l'antidoto che non c'è

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
connormaclaud
00sabato 4 gennaio 2014 15:14
[Esplora il significato del termine: Sulla legge elettorale siamo ai titoli di testa. È già qualcosa, dato che fin qui non c’era nemmeno la testa, benché i partiti si prendessero a testate. Ma che fatica capirci un accidenti. Come giudicare un film senza averlo visto in sala, conoscendone per l’appunto unicamente il titolo, o al massimo il nome del regista. Eppure è questa la Mission Impossible cui siamo destinati. Ci è toccato spendere un profluvio di parole su una sentenza costituzionale di cui non abbiamo letto neanche una parola, dal momento che verrà pubblicata fra una decina di giorni. Ora tocca alla trilogia di Renzi, benché il copione sia di poche righe. Basterà per esprimere un giudizio? Facciamolo bastare, tanto c’è sempre un giudice d’appello. Il metodo, anzitutto. È giusto partire lancia in resta inforcando non una bensì tre proposte divergenti? Ed è giusto offrirle in pasto all’intera platea del Parlamento, anziché ai soli soci di governo? È giusto, di più: è doveroso. Se in tutti questi anni la riforma non ha mai preso forma, è perché ciascun partito si è impiccato sul proprio modello di legge elettorale, senza mai dividere la corda con gli altri partiti. Però quando l’alternativa è «prendere o lasciare», la risposta è sempre una: lascio. Serve flessibilità, al contrario. E serve rispetto per i tuoi interlocutori, altrimenti nessuno ti rispetta. Quali interlocutori? Chiunque abbia un posto al sole in Parlamento. In primo luogo perché le regole del gioco coinvolgono tutti i giocatori, quindi andrebbero scritte d’accordo con l’opposizione. In secondo luogo perché se ti rinchiudi nel recinto della tua maggioranza, cadrai più facilmente sotto il fuoco dei veti incrociati. E a proposito del metodo: non sarebbe stato meglio partire dalla riforma della Costituzione, anziché dalla legge elettorale? No, sarebbe stato peggio. E probabilmente non saremmo mai partiti: experientia docet . La revisione costituzionale reclama procedure più lunghe, più incerte, più complesse; non è un caso se finora non siamo mai riusciti a cavarne un ragno dal buco. D’altra parte la nostra Carta è sopravvissuta (sia pure con qualche ammaccatura) a 45 anni di proporzionale e a 20 di maggioritario. Significa che la legge elettorale è autonoma dalla forma di governo, anche se - ovviamente - ne condiziona la resa, il funzionamento pratico. Qualche avvertenza, però, sarà bene leggerla, prima d’usare i medicinali confezionati dal farmacista Renzi. Se l’obiettivo è d’ottenere una maggioranza certa il minuto dopo le elezioni, allora nessun congegno elettorale può riuscirvi. Non tanto perché l’elettorato italiano sia ormai diviso in tre tronconi; dopotutto, succedeva già negli anni ruggenti della prima Repubblica (con la Dc, il Pci, il polo laico-socialista). Quanto piuttosto perché vi si frappone la sintassi usata dai costituenti. In primo luogo, abbiamo in sella due Camere entrambe armate del potere di vita o di morte sui governi, però formate da corpi elettorali eterogenei. Al Senato votano i signori, non i signorini; e i giovani possono ben determinare un’altra maggioranza nell’Aula di Montecitorio .] Sulla legge elettorale siamo ai titoli di testa. È già qualcosa, dato che fin qui non c’era nemmeno la testa, benché i partiti si prendessero a testate. Ma che fatica capirci un accidenti. Come giudicare un film senza averlo visto in sala, conoscendone per l’appunto unicamente il titolo, o al massimo il nome del regista. Eppure è questa la Mission Impossible cui siamo destinati. Ci è toccato spendere un profluvio di parole su una sentenza costituzionale di cui non abbiamo letto neanche una parola, dal momento che verrà pubblicata fra una decina di giorni. Ora tocca alla trilogia di Renzi, benché il copione sia di poche righe. Basterà per esprimere un giudizio? Facciamolo bastare, tanto c’è sempre un giudice d’appello.

Il metodo, anzitutto. È giusto partire lancia in resta inforcando non una bensì tre proposte divergenti? Ed è giusto offrirle in pasto all’intera platea del Parlamento, anziché ai soli soci di governo? È giusto, di più: è doveroso. Se in tutti questi anni la riforma non ha mai preso forma, è perché ciascun partito si è impiccato sul proprio modello di legge elettorale, senza mai dividere la corda con gli altri partiti. Però quando l’alternativa è «prendere o lasciare», la risposta è sempre una: lascio. Serve flessibilità, al contrario. E serve rispetto per i tuoi interlocutori, altrimenti nessuno ti rispetta. Quali interlocutori? Chiunque abbia un posto al sole in Parlamento. In primo luogo perché le regole del gioco coinvolgono tutti i giocatori, quindi andrebbero scritte d’accordo con l’opposizione. In secondo luogo perché se ti rinchiudi nel recinto della tua maggioranza, cadrai più facilmente sotto il fuoco dei veti incrociati.

E a proposito del metodo: non sarebbe stato meglio partire dalla riforma della Costituzione, anziché dalla legge elettorale? No, sarebbe stato peggio. E probabilmente non saremmo mai partiti: experientia docet . La revisione costituzionale reclama procedure più lunghe, più incerte, più complesse; non è un caso se finora non siamo mai riusciti a cavarne un ragno dal buco. D’altra parte la nostra Carta è sopravvissuta (sia pure con qualche ammaccatura) a 45 anni di proporzionale e a 20 di maggioritario. Significa che la legge elettorale è autonoma dalla forma di governo, anche se - ovviamente - ne condiziona la resa, il funzionamento pratico.

Qualche avvertenza, però, sarà bene leggerla, prima d’usare i medicinali confezionati dal farmacista Renzi. Se l’obiettivo è d’ottenere una maggioranza certa il minuto dopo le elezioni, allora nessun congegno elettorale può riuscirvi. Non tanto perché l’elettorato italiano sia ormai diviso in tre tronconi; dopotutto, succedeva già negli anni ruggenti della prima Repubblica (con la Dc, il Pci, il polo laico-socialista). Quanto piuttosto perché vi si frappone la sintassi usata dai costituenti. In primo luogo, abbiamo in sella due Camere entrambe armate del potere di vita o di morte sui governi, però formate da corpi elettorali eterogenei. Al Senato votano i signori, non i signorini; e i giovani possono ben determinare un’altra maggioranza nell’Aula di Montecitorio .



www.corriere.it/opinioni/14_gennaio_04/antidoto-che-non-c-e-14eb394c-7507-11e3-b02c-f0cd2d6437...






“...non ci hanno lasciato risposte definitive, ma problemi da risolvere“

Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 03:26.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com