Re:
giusperito, 05/06/2012 12.18:
Paperino!, 04/06/2012 14.58:
Considerato quanto costano certe malattie alla sanità pubblica, credo che la risposta alla tua domanda sia: "si".
Ovviamente, predisponendo leggi equilibrate e saggie.
Vietare a oltranza non serve, basta che si pongano dei limiti. calcolati sulla base di valutazioni scientifiche, alla composizione calorica degli alimenti.
Dev'essere un problema dei produttori, più che dei cittadini.
Il problema, imho, è chi decide quali siano i parametri di equilibrato e saggio. Solitamente l'introduzione di divieti alle scelte di vita è un terreno estremamente pericoloso soprattutto quando si introducono fattori particolari come Bene, Salute, Morale.
Inoltre bisogna capire quale diritto ci sia a limitare le scelte altrui. In pratica ognuno di noi può raggiungere la propria soddisfazione come crede. Si può ingrassare perché è il modo per essere felici. Chi ha deciso che magro è bello e felice? In quest'ottica si può solo provare a persuadere circa gli effetti nefasti alla salute, ma in fin dei conti ognuno è libero di morire ma felice. Il problema poi non sarebbe solo il peso, ma anche altri stili di vita ben più pericolosi o comunque dannosi. Immagino il libertinaggio, il fumo, l'assenza di un'igiene valida, etc...
Insomma siamo sempre esposti a malattie, ma fortunatamente siamo padroni anche di non curarci.
Il limite sarebbe rappresentato dal costo economico. In realtà credo sia un problema comunque secondario rispetto alla libertà di autodeterminazione. Se le tasse non servono nemmeno a garantirci la libertà di fare ciò che vogliamo, allora a cosa possono mai servire?
In ogni caso tante scelte quotidiane possono provocare costi elevati. Tuttavia chi mai potrebbe vietarle? Anche far nascere un bambino invalido produce un costo economico.
C'è un'incidenza elevata in termini di costi in tantissime condotte anche banali come guidare o fare torte o avere animali.
Se dovessimo poi ridurre tutto ad un mero calcolo economico, dovremmo calcolare il valore della libertà e poi, in termini di rigido parallelismo, il costo economico del divieto e dei controlli necessari per farlo rispettare.
Infine dovremmo trovare un sistema per evitare condotte elusive. Per esempio vietare il bicchiere da mezzo litro non risolve il problema perché il consumatore può acquistare due lattine. Qualsiasi stratagemma può essere fregato e quindi è inutile.
Oh my God.
Tu e Trixam partite da un presupposto che, però, è buono solo per il mondo delle fatine.
Ossia che lo stato di partenza dei cittadini sia di assoluta "scelta" e libertà, ed etichettare certe bibite ipercaloriche (espellendole di fatto dal mercato "normale") sia una limitazione di tale libertà.
Domanda provocatoria: ma li conoscete i mercati, o parlate solo per partito preso?
Io dubito fortemente che il cittadino viva un mondo in cui "sceglie"
esattamente come vivere, sceglie il contenuto di grassi saturi che deve contenere il suo cibo, o la quantità di ormoni con cui deve essere pompata la carne che arriva sulla sua tavola.
Non sceglie la quantità di anidride carbonica nell'aria che respira, né la quantità di amianto che si ritrova sotto il culo quando acquista un appartamento in alcune zone del napoletano e di chissà quanti altri posti al mondo.
Quest'idea che la gente scelga, e che cambiare una x regola in funzione di parametri di SALUTE significhi non farlo scegliere e trattarlo da minorato, è un'idea che va bene per studiosi da salotto, ma è fuori della realtà empirica.
Quando si parla di temi come cibo, ambiente etc etc (non di morale, che c'entra qui?
) il cittadino medio non sceglie un beneamato cippo.
Stabilire che nel cioccolato, per esser definito tale, deve esser presente di nuovo, come era prima, meno burro e più cacao, è una scelta che farebbe onore a qualsiasi Paese che tenga alla qualità del cibo dei suoi cittadini.
Analogamente, stabilire che una bibita gassata non superi una certa soglia di contenuto calorico, è una scelta che può esser rimessa alle autorità, per il semplice fatto che anche il predisporre dei contenuti diversi ed ipercalorici,
è una scelta che viaggia al di sopra delle teste dei comuni cittadini.
Nessuno qui dice che si deve inziare una stagione di proibizionismo. Ognuno potrà mangiare quel che gli pare,
ma se ai produttori si dice quali siano le caratteristiche minime che i loro prodotti devono rispettare per non creare delle x patologie nella popolazione (obesità, diabete etc etc)
questo non è un attentato al principio di libertà.
Va bene produrre cibi ipercalorici, purché siano etichettati come tali, e messi in un mercato parallelo, di modo da costringere le grandi case produttrici, che viaggiano sul principale e contano sugli acquisti ignavi ed oziosi della gente, ad allinearsi su quei parametri di massima.
Il singolo e felice obeso delle vostre teorie, o fantasie che dir si voglia, potrà sempre trovare i prodotti che preferisce,
scegliendoli con più cura di quanta dovrà applicarne il cittadino ignaro che NON SCEGLIE AFFATTO.
Nella non scelta, dev'essere implicito il rispetto di canoni normali e scientifici di salubrità degli alimenti, che ai produttori devono essere imposti per non far etichettare il loro prodotto come "ipercalorico".
Non si dovrebbe consentire che alimenti per obesi siano mimetizzati nel mercato e veicolati, tramite la pubblicità, ad un uso comune dei cittadini ignari e distratti.
P.s. il concetto di libertà, portato alle estreme conseguenze e sbandierato come unico valore possibile, il supremo, può condurre alle più micidiali conseguenze. Non è un caso che adesso vi abbia condotto alla barzelletta dell'obeso felice. Perché è un valore che, se slegato dagli altri, può riempirsi di qualsiasi contenuto.
Non fu "libertà" anche la politica estera del III Reich?