lo scandalo del rimborso elettorale

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
fulvio25
00sabato 7 agosto 2010 12:16
Le elezioni anticipate sono un investimento per i partiti. Per ogni legislatura i partiti incassano il finanziamento pubblico, definito "rimborso elettorale" (bocciato da un referendum). In caso di interruzione la quota residua viene comunque mantenuta e va in cumulo alla legislatura successiva. Una catena di Sant'Antonio. I partiti dispongono già ora di una quota pari alla metà legislatura del governo Prodi, che cadde nel gennaio 2008, sommata a quella attuale. Quindi una legislatura e mezza per circa un miliardo di euro. Se si andrà al voto anticipato in autunno bisognerà sommare al prossimo "rimborso" un'altra metà legislatura. La crisi per i partiti è una benedizione. Più il Paese va a fondo, più incassano. Se i finanziamenti elettorali (da abolire) sono una porcata, il cumulo è pura porno politica.


I partiti chiedono sacrifici ai cittadini, ma nessuno ha chiesto sacrifici ai partiti. Non domandarti cosa può fare il partito per te, ma cosa puoi dare con le tue tasse al partito. La politica è l'unico settore improduttivo in continua crescita di fatturato. Nel 1993 il finanziamento pubblico ai partiti fu abrogato con un referendum con il 90,3% dei voti, ma un partito può vivere senza soldi? I partiti, che godono del vantaggio di occupare il Parlamento, hanno legiferato negli anni per riparare al referendum. Tutti in coro, senza distinzioni ideologiche nel nome della forchetta, il vero simbolo del Parlamento. La parola finanziamento viene sostituita dal termine, molto più elegante, "rimborso" per depistare i cittadini. Nel 1999 la legge 157/1999 introduce fondi per elezioni a Camera, Senato, Parlamento Europe e Regionali con un massimo complessivo per Camera e Senato di 193.713.000 in rate annuali per legislatura. In caso di elezioni anticipate si interrompe il "rimborso".
I partiti hanno però spese che noi umani non possiamo neppure immaginare e modificano la normativa nel 2002 con la legge 156/2002 che porta il monte premi per il Parlamento a 468.853.675 euro e riduce all'1% (dal 4%) il quorum necessario per ottenere il rimborso. I partiti, il cui organo più sviluppato è sempre stato lo stomaco, non si fermano qui.
Nel 2006, la legge 51/2006 introduce il doppio rimborso in caso di elezioni anticipate. Il rimborso vale per tutti e cinque gli anni di legislatura, anche se interrotta, e si cumula al rimborso della legislatura successiva. Per le elezioni politiche del 2008 il Pdl ha maturato il diritto a 206.518.945 euro, il Pdmenoelle 180.418.043 , la Lega 41.384.550 e via rapinando tutti gli altri partiti (ogni rimborso va sommato al residuo delle elezioni del 2006, quindi circa la metà). Il costo dei partiti, esclusi gli stipendi ai vari eletti, si avvicina alla somma di un miliardo di euro se si sommano i rimborsi per la legislatura corrente, la parte di quella passata comunque retribuita, le elezioni europee e quelle regionali.
fulvio25
00sabato 7 agosto 2010 12:17
Con la fine del 2010 sembrava fosse arrivato finalmente l’anno in cui gli elettori italiani avrebbero smesso di pagare due euro a testa l’anno per finanziare l’attività politica dei partiti “morti” (An, Forza Italia, Ds e Margherita). L’anno in cui avremmo finito di ringraziarli per aver partecipato alle elezioni politiche del 2006, quelle che portarono alla nascita della XV legislatura, defunta appena due anni più tardi, ma dal punto di vista “contabile” tuttora viva e vegeta. Ora, in piena crisi politica, e con gli strateghi dei gruppi politici che fanno i calcoli sul se sia meglio votare nel prossimo autunno o intorno a primavera, una cosa è certa: continueremo a versare fino al 2012, due euro a testa agli attuali partiti presenti in Parlamento. Che questi sopravvivano, o che decidano di divenire fondazioni.

Le cifre in gioco

Non sono spiccioli. Se dal 2006 al 2010 ogni anno ci si è dovuti sobbarcare la spesa di quasi 100 milioni di euro (99.929.149,14 ogni anno) per finanziare le strutture politiche rappresentate nella XV legislatura, dal 2008 e fino al 2012 si dovranno comunque pagare ai partiti che contano eletti in Parlamento i rimborsi elettorali della tornata politica che ha dato vita alla XVI: sono 100.618.876,18 euro l’anno (503.094.380,90 quelli complessivi riconosciuti sui cinque anni), cui si sommano i rimborsi, sempre milionari, dovuti per le consultazioni regionali ed europee. Da quando è iniziato il governo Berlusconi, solo per i rimborsi elettorali delle politiche, sono stati spesi 600 milioni di euro. E il calcolo non tiene conto dei duecento milioni, che, volenti o nolenti, si dovranno sborsare. Una cuccagna.

Quel “no” detto dagli italiani

Il 18 e 19 aprile del 1993 gli italiani si recarono in massa a votare il referendum promosso dai Radicali (non era il primo sul tema) che aboliva il “finanziamento pubblico ai partiti”. Fu quello l’ultimo anno in cui le forze politiche presenti in parlamento ricevettero soldi dallo Stato per via diretta. Il supplemento ordinario numero 232 allegato alla Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 1996 certifica quanto presero: Dc, Pci, Psi, Psdi e tutti i partiti non ancora travolti dall’onda di tangentopoli o dal crollo del Muro ricevettero poco più di 80 miliardi di lire, 40 milioni di euro. Paragonati ai soldi che oggi i partiti ricevono di “rimborso” c’è da sorridere. La cifra è paragonabile ai denari che le sigle politiche intascano per le regionali, ma non “una tantum”: ogni singolo anno per ogni anno di legislatura.

Ormai la torta si avvicina ai 250-300 milioni di euro annui: un fiume di denaro pubblico non giustificato dalla regola, che può anche essere condivisa, per la quale i partiti politici debbano essere finanziati dallo Stato (il rischio è quello di essere strumento di lobby, come avviene nel modello americano, o soggetti politici governati da “ricchi”, e in questo caso l’Italia già conta un limpido esempio).

Le leggi di riferimento

Dopo il referendumabrogativo, il legislatore si è posto la domanda di come fare a conciliare il voto uscito dalle urne e la sopravvivenza dei partiti medesimi. La risposta fu nella legge 515 del 1993 e nell’idea del “rimborso”, che avrebbe sostituito il “finanziamento” bocciato dagli elettori. Il primo “rimborso” ipotizzato prevedeva una cifra standard data dalla moltiplicazione di 1600 lire per tutti gli italiani contati nel censimento. Questo avrebbe forse permesso la sopravvivenza di quelle strutture politiche. Ma non bastò, se, con opportune modifiche, il contributo elettorale passò prima a 4 mila lire a “elettore” e non più a “cittadino” (la legge è la 157 del 1999) e, successivamente, a un euro a “elettore” ma “per ogni anno di legislatura”, e quindi a 5 euro a testa (poi diventati 10, dovendosi conteggiare sia Camera che Senato). Fu nel 2006, infine, che si decise di salvare anche i partiti “zombie” permettendo che ricevessero finanziamenti pubblici per l’attività politica anche quelli che non avrebbero più fatto nessuna attività politica in vista di nuove consultazioni elettorali, come saranno poi i Democratici di Sinistra e la Margherita (che confluiranno nel Pd), ma anche An e Forza Italia (che daranno vita al Pdl).

Tagli veri e presenti

Con la Finanziaria del 2007, si dette una piccola sforbiciata, si direbbe orizzontale, ai contributi che venivano erogati ai partiti. Una formula prevedeva che venissero sottratti ogni anno 20 milioni di euro alla torta complessiva. Con l’ultima Finanziaria, invece, si prova a tagliare qualcosa sul futuro. “A decorrere dal primo rinnovo del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati, del Parlamento europeo e dei consigli regionali successivi alla data di entrata in vigore del presente provvedimento, l’importo di un euro previsto dalla legge 3 giugno 1999, n. 157, è ridotto del 10 per cento”. Questo vuol dire che dalle prossime elezioni si pagheranno 90 centesimi per ogni anno di legislatura e per ogni singola Camera, 9 euro invece di 10: uno sconto che sa di beffa mentre continuano a correre i rimborsi di consiliature vere o presunte. Una cifra che, dal 2006 a oggi, ha portato dalle casse pubbliche a quelle dei partiti politici, enti privati che partecipano della vita pubblica del Paese, una cifra di poco superiore al miliardo e mezzo di euro. Siamo sicuri che sia un prezzo giusto?
pacovarra
00lunedì 9 agosto 2010 21:01
che cannibalismo, noi sbattiamo la testa per arrivare a fine mese e loro sguazzano nei rimborsi elettorali.
E' la patria dello squallore civico
Astronascente86
00lunedì 9 agosto 2010 21:32
"Quando arriva la minestra non c'è più sinistra o destra".

Giubo
00lunedì 9 agosto 2010 22:18
fatta la legge trovato l'inganno..il finanziamento ai partiti era stato abolito per fronteggiare lo sdegno dell'opinione pubblica dopo Tangentopoli(e non ricordo,credo,un referendum con una partecipazione così massiccia)...ma i furbastri hanno saputo farlo rientrare dalla finestra
Paperino!
00martedì 10 agosto 2010 02:37
Senza contare che la settimana lavorativa dei parlamentari è fatta di soli 3 giorni...
Con un Paese in crisi non hanno mollato nessuno dei privilegi, che mentecatti.
Giubo
00martedì 10 agosto 2010 08:48
tempo fa ci fu uno del Pd mi pare che in una trasmissione fece un discorso piuttosto delirante del tipo "dobbiamo mantenere un certo tenore di vita..il parlamentare deve presentarsi sempre ben vestito..." insomma,roba davvero da spernacchiarlo a vita
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 20:31.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com