Rischio «effetto-domino» nel PdL

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Etrusco
00mercoledì 5 maggio 2010 11:32

Il Cavaliere teme un «effetto-domino»
In Transatlantico voci di ulteriori sviluppi dell’inchiesta
Berlusconi avrebbe preferito che Scajola restasse al suo posto


ROMA — È «l’effetto domino» a preoccuparlo, il rischio che Scajola sia la tessera con la quale è stato innescato il meccanismo, e che dopo di lui altre teste di esponenti del governo e della maggioranza possano ancora cadere nel cesto mediatico-giudiziario. Ecco cosa teme Berlusconi, convinto che la manovra abbia subìto un’accelerazione per effetto del ddl sulle intercettazioni, che cioè la prossima approvazione del provvedimento abbia indotto quei pezzi di «magistratura politicizzata» a rendere noti atti riservati delle inchieste che in futuro non sarebbe più possibile pubblicare.

Il premier intravede in questa fuga di notizie una precisa strategia, dato che «si riferiscono solo a rappresentanti di centrodestra», quasi a prefigurare chissà quali omissis verso politici dell’altro schieramento. Sarà. In questo clima ieri in Transatlantico un pissi-pissi continuo e nervoso ha accompagnato le voci su clamorosi sviluppi dell’inchiesta di Perugia sul G8, che nei mesi scorsi aveva lambito persino il sancta sanctorum di Palazzo Chigi.

Berlusconi avrebbe preferito che Scajola restasse ancora al suo posto, almeno per un po’ di tempo, con l’obiettivo di veder allentata la tensione. È vero, nei giorni scorsi non aveva riservato al ministro la stessa, calorosa solidarietà offerta in passato ad altri rappresentanti dell’esecutivo e del suo partito, colpiti da iniziative della magistratura. In quelle occasioni aveva aperto i Consigli con appassionate difese. Non è andata così venerdì scorso, e tutti l’hanno colto.

C’era un misto di irritazione e di stupore nel premier, per via di certe «leggerezze» che Scajola avrebbe commesso in alcuni passaggi.
Ma per una questione di realpolitik avrebbe voluto temporeggiare.
Impossibile. «La situazione sta precipitando»
, aveva confidato l’altra sera Gianni Letta ad alcuni suoi interlocutori per giustificarsi di un cambio d’agenda negli appuntamenti. Scajola ha rassegnato il mandato e la sua sostituzione è solo l’ultimo dei problemi per il Cavaliere, sebbene il dicastero dello Sviluppo economico sia strategico agli occhi di Berlusconi, perché di lì passano questioni di interesse nazionale, a partire dagli accordi sul gas e sul nucleare con la Russia.

Il punto è che — accogliendo le sue dimissioni — ha di fatto aperto la strada a un clamoroso precedente, fissando il principio che un ministro passi la mano in assenza di una responsabilità giudiziaria certificata

almeno da un avviso di garanzia. Formalmente infatti Scajola non è indagato, anche se la sua difesa è parsa subito debole e la sua posizione assai compromessa. Ma se davvero il caso farà scuola e costituirà un precedente,
ecco spiegati i turbamenti di Berlusconi, i suoi timori rispetto al rischio di un «Effetto Domino».

E passi il contraccolpo d’immagine, semmai il premier fosse capace di soprassedere a riguardo.
Il problema è che il caso Scajola:
toglie al Cavaliere un uomo sul quale aveva fatto e faceva affidamento per rilanciare il Pdl,
indebolisce la politica sulla giustizia,
ed esplode in un momento di debolezza di Berlusconi, alla guida di un esecutivo che — a un mese dalla vittoria delle Regionali — appare immobile, non ancora in grado di spiegare quale sarà la road map per i prossimi tre anni di legislatura.

Lo stallo è conseguenza dello scontro con Fini
, che oggi a Sky Tg24 lancerà una nuova bordata verso il Cavaliere, guarda caso sottolineando la «necessità di un rilancio nell’azione di governo».

Certo, a forza di esternare il presidente della Camera sta logorando la sua immagine di carica istituzionale, accusa che Berlusconi non smette di rivolgergli: «Mi fa rimpiangere Casini».
Ma in questa fase l’ex leader di An ha buon gioco, dato che il binomio Tremonti-Lega può vantare una posizione di forza, e dunque gli è facile incunearsi nelle contraddizioni di un partito, il Pdl, che ha «smarrito il suo profilo di forza nazionale» e che «è afono sulla questione meridionale ».

Più passa il tempo, più il Cavaliere alimenta dentro di sé il sospetto che la contemporaneità tra l’offensiva politica di Fini e la nuova offensiva giudiziaria non sia soltanto una semplice coincidenza.
A irritarlo ulteriormente ieri è stata la notizia che l’inquilino di Montecitorio ha inviato una lettera alla commissione Affari costituzionali della Camera per accelerare l’esame del provvedimento sulla cittadinanza, causa di attriti nel Pdl e con la Lega.

E tanto sulla cittadinanza, quanto sulle intercettazioni, alcuni voti in Parlamento sono a scrutinio segreto...[SM=g51505]

La questione dei rapporti tra «cofondatori» resta dunque lo snodo decisivo.
Il chiarimento è inevitabile, in un senso o nell’altro, «o guerra o pace», per dirla con il capogruppo Cicchitto, che l’altro ieri ha incontrato Fini.

E Fini da questo punto di vista è stato chiaro, attende che sia Berlusconi a fare la prima mossa, si aspetta che sia lui a chiamarlo.
Fuori i secondi, la stagione degli intermediari e degli sherpa è terminata: «Ci si parla tra capi».
E da «capo » intende proporsi al tavolo della trattativa, semmai ci sarà.
Non accetta l’idea di passare per un guastatore,
a meno che il Cavaliere non decida per la guerra totale.

Fonte: Francesco Verderami per il Corriere della Sera - 05 maggio 2010
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 06:47.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com