Gentili prof. Prisco e pollastro,
credo,dal basso della mia ignoranza giuridica, che la regolamentazione sia necessaria perchè con l'informazione si fuoriesce dalla galassia delle libertà individuali-con annessi e connessi- e si entra in un universo che non può essere lasciato alla deontologia professianale di categoria o al buon senso dell'individuo data la peculiarità del settore.
Se la triade legislativo-esecutivo-giudiziario subisce continuamente pressioni da parte dell'informazione (basti pensare alla superiore capacità di suggestione/influenza del santoro di turno rispetto a questo o quel politico o ai processi mediatici paralleli...con tanto di giudici e consulenti) e questa è in grado di veicolare la stessa società civile,si può ancora parlare di semplice categoria o sarebbe il caso di qualificarlo per quello è? Un potere a tutti gli effetti.
Certo s'abbisogna di una normativa che non trasformi l'informazione in organo ausiliario dello stato,ma non è più il caso di lasciarla a briglia sciolta.
Non dimentichiamoci che siamo il paese che un giorno piange Falcone e Borsellino e l'altro osanna i figli -revisionisti-dei pentiti.
Una informazione a capocchiam è sia una causa che effetto di questo male.
In seconda battuta parafrasando il Muratori "il diritto nella sua applicazione pratica dipende inevitabilmente dalla testa dei giudici": vero che esiste il codice penale,ma è vero anche che sino ad oggi casi simili sono stati trattati in maniera diversa e l'orientamento generale proponeva una interpretazione maggiormente flessibile sotto l'ombrello della libertà di stampa.
Ho letto l'articolo postato poco prima e ,in tutta onestà,non ci trovo nulla di scabroso (sarà che c'ho fatto il callo),ma usuale dialettica mediatica.
Se dovessi aprire un qualsiasi giornale o rivista,de facto, troverei certamente articoli con gli stessi toni e lo stesso cattivo gusto.
L'informazione non sarà tutta uguale,ma molto simile se si escludono poche mosche bianche.
[Modificato da connormaclaud 29/09/2012 16:58]