Allora, vediamo se riesco a darti un po' di sostegno. Ti scrive una persona che, a pochissimi esami dalla fine, si è ripercorsa un po' tutto il suo iter accademico. Brillante, tanto, ma discontinuo, forse troppo. I momenti di crisi ci sono stati, ma fanno parte della crescita e ci si dovrebbe preoccupare onestamente se non ci fossero, perchè non interrogarsi mai su ciò che si sta facendo e su quello che verrà la trovo una cosa del tutto inadatta ad un essere pensante. Ed ancora più onestamente, trovo del tutto fuori luogo gli interventi di chi ti consiglia di cambiare strada o ti fa notare che i minatori sardi non hanno di che vivere. (Miei cari signori, in primis nessuno, e dico nessuno, può avanzare sindacati così incisivi quanto quelli di scelte di vita per il sol fatto che si stia vivendo una crisi - un tizio conosciuto come Faber scrisse un tempo che "dal letame nascono i fior"; in secundis, ognuno vive i propri drammi e non ci può certo far carico o prendere come termine di paragone le disgrazie del mondo o del vicino, ci sarà sempre chi sta peggio e chi sta meglio di ognuno: Quindi, innanzitutto, rispetto per l'intimo di ognuno).
Ti dicevo, nel corso del tempo noterai che il tuo approccio di studio ad una materia così vasta, complessa ed affascinante al tempo stesso cambierà inesorabilmente (in fondo sei al terzo anno, cos'avrai, 22 anni?), privilegiando un metodo critico e logico- comparativo che sostituirà l'asettico e meccanico stimolo spesso mnemonico delle fasi iniziali (non ci prendiamo in giro colleghi, a tutti è capitato di "appizzarsi" in testa all'ultimo momento cose poco o per niente comprese). Sai qual è il grande problema di questa facoltà (e non solo ovviamente presso l'università Federico II), o meglio, di tutti coloro che ci si iscrivono? E' che si ragiona con i paraocchi quanto al post lauream, nel senso che la pratica legale pare tappa necessaria ed obbligata (anche per poter accedere ad un concorso in magistratura), e le alternative restanti sembrano essere tediosi concorsi pubblici presso varie ed eventuali amministrazioni. Cioè dico, ma diamo i numeri? Si ha la minima idea della miriade (e sottolineo miriade) di strade che la nostra laurea consente di battere? Poi è ovvio, quella forense pare la più accessibile, la più scontata ed ovvia (ad estremo torto, perchè per fare l'avvocato occorrono nozioni, acume, cervello, intraprendenza, e due attributi grandi quanto una casa - si vede in giro tutto ciò? Ormai in tribunale girano cani in cravatta e porci in minigonna, ecco perchè poi si perdono le cause e la gente va in rovina e la giustizia italiana va a p*****e). Questa filippica per dirti cosa? Che quello che stai studiando ti sarà non utile, ma super utile in futuro perchè di assoluta attualità e praticità e ti permetterà di inserirti in qualsiasi ambito e settore, non necessariamente giudiziale. Sai da cosa dipese la mia crisi? Dal fatto che, nell'iter accademico, mi sono resa conto che a me delle professioni legali mi frega un'emerita cippa, che troppo formalismo non mi appartiene e che soprattutto il sistema italiano non mi piace per niente. In tribunale io non ci metterò mai piede, questo è poco ma sicuro. Allora, in breve, la mia sintesi: prendere le situazioni di petto, sempre e comunque. Io, a pochi esami dalla fine e quindi ancora da laureanda (chi lo farebbe?), tra due mesi mi trasferirò a Milano per intraprendere un master che mi consentirà di entrare nel mondo delle società multinazionali ed occuparmi di tutto ciò che a nessuno viene in mente che un laureato in Giurisprudenza possa fare. Ho trovato la mia strada, stringendo i denti, dando retta a chi crede in me ed ascoltando la voce del mio intimo che mi ha condotto verso le mie aspirazioni latenti. Come andrà, poi, questo soltanto la Vita potrà rivelarlo. Credici, sempre.
"L'uomo è un qualcosa che deve essere superato. Ama le tue virtù, giacchè perirai per esse".
(F. W. Nietzsche, Così parlò Zarathustra)