche psichiatriche” (Faith in Freedom 2004).
La sua grande lezione coincide col più importante lascito di tradizione di pensiero: nessuno è più pericoloso di chi crede che il fine giustifichi i mezzi.
Da Il Sole 24 Ore, 28 ottobre 2012
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 23:22. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com