Servizio del Corriere della Sera sul mercato delle tesi.

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dongiovanni79
00venerdì 4 marzo 2011 13:25
lucas22
00venerdì 4 marzo 2011 13:32
la sagra dell'ipocrisia...
(pollastro)
00sabato 5 marzo 2011 12:03
Posto, su richiesta del professor Prisco (che è stato molto colpito dall'inchiesta. Conosceva il fenomeno, ma non aveva idea delle sue dimensioni) una comunicazione già inviata al link laureandi, tesi di laurea, ecc.. Il professore Prisco mi incarica di farvi sapere che è dispioaciuto di dovere adottare misure di controllo ancora più rigide di quelle attuali, ma lo fa a tutela del proprio lavoro e degli studenti onesti.

Dalla presidenza mi è stato giustamente posto lo stop a nuove tesi, finché il numero di quelle pendenti non tornerà al limite fisiologico. Oggi sfiora il centinaio. E' chiaro che - se uno studente se la fa assegnare e poi non la fa effettivamente (come è accaduto) - il sistema si blocca e d'altra parte solo se il professore può seguire al massimo quattro tesi a sessione può farlo bene, cioè dedicare la giusta attenzione individuale ad ogni tesista. In questa sessione, invece - per fare un esempio concreto - arrivo a quindici laureandi, compresi quelli già assegnati al professor Amirante. Ne rimarranno comunque un'ottantina. Realisticamente, perciò, penso che per un paio d'anni non potrò assegnarne di nuove, Niente paura, però. Mi permetto un suggerimento: chiedere al professore al quale ci si rivolgerà per la tesi di svolgerla in chiave comparata; così, ad esempio, si farà la tesi in diritto amministrativo, ma comparato, in diritto civile, ma comparato, ecc.... Inoltre, sui temi dei diritti a base religiosa, in facoltà esistono gli insegnamenti di Diritto musulmano e dei Paesi islamici (professor Piccinelli) e di Diritti religiosi (professoressa D'Arienzo) e di Diritto ecclesiastico (da svolgere in chiave comparata, oltre - ovviamente - al Diritto privato comparato. Non aver dato l'esame in una materia non impedisce di chiedere la tesi in essa, anche se alcuni docenti (tra i quali sono appunto io stesso) chiedono almeno che vi sia stata la frequenza del relativo corso. Per quanto riguarda Istituzioni di diritto pubblico, invece, l'alternativa è Diritto costituzionale o una materia di settore ad esso collegata.
Nessun rimpianto, infine, per chi non potrà avere la tesi con me. Dopo avere preso atto che moltissimi la copiano o se la fanno fare (lo sapevo, ma l'inchiesta pubblicata ieri su www.corriere.it mi ha davvero colpito molto negativamente; non avevo idea di una diffusione del malcostume e dell'illegalità così ampia..., tra l'altro, gli intervistati resi irriconoscibili sono proprio studenti e "faccendieri" della nostra facoltà!) e non volendo legittimare per quanto mi riguarda tale pratica ILLEGALE - anche se l'illegittimità non è più socialmente avvertita da noi come grave (ma vedete invece quello che accade in Germania...) - introdurrò a carico dei tesisti in corso controlli ancora più stringenti di quelli praticati finora, pretendendo relazioni scritte su libri specifici, obbligo di seguire convegni e seminari sul tema della tesi, portandomene la prova (attestato di frequenza), interrogazioni orali periodiche, in nancanza delle quali attività da parte dei tesisti la revocherò. Mi dispiace, ma "a mali estremi, estremi rimedi". E vediamo se riesco così a costringere alla correttezza e alla legalità studenti scorretti (è chiaro che ci sono piacevoli eccezioni, sto parlando per la massa....). Avevo avvertito anche su questo sito di non esagerare, ma ora la mia pazienza è colma. Sono una persona in buona fede e aperto agli studenti, che talora (anche ultimamente) si è imbattuta tuttavia in persone poco perbene. Imparate che quando una persona disponibile viene delusa diventa diffidente e si comporta di conseguenza.
nandito
00sabato 5 marzo 2011 12:17
un servizio girato a napoli come se questa fosse una pratica diffusa solo dalle nostre parti...
Anche il titolo è sbagliato: "comprare una laurea", come se laurea o tesi fosse la stessa cosa. E' uscito anche lo scandalo degli esami truccati però mi sembra eccessivo parlare di "comprare una laurea"..

In ogni caso non ci vedo l'illegalità, come dice il ragazzo nel servizio alla fine si tratta di scrivere un testo, poi che sia una tesi o un riassunto non significa niente.
Farsi scrivere la tesi è una scelta che spetta alla coscienza dello studente..

Lady_21
00sabato 5 marzo 2011 12:26
che gente di merda, chi le fa e chi le compra...
--letizia22--
00sabato 5 marzo 2011 12:27
ma la tesi non dovrebbe essere una specie di esame,una prova finale?quindi non credo sia legale usare questi mezzi,sarebbe come copiare!!
Koogar
00sabato 5 marzo 2011 12:32
Re:
Lady_21, 05/03/2011 12.26:

che gente di merda, chi le fa e chi le compra...




non esageriamo! ;)
nandito
00sabato 5 marzo 2011 12:32
--letizia22--, 05/03/2011 12.27:

ma la tesi non dovrebbe essere una specie di esame,una prova finale?quindi non credo sia legale usare questi mezzi,sarebbe come copiare!!




la prova finale penso sia la discussione in sè.
(pollastro)
00sabato 5 marzo 2011 12:38
dal professor Prisco

Caro Nandito, la tua è un'argomentazione da avvocato penalista (complimenti, senza ironia). Tu in sostanza dici, come quell' autore di tesi del servizio video, "Io scrivo a pagamento un testo, poi che ne so che cosa ci fa quello che me l'ha ordinato"? Vabbé, in dubio pro reo e forse in un processo penale quello sarebbe assolto (dico forse; perché chi vende pistole mica può pensare che è come vendere fiori e biglietti di auguri di compleanno...la mammoletta un'idea di come si usa quello che vende ce l'avrà, no? E poi chi ordina testi solo per il piacere di farsi scrivere, che ne so, un papiello su "La responsabilità per danno da vacanza rovinata"?). E' chiaro comunque che questo andazzo è come comprarsi un esame: mortifica me, come professore perbene e gli studenti onesti (per fortuna ce ne sono) e fa venire per un momento ad entrambe le categorie la voglia di mandare tutti a quel paese. Io ad esempio potrei andare in pensione; resisto perché il lavoro mi piace e mi fa anche piacere conoscere ragazze e ragazzi perbene, ai quali credo ancora di potere trasmettere qualcosa. Ho tuttavia chiesto formalmente al preside di nominare una commissione per vedere che cosa si potrebbe fare. Se si potesse abolire la tesi obbligatoria, personalmente propongo di sostituirla - come prova finale di laurea - con un compito scritto in aula, con una traccia sorteggiata al momento, scelta sulla materia indicata da ogni laureanda o laureando come da lei/ lui preferita
Mojo Pin
00sabato 5 marzo 2011 14:01
Re:
(pollastro), 05/03/2011 12.38:

dal professor Prisco

Caro Nandito, la tua è un'argomentazione da avvocato penalista (complimenti, senza ironia). Tu in sostanza dici, come quell' autore di tesi del servizio video, "Io scrivo a pagamento un testo, poi che ne so che cosa ci fa quello che me l'ha ordinato"? Vabbé, in dubio pro reo e forse in un processo penale quello sarebbe assolto (dico forse; perché chi vende pistole mica può pensare che è come vendere fiori e biglietti di auguri di compleanno...la mammoletta un'idea di come si usa quello che vende ce l'avrà, no? E poi chi ordina testi solo per il piacere di farsi scrivere, che ne so, un papiello su "La responsabilità per danno da vacanza rovinata"?). E' chiaro comunque che questo andazzo è come comprarsi un esame: mortifica me, come professore perbene e gli studenti onesti (per fortuna ce ne sono) e fa venire per un momento ad entrambe le categorie la voglia di mandare tutti a quel paese. Io ad esempio potrei andare in pensione; resisto perché il lavoro mi piace e mi fa anche piacere conoscere ragazze e ragazzi perbene, ai quali credo ancora di potere trasmettere qualcosa. Ho tuttavia chiesto formalmente al preside di nominare una commissione per vedere che cosa si potrebbe fare. Se si potesse abolire la tesi obbligatoria, personalmente propongo di sostituirla - come prova finale di laurea - con un compito scritto in aula, con una traccia sorteggiata al momento, scelta sulla materia indicata da ogni laureanda o laureando come da lei/ lui preferita



va bè professore, e come se la prende facilmente. La vedo sempre particolarmente offeso del modo con cui gli studenti tentano le scappatoie. E posso capirlo. Ma quanto Vorrei che ci mettesse la stessa enfasi quando si parla di uguali meccanismi in sistemi "diversi": eppure ricordo una sua difesa accanita sul sistema di lucro sui testi del professore villone( se non è cosi me ne scuso), ma mai ho letto su questo forum un intervento teso a solidarizzare con gli studenti sulle lacune della didattica, sulla proliferazione assurda di cattedre dalla più insulsa inutilità ai fini della propria formazione ecc., dei professori che non si sa che fine fanno all'orario di ricevimento, o che sfruttano i ricercatori per l'attività di insegnamento, per non parlare della estrema burocrazia che regge l'apparato amministrativo delle facoltà(ricordo che la documentazione per essere ammesso alla discussione è pressochè assurda, domande in carta bollata da far venire la nausea, controllo facoltativo, obbligatorio ecc con dati che l'Università dovrebbe già di per se poter reperire, come il numero di esami fatti, la data il voto ecc.).Questi sono solo alcuni punti che mi vengono in mente.

Infine mi permetto di contestare anche la soluzione che ha suggerito per aggirare il problema della tesi: chiediamoci, che utilità ha la tesi per lo studente?cosa impara lo studente grazie al sistema della tesi?Rispondo sulla base della mia esperienza personale: fare la tesi ha contribuito semplicemente a rendermi capace di districarmi nei meandri delle biblioteche, degli archivi, insomma, mi ha insegnato l'arte dell' attività di spulcio e di ricerca.Il mio argomento di tesi sarà superato dalle riforme successive, pertanto ai fini didattici è quasi nullo l'apporto che in futuro mi darà.
Il sistema che lei propone, dell'elaborato scelto sulla materia, potrebbe essere il sistema per svolgere un esame, piuttosto che la tesi di laurea.Si eviterebbero così problemi "logistici"(che io definierei di educazione) come aspettare 8 ore in un'aula il professore che torna in aula con la tensione addosso, o meglio ancora che l'esame preveda di per se le discriminazioni che comporta un esame orale(ma anche qui basterebbe preparare una brocca con le domande dentro da sorteggiare, senza lasciarle alla discrezione dell'assistente o del prof la scelta di quale domanda.)
La tesi di laurea, senza attività di ricerca, andrebbe a mio avviso del tutto eliminata.

Quanto agli studenti che ricorrono a questi mezzucci per facilitarsi la conclusione del persorso di studio, se da un lato posso comprenderli perchè esasperati dalle lungagini del percorso didattico(ancora oggi mi sto chiedendo che diavolo ho perso a fare il tempo con esami come Storia del diritto romano, istituzioni del diritto romano, storia del diritto italiano, filosofia del diritto, scienze delle finanze per dirne alcuni di OBBLIGATORI), da un lato la loro "condanna" è in re ipsa: quando dovranno effettuare l'attività di ricerca, in uno studio o da qualunque altra parte, saranno dei novelli rispetto ad uno studente che ha già compreso alcuni meccanismi.


Mojo Pin
00sabato 5 marzo 2011 14:09
Re: Re:
Mojo Pin, 05/03/2011 14.01:



va bè professore, e come se la prende facilmente. La vedo sempre particolarmente offeso del modo con cui gli studenti tentano le scappatoie. E posso capirlo. Ma quanto Vorrei che ci mettesse la stessa enfasi quando si parla di uguali meccanismi in sistemi "diversi": eppure ricordo una sua difesa accanita sul sistema di lucro sui testi del professore villone( se non è cosi me ne scuso), ma mai ho letto su questo forum un intervento teso a solidarizzare con gli studenti sulle lacune della didattica, sulla proliferazione assurda di cattedre dalla più insulsa inutilità ai fini della propria formazione ecc., dei professori che non si sa che fine fanno all'orario di ricevimento, o che sfruttano i ricercatori per l'attività di insegnamento, per non parlare della estrema burocrazia che regge l'apparato amministrativo delle facoltà(ricordo che la documentazione per essere ammesso alla discussione è pressochè assurda, domande in carta bollata da far venire la nausea, controllo facoltativo, obbligatorio ecc con dati che l'Università dovrebbe già di per se poter reperire, come il numero di esami fatti, la data il voto ecc.).Questi sono solo alcuni punti che mi vengono in mente.

Infine mi permetto di contestare anche la soluzione che ha suggerito per aggirare il problema della tesi: chiediamoci, che utilità ha la tesi per lo studente?cosa impara lo studente grazie al sistema della tesi?Rispondo sulla base della mia esperienza personale: fare la tesi ha contribuito semplicemente a rendermi capace di districarmi nei meandri delle biblioteche, degli archivi, insomma, mi ha insegnato l'arte dell' attività di spulcio e di ricerca.Il mio argomento di tesi sarà superato dalle riforme successive, pertanto ai fini didattici è quasi nullo l'apporto che in futuro mi darà.
Il sistema che lei propone, dell'elaborato scelto sulla materia, potrebbe essere il sistema per svolgere un esame, piuttosto che la tesi di laurea.Si eviterebbero così problemi "logistici"(che io definierei di educazione) come aspettare 8 ore in un'aula il professore che torna in aula con la tensione addosso, o meglio ancora che l'esame preveda di per se le discriminazioni che comporta un esame orale(ma anche qui basterebbe preparare una brocca con le domande dentro da sorteggiare, senza lasciarle alla discrezione dell'assistente o del prof la scelta di quale domanda.)
La tesi di laurea, senza attività di ricerca, andrebbe a mio avviso del tutto eliminata.

Quanto agli studenti che ricorrono a questi mezzucci per facilitarsi la conclusione del persorso di studio, se da un lato posso comprenderli perchè esasperati dalle lungagini del percorso didattico(ancora oggi mi sto chiedendo che diavolo ho perso a fare il tempo con esami come Storia del diritto romano, istituzioni del diritto romano, storia del diritto italiano, filosofia del diritto, scienze delle finanze per dirne alcuni di OBBLIGATORI), da un lato la loro "condanna" è in re ipsa: quando dovranno effettuare l'attività di ricerca, in uno studio o da qualunque altra parte, saranno dei novelli rispetto ad uno studente che ha già compreso alcuni meccanismi.






Ritiro le scuse. topic villone

napulitanboy
00sabato 5 marzo 2011 14:38
Re:
(pollastro), 05/03/2011 12.38:

dal professor Prisco

Caro Nandito, la tua è un'argomentazione da avvocato penalista (complimenti, senza ironia). Tu in sostanza dici, come quell' autore di tesi del servizio video, "Io scrivo a pagamento un testo, poi che ne so che cosa ci fa quello che me l'ha ordinato"? Vabbé, in dubio pro reo e forse in un processo penale quello sarebbe assolto (dico forse; perché chi vende pistole mica può pensare che è come vendere fiori e biglietti di auguri di compleanno...la mammoletta un'idea di come si usa quello che vende ce l'avrà, no? E poi chi ordina testi solo per il piacere di farsi scrivere, che ne so, un papiello su "La responsabilità per danno da vacanza rovinata"?). E' chiaro comunque che questo andazzo è come comprarsi un esame: mortifica me, come professore perbene e gli studenti onesti (per fortuna ce ne sono) e fa venire per un momento ad entrambe le categorie la voglia di mandare tutti a quel paese. Io ad esempio potrei andare in pensione; resisto perché il lavoro mi piace e mi fa anche piacere conoscere ragazze e ragazzi perbene, ai quali credo ancora di potere trasmettere qualcosa. Ho tuttavia chiesto formalmente al preside di nominare una commissione per vedere che cosa si potrebbe fare. Se si potesse abolire la tesi obbligatoria, personalmente propongo di sostituirla - come prova finale di laurea - con un compito scritto in aula, con una traccia sorteggiata al momento, scelta sulla materia indicata da ogni laureanda o laureando come da lei/ lui preferita




E negare in questo modo anche il piacere a chi, quella tesi, la vede FINALMENTE come un lavoro proprio e non un semplice imparare mnemonicamente nozioni che FORSE ti serviranno durante gli anni avvenire?
No, non sono d'accordo.
Chi forma qualcosa di proprio con la tesi è seguito da un tutor (che si presume essere) esperto, e che ti indica i passi base per la stesura di un testo giuridico( quale è la tesi).Per chi muove l'obiezione che tale lavoro è possibile farlo anche fuori le sedi universitarie, vorrei ricordare che, "fuori dalle sedi universitarie" tale opportunità graverebbe sulle spalle dello studente che si ritroverà a dover pagare quel tutor del quale si "sfruttano" le conoscenze e che invece avrebbe dovuto seguirlo (gratis) durante il percorso universitario(è un diritto al quale accede col pagamento delle tasse). La tesi io la vivo come un percorso creativo e di crescita personale e pertanto è ineliminabile.
A mio avviso bisognerebbe percorrere altre vie per giungere ad una soluzione del problema. Ad esempio eliminare questa "presunzione di innocenza" obbligando chi scrive a sapere a quale scopo è diretto lo scritto, e a chi commissiona a fornire indicazioni sull'uso che dello scritto si farà.

Non mi piace il "tutti devono pagare per lo sbaglio di qualcuno".
Insomma, non puoi migliorare il sistema ELIMINANDO il sistema.
nando85
00sabato 5 marzo 2011 15:16

Quoto tutto quanto detto da Mojo Pin, sono d'accordissimo con lui.

Personalmente aggiungo che per me la tesi di laurea è una cosa inutile.
Il voto di laurea dovrebbe essere determinato solo in base alla media-voto.

Essere in balia dell'umore e delle teorie dei vari prof. ed assistenti per l'assegnazione di un punteggio più o meno alto alla tesi di laurea, la trovo una cosa degradante per un futuro dottore.

E ciò è tanto più vero, quanta meno fortuna si hanno nello scegliere relatore e co-relatore, visto che è noto che non tutti facciano al meglio il loro dovere.

Con ciò non dico che dovrebbe essere abolita la discussione della tesi, ma soltanto che sarebbe più giusto aggiungere un punteggio "standard" alle varie tesi e lasciare la più ampia autonomia allo studente nella scelta e nella preparazione di una discussione che sia il culmine dei suoi studi e la dimostrazione delle sue capacità dialettiche e del suo grado di preparazione.

Premesso ciò, non ci vedo nulla di male in chi vende le tesi per soldi. Nella mia carriera universitaria ho conosciuto sia ragazzi estremamente capaci che con questo sistema si sono finanziati gli studi, sia altri che dopo laureati, dovendo partire da ZERO ed avendo bisogno di soldi nell'attesa di costruirsi qualcosa di importante, hanno iniziato ad offrire collaborazioni nella stesura delle tesi.

Nulla di male in quel che fanno.
Troppo facile attaccarli e parlare a "pancia piena".

Dovrebbero essere piuttosto coloro che acquistano la tesi a domandarsi cosa cavolo hanno studiato in 5 o più anni, se non sono nemmeno in grado di scrivere un elaborato giuridico alla fine della propria carriera universitaria...


(pollastro)
00sabato 5 marzo 2011 15:45
Dal professor Prisco, che mi prega di postare

Rispondo. Colgo l'occasione per tornare innanzitutto sulla questione sollevata a suo tempo a proposito del testo del professor Villone, in cui io difesi il suo buon diritto di farsi pagare gli aggiornamenti del libro dispensati via e-mail. Su questo confermo la mia posizione di allora. Sul merito del testo stesso (che allora difesi in linea astratta, cioè non conoscendolo, giacché appunto distribuito solo ai richiedenti, a domicilio, per posta e con nome impresso sulla singola copia), devo dire - avendolo poi visto - che personalmente non indicherei a studenti del primo anno un manuale su una materia di base così evidentemente "soggettivo", ma questo è il mio pensiero personale. E' vero che anche il mio "Laicità" è personale (lo sono in realtà tutti i libri), ma non è un manuale per un esame di base. Per esami fondamentali (dal primo al quinto anno, ma soprattutto se destinati a matricole) preferisco i manuali di tipo "classico", come - sbagliando - pensavo all'epoca che fosse quello del professor Villone. Per questa parte, dunque, devo dunque dire di avere cambiato opinione e scusarmi io con tutti voi.
Quanto al resto, se preparare la tesi è servito a imparare come si cercano e si mettono in ordine libri, argomenti, archivi, direi che ha raggunto lo scopo. La tesi - e gli esami - servono appunto ad imparare un metodo di studio e di presentazione delle idee, non nozioni: queste ultime (salvo quelle molto basilari e nemmeno pure, se è vero che oggi si dubita addirittura su che cosa sia la famiglia, quando nasca e quando finisca la vita, ecc...) cambieranno, il metodo ben padroneggiato - a mio parere appunto quello "laico", cioè razionale - servirà sempre. Tanto è vero che anche qui qualcuno si ribella all'idea di eliminare del tutto la tesi: evidentemente, molti pensano che farla serva e che sia bello scriverla più di quanto altri vogliano ammettere. Leggete però bene, per piacere: la mia proposta è di eliminare la tesi in quanto obbligatoria, sostituendola con un compito in aula. Chi volesse potrebbe cioè continuare a farla. Se però c'è chi non avverte il fascino (per me da studente fu proprio così, chiamami pure fesso) di potere essere finalmente creativo dopo tanti anni passati a ripetere a pappardella (è sbagliato, ma con molti docenti è così, lo so), amen: non lo si convincerà. Per chi vuole, però, la tesi dovrebbe restare; in quel caso sarebbe come un matrimonio d'amore, non come un'unione di convenienza, qualcosa da fare con voglia e non per forza.
Quanto al mio rizelarmi, è vero, lo ammetto: se ricevo scorrettezze deliberate (che cerco invece di non fare a mia volta; altra cosa sono gli errori in buona fede, che commettiamo tutti, in quanto esseri umani imperfetti) resto amareggiato. Al limite preferirei che una/un tesista mi dicessero esplicitamente di aver copiato, invece che provare a farmi fesso. Parlando per paradosso, meglio essere complice che vittima. Preciso solo una cosa: ho approntato un file su come scrivere una tesi di laurea (una sua prima versione, più ridotta, è stata pubblicata anche su questo sito e dopo l'ho perfezionata e allungata), con precisazioni anche minuziose e pignole su ogni fase e passo. Ebbene: nonostante che lo distribuisca a tutti i tesisti, raccomandando di leggerlo, quando mi consegnano il loro lavoro mi accorgo spesso che nemmeno questo hanno fatto! Credo di avere detto tutto...
Infine, circa la sciatteria dei professori, le lacune della didattica, le disorganizzazioni e gli abusi... Denunciate con nomi e circostanze, chiedete ad esempio l'istituzione di uno sportello reclami a cui far pervenire anche in forma anonima segnalazioni (ovviamente i rimedi e le sanzioni andrebbero adottati solo dopo verifica). Vi appoggerò in prima persona. Ho sempre amato (e insegnato a) mantenere la schiena diritta...
giusperito
00sabato 5 marzo 2011 16:25
Egr. prof. Prisco,
condivido gran parte delle cose dette, benché non ritenga vergognoso l'attività di scrivere la tesi per altri.
Purtroppo non ci sono molti professori interessati a seguire le tesi e soprattutto a fare didattica. Le chiede nomi e cognomi a degli studenti, ma non sarebbe forse il caso che persone perbene come lei inizino dall'interno a denunciare cose che sanno? Non vorrei che lei non si sia mai accorto di come i suoi colleghi rubano lo stipendio. Ho troppa stima nella sua persona per pensare che non si è mai accorto dell'assenza totale di alcuni titolari di cattedra. Potrei farle il nome di alcuni suoi colleghi della cattedra di Filosofia del diritto, ma in questa bella Italia non vorrei trovarmi ad avere in commissione esaminatrice di un futuro concorso un simpatico esponente della nullafacenza federiciana. Non oso immaginare con quanto vigore uno studente, io non lo sono più, possa denunciare un professore ad un professore. Davvero potrebbe fidarsi lo studente di questo sistema che è già sotto gli occhi di tutti i professori?
Ben poche sono le persone che ho visto tenere lezioni ed essere presenti in dipartimento. Devo dire che il professor Amirante era un grande esempio di dedizione all'insegnamento e gli sono grato per tutti quei suoi libri che, benché opinabilissimi, mi davano il senso di essere finalmente all'università. Dopo poco mi sono reso conto che era una rarità.
Ora doverle elencare i nomi di chi ha una nomea negativa credo sarebbe un po' come pretendere di spiegarle come si comparino due ordinamenti.
Inoltre voglio sottolinearle che la nomea negativa non si lega al sadismo a volte gratuito dei suoi colleghi, ma alla totale incapacità umana e professionale di fare il proprio dovere. La saluto con simpatia.
Come sempre mi firmo
Raffaele Minieri
trixam
00sabato 5 marzo 2011 19:45
Quoto giusperito . Il problema del professor Prisco è che vorrebbe essere un riformista, ma in realtà è un conservatore, magari illuminato, ma pur sempre un conservatore. Mi ricorda per usare un riferimento comparativo, l'ex presidente iraniano Khatami che diceva di essere riformista, voleva fare tante cose belle, ma alla fine non fece niente bloccato dal regime conservatore contro il quale non volle mai schierarsi davvero.
Ecco professore, lei chiede giustamente che gli studenti si impegnino di più per trasformare l'università in qualcosa di diverso da una esamificio. L'incapacità di assumere una vera iniziativa politica ricade e ricadrà su di noi. Ma gli studenti passano, i professori restano e sono la classe dirigente all'università.
Nei paesi civili professore le classi dirigenti cercano di risolvere i problemi, di dare una visione, altrimenti non sono classi dirigenti e non hanno ragione di esistere. Mi rendo conto che siamo in Italia, dove tutti denunciano sempre le magagne degli altri con profonda indignazione, ma se anche lei professore, che è una persona di grande valore, si schiera, sulle questioni di fondo, sempre con gli ayatollah che questa situazione hanno creato, quando ne usciremo?
Onestamente professore o lei propone delle iniziative serie per migliorare la situazione, sulle quali non ho dubbio che gli studenti convergebbero, oppure il suo atteggiamento in stile "legge ed ordine" sulle tesi e i suoi messaggi al forum per costuire dibattiti artificiali mi sembrano una offesa alla intelligenza degli studenti, che non meritano.
--letizia22--
00sabato 5 marzo 2011 20:00
Re:
trixam, 05/03/2011 19.45:

Quoto giusperito . Il problema del professor Prisco è che vorrebbe essere un riformista, ma in realtà è un conservatore, magari illuminato, ma pur sempre un conservatore. Mi ricorda per usare un riferimento comparativo, l'ex presidente iraniano Khatami che diceva di essere riformista, voleva fare tante cose belle, ma alla fine non fece niente bloccato dal regime conservatore contro il quale non volle mai schierarsi davvero.
Ecco professore, lei chiede giustamente che gli studenti si impegnino di più per trasformare l'università in qualcosa di diverso da una esamificio. L'incapacità di assumere una vera iniziativa politica ricade e ricadrà su di noi. Ma gli studenti passano, i professori restano e sono la classe dirigente all'università.
Nei paesi civili professore le classi dirigenti cercano di risolvere i problemi, di dare una visione, altrimenti non sono classi dirigenti e non hanno ragione di esistere. Mi rendo conto che siamo in Italia, dove tutti denunciano sempre le magagne degli altri con profonda indignazione, ma se anche lei professore, che è una persona di grande valore, si schiera, sulle questioni di fondo, sempre con gli ayatollah che questa situazione hanno creato, quando ne usciremo?
Onestamente professore o lei propone delle iniziative serie per migliorare la situazione, sulle quali non ho dubbio che gli studenti convergebbero, oppure il suo atteggiamento in stile "legge ed ordine" sulle tesi e i suoi messaggi al forum per costuire dibattiti artificiali mi sembrano una offesa alla intelligenza degli studenti, che non meritano.




condivido!!
(pollastro)
00domenica 6 marzo 2011 10:49
dal professor Prisco, che mi prega di postare

Vi ringrazio della costante attenzione a quello che scrivo. Credo che dialogare sia essenziale e non mi pare che i nostri dibattiti (non solo provocati da me, ma anche da voi stessi) siano "artificiali". Trixam ha ragione, forse sono un conservatore (grazie dell'"illuminato"). Vorrei - almeno questa è l'intenzione - conservare però solo il meglio di una tradizione, che nel tempo ha fatto grande l'università italiana (non credete a chi ne parla così male, quelle straniere tanto magnificate sono spesso mediocri), ma anche introdurre innovazioni. Non so postare qui il link e ve ne chiedo scusa, ma cercate - su www.costutuzionalismo.it - una mia relazione sull'insegnamento del diritto, alla luce dell'esperienza comparata, tenuta in un apposito convegno alla Sapienza due o tre anni fa: in appendice riporta una mia lettera al preside De Giovanni, scritta quando lui fu eletto e lì sono contenute molte proposte. Pregherei chi è interessato di leggerle e poi, se volete, le discutiamo. Intanto, ho contribuito ad organizzare le giornate introduttive allo studio del diritto a settembre (utilissimo seguirle, ma molti di voi si informano solo su quanti crediti danno e cercano di ottenere la firma di presenza per poi scappare via subito), il cineforum, i seminari su diritto e letteratura (questi ultimi sono proprio "roba mia"). Ho chiesto anche che, come è normale all'estero, l'università resti aperta fino a tardi, compresi un bar interno e le biblioteche, nonché aule per riunioni. Sono però tempi economicamente grami e com'era prevedibile mi hanno riso in faccia: senza denari non si cantano messe e per tenere le sedi aperte fino alle undici o mezzanotte (a Londra, in Spagna, ecc., lo si fa, chi di voi che è stato in Erasmus lo può testimoniare) bisogna pagare custodi, consumi di luce, servizi di pulizia, ecc... Il mio, insomma, provo a farlo...Mi permetto solo un'osservazione, visto che (giustamente) voi mi criticate. Anche gli studenti dovrebbero capire che certe prassi sono poco dignitose. Farsi raccomandare agli esami, farsi scrivere la tesi, arrangiarsi (non nell'emergenza e una volta tanto, ma sempre) con le dispense, ecc... non serve davvero, per progredire individualmente. Può forse dare vantaggi apparenti e ingannevoli a breve, ma poi si paga sempre. So bene che l'intera società, le famiglie, le necessità pratiche, ecc..., spingono a certi atteggiamenti, ma se vi interrogate in coscienza e con onestà intellettuale credo che possiate concludere che, almeno su questo, non ho poi torto. E' giusto protestare per abusi sugli studenti, noncuranze, disorganizzazioni e via dicendo. Quando lo fate, dimostrate senso della giustizia, che è fondamentale coltivare per fare poi del buon diritto concreto, quando vi toccherà e vi prego di credere che battaglie coi miei colleghi (e contro le mie stesse manchevolezze personali) ne faccio quotidianamente, ma incominciate anche voi a non dare sempre la colpa di tutto quello che non va agli altri e al "sistema". Sono ormai un vecchio professore e vi prego di credermi: ho conosciuto in tutte le categorie gente perbene, ma anche no. Nemmeno gli studenti, dunque, sono per definizione tutte verginelle, a ciascuno il suo... [SM=x43642]
(pollastro)
00domenica 6 marzo 2011 10:54
Errata corrige nella trascrizione del messaggio del prof.
ops...chiedo scusa..."chi di voi è stato in Erasmus" (c'era un "che" di troppo)
ytrta
00domenica 6 marzo 2011 13:16
Appendice. ― Note per una riorganizzazione didattica della facoltà di Giurisprudenza dell’Università Federico II (estratto ― dicembre 2008)

Le note che seguono sono un documento di lavoro, che contiene osservazioni e proposte di riorganizzazione della facoltà nate dall’esperienza professionale e didattica del loro autore.
Esse devono intendersi come contributo ad uno sperabile, urgente dibattito in argomento, offerto al Preside in occasione della sua assunzione dell’ufficio e sono da lui liberamente divulgabili, se creda (o naturalmente archiviabili e cestinabili, se giudicate assurde).
Si pongono come aperte al contraddittorio e all’integrazione, non vogliono in alcun modo suonare come critica preconcetta allo stato di cose esistente e ai colleghi che con molta dedizione lavorano in facoltà, ma certo identificano profili del funzionamento della struttura che ad avviso del loro estensore sono problematici e perciò degni di una riflessione innovativa.

A) Il primo punto da mettere a fuoco è l’istituzione di un momento di iniziale “accoglienza” in facoltà delle matricole, a cura del preside e dei docenti. Questo beninteso già si fa con gli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori, nell’imminenza della maturità, però è evidente che così non si intercettano tutti gli effettivi iscritti successivi. Penso invece ad una “settimana dell’accoglienza”, propedeutica ai corsi specifici ed a frequenza obbligatoria (bisognerebbe perciò organizzare controlli, ad esempio prendere le firme di presenza sotto la vigilanza dei docenti, affinché non vi siano imbrogli), durante la quale illustrare il senso del passaggio dalla scuola all’università, anche con l’intervento di psicologi; segnalo al riguardo la disponibilità dell’équipe diretta dal collega Paolo Valerio presso il nuovo Policlinico, che ha già compiuto un’esperienza in termini nella facoltà di Agraria.
Nel corso di essa andrebbe richiamata l’attenzione sul fatto che quella dello studente universitario è una stagione della vita in cui si dovrebbe svolgere la costruzione responsabile e critica, via via sempre più autonoma ed adulta, della propria personalità, quindi proporsi obiettivi razionali, studiare non “a pappardella”, imparare a scegliere se del caso fra più opzioni di esami e di programmi, a seconda delle diverse esigenze, abituarsi a parlare in pubblico senza eccessiva timidezza, ecc… Nell’occasione si presenterebbero anche il servizio di counseling psicologico dell’università, le possibilità per lo studio a distanza (e-lerning), nonché i servizi per gli studenti portatori di disabilità.

B) Durante la medesima prima settimana introduttiva, o anche - se necessario - per un’ulteriore seconda settimana (questa fase potrebbe essere anticipata rispetto al calendario ufficiale e comunque dovrebbe poi trovare una divulgazione sintetica sul sito della facoltà), i docenti dovrebbero illustrare - a largo spettro e molto didascalicamente - i contenuti delle diverse aree disciplinari e impostare i primi problemi di nomenclatura, spiegare cioè all’ingrosso (la problematizzazione verrà dopo) i contenuti di concetti come diritto soggettivo, interesse legittimo, diritto sostanziale, processo, costituzione, legge, ecc…, di cui: i nostri studenti sono totalmente ignari [anche quelli che ritengono di sapere, per via del diritto (mal) studiato a scuola (in genere, anzi, questi sono i peggiori, proprio perché presumono di essere già informati)]. Si tratterebbe insomma dell’equivalente di un’introduzione - da leggere preventivamente - di una guida turistica per un viaggio che si intraprenda.
Non ho l’età per aver frequentato il corso propedeutico di Introduzione alle Scienze giuridiche, che mi dicono venisse impartito egualmente a frequenza obbligatoria e prevedesse un colloquio finale - senza voto, ma con direttive personalizzate di orientamento allo studente - riuscendo così molto utile. Ho però letto all’epoca le pagine iniziali del manuale di Diritto Privato Romano del Guarino, che fungevano da strumento surrogatorio di tale corso. Rilette oggi, mi sembrano in realtà molto difficili; servono piuttosto ad adulti (anche per la ricca bibliografia), non a ragazzi. L’esigenza tuttavia persiste analoga, anzi è oggi più intensa, perché i nostri studenti provengono da esperienze scolastiche che affluiscono all’università da mille rivoli e sono per lo più scadenti.

C) Qualche osservazione sulla nostra didattica. Sulla qualità di essa e sul modo in cui i colleghi la effettuano non mi permetto giudizi. Riferisco peraltro un’impressione che ricevo nei miei corsi. Se mi avviene di parlare della nozione di contratto, di sentenza, ecc… (e dando per scontato che gli studenti le ricordino: è ahimé frequente che, interrogati, mi rispondano che l’esame di diritto privato o quello di diritto costituzionale li hanno dati troppo tempo prima per averne un’idea fresca e ancora particolareggiata…), chiedo sempre quanti abbiano appunto visto realmente un contratto, una sentenza, un regolamento di condominio, una cambiale, ecc… La risposta è scontata e sconfortante e ai miei tempi l’avrei data anch’io: nessuno di loro ha “toccato fisicamente” animali del genere. A me solo un padre avvocato civilista toglieva, a domanda, certe curiosità.
Non intendo qui perorare in poche e apodittiche righe la causa di un mutamento della nostra plurisecolare dogmatica e della conseguente metodologia didattica. Spero di avere appreso dal mio corso di diritto pubblico comparato almeno un minimo della consapevolezza che cerco di instillare ai miei studenti, quando li invito a confrontare le diverse tradizioni di studio e di costruzione del diritto senza confonderne i presupposti storici e i contesti culturali, senza dunque facili innamoramenti intellettuali esterofili, né nascondendosi le difficoltà dei trapianti istituzionali, esposti ad ovvie crisi di rigetto (anche se per la verità faccio loro leggere Scott Turow, Harvard, facoltà di Legge, per mostrare appunto somiglianze - poche - e differenze - molte - nell’educazione di un giurista di common law e di civil law).
Questo però non c’entra nulla con la necessità di un maggiore pragmatismo e con l’esigenza di invitare gli studenti a chiedersi costantemente (ma dobbiamo al riguardo aiutarli): A che cosa serve in concreto quello che sto studiando? Com’è veramente articolato e strutturato un certo atto giuridico di cui mi si parla al corso?
Oltre ad una didattica che mi sforzo di accompagnare ad esemplificazioni pratiche (anche con documenti ufficiali e schemi di atti privati e pubblici, appunto, o portando con me Gazzette Ufficiali, il Bollettino della Regione Campania, ecc…; non sarei tenuto a farlo, ma se è necessario…) e di integrare sempre con l’analisi della giurisprudenza (a volte, su temi controversi, faccio sostenere per le istituzioni di diritto pubblico - il cui programma è sui diritti fondamentali, per specificarlo nei confronti di quello di diritto costituzionale - un simulacro di contraddittorio processuale, dividendo gli studenti in due squadre e invitando ogni gruppo a trovare argomenti pro o contro una certa tesi), è molto fruttuoso in proposito il rapporto che intrattengo via e-mail con gli studenti.

D) All’inizio del corso rendo infatti pubblico il mio indirizzo elettronico privato, pregando i presenti di usarlo peró solo per chiarimenti indispensabili, per i quali è proprio necessario contattarmi infungibilmente (non quindi, ad esempio, in sostituzione dei bidelli, per conoscere le date di esame). Dialogo poi con un paio di blog studenteschi. Una volta rodata, l’esperienza è positiva: praticamente, oggi nessuno più mi cerca per mere informazioni logistiche o di segreteria, gli studenti hanno smesso di usare lo stile dei messaggini per comunicare con me, imparano a scrivere e-mails col “Lei” (non sono sempre rose e fiori, in realtà, con i pronomi di cortesia, ma occorre pazienza: noi scontiamo spesso, come scrivevo prima, pessime scuole…) e nel merito mi fanno domande insidiose.

E) Andrebbe inoltre potenziato al massimo il segmento delle lezioni a distanza. Massimo Villone ad esempio lo ha fatto, mettendo inoltre in rete anche un suo manuale di diritto costituzionale molto innovativo, da leggere previa inserzione di password, che si ottiene versando il prezzo all’editore/gestore del sito. Mi sono fatto illustrare la cosa e dalla prossima volta proverò a far videoregistrare le lezioni di diritto pubblico comparato, che quindi ognuno potrà vedere e ascoltare anche dal computer di casa, a qualunque ora.

F) Una nota dolentissima è quella della tesi. Gli studenti oggi: a) non fanno per lo più da noi prove scritte intercorso, quindi non imparano durante i corsi stessi a redigere una relazione, una scheda di un testo, un banale riassunto chiaro, un test a risposta guidata, una ricerca dottrinale e giurisprudenziale; b) scrivono perciò solo - alla fine degli studi - appunto la tesi); c) in genere, la maggior parte di loro a questo punto la copia o la compra (nel corso di istituzioni di diritto pubblico, calendarizzato al IV anno, assegno ai frequentatori ricerche individuali o di gruppo, da presentare alla fine con relazione scritta; è incredibile, a questo livello dei loro studi, come all’inizio la cosa li trovi in realtà molto spaesati). Le tesi originali - salvo poche e per fortuna esistenti eccezioni - si riconoscono paradossalmente non per una (del resto sospettabile, perché incongrua) eccellenza, ma - al contrario - perché sgrammaticate e/o internamente contraddittorie e/o ingenue. Come sappiamo, esistono fiorenti agenzie o artigiani della tesi in grado di riciclare materiali in pochissimo tempo; personalmente, poi, m’imbatto ormai in manifestini pubblicitarî che nemmeno si nascondono più dietro l’ipocrisia delle “ricerche bibliografiche”, ma promettono direttamente la “redazione della tesi” e, come noto, vi sono siti Internet che con pochi euro le fanno scaricare.
Controllare la genuinità di quanto leggiamo, per la moltiplicazione esponenziale delle fonti, è praticamente impossibile, di fronte ad uno studente furbo.
(…) Mi chiedo se ci si renda sufficientemente conto che allo stato alimentiamo - nemmeno troppo inconsapevolmente, ammettiamolo - anche un mercato clandestino e illegale di falsi, cioè appunto di tesi non originali, come se fossero CD musicali taroccati, che prendiamo per buoni.
Di fronte a tale fenomeno e alle sue dimensioni, la mia proposta radicale è di mantenere la tesi classica solo per pochi studenti eccellenti che la scelgano, così preparandosi un percorso post-laurea elitario e di farla seguire da una commissione interdisciplinare di tre relatori, pubblicandone poi i risultati sulla rivista elettronica alla quale accenno in seguito.
Per gli altri - ma a questo punto sempre con gli attuali pochi punti di “guadagno” delle discussioni “a modello differenziato”- si manterrebbe un mero elaborato compilativo, del quale si è tutti consapevoli che è un semplice riassunto da uno, due, tre (quando va bene) libri e/o articoli. Strada innovativa sarebbe infine quella di introdurre in via sperimentale la discussione interdisciplinare di un caso giurisprudenziale, assegnato quindici giorni prima della seduta di laurea tra quelli più recenti (questo impedirebbe o ridurrebbe il rischio di “copie” e “riciclaggi”).

G) Per evitare di sorprendere gli studenti, una tale ultima “riforma” dovrebbe iniziare in realtà dagli esami di profitto: alla fine di ogni anno, chi crede potrebbe appunto sottoporsi, su base volontaria, alla discussione di un caso interdisciplinare, davanti ad una commissione composta dai colleghi che hanno tenuto i corsi dell’anno stesso. Essa dovrebbe assegnare il compito adeguandolo ovviamente ai diversi livelli di maturazione e valutarlo rispetto a tale parametro e alla difficoltà della questione.
È chiaro che questa modalità di esame e di tesi, a regime, sarebbe funzionale all’individuazione di (pochi, nell’ipotesi che immagino si realizzerebbe) percorsi studenteschi di eccellenza.

H) Per tutti gli studenti dovremmo comunque incentivare l’obiettivo che essi diano gli esami di profitto al più nella sessione di esami successiva a quella in cui hanno seguito il corso (o avrebbero potuto farlo).
Occorre infatti sradicare decisamente - sia detto tra parentesi - il fenomeno degli studenti fuori corso pressoché “a vita”, o comunque “lungodegenti”. Ci si potrebbe proporre al riguardo di individuare un percorso-tipo, pari agli anni di frequenza statutariamente previsti + n (due o tre, al più). Chi lo sforasse potrebbe vedersi penalizzato nel voto finale di laurea o nell’inasprimento delle tasse, a meno di non provare lui che impedimenti legittimi (personali o familiari) gli hanno impedito di tenere il passo. Per gli studenti lavoratori, o comunque per chi sceglie deliberatamente un percorso più rilassato, anche in conseguenza di eventi successivi all’iscrizione, dovrebbero comunque essere previsti corsi di recupero - magari nella fascia oraria più tarda della giornata - e una disciplina particolare di interventi di sostegno, oggetto di una sorta di contratto caso per caso, ma in base a ipotesi predeterminate, tra l’interessato e l’istituzione
Tornando al filo principale del discorso, avrei un’idea per favorire frequenza ed esami. Nulla in realtà di rivoluzionario; ricordo ad esempio che, già quando ero studente, quelli più bravi tra noi davano appunto nella prima sessione utile - quasi paradigmaticamente quella “romanistica” - un esame “importante” ed istituzionale e due “complementari” collegati.
Proporrei dunque “pacchetti” di esami, da sostenere in una sessione romanistica; una privatistica; una pubblicistica…ecc. In ciascuna di esse gli studenti darebbero tre o quattro esami tra loro collegati (coordinando i programmi tra i colleghi, che non dovrebbero rendere lo sforzo impossibile) e avrebbero un numero corrispondente o - se si vuol “spingere” la cosa - più che corrispondente di voti e crediti (insomma, avrebbero un bonus). Studiando bene accorpamenti di materie e programmi ed incentivi, si potrebbe provare. Per gli studenti, il guadagno sarebbe quello tipico di ogni full immersion - studiare più profili collegati che si sfaccettano in esami contigui implica uno sforzo che produce però alla fine maggiore chiarezza e un valore aggiunto rispetto alla pura somma delle singole unità didattiche - da sottolineare e premiare perciò con un guadagno più che proporzionale in crediti, rispetto a chi desse i singoli esami “spacchettati” e cioè uti singuli. Si avrebbe in sostanza, per gli studenti che scelgono il pacchetto, una somma di unità didattiche diverse, ma culturalmente omogenee, che recherebbe in se stessa un surplus. Vi sarebbe forse un po’ più di fatica, per loro, ma guadagnerebbero in ordine mentale e, ad ogni “colpo”, in numero di esami superati (tre/ quattro alla volta!). Alla fine risparmierebbero tempo. Ribadisco che occorrerebbe, alla riuscita del progetto, l’essenziale adesione non formale ad esso da parte dei colleghi, spirito di cooperazione tra loro, duttilità nel comporre il “treno” degli esami con “vagoni di programmi” omogenei: i ragazzi e le ragazze non possono certo stramazzare sotto troppi libri!.
I) Negli Stati Uniti, com’è noto, riviste di facoltà giuridiche prestigiose sono curate dai migliori studenti, che hanno al riguardo loro comitati di redazione. La competizione per divenirne (sulla base dei curricula) redattori o addirittura capi della redazione è elevata e non è raro che l’élite tecnica e politica del Paese sortisca da simili esperienze giovanili. Gli studi legali più prestigiosi o agenzie governative e imprese o ancora strutture no profit “pescano” infatti da tali riviste.
Potremmo pensare ad una rivista analoga diffusa attraverso Internet, il che fa risparmiare costi (anche se non li azzera del tutto, ma si potrebbe farsi sponsorizzare in questo da case editrici o librerie giuridiche, i cui testi noi adottiamo: in fin dei conti, ci devono qualcosa!) e amplia moltissimo la circolazione, così identificando e premiando i nostri migliori studenti in età di tesi o di dottorato, guidati da un comitato di docenti, ed offrendo loro una vetrina.

L) Un potente fattore di identificazione e di promozione dell’immagine della facoltà sarebbe la creazione di un’associazione di ex allievi, con una sede, riunioni periodiche, un bollettino telematico costantemente aggiornato.

M) Sono consapevole del rapporto di non perfetta identificazione e sovrapposizione tra facoltà e Scuola delle Professioni Legali, che peraltro non è oggi tale, nei fatti, davanti all’opinione pubblica cittadina.
Per quanto sta peraltro alla facoltà proporre, suggerirei che la didattica della seconda sia ancora meno tradizionale e teorica rispetto a quella impartita dalla facoltà stessa (e che, come ho scritto sopra, andrebbe essa stessa superata, quanto ad eccessi di dogmatismo), collocandovi molte più esercitazioni pratiche in aula e in tribunale, stages, ma anche corsi innovativi, del tipo Diritto e Letteratura (diffusissimo in U.S.A.: gli studenti sono perlopiù poco colti e scrivono male; per scrivere meglio ed essere più critici dovrebbero in primo luogo leggere di più), o Retorica e Processi argomentativi (formiamo magistrati e avvocati senza metterli a confronto con le grandi tradizioni oratorie e argomentative, il che mi sembra una sciocchezza), o Analisi delle procedure di bilancio (dobbiamo formare anche amministratori pubblici e privati migliori? Allora è necessario farlo. Nei concorsi a pubblico impiego, anche con una base di competenze giuridiche, è ormai peraltro diffusa la prova, scritta o solo orale, di scienza dell’amministrazione, o di gestione del personale). (…).
(pollastro)
00domenica 6 marzo 2011 15:54
Dal professor Prisco, che mi prega di postare

Ringrazio Yrtra per avere trovato e postato qui (non ci avevo pensato al copia-incolla, scusatemi...) l'appendice - alla quale facevo appunto riferimento nel mio ultimo post - ad una relazione che tenni nel 2008 a Roma, in un convegno sulla riorganizzazione dell'università. Essa contiene brani di un'e-mail inviata al preside De Giovanni, che - da pochissimo eletto - sollecitava a noi colleghi nuove idee. Valuteranno i lettori se le proposte allora fatte siano utili o no, quello che è certo (a proposito del mio riformismo o conservatorismo) è che le ho avanzate e le portai all'epoca anche in commissione didattica. Ho ricevuto ringraziamenti (nemmeno da tutti...) per lo sforzo, poi chi s'è visto s'è visto...
NiXeL101
00domenica 6 marzo 2011 16:43
Ho letto le proposte che il Prof. Prisco sollevò e, devo dire, concordo solo su alcune... concordo, soprattutto, sulla necessità di mettere qualcosa di concreto nella nostra facoltà... un esame scritto che faccia redigere un atto od una qualsiasi altra cosa di pratico, di concreto... una cosa che poi, un domani, dovremmo fare... evitando, cosi, di fornire, ogni anno, al mondo del lavoro, centinaia di ebeti che, con un atto in mano, non sanno neanche cosa fare e da dove iniziare a leggere... questo è, si, un grosso problema da risolvere...

Circa la questione fuori-corso, invece, sono in totale disaccordo... cominciassero i professori in primis a pubblicare le date d'esame con qualche mese di anticipo, in modo che gli studenti possano gestirsi meglio il tempo e non, come fanno ora (anche se un leggerissimo miglioramente s'è visto), solo un mese e mezzo prima...

Trovo altresì scorrettissima la proposta di una penalizzazione sul voto di laurea o di un inasprimento delle tasse per i "lungodegenti"... ci possono essere 6.000 motivi per i quali una persona va fuori corso e non devo certamente dimostrare alla mia università che ci sono motivi particolari che mi hanno portato a questo... si dimentica, spesso, che gli studenti PAGANO per un servizio, a volte, nettamente inesistente... che ne dice, professore, di mettere un controllo del genere anche nei confronti di alcuni suoi colleghi sempre assenti o che fanno un lavoro a dir poco pessimo? Ogni tot assenze, decurtazione dello stipendio...

Ritengo, inoltre, che un altro problema, da lei non sollevato ma molto importante, è quello della "disparità" delle cattedre... non mi riferisco alla "clemenza" o "cazzimma" della stessa, cosa insita nella natura delle persone ed in alcun modo evitabile, ma ai vari programmi d'esame... ci troviamo, per la stessa materia, a portare libri diversissimi... magari, io che sono lettera A, porto un libro chiarissimo di 200 pagine... lo sfortunato che ha la lettera P, invece, porta un libro ostico di 500 pagine con relativo allungamento dei tempi di preparazione dell'esame stesso... trovo questa cosa alquanto scorretta anche se mi rendo conto che una soluzione, vista la libertà didattica dei professori, è difficile, ma non impossibile, da trovare...

Saluti [SM=x43629]
Raffaele_23
00domenica 6 marzo 2011 17:14
Anche io concordo (in parte) con le proposte effettuate dal prof.Prisco, ma il fatto che esse non siano state messe a frutto testimonia ancora una volta come nella nostra Facoltà sia vivo e vegeto il tradizionale immobilismo. Un impulso di modifica alla didattica non può essere lasciato all'iniziativa dei singoli docenti, ferma restando la sacrosanta autonomia che caratterizza (o dovrebbe caratterizzare) l'università. Iniettare un po' di pragmatica nella nostra Università incontra sempre resistenze fortissime. Stiamo cercando di portare avanti la nostra petizione per riattivare esami penalistici (o, per meglio dire, dare anche ai ragazzi del nuovo ordinamento la possibilità di sostenerli), ma sembra anch'essa incontrare decisi ostacoli persino nell'inerzia dei miei colleghi. Concordo sulla proposta di rendere facoltativa, ma giustamente considerata, la tesi. Penalizzare i fuoricorso mi sembra una soluzione inutilmente deterrente, dovuta ad una mancata risposta alla radice del problema. A Giurisprudenza si iscrive spesso gente che non ha alternative, questo è ormai un vecchio adagio. Senza entrare nel merito di un'introduzione del numero chiuso (che io approvo), si potrebbe introdurre una decadenza dall'iscrizione se entro il primo anno accademico non si supera un tot di esami. Disincentiverebbe il fenomeno tanto "odiato" dei fuoricorso, che si potrebbe disinnescare anche introducendo sessioni di recupero esclusivamente per loro, o addirittura agire a monte, con corsi a frequenza obbligatoria. Piuttosto, non concordo sulla proposta didattica del prof.Prisco;mi sembra un po' farraginosa. Piuttosto io proporrei di reintrodurre per gli esami fondamentali (che spesso non sono più di due-tre all'anno) il corso annuale, senza estenderlo a tutti (è una vecchia ipocrisia ritenere di rispettare la dignità di ciascun insegnamento livellando). Uno studente del primo anno, così, seguirebbe fin dal primo semestre i corsi di Diritto privato e Diritto costituzionale, sostenendo gli esami in sessione estiva. Al secondo seguirebbe Economia politica e Diritto commerciale, al terzo Procedura civile e Diritto Penale e così via. Per gli altri esami si manterrebbe il corso semestrale. Il problema dei complementari troppo selettivamente orientati in determinate branche più volte è stato affrontato, proprio a proposito della petizione, di cui ben sapete. Inoltre, forse le nostre scuole non ci hanno insegnato a scrivere. Può ben essere, non ci sono dubbi. Ma perchè dall'alto della Commissione didattica non giunge la proposta di esami scritti, magari a sbarramento per l'orale, in modo da non avere, tra l'altro, sessioni d'esame che si trascinano per settimane intere?Perchè la possibilità di scrivere durante il corso deve essere un'eccezione fortunata (o sfortunata, dipende dai punti di vista) per alcuni che capitano con alcuni professori?Secondo me perchè i professori non hanno alcuna intenzione di correggere decine e decine di compiti. Sarà un cattivo pensiero, per carità, ma a pensar male si fa peccato, ma si indovina, è ben noto. Non diciamo che queste iniziative necessitano delle proposte degli studenti, perchè quando la Facoltà vuole fare qualcosa, lo fa spesso e volentieri senza gran rispetto per la volontà degli studenti.
Saluti
(pollastro)
00domenica 6 marzo 2011 17:36
dal professor Prisco, che mi prega di postare

Caro NiXel, grazie della lettura e del commento. E' inutile però scaldarsi, tanto sono proposte che nessuno ha veramente preso in considerazione. Comunque: il programma degli insegnamenti con più cattedre si può coordinare e mi risulta che lo si faccia (direttamente però non lo so, perché non ho doppioni); anche un maggior controllo sui professori potrebbe essere attuato (dovreste provvedere anche voi a segnalare scorrettezze, chiedendo magari uno sportello tipo cassetta per le lettere, per depositarvi segnalazioni anche non firmate...); a me le date degli esami le chiedono ormai a gennai dell'anno per tutto l'anno accademico e così ho stabilito il 18 del mese come data fissa di inizio (se non è sabato, domenica o altra festa),per favorire la programmazione degli studenti; però, a pensarci è ridicolo pretendere una programmazione a così lungo termine, o forse beneaugurante: nessuno di noi sa se dopo sei mesi (o anche meno) sarà ancora vivo o se non avrà preso l'infarto lui o una malattia uno in famiglia...; i fuori corso esistono infine solo in Italia. Non ho scritto che andrebbero penalizzati immotivatamente, ma che andrebbero penalizzati se restano tali senza giustificato motivo; si può anche avere anche una delusione d'amore o una crisi esistenziale e bloccarsi, ma questo sballa il sistema, se accade sui grandi numeri, perché l'università è costruita normalmente affinché si seguano corsi e si diano esami; se invece si è avuta una malattia, personale o in famiglia, o si vive una difficoltà economica, ad esempio, si sarebbe giustificati e allora si dovrebbe essere aiutati. In realtà, io penserei a "contratti" individuali degli studenti con l'università, flessibili in base alle circostanze: c'è chi ci vuole mettere più tempo per laurearsi, chi meno (ad esempio perché lavora), chi parte in un modo e poi deve adattarsi. Non si può trattare tutti alla stessa maniera, perché nell'università si è formalmente uguali, da studenti, ma sostanzialmente diversi per circostanze di partenza o successive e per obiettivi; domanda e offerta formativa dovrebbero quindi essere adeguate a circostanze diverse, venendo monotorats con attenzione ogni situazione. Le persone in condizioni socio-ecomiche deboli, ma meritevoli, dovrebbero in particolare essere aiutate con borse di studio, e/o servizi a basso costo (tipo preferenze in residenze studentesche,se esistessero...). Questa non è una mia invenzione, lo prescrive semplicemente la Costituzione! Personalmente mi fido molto del professor Trombetti, già nostro rettore e oggi assessore regionale all'università. Non ne faccio una questione politica, ma di sua grande competenza in materia. Dopodiché...in Germania un ministro si è pochi giorni fa dimesso per avere largamente copiato una tesi di dottorato, in Giappone un suo collega lo ha appena fatto per avere accettato una donazione di modestissimo valore economico - per sostegno politico - da una cittadina straniera (lì questo è vietato). Con il costume pubblico generale italiano voi le vedete possibile anche da noi queste prassi corrette? Non vi sarebbe in realtà bisogno di riforme, se fossimo diversi e all'inverso il dubbio è che ogni riforma (pur se buona sulla carta) possa venire qui affossata da cattive o del tutto mancanti - ovvero capziose - applicazioni.
(antomar)
00domenica 6 marzo 2011 17:41
Egr. prof. Prisco,
le sue opinioni e proposte sono condivisibili anche se come lui ben sa,o realisticamente prevede,rimarranno lettera morta:escamotage o brogli per tesi e/o esami sono sicuramente condannabili ma bisogna decontestualizzare il singolo episodio e il fenomeno per capire le radici profonde che hanno portato a tutto ciò.
"Abbiamo fatto l'Italia, ora facciamo gli italiani" si diceva,ma qualcosa nel meccanismo è andato male e ci ritroviamo quelli che siamo;credo Professore che noi giovani d'oggi non siamo altro che il prodotto che voi generazione precedente state lasciando all'Italia e lo dico senza rammarico ma con una nota dolente perchè,se ci sono stati errori,sono stati commessi prima da chi ci ha preceduti e poi commessi ancora di più da noi.La nostra classe dirigente,quella di cui fa parte e che ha contribuito a creare,ha dato questo risultato quindi
se la generazione attuale è il fallimento chi ci ha traghettato è il fallito.
Inutile nasconderci dietro ad un dito o,per dirla spudoratamente,un velo di ipocrisia;il sistema italiano non è passato,ma trapassato,abbiamo docenti la cui età media supera perfino quelle della mummie(mi permetta la battuta),non c'è ricambio generazionale con annesse idee ma cosa più importante Professore non c'è più lo spirito e la voglia di insegnare;quello che Lei fa,il suo modo di insegnare,interloquire,confrontarsi ecc ecc sono prodotto raro nella nostra università e Lei,come parte integrante del sistema,sa come funziona il tutto,gli """intrallazzi""",le vie preferenziali e "gli aiuti umanitari" [SM=x43831]
Allora se si devono giudicare gli studenti che usano escamotage,si giudichino il sistema universitario nel loro complesso e solo allora vedremo il marcio che c'è dietro le persone(naturalmente ho comparato come ha fatto lei precedentemente la situazione degli studenti con quella dei professori e assistenti;non nego che ci siano perle rare ma visto il suo atteggiamento del fare un'erba un fascio prendo esempio da Lei che,data la sua cultura e saggezza,mi insegna) e poi vedremo chi debba essere giudicato o addidato da semplici classificazioni.
La verità Professore è che è facile ergersi da grande riformatore dietro un computer o a congressi ma lei,nel concreto e nella realtà,cosa fa?(è una domanda,non un'accusa)e i suoi colleghi?Le chiedo Professor Prisco se lei,in tanti anni di onorata carriera,non è mai stato testimone di qualche episodio "ambiguo" che abbiano destato tanto disprezzo come quello dimostrato in questo caso;e se non lo è stato lo può chiedere anche ai suoi colleghi?
Perchè se non è cosi allora tutto ciò vuol dire che noi non siamo altro che i figli ingrati di un'Italia "modello mulino bianco" e Voi "genitori sfortunati".



Vi invito a vedere questo video che troverà sicuramente illuminante

www.youtube.com/watch?v=F6sWC1VmJkY
NiXeL101
00domenica 6 marzo 2011 17:51
Preciso, innanzitutto, che non mi sono minimamente scaldato anche perchè, eventuali modifiche del genere, vista la "velocità" con le quali vengono di solito adottate, non riguarderanno di certo la mia carriera universitaria... [SM=x43668]

Mi rendo perfettamente conto, quindi, che si tratta di un mero discorso fatto tra "amici" che non avrà alcuna ricaduta pratica... e poi, su internet, è difficile percepire i toni...

Fatta questa piccola premessa, devo dire che lei è uno dei pochi (posso citare, in tal senso, anche il prof. Guizzi, o Pinto e pochi altri) che ha questa apertura nei confronti degli studenti nel comunicare le date... moltissimi altri suoi colleghi, invece, mettono date, da un mese all'altro, con una distanza di 10 giorni... ad esempio, un appello il 20 Febbraio, l'altro il 02 Marzo... questo, a conti fatti, vuol dire perdere un appello, altrochè... [SM=x43606]

Inoltre... la semestralizzazione delle date, personalmente, potrebbe servirmi molto... e non è una cosa che dico solo io... ammettendo pure che "stamm sott o ciel", quindi oggi ci siamo e domani no, vorrei anche sottolineare che, a 23 anni, è molto poco probabile che ciò accada (SGRAT SGRAT) [SM=x43668]... poi... potrebbe accadere a me, ad un altro ed un altro ancora, ma ci saranno altri 1500 che stanno una bellezza e gradirebbero non dover fare le corse od improvvisare una organizzazione degli esami (magari pezzi grossi come le procedure o commerciale) in 50 giorni... anche perchè, a voi professori, non penso costi alcunchè...

Sono d'accordo con gli ausilii ai meritevoli in non buone condizioni economiche, ma ripeto che trovo poco giusta la questione dei fuori corso... anche perchè, qui nella nostra realtà, ci vogliono 20 secondi, non di più, ad ottenere un falso certificato medico che dice che per 2 mesi sono stato a letto, impossibilitato... una situazione del genere non farebbe altro che farvi avallare cose illegali, un po' come ha detto lei stesso per la questione delle tesi... insomma, "fatta la legge, trovato l'inganno"... per questo ritengo sia più corretto dare maggiori possibilità di organizzazione agli studenti... magari un appello apposito per i fuori corso... date migliori (il che vuol dire semplicemente rispettare l'intervallo di 30 giorni tra una data e l'altra)... tenere presente l'esistenza dell'appello di Dicembre... rendere noto, attraverso circolare magari, a moltissimi suoi colleghi, che i mesi di Luglio e Marzo arrivano oltre il 15° giorno... spesso, infatti, sono situazione del genere che "spezzano" i passi e fanno perdere degli appelli agli studenti che, di conseguenza, allungano la loro militanza alla Federico II...

Il tutto, ripeto, glielo dico come se stessimo parlando in un bar, da amici... senza alcuna cattiveria nè rabbia... [SM=x43813]

Saluti [SM=x43629]
trixam
00domenica 6 marzo 2011 18:35
Caro professore, si può essere consevatori alla De maistre o alla Burke, oppure alla Fuoché. Io credo che lei non appartenga a nessuna delle due categorie e il mio etichettarla così era una provocazione. Diceva Tony Blair che i più grandi conservatori del mondo sono i progressisti che non vedono la realtà dei problemi che vorrebbero risolvere.
Quando lei a volte ha preso le difese, anche acriticamente, di certi suoi colleghi che si contraddistinguono per la faccia di bronzo, si comportava da conservatore.
Così come quando ha difeso, anche lì un po' acriticamente, la proposta di riforma forense che è un atto autoritario ed illiberale, tipico della degenerazione dello stato legislativo dominato dalle lobbies.
Come sono dei conservatori, temo della peggior specie, gli studenti quando mettono in atto i comportamenti che lei ha giustamente evidenziato.
Da entrambe le parti delle barricate ci sono dei torti e quindi torniamo sempre alla questione di Lenin: “che fare”?

Io in linea di principio condivido le sue proposte, anche se alcune le giudico un po' furbe.
Per esempio quello del sistema delle borse di studio e della penalizzazione dei fuori corso lo trovo ovvio.
Naturalmente agli studenti istintivamente non piace, perchè non riflettono sul fatto che in un sistema come il nostro dove la quasi totalità del finanziamento è carico della fiscalità generale, denaro dei contribuenti lo chiamano in altri paesi, tasca di pantalone lo chiamiamo in Italia, i fuoricorso oltre ad essere un danno per sé stessi, distruggono risorse che spetterebbero agli studenti che vengono dopo e che avranno ancora meno opportunità, alla faccia dei doveri di solidarietà dell'art 2 della cost.
Ma per fare questo ci vorrebbe un cambiamento della nostra politica universitaria.
Noi abbiamo un modello pubblico e atomistico, ci sono sedi universitarie anche sulle cime dei monti vicino alla baita del nonno di Heidi.
In accordo alla concezione italiana che scuola e università sono pensate più per chi deve lavorarci, con il seguito di clientele, che per chi deve studiarci.
Lo stato dovrebbe smettere di finanziarie le università a casaccio e finanziare invece gli studenti. Così si potrebbero introdurre rette elevate per permettere alle università di essere adeguatamente finanziate. Rette che i più ricchi pagherebbero, mentre i meno abbienti, ma meritevoli, avrebbero borse di studio assegnate in base al merito. Un sistema che troverei molto più adeguato alla costituzione.
L'istituo Bruno leoni ha fatto uno studio in merito sulla sostenibilità di un sistema di questo tipo, che produrrebbe molta più equità e aumenterebbe la propensione delle università ad offrire servizi di qualità.
Il modello attuale dell'università sotto casa è disgregante, scoraggia la mobilità studentesca, tranne di chi è ricco naturalmente e può scegliere davvero, e fossilizza la parte giovane della popolazione impedendole di formare una reale comunità con un pensiero indipendente e una sua identità politica e sociale.
Ma questo è un discorso sui massimi sistemi, che resterà lettera morta temo.
Anche perchè quando qualcuno prova a cambiare qualcosa le folle coreane scendono in piazza a difendere "la scuola e l'università di tutti(chi?)".

Per quanto riguarda la singola facoltà, io condivido alcune proposte, soprattutto quella su una rivista on line per gli studenti.
Ne aggiungo una, si potrebbe importare dagli stati uniti l'idea del bar camp.
In Italia lo ha fatto la Luiss e ha ottenuto un notevole successo. Mi sembra uno strumento notevole per aumentare la partecipazione e la circolazione delle idee.

In generale credo però che bisognerebbe spezzare quella sorta di patto occulto che regge la facoltà per cui al 95% degli studenti interessa prendere l'esame non importa come e al 95% dei professori interessa assecondare questa tendenza.
Anche se in definitiva non credo che questo sia possibile davvero.

Una cosa che però potrebbe essere fatta è quella di dare maggiore libertà formativa. Mi sembra inaccettabile che solo 3 esami siano a scelta, spesso poi con scelte tra una gamma di materie "varie ed eventuali". Io credo che resi obbligatori i fondamentali, si dovrebbe permettere allo studente, magari con l'aiuto di tutor, di indirizzare il proprio percorso per sviluppare le competenze che più gli sono congeniali in modo che dalla facoltà possano uscire sia persone che vogliono fare l'avvocato civilista, sia quelle che vogliono fare gli amministratori o lavorare in borsa.
.pisicchio.
00domenica 6 marzo 2011 19:14
Forse gli studenti dovrebbero iniziare a migliorare il sistema dall'interno, per quanto possibile.

Come?

Per esempio valutando criticamente i propro docenti. Andando a vedere il loro cv su internet e giudicandoli negativamente non perchè danno voti bassi ma perchè, per esempio, non hanno pubblicato nulla di significativo, non hanno alcuna esperienza di studio all'estero oppure perchè le loro lezioni aggiungono poco al testo etc.

Lo studente che si priva del piacere di scrivere la tesi appaltandola ad uno squattrinato è da stigmatizzare prima di tutto perchè non ha la passione e l'interesse che ci si attenderebbe da una persona che trascorre cinque anni della propria vita sui libri di diritto.

Concordo con buona parte delle cose scritte da Trixam. Qualche anno fa ero alle prese con la mia tesi di laurea. L'argomento l'avevo scelto io, impegnandomi a reperire la bibliografia. Per avere quante più indicazioni possibile scrissi ad alcuni studiosi che si erano occupati dell'argomento. Mi colpì la risposta di uno di loro, il prof. Zeno Zencovich, il quale mi fornì prontamente tutte le indicazioni che gli avevo chiesto in una mail molto dettagliata.

Alla mia risposta, nella quale esprimevo sorpresa per la sua inusuale disponibilità (non ero un suo studente nè frequentavo il suo ateneo), replicò con queste parole:

è molto semplice: basta pensare che l'università è
un servizio pubblico e che non è stata costruita per i
professori ma perchè gli studenti imparino (così
come le ferrovie non sono fatte per i ferrovieri e gli
ospedali per i medici e gli infermieri)...





--letizia22--
00domenica 6 marzo 2011 20:15
Re:
.pisicchio., 06/03/2011 19.14:

Forse gli studenti dovrebbero iniziare a migliorare il sistema dall'interno, per quanto possibile.

Come?

Per esempio valutando criticamente i propro docenti. Andando a vedere il loro cv su internet e giudicandoli negativamente non perchè danno voti bassi ma perchè, per esempio, non hanno pubblicato nulla di significativo, non hanno alcuna esperienza di studio all'estero oppure perchè le loro lezioni aggiungono poco al testo etc.Lo studente che si priva del piacere di scrivere la tesi appaltandola ad uno squattrinato è da stigmatizzare prima di tutto perchè non ha la passione e l'interesse che ci si attenderebbe da una persona che trascorre cinque anni della propria vita sui libri di diritto.

Concordo con buona parte delle cose scritte da Trixam. Qualche anno fa ero alle prese con la mia tesi di laurea. L'argomento l'avevo scelto io, impegnandomi a reperire la bibliografia. Per avere quante più indicazioni possibile scrissi ad alcuni studiosi che si erano occupati dell'argomento. Mi colpì la risposta di uno di loro, il prof. Zeno Zencovich, il quale mi fornì prontamente tutte le indicazioni che gli avevo chiesto in una mail molto dettagliata.

Alla mia risposta, nella quale esprimevo sorpresa per la sua inusuale disponibilità (non ero un suo studente nè frequentavo il suo ateneo), replicò con queste parole:

è molto semplice: basta pensare che l'università è
un servizio pubblico e che non è stata costruita per i
professori ma perchè gli studenti imparino (così
come le ferrovie non sono fatte per i ferrovieri e gli
ospedali per i medici e gli infermieri)...









come si potrebbe tradurre tutto questo in termini di un'azione concreta?
molto bella quella risposta,ed e' la vera chiave di tutto il discorso.
E'vero che gli studenti devono impegnarsi anche loro per migliorare l'universita',ma limitarsi a dire questo e' come chiedere ai soli cittadini di sconfiggere la camorra mediante denunce.
(pollastro)
00domenica 6 marzo 2011 20:37
Dal professor Prisco, che mi prega di postare

Cari ragazzi, qui si sta sviluppando un dibattito importante, altro che discussioni artificiali... Trixam dice cose molto condivisibili e così pure chi - Pisicchio, mi pare - invita alla valutazione dei professori (già lo si fa, ma non sui curricula vitae). Questo è un momento in cui l'università conosce un ennesimo processo di riforma, come sapete. Trovare il modo di avanzare proposte è utile a tutti e tenete presente che il preside De Giovanni è aperto al nuovo, quando il nuovo è serio. Perché non organizzate un'assemblea studentesca dopo un'ottima istruttoria sulle diverse questioni, con proposte specifiche finali? Se mi invitate, ci vengo (e ascolto: devono essere le vostre proposte, non le mie, io ho altre sedi e occasioni per esprimerle).
Un'ultuma osservazione: Vincenzo Zeno Zencovich è bravo e persona cortese, ma - non per dire - anche io rispondo a chiunque mi interpelli su questioni di mia competenza, mica solo ai miei studenti o a quelli della facoltà. Diamine, si tratta di elementare cortesia e di ben intendere il proprio ruolo. Buona serata e grazie davvero di questa discussione
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