Spaccature nel PdL

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Etrusco
00giovedì 15 aprile 2010 19:39
1)
- FINI A BERLUSCONI, SONO PRONTO A MIEI GRUPPI AUTONOMI
(ANSA) -
Toni di rottura nel vertice tra il premier Silvio Berlusconi ed il presidente della Camera Gianfranco Fini.
Quest'ultimo - riferiscono fonti di maggioranza - ha esplicitamente detto che è pronto a costituire suoi gruppi autonomi in Parlamento, accusando governo e PdL di andare a traino della Lega.
Il premier Berlusconi - riferiscono le stesse fonti - avrebbe chiesto 48 ore di riflessione.


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2) - DIALOGO «RUBATO» ZACCHEO-POLVERINI «RICORDATI DELLE MIE FIGLIE». E LEI: SCHERZI?...
Dal "Corriere Della Sera"


«Non ti dimenticare delle mie figlie». «No, ma stai scherzando?»: è questo uno degli scambi di battute «rubati» dalle telecamere fra il sindaco di Latina, Vincenzo Zaccheo, a Renata Polverini, neogovernatore del Lazio. Una richiesta di raccomandazione, secondo il tg satirico Striscia la Notizia che ieri sera ha mandato in onda il colloquio intercettato a insaputa dei due esponenti politici a margine di un incontro organizzato per permettere alla Polverini di incontrare alcuni dei propri elettori.

E oltre alla frase sulle figlie del sindaco, c'è uno scambio di battute che - sempre secondo il tg satirico -
testimonierebbe la resa dei conti fra le due anime del PdL, quella di An e quella di Forza Italia. Zaccheo, esponente di spicco nel Lazio di An, infatti, dice alla Polverini: «Ti prego, non appaltare più a Fazzone, ha perso 15 mila voti». E lei: «No, no stai tranquillo». E ancora: «Ah bello... Non è che non ho chiare le cose».

Il riferimento di Zaccheo è a Claudio Fazzone, senatore del PdL ex Forza Italia e uomo forte del centrodestra nella zona di Fondi, legato a esponenti della giunta comunale locale travolta dallo scandalo Camorra e lui stesso indagato per una vicenda di raccomandazioni nella sanità.


3)
- REGIONE LAZIO, POLVERINI SPIAZZA IL PDL DA BERLUSCONI PER DECIDERE LA GIUNTA
Giovanna Vitale per "la Repubblica - Roma"


Renata Polverini spiazza tutti e, a sorpresa, a metà pomeriggio, incontra Silvio Berlusconi per concordare direttamente con lui - senza mediazioni dei big del PdL tenuti all´oscuro del blitz a palazzo Grazioli - gli assessori della nuova giunta del Lazio.

Diversi i nodi affrontati dalla governatrice nella mezz´ora di conversazione con il premier appena tornato dagli States:
innanzitutto il trattamento da riservare all´UDC, invisa al Cavaliere ma con la quale Polverini ha stretto un accordo ad personam che prevede la vicepresidenza della giunta e almeno due deleghe;
l´altro sono i nomi femminili, in particolare quello in quota ex Fi: la superfavorita Veronica Cappellaro, protetta del presidente del Consiglio, potrebbe cedere il posto alla segretaria del ministro Scajola, Fabiana Santini, come risarcimento dopo la sua defenestrazione dal listino.

La prova dello smarcamento che la neo-governatrice (in procinto di essere proclamata, forse già oggi) sta tentando per sottrarsi alla morsa dei boss locali del PdL. I quali hanno però già partorito uno schema di massima difficile da smontare.
Riepilogando: gli ex azzurri dovrebbero ottenere la presidenza del consiglio per il ciociaro Abbruzzese e 6 assessori (Armeni, Cangemi, Maselli, Battistoni di Viterbo e, appunto, Santini, oltre a un esponente di Latina che esprimerà il senatore Fazzone).

Agli ex AN ne spetterebbero 5:
3 blindati per gli esclusi della lista: Lollobrigida, Malcotti e Di Paolo, gli altri ancora incerti tra Cicchetti (Rieti), Fiorito (Frosinone), Prestagiovanni e Terranova.
Con una variabile. Se i post-missini fossero costretti, come pare, a esprimere una donna, si profilerebbe uno scambio alla pari: l´attuale assessore capitolino, Sveva Belviso, augelliana di ferro, potrebbe trasferirsi in Regione e lasciare il suo posto in Campidoglio al collega di corrente Malcotti.

Quanto all´UDC, Casini vedrà oggi la Polverini, pronto a schierare - se avrà la vicepresidenza della giunta - il deputato Ciocchetti che prenderebbe anche l´Urbanistica, mentre per l´altra poltrona correrebbero la Formisano, Forte e Sbardella.
Storace potrebbe accontentarsi della vicepresidenza del consiglio, mentre tra le 5 donne l´unica sicura è Olimpia Tarzia, col derby fra le Polverini girls Zezza e Mandarelli.

Fonti:
Ansa
Corriere Della Sera
Giovanna Vitale per "la Repubblica - Roma"
15-04-2010
diegoo.
00giovedì 15 aprile 2010 21:52


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Tony1985
00giovedì 15 aprile 2010 22:24
Fini solo ci difende dalla Lega..
cos e pazz!
Selkis
00venerdì 16 aprile 2010 11:04
Copio e incollo un articolo di Gilioli

«Metto in conto che Berlusconi scatenerà i cani per provare a sbranarmi, tenterà di ammazzarmi. Già mi aspetto Feltri».

Curioso come la frase di Gianfranco Fini, riportata oggi da Francesco Bei su Repubblica, contenga in poche righe diverse cosucce interessanti.

Primo, il conflitto d’interesse: il cofondatore del Pdl dichiara apertamente che il fondatore del Pdl usa il suo impero mediatico per far fuori gli avversari. Per anni a parlare di conflitto d’interessi si era sbertucciati come massimalisti, giustizialisti, dipietristi. Ora lo dice Fini, che quella roba lì c’è ed è pure pesante.

Secondo, la paurosa vendicatività del Cavaliere. L’uomo dell’amore che vince sempre sull’odio proverà “ad ammazzare” il suo alleato, o ex alleato che sia. Ammazzare politicamente, s’intende: ma le parole sono importanti e queste palesano quanta ferocia ci sia dietro il sorriso e le barzellette del leader dell’amore.

Terzo, il ruolo di Feltri. Che sia un dobermann istruito per sbranare gli avversari è stato evidente a molti fin dai primi giorni della sua seconda direzione, dal caso Boffo in poi: e perfino uno come Giordano se n’era dovuto andare perché non voleva usare troppe armi sporche, veline dei servizi, pedinamenti delle barbe finte private al soldo del Cavaliere. Ora a dire che Feltri è un cane addestrato per ammazzare gli avversari è il cofondatore del partito, la terza carica dello Stato.

Quarto, la cultura clanica e quindi la punizione per il tradimento. Le parole di Fini ricordano quelle fatte trapelare da Veronica Lario, dopo che questa aveva chiesto il divorzio. E non è un caso: l’introduzione massiccia in politica della categoria della fedeltà – e quindi del tradimento – ha come conseguenza inevitabile la sua riduzione a patti clanici, quasi feudali, con il sommo capo: come il terrificante giuramento imposto ai candidati governatori in piazza San Giovanni.

Ora, chi lo sa se questo di Fini è uno “strappo definitivo”, come scrive sempre Repubblica. Quello che però pare certo è, grazie a Dio, anche nella destra italiana qualcuno si è accorto di una serie di cose che prima, a dirle, si veniva immediatamente accusati di antiberlusconismo ottuso e ideologico.
rennasuper
00venerdì 16 aprile 2010 11:55
Io sinceramente dubito che Fini abbia le palle di mettersi concretamente contro Berlusconi. Lo fa in modo parziale e velato ma non credo si arrivi allo scontro diretto. Il problema di questo paese è la diffusa ignoranza degli strati sociali più bassi che votano abitualmente a destra. La mia cameriera e le sue amiche ad esempio, votano Berlusconi perchè "è uomo che tiene i soldi ed è potente e simpatico". Chiaramente queste persone non possono cogliere i giochi politici nè il bombardamento mediatico a cui sono sottoposte. Dubito che le spaccature nel pdl produrranno conseguenze significative, ormai siamo in pieno regime, un ritorno al fascismo che però stavolta ci viene somministrato con una violenza di tipo psicologico-mediatico. Al massimo prima o poi sarà il carroccio ad imporsi e allora perderemo un dittatore in favore di un altro.
maximilian1983
00venerdì 16 aprile 2010 12:07
Re:
rennasuper, 16/04/2010 11.55:

Io sinceramente dubito che Fini abbia le palle di mettersi concretamente contro Berlusconi. Lo fa in modo parziale e velato ma non credo si arrivi allo scontro diretto. Il problema di questo paese è la diffusa ignoranza degli strati sociali più bassi che votano abitualmente a destra. La mia cameriera e le sue amiche ad esempio, votano Berlusconi perchè "è uomo che tiene i soldi ed è potente e simpatico". Chiaramente queste persone non possono cogliere i giochi politici nè il bombardamento mediatico a cui sono sottoposte. Dubito che le spaccature nel pdl produrranno conseguenze significative, ormai siamo in pieno regime, un ritorno al fascismo che però stavolta ci viene somministrato con una violenza di tipo psicologico-mediatico. Al massimo prima o poi sarà il carroccio ad imporsi e allora perderemo un dittatore in favore di un altro.




Be' certo, davvero non si può sopportare che le cameriere continuino a votare! Magari tornassero quei bei tempi di Giolitti! Allora votavano solo i "galantuomini" mica le "serve"...
maximilian1983
00venerdì 16 aprile 2010 12:09
Sul camerata Fini mi piace riiportare due articoli di Giampaolo Pansa di qualche mese fa.


Se il Cav molla tutto, Fini va Ko
di Giampaolo Pansa

Sono stato a Roma per tre giorni e dappertutto mi hanno raccontato la stessa storia. Riguarda Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Del Cavaliere si dice che è cotto, che si rende conto di essere assediato da troppi nemici e ha voglia di mollare tutto. Ma soltanto dopo aver tentato un’ultima sortita con le elezioni anticipate.
Del presidente della Camera si sostiene che, se il Cav si ritira, lui è perduto. Per un motivo semplice: Gianfranco ha bisogno di Silvio, la sua pietra di paragone negativa. E senza il Berlusca la guerriglia finiana di questi mesi chiude bottega. Perchè non avrebbe senso combattere un leader che non c’è più.
Ho provato a riflettere su quel che ho sentito. E ne ho ricavato tre ipotesi. Che adesso andrò a illustrare, sia pure in modo stringato com’è inevitabile nel Bestiario.

Ipotesi numero 1. Il Cav respinge la voglia di andarsene. E cerca un modo per rilanciarsi e per proseguire a fare il premier con vigore rinnovato. Il modo giusto è uno solo: ricorrere a un voto anticipato.

Non gli sarà facile ottenere dal presidente della Repubblica lo scioglimento delle Camere, ma ci riuscirà se avrà il consenso della Lega. Basterà che il governo si dimetta e che risulti impossibile allestirne un altro di centro-destra. È vero che al suo posto potrebbe nascere un governo di tecnici, ma questa sembra un’eventualità pressochè impraticabile.

Una volta fissata la data del voto, per esempio la primavera prossima, nel centro-destra comincerà la terza guerra mondiale per le candidature. Le prime vittime saranno Fini e i finiani. Verranno decimati dal vertice del Pdl, quasi tutto berlusconiano. Certo, Fini sarà ricandidato, ma senza gran parte della sua truppa. E se il centro-destra dovesse vincere, come appare probabile, Gianfranco mollerà la poltrona di presidente della Camera. Allora niente più overdose di interviste, convegni, comparsate in tivù.

Per questo Fini si opporrà strenuamente alle elezioni anticipate. Il perché lo ha chiarito il numero uno dei suoi consiglieri, Alessandro Campi. Sull’ultimo numero di Panorama ha spiegato: «Fini ha ancora bisogno di tempo per completare la sua ‘rivoluzione culturale’ e per consolidare il suo nuovo profilo politico». Proprio quel tempo che Berlusconi cercherà di sottrargli con il blitz di andare subito alle urne.

Ipotesi numero 2. Il Cav si stanca delle vitaccia infame che è costretto a fare. Lasciando a bocca aperta l’intera casta partitica, decide di ritirarsi a vita privata. Mi ha detto un parlamentare che stravede per Silvio: «Come è sceso in politica all’improvviso all’inizio del 1994, se ne andrà all’improvviso all’inizio del 2010. Ha lavorato sedici anni per l’Italia. Forse può bastargli».

Ma se il Cav getta la spugna, che cosa accadrà del suo partito? Ecco un rebus con più soluzioni. Può succedere un disastro. Ma anche no. Gli eredi politici di Silvio faranno blocco, per non perdere tutto pure loro. Con l’appoggio di Berlusconi, troveranno un accordo su un nuovo leader. E resteranno in piedi.
Gli unici a cadere saranno sempre Fini e i suoi. Andranno al tappeto, folgorati da un ko inaspettato.

Verranno accusati delle peggiori porcate. E imputati di tradimento. I successori del Cav li indicheranno agli elettori di centro-destra come le quinte colonne dell’opposizione. Non varrà a salvarli il fragile scudo dell’unico giornale amico, il Secolo d’Italia. Il ricorso ad altre testate o alla tivù servirà soltanto a rafforzare i sospetti su di loro. Ve lo immaginate Fini ad Annozero coccolato da Michele Santoro? Uno spettacolo da brividi, un vero suicidio.

Ipotesi numero 3. Tutto va avanti come oggi. Il Cav continua a governare. Cercando di salvarsi da chi lo vuole condannato in uno dei tanti processi. Da chi lo vuole in bancarotta finanziaria. E dalla moglie Veronica che pretende la metà del suo patrimonio.

Questa ipotesi è l’unica che giova a Fini. Il presidente della Camera potrebbe continuare la propria lunga marcia verso la rivoluzione culturale di cui parla Campi. E insistere nella guerriglia di oggi. Allora avremmo la conferma di una verità che non sempre ci è chiara. Il Cav è necessario a Fini. È il suo alter-ego negativo. È il modello perverso dal quale deve distinguersi. È la destra come non dovrebbe essere, tutta il contrario di quella che l’ex-leader di An vuole costruire.

Se fossi al posto di Fini, arruolerei un battaglione di fattucchiere affinchè facciano di tutto per inchiodare Silvio a Palazzo Chigi sino al termine della legislatura. Ma tra quelle signore sceglierei la più brava alla quale affidare un compito speciale: migliorare il mio standing, come dicono gli americani. Ossia la mia immagine, il modo di apparire in pubblico, insomma la mia figura.

Forse il presidente della Camera non se ne rende conto. Ma comincia a stancare la platea che lo segue. Come appare alla televisione, molti esclamano: che noia!, di nuovo lui, adesso farà il grillo parlante contro il Cav che lo ha lanciato in politica.

Anche il suo volto sta invecchiando. Qualche sera fa, a Otto e mezzo della 7 aveva le orecchie più rosse dei capelli della magica Gruber. E come se non bastasse si era messo ai polsini dei gemelli rossi, un po’ cafoncelli.

Infine, un ultimo consiglio a Fini. Non mandi più in giro libretti come l’ultimo destinato ai giovani. Dicono che glie l’abbiano scritto in quattro: Campi, Aldo Di Lello, Fabio Torriero e Angelo Mellone. Ma il risultato è meno che modesto. E incita i malvagi a dire del presidente della Camera: sotto la cravatta niente.
lunedì, 16 novembre 2009

maximilian1983
00venerdì 16 aprile 2010 12:11
E ancora...

Povero Fini parli di meno e studi di più
di Giampaolo Pansa

Nel marzo 2009, in occasione della nascita del Popolo della libertà, il Riformista mi chiese due ampi ritratti di Silvio Berlusconi e di Gianfranco Fini. Cominciai da Fini e il mio articolo uscì il 20 marzo. Raccontavo il percorso del leader di Alleanza nazionale e il suo tentativo di staccarsi dal passato fascista.
L’avevo seguito sin dall’inizio. Assistendo incuriosito alle svolte che, ormai, si susseguivano una dopo l’altra. La più clamorosa era emersa il 13 settembre 2008. Fini andò a un convegno dei giovani di An e spiegò che la destra doveva diventare antifascista. E assumere come propri i valori-guida dell’antifascismo: libertà, uguaglianza e solidarietà sociale.

Era un sabato e stavo a Revere, un comune del Mantovano, per presentare il mio ultimo libro sulla guerra civile. Avevo di fronte un pubblico foltissimo, dove gli elettori di An erano tanti. Quando si conobbero le parole di Fini, ci furono reazioni di stupore infuriato. Anche condite di insulti.

Nell’articolo per il Riformista ricordai quel che avevo ascoltato a Revere. E qualche giorno dopo, Fini mi telefonò. La sua chiamata mi sorprese. Non ci eravamo mai sentiti né parlati. Neppure quando avevo scritto “Il Sangue dei vinti”, un libro sui fascisti come lui uccisi dai partigiani dopo il 25 aprile.

Fini mi ringraziò per l’articolo. E allora gli dissi: «Ho seguito il suo viaggio revisionista sul fascismo. Ma non riesco a intuire la direzione nella quale sta andando». La replica di Fini mi lasciò secco: «Non lo so nemmeno io!».

Qualche giorno fa mi sono rammentato della risposta di Fini. Nel leggere sul Corriere della sera di giovedì 3 dicembre un bell’articolo di Francesco Verderami, scritto dopo il fuori onda del presidente della Camera a Pescara. Verderami ricordava il caso di Fausto Bertinotti che, quando ricopriva lo stesso incarico di Fini, era entrato in conflitto con Romano Prodi, il premier della sua coalizione.

Pur senza citare né Fini né Berlusconi, Bertinotti aveva detto al collega del Corriere: «Sono situazioni che non giovano a nessuno, ma sono per certi versi inevitabili. A un certo punto si avverte la consapevolezza che il terreno sul quale ci si è mossi si sta esaurendo. E si va alla ricerca di un nuovo equilibrio. In questi casi non necessariamente si segue una rotta. La rotta può anche non esserci». L’articolo si chiudeva così: «Infatti Fini dice: “Si naviga a vista”».

È proprio quanto mi aveva confessato Fini a marzo. Il «non so dove sto andando» equivale al navigare a vista, senza una rotta precisa. Mi sembra che sia proprio questo il problema numero uno di Fini, ma pure il suo lato debole. In tanti pensiamo che voglia costruire una destra diversa da quella di Silvio Berlusconi. Anche se il Cavaliere non si sente di destra, ma di centro. Sta nel Partito popolare europeo e lì intende rimanere.

Fini, invece, dove pensa di andare? Vuole sostituire Berlusconi? Troppo semplice e, insieme, troppo difficile. Lo vedo come un leader politico che stia procedendo nel buio. A tentoni. Con scatti improvvisi. E con una raffica di esternazioni. È un percorso che gli regala molti titoli sui giornali. Ma sconcerta i suoi elettori. Che cominciano a rifiutarlo.

È un buon metodo il navigare a vista, nel buio? Credo di no. Mi fa pensare a un tizio che inizi a scrivere un libro senza sapere dove andrà a parare, senza uno schema che lo guidi, senza conoscere il finale del racconto. Non si lavora alla cieca. Si rischia troppo. Con il risultato di apparire un autore mediocre, senza qualità.

Fini mi sembra messo così. Il pericolo che corre è evidente: diventare un’occasione mancata per la destra italiana. E risultare un politico privo delle qualità indispensabili a un leader. È questo il ritratto che ha offerto di se stesso nel fantozziano fuori onda di Pescara. Il suo staff ha cercato sminuirne l’importanza e l’ha giudicato un pretesto qualunque per attaccare Fini. Purtroppo per lui, e per chi lo assiste, la faccenda non è per niente banale.

Quel video ci rivela molti aspetti del politico Fini. E nessuno è positivo. Infatti che cosa ci suggerisce la gaffe di Pescara? Prima di tutto che Fini è imprudente, parla a ruota libera con un signore che non ha mai visto e che, per di più, è un magistrato. Poi che le sue esternazioni hanno il timbro della pochezza, sembrano i rimasugli dei fondi di Repubblica. Poi ancora che la sua vanità è al massimo: l’atteggiamento di Fini in quel video è tronfio, si compiace di se stesso e di quanto dice. Infine ci conferma che, dopo tanti anni di professione, il presidente della Camera non ha ancora imparato che anche per un politico il silenzio è d’oro.

Gli spin doctor di Fini dovrebbero consigliargli di tenere la bocca chiusa e di aprirla soltanto nelle occasioni cruciali. Altrimenti si rischia di spacciare banalità sovrane. La Repubblica del 1 dicembre, non smentita, ha stampato la seguente dichiarazione di Fini: «Vorrei che il Pdl fosse come la Dc della Prima Repubblica, della quale rimpiango l’ampio dibattito».

È una battuta sbalorditiva per un leader che vuole guardare al futuro. E che sul motto “Fare futuro” ha costruito una fondazione e un libro. Ma è anche la prova della scarsa cultura storica dell’ex leader di Alleanza nazionale. Lui non sa, o non ricorda, che proprio “l’ampio dibattito” generò nella Balena Bianca il sistema tragico del correntismo.

Insomma, caro Fini, parli di meno e studi di più. E rammenti che le occasioni mancate diventano presto occasioni perdute. Da buttare.
lunedì, 7 dicembre 2009
rennasuper
00venerdì 16 aprile 2010 13:04
Re: Re:
maximilian1983, 16/04/2010 12.07:




Be' certo, davvero non si può sopportare che le cameriere continuino a votare! Magari tornassero quei bei tempi di Giolitti! Allora votavano solo i "galantuomini" mica le "serve"...




Non ho mai neanche implicitamente insinuato che non dovessero votare. Ho solo palesato il mio scontento per l'ignoranza dilagante che ci ha portato dove siamo.
Etrusco
00venerdì 16 aprile 2010 13:10
LA GUERRA INFINITA CHE VEDE CONTRAPPOSTI NEL LAZIO CIARRAPICO E FAZZONE
- UNA LOTTA TUTTA INTERNA AL PDL
- LA POLVERINI HA SCELTO ER CIARRA E IL SUO NETWORK EDITORIALE CHE LA POMPA OGNI GIORNO

- Il rischio di veder diventare un caso nazionale la guerra tra Ciarrapico e Fazzone preoccupa Il PdL...

Pierre de Nolac per ITALIA OGGI


A leggere i suoi giornali l'ex leader dell'Ugl sarebbe oggetto di un autentico ricatto politico.
Il senatore-editore scatena il governatore contro Fazzone


A sentire il senatore Pdl Giuseppe Ciarrapico, e a leggere i suoi giornali, Renata Polverini, presidente della regione Lazio, sarebbe oggetto di un ricatto politico. E non da parte dell'opposizione, ma della sua stessa maggioranza. Per la precisione, della componente forzista che opera nel territorio di Latina. E che fa riferimento al senatore Claudio Fazzone.

Così l'ex sindacalista Ugl ora si trova, suo malgrado, al centro del ring dove da anni combattono Ciarrapico e Fazzone. Una guerra infinita, quella tra i due protagonisti del sud laziale, e senza esclusione di colpi: con la catena di quotidiani del Ciarra pronta a sparare ogni giorno inchiostro contro Fazzone.


Il Sen.Giuseppe Ciarrapico

Come sempre le accuse sono politicamente pesanti:
adesso tocca alla crisi inscenata dalla componente di Forza Italia al comune di Latina, che «sarebbe orchestrata da Fazzone per poter conquistare la certezza di avere un posto all'interno della giunta regionale».

Il titolo, a tutta pagina, è «Ricatto alla Polverini», con una foto che ritrae Renata con un'espressione disperata, poggiando una tempia sulle dita incrociate delle sue mani. Sarà una forzatura giornalistica, comunque è proprio Latina la spina nel fianco della Polverini.

L'altra sera ci si è messa anche «Striscia la notizia» a infierire su Renata e le sue ambizioni di governare il Lazio.

Nella trasmissione di Antonio Ricci, su Canale 5, è stato mandato in onda un filmato che ha permesso di seguire un singolare colloquio tra la Polverini e Vincenzo Zaccheo, il sindaco di Latina che ora ha perso il sostegno dei consiglieri fazzoniani del Pdl.

Con Zaccheo che salutava il nuovo presidente ricordando il suo impegno elettorale per farle vincere le elezioni, andando pure a Ventotene per raccogliere qualche voto, e rammentando di avere delle figlie. In più, commenti su Fazzone, non positivi, sia da parte di Zaccheo che di Renata.


Il Sen.Claudio Fazzone

La diffusione del filmato ha ottenuto un risultato devastante:
quella che era solamente una faida locale ora è diventata un affaire nazionale
, grazie agli straordinari ascolti di un programma come Striscia.

Secondo le testate di Ciarrapico, Fazzone avrebbe già richiesto la vicepresidenza della regione,
ma «il Pdl romano, invece, lo vedrebbe meglio come presidente del consiglio.
Un incarico già ricoperto da Fazzone sotto la giunta Storace.
Difficile che Fazzone accetti di tornare indietro di altri 10 anni. Piuttosto resterebbe a fare il senatore».

Il vertice del Pdl al momento non riesce a trovare una soluzione capace di dividere i duellanti:
«I due galli che cantano nel pollaio sono troppo vivaci»
, scherza un fedelissimo del Cavaliere, senza nascondere le preoccupazioni per un'escalation della lotta tra Ciarrapico e Fazzone.

Il senatore ed editore sa di poter contare, nella lotta contro l'avversario, di un appoggio bipartisan: da Michele Santoro a Walter Veltroni
,
Fazzone ha una lunga serie di nemici, pronti a evocare lo spettro del comune di Fondi e delle accuse che sono state rivolte alla gestione del territorio, da tempo oggetto di infiltrazioni malavitose dalla vicina Campania.

Il rischio di veder diventare un caso nazionale la guerra tra Ciarrapico e Fazzone è la maggiore preoccupazione del Pdl, a via dell'Umiltà:
il problema è che nessuno vuole scegliere di salvare uno dei due contendenti.
L'unica onorevole via di uscita è il logoramento dei protagonisti di questa contesa, ma stavolta c'è di mezzo la vita della giunta della Polverini: «Deve ancora nascere, ma qualcuno è pronto a incendiare la culla», dice fremendo un esponente finiano.

E Renata non può permettersi un fallimento, specie dopo aver miracolosamente vinto le elezioni contro Emma Bonino.
A meno che qualcuno imponga una finta pacificazione, almeno per far passare le vacanze estive con una giunta regionale, per poi tornare in autunno a combattere uno contro l'altro.
Sì, un governo balneare, come quelli di una volta della Democrazia cristiana.


Pierre de Nolac per ITALIA OGGI 16-04-2010
J.Rebus
00martedì 20 aprile 2010 16:05
CENTRODESTRA
Pdl, Fini avverte Berlusconi
"Resto, ma deve accettare il dissenso"
Il presidente della Camera: "Non siamo il partito del Predellino e non penso a scissioni"
Ma 74 ex An in disaccordo avvertono: "Restiamo all'interno del partito per rafforzarlo"

ROMA - Resta, ma non tace. Semmai organizza quel dissenso all'interno del Pdl a cui vuol dare voce. Se gli verrà permesso, ovviamente. Gianfranco Fini raccoglie i suoi fedelissimi e rilancia le critiche al Pdl ("deve essere libero e non può essere il partito nato dal Predellino"), negando, però, di aver posto questioni "personalistiche" o di "organigramma". Fini vede un partito che, visto il rapporto privilegiato con la Lega, si muove con scarsa "attenzione alla coesione sociale del Paese". Poi avverte: "Non penso a scissioni o a elezioni e non cerco poltrone: ma non ho intenzione di stare zitto e farmi da parte". Svanisce, così, l'ipotesi di fare gruppi autonomi. Si concretizza invece la nascita di una corrente di minoranza che vede in Fini il suo leader.

La terza carica dello Stato si presenta a questo appuntamento (blindato ai cronisti) con addosso gli occhi del mondo politico. E non poteva essere altrimenti dopo lo scontro con Berlusconi 1. In sala sono una cinquantina. Tra gli altri, Baldassarri, Siliquini, Laboccetta, Menia (che polemizza con Bocchino), Barbareschi, Tremaglia, Granata, Napoli, Bocchino, Ronchi, Paglia e Urso. Fini parte così: "Ci sono dei momenti in cui bisogna guardarsi allo specchio". Richiama Ezra Pound quando dice che "bisogna essere disposti a rischiare per le proprie idee". E dice di volero fare senza esitazioni: "Questo è il momento. Questa è una fase complicata, non ce la facevo più a porre sempre le stesse questioni a Berlusconi".

Le questioni Fini le elenca l'una dopo l'altra. A partire dalla mancanza di "proposte precise sulle riforme", ai contrasti "politici e non personali" con Tremonti ("senza di lui saremmo come la Grecia"), al rapporto con la Lega "che è un alleato importante ma non può essere il dominus della coalizione". C'è questo ma non solo. C'è anche un disagio a stare in un partito in cui si dice, come ha fatto Berlusconi, che i libri di Roberto Saviano fanno un favore alla mafia: "Come è possibile dire che con il suo libro ha incrementato la camorra? Come si fa a essere d'accordo?. Nessuno nega che Berlusconi sia vittima di accanimento giudiziario, ma a volte dice delle cose sulle quali è difficile convenire...". Poi l'attenzione torna sul Pdl. Con la decisa negazione di tramare ai danni del premier: "Non credo di avere attentato al partito o al governo dicendo che su alcuni temi c'è una distanza politica. Ho posto solo questioni politiche, mai personalistiche, e sempre con spirito costruttivo".

Guarda alla direzione del Pdl di giovedì, il presidente della Camera. Se da quell'appuntamento uscirà "una pattuglia minoritaria in polemica con la maggioranza" significa "che ci sarà un confronto aperto". Ed allora, continua Fini, si aprirà "una fase nuova". Che, però, porterà con sè un interrogativo ancora irrisolto: "Il dissenso interno può esistere o siamo il partito del predellino?. Spero che Berlusconi accetti che esista un dissenso, vedremo quali saranno i patti consentiti a questa minoranza interna. Sarà il momento della verità". E se alcuni giornali grideranno al tradimento, sappiano che "nove volte su dieci chi davanti ti dice sempre sì poi dietro ti tradisce".

Una lunga riflessione messa nero su bianco su un documento che 55 parlamentari firmano. Il testo finale riconosce Fini quale rappresentante della componente interna al Pdl e frena "il solo parlare di scissioni e di elezioni anticipate". Con questo mandato il presidente della Camera si presenterà giovedì alla direzione. Ma la platea che avrà davanti sarà sicuramente meno facile di quella di oggi.

Dentro il partito, però, molti nomi illustri hanno prese le distanze dal loro ex leader: La Russa, Gasparri, Alemanno, solo per citarne alcuni. Lui scivola sulla questione: "La componente che viene da An sarebbe dovuta restare unita, ma invece è andata diversamente". Ma proprio quella componente si mobilità fragorosamente, firmando un documento in cui si chiede di superare "definitivamente" le "quote di provenienza" tra gli ex di Alleanza Nazionale e di Forza Italia e di convocare un nuovo congresso. Riaffermando la scelta "irreversibile" del Pdl, che vogliono rafforzare "restando all'interno". Si tratta per ora, di 41 deputati e di 33 senatori, oltre al sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Per le prossime ore sono attese nuove adesioni. Primi firmatari il capo gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, e i ministri Ignazio La Russa, Altero Matteoli e Giorgia Meloni. Tutti a chiedere un "costante, libero, proficuo confronto di idee", garantendo al massimo "la democrazia interna".

Nel frattempo, oggi pomeriggio, Berlusconi vedrà i coordinatori del Pdl. All'ordine del giorno la preparazione della direzione nazionale e non solo. Fonti parlamentari del partito riferiscono che si affronterà anche la questione legata alla nascita della minoranza interna di Fini. Più tardi, invece, è previsto anche un incontro tra il premier e Umberto Bossi.

FELICEDILAURO
00martedì 20 aprile 2010 18:02
Potrebbe seganre finalmente la nascita di un alternativa decnete....se il tipo lii fa il serio però....
Etrusco
00giovedì 15 luglio 2010 19:42


BAD GIRLS
– “LIBERAMENTE”, L’ASSOCIAZIONE DELLE TRE MINISTRE FA INCAZZARE I COLONNELLI EX AN ORMAI PASSATI AGLI ORDINI DEL BANANA
– GASPARRI E LARUSSA NON GRADISCONO IL MENAGE A TROIS GELMINI-PRESTY-CARFAGNA (FRATTINI VOYEUR) E VEDONO TRAPPOLONI OVUNQUE (SPONDE A FINI IN SICILIA E ASSALTO AL POTERE MILANESE DI ‘GNAZIO)
– MA L’ALLEANZA CON I BERLUSCONES CICCHITTO E QUAGLIARIELLO METTE LA CREME DE LA CREME DI FORZA GNOCCA A CUCCIA (PER UN PO’)…


Salvatore Merlo per "Il Foglio"


Tra i principali problemi che Berlusconi si trova a dover affrontare c'è quello degli ex colonnelli di An in conflitto aperto con una parte della ex FI, ovvero con gli animatori (le animatrici) dell'associazione Liberamente.
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Ieri il Cav. li ha incontrati e Ignazio La Russa ha potuto dire quello che più gli premeva: "Non ci sarà nessun coordinatore unico del Pdl". Che tradotto vuol dire: per adesso Frattini e Gelmini hanno perso, anche nel tentativo di trattare con Fini. Per adesso.

A nessuno nel Palazzo sfugge la guerra fredda tra La Russa-Gasparri (un po' meno Gianni Alemanno) e il club delle giovani ministre Mariastella Gelmini, Mara Carfagna e Stefania Prestigiacomo, alleate di Franco Frattini e Mario Valducci.

Questioni personali si intrecciano con problemi, per così dire, di prospettiva macropolitica (il futuro del Pdl senza Berlusconi) e conflitti di dimensioni più circoscritte, ma non per questo meno importanti.
E' in atto una lotta di apparato in Lombardia tra il potentato milanese di La Russa e la fortezza bresciana del ministro Gelmini (che di FI era coordinatore lombardo e che lì conserva ancora una discreta rendita elettorale).

Non solo.
Alla questione lombarda si aggiunge anche la complessa storia siciliana che vede il gruppo dei ministri donna alleati con Gianfranco Micciché a sostegno della giunta presieduta da Raffaele Lombardo e appoggiata (tasto dolente) dalla pattuglia dei siciliani amici di Fini: Pippo Scalia, Fabio Granata e Carmelo Briguglio.

Ma c'è di più.
Gli ex colonnelli vedono dietro le mosse di Liberamente (di cui fa parte Carfagna) il tentativo di offrire una sponda a Fini, e al suo plenipotenziario Italo Bocchino, non solo in Sicilia e Lombardia ma anche negli equilibri nazionali del Pdl.

I colonnelli hanno garantito al Cav. di essere gli unici veri rappresentanti di An ("Fini è ininfluente") e soffrono all'idea che dalle parti di FI qualcuno immagini di poter percorrere la via della ricomposizione con l'ex leader di An.

Difatti La Russa e Gasparri si trovano nella condizione di chi, per il Cav., ha rinnegato il proprio passato, ha rinnegato il proprio leader e adesso rischia anche di vedersi rinnegato il proprio futuro. Ma nella battaglia contro le ministre, i colonnelli si trovano alleati di notabili influenti della ex FI come Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello, la cui presenza ieri a Palazzo Chigi ha permesso ai colonnelli di segnare un punto.

Salvatore Merlo per "Il Foglio" [15-07-2010]

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angel in the sky
00venerdì 16 luglio 2010 11:00
questi mi fanno rimpiangere la DC [SM=x43808]



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