Sondaggio mozione contra caliendo

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J.Rebus
00martedì 3 agosto 2010 12:13
Premttendo che berlusconi ha minacciato( e forse questo la dice lunga sull'opposizione o almeno sulla sua considerzione di essa) le elezioni in caso la mozione di sfiducia a caliendo vada a buon fine....
vi chiedo:

cosa vi augurate?
sperate ke la mozione passi e magri andare alle elezioni anche se molti dicono ke dal punto di vista economico finanziario sarebbe un danno enorme?

oppure sperate ke non passi la mozione?

oppure sperate ke passi e pensat ke quello di b. è solo un bluff?

(pollastro)
00mercoledì 4 agosto 2010 14:59
Tentativo di analisi di questo momento politico
Le elezioni non le vuole in realtà nessuno, ma sarebbero comunque catastrofiche per il Paese, con una campagna elettorale in piena crisi economica: ci attaccherebbero gli ambienti che speculano sull'euro e rischieremmo una situazione greca. Non credo che la mozione passerà e in ogni caso l'area Fini, Casini, Rutelli, Lombardo non è omogenea: politicamente può attaccare Berlusconi e metterlo in difficoltà, ma non non riuscire ad essere il nucleo di un governo alternativo. Saremo costretti a tenerci ancora per un po' questo governo, ma il problema vero è che l'Italia non è bipolare, non lo è mai stata. Finisce l'illusione dei gazebo, delle primarie, dei partiti dei manettari... A sinistra, Bersani è volenteroso, ma mediocre ed è insidiato dall'interno dai veltroniani e dall'esterno da Di Pietro, da Vendola e ora anche da Grillo. A destra Berlusconi è bollito, ma non credo che Tremonti accetterebbe di capeggiare un governo per una stagione breve: lui aspira èiuttosto a succedergli nella leadership del Popolo della Libertà e poi come Presidente del Consiglio; da questa parte la Legfa è determinante: se crederà che il federalismo sia ancora possibie nelle condizioni date (oggi è politicamente ancora più forte)lascerà campare Berlusconi, se no - come già in passato - gli stringerà il cappio al collo
J.Rebus
00mercoledì 4 agosto 2010 15:11
Re: Tentativo di analisi di questo momento politico
(pollastro), 04/08/2010 14.59:

Le elezioni non le vuole in realtà nessuno, ma sarebbero comunque catastrofiche per il Paese, con una campagna elettorale in piena crisi economica: ci attaccherebbero gli ambienti che speculano sull'euro e rischieremmo una situazione greca. Non credo che la mozione passerà e in ogni caso l'area Fini, Casini, Rutelli, Lombardo non è omogenea: politicamente può attaccare Berlusconi e metterlo in difficoltà, ma non non riuscire ad essere il nucleo di un governo alternativo. Saremo costretti a tenerci ancora per un po' questo governo, ma il problema vero è che l'Italia non è bipolare, non lo è mai stata. Finisce l'illusione dei gazebo, delle primarie, dei partiti dei manettari... A sinistra, Bersani è volenteroso, ma mediocre ed è insidiato dall'interno dai veltroniani e dall'esterno da Di Pietro, da Vendola e ora anche da Grillo. A destra Berlusconi è bollito, ma non credo che Tremonti accetterebbe di capeggiare un governo per una stagione breve: lui aspira èiuttosto a succedergli nella leadership del Popolo della Libertà e poi come Presidente del Consiglio; da questa parte la Legfa è determinante: se crederà che il federalismo sia ancora possibie nelle condizioni date (oggi è politicamente ancora più forte)lascerà campare Berlusconi, se no - come già in passato - gli stringerà il cappio al collo





insomma situazione nera.... [SM=x43830]
ke poi tremonti premier....ho i brividi....
com mi fa venire i brividi il fatto ke non esiste una vera opposizione,non c'è un forte partito di opposizione...
aggiungendo che non sembra esserci nemmeno più un governo...si può dire ke in italia oggi non c'è uno straccio di niente...
gira e vot pure ci governerà la lega....se non lo fa già...
io però credo ke la mozione passerà..
J.Rebus
00mercoledì 4 agosto 2010 15:33
J.Rebus
00mercoledì 4 agosto 2010 18:35
Respinta la sfiducia a Caliendo
Sfiorata la rissa tra Pdl e finiani
La Camera ha respinto la mozione di sfiducia presentata da Pd e Idv nei confronti del sottosegretario alla Giustizia, indagato per la P3. 299 i voti per la maggioranza, 229 l'opposizione, 75 gli astenuti. L'astensione dei finiani: "Caliendo valuti se rimettere le sue deleghe". Di Pietro: "Berlusconi come novello Nerone. Mozione per igiene politica". Casini: "Accusati di trasformismo da chi faceva campagna acquisti". La difesa di Alfano: "Non ci si dimette perché indagati. Non ci si astiene sui principi". Scontro in Aula tra ex colleghi di partito". Franceschini invita Berlusconi alle dimissioni. Cicchitto: "Rito tribale, deriva sollecitata da Repubblica e De Benedetti".
chinesedemocracy
00mercoledì 4 agosto 2010 19:11
J.Rebus
00mercoledì 4 agosto 2010 19:41
Re:
chinesedemocracy, 04/08/2010 19.11:

http://www.youtube.com/watch?v=-AzxvdmWKNU





come non essere d'accordo...
tigrottoo
00mercoledì 4 agosto 2010 20:19
Ho seguito un pò i vari discorsi sulla mozione di sfiducia! Condivido in pieno il discorso di Antonio Di pietro! Sulla questione morale non ci si può astenere. Dall'udc vabbè.. me l'aspettavo l'astensione. E' raro che l'udc voti qualcosa. Ma Fini.. mah.. in questi mesi ha rotto le scatole sulla questione morale e poi si astiene su una questione così importante? [SM=x43820] I finiani hanno perso credibilità subito, ammesso che ne abbiano mai avuta!

Il Governo dovrebbe andare al più presto a casa! Con questa maggioranza è impensabile fare un governo tecnico. E' impensabile un governo tecnico che faccia una riforma elettorale.

D'altra parte è pure impensabile una alternativa all'attuale governo. Il Pd dorme e non ha ancora trovato un leader che possa contrastare Berlusconi. Boccerei subito Bersani (non rappresenta il nuovo..) e boccerei pure Vendola (che non può tradire il mandato appena conferitogli dagli elettori pugliesi!).
Il Pd poi non mi sembra neanche così diverso dal Pdl.

L'Italia dei valori è l'unico partito che ha credibilità in Parlamento, ma è troppo poco per creare un'alternativa a Berlusconi.
(pollastro)
00mercoledì 4 agosto 2010 22:28
Un po' di razionalità, per piacere...
Invocare la questione morale, in politica, è pericoloso: lo facevano Robespiere e Saint Just, ma sappiamo come sono finiti.La politica si fa invece con categorie politiche e anche chi invoca oggi la morale pubblica lo fa solo per trarne un'utilità politica. Di Pietro, ad esempio, vorrebbe le elezioni per captare tendenze giustizialiste diffuse (e oggi Grillo non gli darebbe tanto fastidio elettorale come forse accadrebbe domani), ma non è migliore degli altri (informatevi dai giornali dei mesi scorsi su come gestisce i rimborsi elettorali al suo partito.) L'unica verità oggettiva fotografata dal voto su Caliendo (che avrebbe dovuto dimettersi solo per opportunità, non per accertata responsabilità penale, non confondiamo le cose: un uomo di governo e perdipiù ex magistrato dovrebbe controllare meglio con chi va a cena, tutto qui, ma è tanto...)è che alla Camera dei Deputati non esiste più, tecnicamente, alcuna maggioranza assoluta (316 deputati): non ce l'hanno Popololo delle Libertà + Lega Nord, non l'occasionale raggruppamento centrista, non le sinistre di opposizione. Né sono facilmente sommabili sinistre + centro: altro è dire no (se pure l'astensione fosse interamente sommabile ai voti contrari di PD e IdV, il che non è), altro costituire una diversa maggioranza solida. Morale (politica, eh!): il governo è già ora in minoranza, ma un'alternativa non c'è...
tigrottoo
00giovedì 5 agosto 2010 02:42
Re: Un po' di razionalità, per piacere...
(pollastro), 04/08/2010 22.28:

Invocare la questione morale, in politica, è pericoloso: lo facevano Robespiere e Saint Just, ma sappiamo come sono finiti.La politica si fa invece con categorie politiche e anche chi invoca oggi la morale pubblica lo fa solo per trarne un'utilità politica. Di Pietro, ad esempio, vorrebbe le elezioni per captare tendenze giustizialiste diffuse (e oggi Grillo non gli darebbe tanto fastidio elettorale come forse accadrebbe domani), ma non è migliore degli altri (informatevi dai giornali dei mesi scorsi su come gestisce i rimborsi elettorali al suo partito.) L'unica verità oggettiva fotografata dal voto su Caliendo (che avrebbe dovuto dimettersi solo per opportunità, non per accertata responsabilità penale, non confondiamo le cose: un uomo di governo e perdipiù ex magistrato dovrebbe controllare meglio con chi va a cena, tutto qui, ma è tanto...)è che alla Camera dei Deputati non esiste più, tecnicamente, alcuna maggioranza assoluta (316 deputati): non ce l'hanno Popololo delle Libertà + Lega Nord, non l'occasionale raggruppamento centrista, non le sinistre di opposizione. Né sono facilmente sommabili sinistre + centro: altro è dire no (se pure l'astensione fosse interamente sommabile ai voti contrari di PD e IdV, il che non è), altro costituire una diversa maggioranza solida. Morale (politica, eh!): il governo è già ora in minoranza, ma un'alternativa non c'è...



Non ho compreso il "Di pietro vorrebbe le elezioni per captare tendenze giustizialiste diffuse". Non comprendo l'associazione Di pietro-giustizialismo. Uno che dice no al lodo alfano, lodo consolo e ad ogni amnistia e indulto ed è l'unico che difende ancora i magistrati dagli attacchi politici.. è un giustizialista? [SM=x43608]

Poi i rimborsi elettorali al partito italia dei valori? mmmm si io ho letto i giornali purtroppo. L'onorevole Veltri su "Il giornale" scrive che Di pietro si è impossessato di rimborsi elettorali del partito.
Il Giornale però non scrive che Veltri era stato già condannato al risarcimento di 50.000 euro per aver diffamato Di Pietro.
E i giornali non scrivono nemmeno che l'accusa, come altre del genere in passato, è stata archiviata. Quindi parliamo del nulla.
La verità è una: nell'Italia dei valori non c'è una sola persona che sia imputato o condannato. E non mi pare che ci sia nemmeno un qualche indagato nel partito. Il resto son chiacchiere.

Poi il problema Caliendo non è con chi è andato a cena perchè può andare a cena con chi vuole. Il problema è che lui ha interferito sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali e questo è un fatto politico gravissimo, che in altre democrazie sarebbe stato risolto all'unanimità. Poi se ha commesso un reato o meno lo deciderà la magistratura.

Condivido invece lo scenario politico da te tracciato: purtroppo si, allo stato dei fatti non c'è maggioranza e non c'è alternativa. Stiamo messi male!
J.Rebus
00giovedì 5 agosto 2010 12:06




IL COMMENTO
Le anime morte
di MASSIMO GIANNINI

È finita. Il vascello fantasma del governo Berlusconi (come lo aveva definito Ezio Mauro meno di un mese fa) naviga ormai alla deriva. Senza un nocchiero, senza una rotta, senza una meta. Neanche più in balia di se stesso, ma piuttosto di una "Cosa" che non ha ancora un nome e un colore, ma che in Parlamento già esiste, e già cambia la geografia politica del Paese. Questo dice il voto della Camera sulla mozione di sfiducia contro il sottosegretario Caliendo: la maggioranza di centrodestra che aveva stravinto le elezioni due anni e mezzo fa non solo non esiste più politicamente, com'era ormai evidente già da qualche mese.

Ma ora ha cessato di esistere anche aritmeticamente. Quella che fu l'Invincibile Armata berlusconiana, amputata della componente finiana e ridimensionata nel perimetro forzaleghista, non ha più i numeri per governare.

Berlusconi può anche sdrammatizzare, accusando il presidente della Camera e ripetendo che il governo non si manda a casa per una questione che non riguarda il programma. Bossi può anche tirare a campare, dicendo "resistiamo" e ripetendo il rozzo esorcismo del "dito medio" alzato di fronte ai cronisti. Ma da ieri, in Parlamento, la somma dei voti delle opposizioni e dei gruppi di Futuro e Libertà, Udc, Api e Mpa è superiore alla somma dei voti di Pdl e Lega. E non di poco, visto che a Montecitorio, nello scrutinio sulla sfiducia al suo sottosegretario, il governo si è piantato a quota 299 contrari (dunque ben 17 voti sotto al quorum) contro i 304 tra favorevoli e astenuti.

Questo è il primo elemento di valutazione politica, più generale: il voto di ieri segna il destino della legislatura. Com'era chiaro fin dalla scorsa settimana, la rottura con Fini e con i finiani non era e non è solo l'alzata di capo di un leader in cerca di più potere e l'ammutinamento velleitario di un drappello di colonnelli in cerca di più visibilità. Era ed è invece da un lato la fine di una costruzione ideologica (il Pdl) totalmente imperniata intorno alla biografia e alla mitologia berlusconiana, e dall'altro lato l'inizio di una formazione politica (il gruppo FeL) fortemente impegnata nell'alternativa di una destra moderata e moderna, costituzionale e legalitaria, repubblicana ed europea. Tutto ciò che la destra berlusconiana non è mai stata e non sarà mai, immersa com'è nella venerazione acritica del Capo, nell'adorazione populistica delle sue gesta, nella difesa parossistica dei suoi affari.

È bastato che il presidente della Camera parlasse di una "questione morale" esplosa dentro il Popolo delle Libertà, che chiedesse una serie di doverosi passi indietro su posizioni eticamente indifendibili (da Brancher allo stesso Caliendo), che invocasse una forza conservatrice sì, ma nel solco delle famiglie del popolarismo occidentale, cioè autenticamente capace di incarnare gli interessi nazionali della collettività, e non più solo quelli personali di una casta. È bastato tutto questo, in pochi giorni, per allargare le colonne d'Ercole tra il vascello fantasma del Cavaliere e del Senatur e la leggera ma promettente imbarcazione di Fini. E soprattutto per allargare uno spazio politico assai vasto, nella solita "terra incognita" del centro. Da Fini a Casini, da Rutelli a Lombardo, e domani chissà, da Montezemolo ai pentiti della ex Margherita. Non sappiamo se e quanto questo spazio sia effettivamente agibile, in termini di consensi attuali e potenziali, nell'Italia di oggi. Anzi, tenderemmo a pensare che i margini, almeno sotto il profilo elettorale, siano piuttosto ristretti, visto che il Paese, in questi anni di pur tormentata transizione, ha dimostrato di aver acquisito comunque una consolidata cultura del bipolarismo.

Ma quello che sappiamo è che da ieri, almeno in Parlamento, questa Terza Forza esiste a tutti gli effetti. Agisce e reagisce al di fuori del perimetro segnato dal bipartitismo. Pensa in maniera convergente e pesa in misura determinante, su tutto ciò che passa al vaglio delle assemblee legislative. Qui sta il cambio di fase: da oggi, per Berlusconi e quindi per l'intera politica italiana, governare è ogni giorno la traversata di un oceano in tempesta. E ogni giorno puoi andare a fondo, se non tratti ma vuoi solo comandare, se non fai politica ma solo propaganda. Ecco perché, comunque vada, da oggi si può considerare esaurito anche questo ciclo berlusconiano. Il suo propulsore ne é stato, ancora una volta, il distruttore. La regressione autoritaria e la vocazione proprietaria del premier hanno finito per assorbire, fino ad esaurirla, l'intera spinta iniziale e inerziale di questa sedicente "Nuova Destra". Che ora, per paradosso, rischia di morire sotto i colpi di un ipotetico "Nuovo Centro". Saprà anche di Prima Repubblica, come ribadisce con spregio lo stesso Cavaliere, dimenticando che proprio al "Caf" di Craxi-Andreotti-Forlani deve tutte le sue fortune. E sarà anche "piccolo", come ripetono i suoi nemici dalla spaurita ridotta azzurro-verde. Ma ieri ha dimostrato di essere grande quanto basta per cambiare, qui ed ora, il corso della storia.

Ma c'è anche un secondo elemento di valutazione politica che va colto nel voto di ieri, e che riguarda il tema più specifico, ma non meno importante, della legalità. Il modo in cui il Pdl e la falange berlusconiana hanno continuato a difendere in aula e fuori dall'aula il sottosegretario Caliendo è semplicemente vergognoso. Solo un potere disperato e dissennato può esprimere un tale livello di inciviltà politica e di insensibilità istituzionale, facendo quadrato su un uomo di governo implicato in un'inchiesta in cui si parla di "reti criminali" che hanno come obiettivo quello di condizionare le scelte di giudici e magistrati su questioni "sensibili" per il presidente del Consiglio (sentenza della Consulta sul Lodo Alfano) o per alti esponenti della maggioranza (sentenze del Tar sulle liste elettorali in Lombardia). Solo un incauto replicante del premier come il Guardasigilli Alfano può spacciare l'opportunismo clanico per "garantismo giuridico", e ri-raccontare l'opera buffa della P3 come "un'invenzione di certi pm e di certa sinistra", e non invece come la tragica replica di un sistema di potere fondato sulla corruzione e sull'infiltrazione degli amici, sul ricatto e sulla distruzione dei nemici. E infine solo un voltagabbana irresponsabile come Cicchitto, invece di fare qualche onesto mea culpa individuale e collettivo, può attaccare in aula, e per l'ennesima volta, questo giornale e il suo editore. Ha parlato di "rito tribale che si rinnova una volta al mese", con il quale ogni volta si deve "immolare una persona al giustizialismo".
Responsabile di questa deriva sarebbero "Repubblica e Carlo De Benedetti, che ha ferocia ma non ha carisma personale".

Ad un politico squalificato come Cicchitto, transitato dalla nobile sinistra lombardiana all'assai meno nobile destra berlusconiana, non si dovrebbe mai rispondere. Ma poiché l'attacco è avvenuto in Parlamento, a questo "onorevole" vanno ricordate due cose. La prima è che "Repubblica", sullo scandalo dell'eolico, sul ruolo di Cesare e sul coinvolgimento di Caliendo, non ha costruito teoremi, ma si è limitata a pubblicare le intercettazioni pubbliche dell'inchiesta e a raccontare gli atti ufficiali delle procure. La seconda é che un qualche "deficit" di "carisma personale" lo ha avuto Cicchitto, visto che per acquisirne un po' lo andò ad elemosinare direttamente da Licio Gelli, con tanto di cerimonia di iniziazione e poi di tessera di iscrizione alla vecchia Loggia P2, in tutta evidenza "modello di riferimento" anche della giovane P3.

Ma in fondo, al punto in cui siamo arrivati e nel gorgo in cui sta affondando la maggioranza, questi sono aspetti ormai quasi marginali. Resta il dato politico, gravissimo, di un Paese a un passo dalla crisi, e di un governo che non si rassegna a prenderne atto. Senza politica, senza aritmetica. Vagano per lo Stige. "Anime morte", avrebbe detto Gogol. Ma in questa deriva l'Italia non può e non deve finire.

J.Rebus
00giovedì 5 agosto 2010 12:14
Re: Un po' di razionalità, per piacere...
(pollastro), 04/08/2010 22.28:

Invocare la questione morale, in politica, è pericoloso: lo facevano Robespiere e Saint Just, ma sappiamo come sono finiti.La politica si fa invece con categorie politiche e anche chi invoca oggi la morale pubblica lo fa solo per trarne un'utilità politica. Di Pietro, ad esempio, vorrebbe le elezioni per captare tendenze giustizialiste diffuse (e oggi Grillo non gli darebbe tanto fastidio elettorale come forse accadrebbe domani), ma non è migliore degli altri (informatevi dai giornali dei mesi scorsi su come gestisce i rimborsi elettorali al suo partito.) L'unica verità oggettiva fotografata dal voto su Caliendo (che avrebbe dovuto dimettersi solo per opportunità, non per accertata responsabilità penale, non confondiamo le cose: un uomo di governo e perdipiù ex magistrato dovrebbe controllare meglio con chi va a cena, tutto qui, ma è tanto...)è che alla Camera dei Deputati non esiste più, tecnicamente, alcuna maggioranza assoluta (316 deputati): non ce l'hanno Popololo delle Libertà + Lega Nord, non l'occasionale raggruppamento centrista, non le sinistre di opposizione. Né sono facilmente sommabili sinistre + centro: altro è dire no (se pure l'astensione fosse interamente sommabile ai voti contrari di PD e IdV, il che non è), altro costituire una diversa maggioranza solida. Morale (politica, eh!): il governo è già ora in minoranza, ma un'alternativa non c'è...





sinceramente sulla deriva giustizialista non sono d'accordo.
io credo ke oggi il giustizialismo(da wiki:il presunto abuso di potere, da parte dell’ordine giudiziario ed in particolare da organi della pubblica accusa, che squilibrerebbe la parità delle parti processuali ai fini di distorcere il quadro politico.), o meglio la presunta tendenza di alcuni esponenti politici a tale pratica
sia semplicemente figlia dei tempi.
in un paese dove orami il rispetto della legge sembra davvero essere un optional, flagello dei poveri cristi,barzeletta per i potenti,non ci vedo nulla di sbagliato nell'invocare l'applicazione della legge,specie quando ki governa,abusando del potere(più o meno)legittamente conferitogli, lo usa per svuotare le istituzioni da ongni traccia democratica.
credo ke in definitva si abusi dell'accusa di giustizialismo in certi casi. insomma credo ke sia sbagliato parlare di giustizialismo.
poi ke di pietro compia cose poco pulite è uno schifo e va accertato come ogni altra cosa. ciò non toglie ke nel contesto di cui sopra condivido le sue parole.
(pollastro)
00giovedì 5 agosto 2010 16:01
E' verissimo: il tono complessivo della morale pubblica è oggi molto basso. Non c'è vero rispetto della legge in molti (non in tutti...). E' anche strumentale che si invochi il garantismo penale in faccende di opportunità: come ho scritto più sopra, Caliendo sarà innocente, ma chi esercita funzioni pubbliche dovrebbe stare più attento a chi frequenta. Detto questo, personalmente penso che la base di ogni democrazia di modello occidentale sia in due capisaldi: rispetto dei diritti individuali e divisione dei poteri. Anche queso significa rispettare la legge (la più importante, la Carta Costituzionale): cioè non confondere ruoli diversi. Non lo comprendono secondo me quei pubblici ministeri che fanno (cripto)politica per smania di esibizione televisiva e carrierismo. Di Pietro e De Magistris mi sembrano in questo e purtroppo esemplari: sulle inchieste hanno costruito solide carriere politiche...Diciamo che facevano politica già da pubblici ministeri e pretendono di fare i pubblici accusatori oggi che fanno politica. Aggiungeteci il cattivo giornalismo, con la divulgazione di telefonate private intercettate, anche se non rilevanti per le inchieste e la tendenza di molti (ma non dovrebbe essere così per chi studia giurisprudenza)a scambiare un avviso di garanzia per una condanna penale...Preciso che non sono berlusconiano, perché non sono monarchico, né ho l'animo di chi ama stare sotto un padrone assoluto. Lui strumentalizza un disagio oggettivo, ma a parte i suoi problemi personali il disagio rimane. Comunque non voglio litigare con nessuno: ciascuno di noi ha diritto alle sue idee, io ho esposto le mie sul punto di cui stiamo discutendo qui. Buone vacanze
J.Rebus
00giovedì 5 agosto 2010 16:22
Re:
(pollastro), 05/08/2010 16.01:

E' verissimo: il tono complessivo della morale pubblica è oggi molto basso. Non c'è vero rispetto della legge in molti (non in tutti...). E' anche strumentale che si invochi il garantismo penale in faccende di opportunità: come ho scritto più sopra, Caliendo sarà innocente, ma chi esercita funzioni pubbliche dovrebbe stare più attento a chi frequenta. Detto questo, personalmente penso che la base di ogni democrazia di modello occidentale sia in due capisaldi: rispetto dei diritti individuali e divisione dei poteri. Anche queso significa rispettare la legge (la più importante, la Carta Costituzionale): cioè non confondere ruoli diversi. Non lo comprendono secondo me quei pubblici ministeri che fanno (cripto)politica per smania di esibizione televisiva e carrierismo. Di Pietro e De Magistris mi sembrano in questo e purtroppo esemplari: sulle inchieste hanno costruito solide carriere politiche...Diciamo che facevano politica già da pubblici ministeri e pretendono di fare i pubblici accusatori oggi che fanno politica. Aggiungeteci il cattivo giornalismo, con la divulgazione di telefonate private intercettate, anche se non rilevanti per le inchieste e la tendenza di molti (ma non dovrebbe essere così per chi studia giurisprudenza)a scambiare un avviso di garanzia per una condanna penale...Preciso che non sono berlusconiano, perché non sono monarchico, né ho l'animo di chi ama stare sotto un padrone assoluto. Lui strumentalizza un disagio oggettivo, ma a parte i suoi problemi personali il disagio rimane. Comunque non voglio litigare con nessuno: ciascuno di noi ha diritto alle sue idee, io ho esposto le mie sul punto di cui stiamo discutendo qui. Buone vacanze




[SM=x43799] concordo su tutto

diciamo ke ho un pò un debole x chi,almeno a parole, lotta x la legalità. ma la separzione dei poteri,non c'è dubbio, è essenziale per la trasparenza e la vita di una democrazia.
buone vacanze anche a te [SM=x43813]
J.Rebus
00venerdì 6 agosto 2010 11:09
L'ANALISI
La catastrofe da evitare
di CURZIO MALTESE

Nella storia d'Italia le pagliacciate tendono a finire in tragedia. Lo scoppio della bolla del berlusconismo era prevedibile e previsto, ma purtroppo non dal soggetto in teoria più interessato: l'opposizione. La rocambolesca eppure annunciata fine della maggioranza ha colto il campo avversario ancora una volta diviso, lacerato fra le solite cento anime, incapace non soltanto di esprimere da subito un'alternativa per il futuro, ma finanche di elaborare una strategia comune per i prossimi mesi.

Di Pietro e Vendola vorrebbero andare alle elezioni subito, Casini chiede da mesi un governo di larghe intese, il Pd invece vorrebbe ma non può. Le elezioni anticipate subito, con questa legge elettorale, sarebbero appunto il modo di trasformare la farsa in catastrofe. Un voto in autunno, inedito per la storia repubblica, avrebbe un solo vincitore, Berlusconi, e un perdente altrettanto sicuro. Non i dirigenti dell'opposizione, che seguiterebbero a campare benissimo, magari felici di uno o due punti percentuali guadagnati. Ma il Paese, consegnato con le mani legate all'attacco feroce della speculazione internazionale, col rischio di finire stavolta davvero come la Grecia. D'altra parte, senza l'appoggio della Lega, è impraticabile oggi la strada di un nuovo ribaltone. Una maggioranza da Di Pietro a Fini, passando per il Pd e Casini, sarebbe debole politicamente e numericamente, destinate a breve e grama vita. E allora?

L'unica strada logica è che l'opposizione, tutta l'opposizione, mettendo da parte gli interessi di bottega, si unisca per garantire una maggioranza con un programma limitato a pochi punti, in modo da evitare nell'immediato il pericolo di bancarotta e preparare la strada a elezioni regolari. O quasi regolari, visto che il controllo delle televisioni rimarrebbe comunque in gran parte in mano a uno dei contendenti.
Per far questo il primo passo è approvare con la nuova maggioranza una legge elettorale decente, al posto dell'attuale "porcata". Le ipotesi sono molte e tutte migliori dell'attuale. Si tratta di restituire agli elettori la possibilità di scegliersi i candidati, com'è ovvio. Ma soprattutto si tratta di scegliere se l'Italia è matura per un bipolarismo autentico o se è meglio tornare al proporzionale. Entrambe ne sono migliori del ridicolo e ora fallimentare tentativo d'imitazione del bipolarismo che ha dominato la presunta seconda repubblica. Quello che abbiamo avuto in Italia dal '94 a oggi non è bipolarismo. è un referendum periodico su un leader, uno scontro fra berlusconiani e anti berlusconiani. Del bipolarismo come lo conoscono le democrazie occidentali mancano le fondamenta. Per esempio il riconoscersi da parte di entrambi gli schieramenti nei valori costituzionali, in regole condivise. Per esempio la serena autonomia dei poteri di controllo, dall'informazione alla magistratura, che da noi sono o asserviti o minacciati. Un falso bipolarismo come il nostro non poteva che produrre ondate di trasformismo, centinaia di cambi di casacca impensabili nelle altre democrazie occidentali. Non c'è stata una legislatura conclusa dalla stessa maggioranza indicata al principio dagli elettori. Come avrebbe potuto, del resto?

L'unico valore che ha legato finora il centrodestra è l'obbedienza a Berlusconi. Chiunque si allontani dal dogma dell'obbedienza al leader viene per questo espulso dal cerchio magico e diffamato come un criminale. È successo a turno a tutti i principali alleati, nessuno escluso: da Bossi a Follini, da Casini a Fini. Ma se Casini o Fini domani mattina tornassero a inchinarsi, sarebbero riabilitati con tutti gli onori. Vogliamo chiamarla democrazia? Sull'altro fronte le maggioranze hanno retto soltanto sulla base dell'emergenza anti berlusconiana. Non appena questo collante veniva meno in un singolo partito, per ideologia o per convenienza, crollava l'intero castello.

Questa versione miserabile e peronista del bipolarismo è ora al capolinea, come testimoniano le crisi parallele dei due soggetti che lo incarnavano, il Pdl e il Pd. Se si vuole evitare che il collasso di un sistema politico sbagliato coincida con il collasso del Paese, bisogna muoversi ora e subito. Costruire un campo politico che, nella migliore delle ipotesi, ponga le basi per un futuro davvero bipolare e occidentale della politica italiana. Oppure scegliere di tornare al passato, alla prima repubblica che tanto non è mai finita, a non voler essere ipocriti. Magari con il buon senso di imporre un serio sbarramento per scongiurare l'avvento di altri nani e ballerine sulla scena. Il cast è già completo.

fulvio25
00venerdì 6 agosto 2010 12:59
[YOUTUBE]http://[/YOUTUBE]
J.Rebus
00sabato 7 agosto 2010 16:59
07/08/2010 | Alberto Burgio
Cacciamo Berlusconi e il berlusconismo

A Berlusconi che minaccia la fine anticipata della legislatura il Pd risponde con un argomento formalmente ineccepibile: la nostra è una repubblica parlamentare, il presidente del Consiglio non decide dell’esito finale della crisi. Peccato che in questi vent’anni tutte le forze politiche oggi in parlamento abbiano fatto a gara nello svuotare la Costituzione alla quale adesso ci si richiama.
Perché nessuno insorge quando i ministri in carica ripetono che gli elettori hanno eletto questo governo? Perché il nostro paese – unico al mondo – regola da due decenni la propria vita politica (e non solo quella, come dimostra la sistematica violazione dell’art. 11) in base a una Costituzione che non c’è, considerando eversore chi cerca di applicare quella vigente (il presidente Scalfaro fu messo alla gogna per avere avallato la soluzione parlamentare della crisi del primo governo Berlusconi).
L’orgia di decreti-legge e voti di fiducia sui maxi-emendamenti non è un’esclusiva della destra, in questi vent’anni anche i governi di centrosinistra hanno contribuito a declassare le Camere a organi di ratifica. Lo stesso dicasi
per le riforme elettorali in senso maggioritario che hanno causato la personalizzazione della politica, la deriva populistica e lo squilibrio di potere a vantaggio dell’esecutivo che Berlusconi sfrutta mettendo a rischio la tenuta del sistema democratico.
Veniamo così al nocciolo del conflitto che in questi giorni divide i partiti: se il governo cade, si deve votare subito o è meglio cambiare prima la legge elettorale? Anche in questo caso sulla posizione del Pd, formalmente impeccabile (la legge è pessima, quanto prima la si cambia, tanto meglio è) pesa un non-detto grande come una casa. A sostegno della proposta di votare
al più presto non militano soltanto considerazioni di ordine politico (in materia elettorale nello stesso Pd c’è chi difende il bipolarismo, chi sogna il bipartitismo e chi tornerebbe volentieri al proporzionale) e urgenti ragioni di carattere sociale (la devastazione dei diritti e delle condizioni materiali di vita e di lavoro di milioni di persone, prodotta non già dalla crisi economica, ma dalla sua gestione reazionaria ad opera di un ministro dell’economia che qualcuno, anche nel Pd, vedrebbe con favore alla guida di un governo «di transizione»). A questi dati di fatto si aggiunge un tema su cui non per caso si preferisce sorvolare.
Non risulta che chi in questi giorni mette in cima all’agenda politica la modifica della legge elettorale si interroghi criticamente sulla principale finalità che ha presieduto alle riforme elettorali susseguitesi a partire dai primi anni Novanta.
La retorica della governabilità è servita a privare di influenza i settori sociali (a cominciare dal lavoro dipendente) destinati a pagare il prezzo della modernizzazione neoliberista. In vista di questo risultato hanno operato tutte le forze politiche bipolariste, essendo il bipolarismo nient’altro che un sistema dell’alternanza tra opzioni moderate concordi sui fondamentali della politica sociale ed economica (oltre che sulla politica estera).
Oggi siamo alla bancarotta della seconda repubblica. Intanto, nel giro di vent’anni, siamo diventati il paese più ingiusto e diseguale d’Europa. Il paese che registra l’attacco più brutale ai diritti e alle condizioni del lavoro. Il paese
meno libero nell’informazione e più privatizzato non soltanto sul piano economico, ma anche sul terreno del welfare e dei beni comuni. E stiamo per battere il record anche per ciò che riguarda la scuola, l’università e la ricerca. Anche per queste ragioni gran parte del paese non va più a votare. Ma di tutto ciò non vi è traccia nelle preoccupazioni di quanti reclamano a gran voce una nuova legge elettorale. Al contrario. Invece di prendere atto dell’implosione di un sistema oligarchico, lo si vorrebbe blindare, utilizzando nuovamente l’ingegneria istituzionale a suon di vincoli e di sbarramenti.
In una battuta, l’idea è allontanare Berlusconi per tenersi stretti i risultati del berlusconismo. Contro questo progetto la sinistra deve tornare alla lotta, ritrovando al più presto unità e chiarezza di intenti. Settembre è vicino e vi è
un solo modo per impedire che la crisi politica si chiuda rafforzando le posizioni di chi opera per preservare lo status quo: ridare voce al conflitto, chiamare alla mobilitazione i settori sociali più colpiti dalle politiche neoliberiste a cominciare
dai lavoratori ricattati dal padronato, dai giovani destinati a un futuro di precarietà e povertà, e dal popolo dei beni comuni. Se vi è chi continua a concepire la politica come un’arma puntata contro la società, la società può salvarsi soltanto tornando padrona della politica.




Un pò di retorica all fine. su alcune cose concordo in pieno,su altre di meno.
J.Rebus
00lunedì 9 agosto 2010 18:17
La paura di votare non conviene al Pd
La paura di votare
non conviene al Pd
Se i democratici si presentassero con questo gruppo dirigente e questa coalizione, perderebbero. La loro insicurezza costituisce la principale fonte di sicurezza per l'attuale maggioranza di governo. Visto che anch'essa ha molto da temere da nuove elezioni
di ILVO DIAMANTI
Pierluigi Bersani
L'IPOTESI di elezioni anticipate sembra preoccupare soprattutto il Centrosinistra. In particolare, il Pd. Per ragioni di numeri, anzitutto. Se si presentasse con questo gruppo dirigente e con questa coalizione - l'asse con l'IdV di Di Pietro - perderebbe. Poi, perché dovrebbe affrontare i propri dubbi, irrisolti, circa le alleanze, gli obiettivi, i valori. L'insicurezza del Pd - e del Centrosinistra - costituisce la principale fonte di sicurezza per l'attuale maggioranza (si fa per dire...) di governo. Visto che anch'essa ha molto da temere da nuove elezioni.

Come farebbe Berlusconi a giustificare una crisi, in tempi così difficili per l'economia? La defezione di Fini e dei suoi fedeli, inoltre, modificherebbe sostanzialmente l'identità territoriale di questa maggioranza. Se si votasse davvero in novembre, il Centrodestra si presenterebbe con i volti della triade Berlusconi, Bossi e Tremonti. Vero partito forte: la Lega. Principale prodotto di bandiera: il federalismo. Insomma: un'alleanza politica "nordista". Berlusconi e il Pdl avrebbero concreti motivi di temere il voto. Perché in Italia, per vincere le elezioni (governare, ovviamente, è un altro discorso), bisogna disporre di un elettorato "nazionale". Distribuito sul territorio in modo non troppo squilibrato. Come la Dc, nella prima Repubblica, e Forza Italia, nella seconda. I principali baricentri, non a caso, dei governi del dopoguerra.

Il Pci, invece, nella prima Repubblica ha conosciuto fasi di grande espansione, ma è sempre rimasto ancorato alle regioni "rosse" dell'Italia centrale. Quanto al Centrosinistra, nella seconda Repubblica, in quindici anni di esperimenti, non è riuscito a superare i vincoli territoriali - ma anche politic - ereditati dal passato. Il progetto dell'Ulivo, guidato da Prodi, dopo il 1995 ha viaggiato sospeso fra Ulivo dei partiti e Partito dell'Ulivo. Ha, comunque, delineato un soggetto politico di tipo italo-americano. Dove coabitassero posizioni politiche e culturali molto diverse e perfino lontane tra loro. Come i Democratici negli Usa e la Dc in Italia (un esempio evocato spesso da Parisi). L'Ulivo, erede dei partiti di massa (democristiani e comunisti, soprattutto), ma "nuovo", per identità e metodo di selezione del gruppo dirigente e dei candidati. Le primarie ne sono divenute il marchio. Un'alternativa all'organizzazione tradizionale e, nel contempo, al partito mediatico e personale, imposto da Berlusconi.

L'Ulivo di Prodi evoca un soggetto politico di coalizione, "largo" ed eterogeneo. Ha vinto due volte - o, forse, una volta e mezzo. Nel 1996 e nel 2006 (quando al Senato ha perso quasi subito la maggioranza). Ma si è rivelato incapace di garantire stabilità e coesione. Da ciò, nel 2007, il passaggio al Pd, guidato da Veltroni. Partito riformista, sorto con l'obiettivo di "attrarre" gli elettori dell'area di sinistra e soprattutto di centro, senza troppi compromessi e mediazioni. Correndo contro Berlusconi e il Pdl "da solo". O quasi. Un unico alleato, l'IdV. In risposta al PdL, che si apparenta con la Lega. Le primarie, parallelamente, non servono più a scegliere il candidato premier. Dunque, non sono aperte all'intera coalizione (come nel 2005). Diventano, invece, una sorta di competizione congressuale per scegliere il gruppo dirigente e il segretario. Il problema è che il Pd non solo ha perso le elezioni del 2008 (esito prevedibile). Ma, in due anni, ha cambiato tre segretari, mentre la sua base elettorale si è ridotta sensibilmente.

Pdl e Pd, nel frattempo, si sono indeboliti - parecchio - rispetto ai partner (Lega e IdV). E ciò ha ridimensionato l'idea del bipolarismo "bipartitico", sostenuta da Veltroni e Berlusconi nel 2008. Oggi, infatti, ci troviamo di fronte a un bipolarismo frammentato, che neppure Berlusconi riesce a controllare e pone al Pd serie difficoltà. Il bacino elettorale alla sua sinistra, nel frattempo, si è prosciugato. Oltre tre milioni di elettori: spariti. Esuli. In sonno. Oppure intercettati dall'Idv. Mentre al centro si fa spazio un nuovo aggregato che ambisce a fargli concorrenza. (Anche se l'attuale legge elettorale scoraggia ogni ipotesi di "terzo polo"). Per cui il Pd, quando evoca un governo istituzionale, che scriva una nuova legge elettorale e gestisca l'emergenza economica, più che alle difficoltà del Paese pare rispondere alle proprie. L'ipotesi, peraltro, non appare praticabile. Osteggiata dalla maggioranza, troverebbe in disaccordo anche le opposizioni. (C'è dissenso sulla legge elettorale fra Pd, Udc, Sinistra...)

Meglio - molto meglio - che il Pd si prepari alle elezioni. Senza scorciatoie. Con le attuali regole. E dica, quindi, "come" e "con chi" le intenda affrontare. Da solo o con pochi amici: non può. Perderebbe. Insieme all'IdV, oggi, il Pd potrebbe giungere intorno al 35%. Il Pdl, con la Lega, otterrebbe almeno 8 punti percentuali in più. Poi c'è l'incognita dell'astensione, che ha colpito pesantemente anche il centrosinistra, negli ultimi anni. Il Pd, per questo, deve chiarirsi e chiarirci. Con chi intende presentarsi? Quali formazioni e quali leader? L'esperienza del passato suggerirebbe la ricerca di intese molto larghe, senza pregiudizi. A sinistra e al centro. Attorno ad alcuni obiettivi di programma. Pochi e precisi. Relativi all'economia e al lavoro, alla legalità, alle regole istituzionali, al rispetto dell'unità nazionale, alla legge elettorale. Insomma: proponendo il programma delineato per il governo istituzionale alla verifica elettorale.
Un'alleanza che, come l'Ulivo nel 2005, scelga il candidato - i candidati - con il metodo delle primarie. Ma senza vincitori annunciati. Primarie aperte. Dove possano competere - e vincere- Bersani, Di Pietro, Letta, Chiamparino. Ma anche Vendola, Casini, Rutelli, Tabacci. E altri candidati ancora, noti e meno noti.

L'ipotesi non è entusiasmante e si presta, ovviamente, a critiche. Una su tutte. Si tratterebbe di un collage antiberlusconiano e antileghista. Osservazione fondata, che non ci scandalizza. D'altronde, questa legge elettorale non l'abbiamo voluta noi. E l'asse Berlusconi-Bossi oggi costituisce un metro di misura e di riferimento - politico e istituzionale - non eludibile.

Tuttavia, da parte del Pd, ogni ipotesi, ogni idea - anche diversa da questa - è meglio dell'attuale afasia. Non temiamo le elezioni - per noi, anzi, sono ottime occasioni di lavoro. Temiamo, assai più, l'assenza di alternative e di speranze. Questo bipolarismo imperfetto tra un centrodestra che non ci (mi) piace e un centrosinistra (oppure centro-sinistra) che non c'è.

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