Non chiedetevi ciò che il vostro paese può fare per voi, ma quello che voi potete fare per il vostro paese

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trixam
00giovedì 20 gennaio 2011 21:40
20 gennaio 1961: JFK alla casa bianca
Il 20 gennario 1961, giusto mezzo secolo fa, John Frietzgerald Kennedy prestava giuramento come trentacinquesimo presidente degli Stati Uniti d'America.
Quel giorno, che a buon diritto si può definire storico, ancora oggi suscita emozione negli americani che lo vissero ]ma anche in quelli che lo hanno solo sentito raccontare. L'elezione di Kennedy, avvenuta il 4 novembre 1960 al termine di una combattutissima campagna elettorale contro Dick Nixon che si concluse con una risicatissima vittoria al fotofinish per 118.731 voti, fu una svolta per gli stati uniti che ancora oggi, depurata dalla retorica, può essere a buon diritto definita epocale.
Kennedy era il presidente dei primati: il più giovane, il primo presidente eletto nato nel ventesimo secolo, il primo presidente nato da una famiglia che non faceva parte della prima generazione di americani, ma soprattutto il primo presidente cattolico.
Oggi può sembrare surreale, ma la campagna del 1960 aveva avuto come tema centrale la religione di Kennedy e l'atavico isterismo della società americana di vedere tramite un cattolico alla massima carica dello stato la sottomissione al papa di Roma.
Mai un cattolico sarebbe diventato presidente, era la legge non scritta della democrazia americana. Ci aveva già provato nel 1928 C. S. Smith, un ottimo politico che aveva governato magnificamente lo stato di New York, ed era stato travolto dal voto di protesta che portò alla vittoria di Hoover, che era meno bravo, ma non era cattolico.
Per Kennedy il cattolicesimo fu un rivale più insidioso di Nixon che in quella campagna si comportò tutto sommato con un certo fair play, visti i suoi standard. kannedy aveva tutto per diventare presidente. Fisico da pugile medio massimo, faccia da play boy, era affascinante, brillante, carismatico.
Veniva da una famiglia ricca e potente, tanto che suo padre Joe probabilmente all'epoca era l'uomo più ricco d'america.
I Kennedy era arrivati negli USA dall'Irlanda alla fine degli anni trenta dell'ottocento sull'onda della grande carestia. Stabiliti a Boston, si erano sempre dimostrate persone intraprendenti fino all'azzardo, impegnati in politica nel partito democratico. Dopo sette generazioni e molte ricchezze accumulate sentivano che era venuto il tempo del grande salto, conquistare il mondo che equivaleva a conquistare la casa bianca. Il prescelto in origine non era John,
ma suo fratello maggiore Joe che a soli 24 anni era già un pezzo grosso del partito democratico, ma joe morì durante una missione di bombardamento durante la seconda guerra mondiale e John ereditò le sue ambizioni politiche. Decorato al merito per il suo servizio in Marina durante le guerra, John entrò alla camera dei rappresentanti nel 1946 come deputato dell'undicesimo distretto del Massachussets, un collegio prevalentemente operaio che si affidava a lui che candidamente ammettava che della grande depressione del 1929 aveva avuto notizie per la prima volta quando ne aveva letto sui libri di ecnomia ad harvard durante i corsi di John Kenneth Galbraith.
La grande occasione però arrivò nel 1952 quando John si candidò al Senato sfidando il potente senatore in Carica, Henry Cabot Lodge Jr, anche egli proveniente da una potente famiglia politica e in carica da tre mandati.
I Kennedy misero in campo una campagna elettorale sfolgorante durante la quale si stima che spesero fino ad un milione di dollari dell'epoca(una cifra enorme) per mobilitare capillarmente l'elettorato democratico. Divennero famosi i Kennedy tea durante i quali le donne della famiglia Kennedy, a cominciare dalla matrona Ethel, intrattenevano le signore con riflessioni sulla politica estera o economica, tra un the e un pasticcino.
In quella campagna elettorale per la prima volta venne alla luce il talento organizzativo del fratello minore, Robert, detto Bob, che sarebbe diventato l'ombra di John accompagnandolo per tutta la carriera fino alla tragedia che avrebbe posto fine alle vite di entrambi.
Kennedy vinse e divenne una star politica nazionale. La sua notorietà aumentò dopo il matrimonio con Jacqueline Bouvier, donna dal fascino misterioso e fatale che avrebbe stregato una generazione di americani. Probabilmente i due si amarono davvero, ma la loro fu una storia di sofferenza, sopratutto per lei a cause delle continue storie parallele che Kennedy intratteneva per soddisfare il suo famelico appetito sessuale.
Come legislatore Kennedy ebbe un curriculum piuttosto modesto, in otto anni fece approvare una solo legge con il suo nome e non era nemmeno troppo importante, in compenso commise però un errore clamoroso quando, unico tra i senatori democratici, non votò la mozione di censura contro Joseph Mc Carty, il terribile inquisitore della caccia alle streghe contro i comunisti. Kennedy aveva paura di inimicarsi l'elettorato cattolico che sosteneva fortemente Mc Carty, ma quell'errore pesò a lungo sulla sua carriera e credibilità.
La popolarità di Kennedy tuttavia cresceva in maniera inversamente proporzionale ai suoi successi legislativi, nel 1960 era ormai chiaro che era il principale aspirante alla nomination democratica. Il suo rivale più pericoloso era Lyndon Johnson, capo della maggioranza democratica al senato, texano dal cappello a tesa larga, vecchia volpe della politica. Johnson commise l'errore di non presentarsi alle primarie che allora non erano obbligatorie, kennedy invece si sottopose alla prove e vinse dappertutto, anche in stati a maggioranza protestante.
Alla convention democratica di Los Angeles la sfida fra i due rivali fu durissima, ma Kennedy la spuntò per un soffio di voti al primo scrutinio,Ebbe l'intelligenza politica di accettare Johnson come candidato vicepresidente e poi tenne il discorso di accettazione, probabilmente uno dei più famosi del novecento, in cui pronunciò per la prima volta il famoso slogan della Nuova Frontiera. " Ci troviamo oggi alle soglie di una nuova frontiera, la frontiera

degli anni sessanta. Non è una frontiera che assicuri promesse, ma soltanto sfide, ricca di sconosciute occasioni, ma anche di pericoli, di incompiute speranze e di minacce". Quelle due parole diventarono il simbolo di una nuova speranza: una nuova generazione di leader americani si affacciavano alle sfide del nuovo secolo.
La campagna elettorale fu una delle più dure ed entusiasmanti della storia recente. Kennedy seppe affrontare con grande abilità il problema della religione.

In un primo tempo se ne disinteressò concentrandosi su temi come l'economia, l'istruzione, il gap missilisitico con l'unione sovietica, guadagnandosi così la l'aura di persona capace di capire i problemi. Quando i repubblicani ebbero estremizzato la questione fin quasi all'isteria, per eccitare gli animi dell'elettorato della destra religiosa più estrema, Kennedy affrontò di netto la questione in un famoso incontro con duecentocinquanta pastori protestanti, in larga parte repubblicani.
Un terreno minato, che Kennedy affrontò con un discorso ispirato in parte all'idealismo americano e al pragmatismo del buon senso.
"Se voi intendete dire che 40 milioni di americani hanno perso il diritto di servire il loro paese nel momento in cui sono stati battezzati, io vi dico che voi state negando l'America...nessuno ha chiesto a mio fratello se era cattolico prima di salire sull'aereo che lo avrebbe portato alla morte per il suo paese", disse in uno dei passaggi più convincenti. I pastori in larga parte lo applaudirono, ma cosa più importante, agli occhi dell'opinione pubblica Kennedy passò per una persona di buon senso, un moderato affidabile.
Quella campagna elettorale inaugurò una nuova forma di comunicazione politica con il primo confronto televisivo tra i candidati avvenuto negli studi della CBS, passato alla leggenda. Kennedy e Nixon si sfidarono con durezza ma senza colpi bassi, finendo in un pareggio. Per i telespettatori il più convincente era stato kennedy, anche grazie alla tragicomica espressione di Dick Nixon che aveva rifiutato di truccarsi e aveva finito la trasmissione con una espressione cadaverica. Per i radioascoltatori tuttavia Nixon era stato più convicente.
Si arrivò così al 4 Novembre, uno di quei giorni in cui la democrazia americana celebra sé stessa con un rito pagano che non può non affascinarla chi lo guarda dall'esterno. Kennedy rimase stupito della sua vittoria risicata, si aspettava di vincere con almeno il 52% dei voti, invece per la prima volta dal 1912 si trovava ad essere un presidente di minoranza con il 49.8% dei voti.
Alla fine il dato religioso aveva pesato: solo il 46% dei protestanti votò per Kennedy.
Le minoranze, cattolici, ebrei, latini, donne e neri, votarono in massa per Kennedy e questo è un elemento da sottolineare, perché è la vera forza di quel giorno, il motivo per cui in America cambiò qualcosa. Per la prima volta le minoranze, che spesso erano composte da persone che avevano la cittadinanza americana da lungo tempo ma si sentivano comunque in qualche modo estranei, vedevano uno di loro arrivare in cima al sistema, nello studio ovale che era stato sempre appannagio dei wasp.
Kennedy gestì con buon senso la transizione, nominando un governo in cui erano presenti anche membri vicini ai repubblicani e il 20 gennaio del 1961 giurò succedendo ad Eisenhower. Il suo discorso inaugurale, fu probabilmente la più bella orazione politica del secolo.
"Oggi non siamo qui per celebrare la vittoria di un partito su un altro". Esordì.
Poi la filosofia di fondo "Difenderemo la libertà ovunque essa sia minacciata". Aprì all'unione sovietica "non negozieremo per paura, ma non abbiamo paura di negoziare", poi pronunciò una frase che è forse il passaggio più noto: "ai giovani di questo paese dico: non chiedetevi ciò che il vostro paese può fare per voi, ma quello che voi potete fare per il vostro paese". Un appello che avrebbe segnato una generazione, nel bene e nel male.
La storia di John Kennedy è rimasta inconclusa. Tre anni dopo a Dallas il presidente fu ucciso da Lee Harvey Oswald durante una visita elettorale, episodio su cui poi sono state scritte centinaia di libri e girati film con le trame complottistiche più varie e fantasiose.

Che cosa rimane oggi del Kennedysmo?
Una eredità complessa su cui gli storici controvertono. Nella realtà la presidenza Kennedy fu molto meno rivoluzionaria di quello che si pensi.
Sul tema centrale in quegli anni dei diritti civili per i neri Kennedy si rifiutò sempre di appoggiare esplicitamente un Civil Right Act che sancisse una volta per tutte la fine di ogni segregazione, preferendo invece adottore misure più contenute e mirate come gli ordini esecutivi che permisero ai neri di accedere all'edilizia popolare e agli incarichi governativi. Una politica dei piccoli passi che esasperò Martin Luther King il quale in un discorso del 1963
disse: "i politici moderati sono i peggiori, perchè sono quelli che pensano di avere il diritto di stabilire quando un altro uomo deve essere libero".
Pur senza nominarlo, il riferimento al presidente era chiaro.
In economia Kennedy fu un keynesiano riluttante. Avendo studiato ad Harvard ammirava i liberal e ne convidivideva anche le aspirazioni intellettuali, ma di pancia era un conservatore fiscale attento al pareggio di Bilancio.
Intervenne nelle lotte tra operai e industriali dell'acciaio schierandosi contro gli industriali, ma varò anche un piano di tagli fiscali che per l'epoca fu uno scossone politico notevole e che, ironia della storia, vide i repubblicani opporsi in nome della stabilità del bilancio.
In politica estera Kennedy continuò la dottrina del contenimento del comunismo inaugurata da Truman, intervenne nel sud est asiatico e cominciò la tragica avventura del Vietnam dove una generazione di giovani americani, ispirati dalle sue parole sul dovere, andarono a servire il loro paese trovando morte e
disperazione.
con l'unione sovietica ebbe rapporti alterni, che di solito seguivano le onde concentriche dell'umore di Crushev. La crisi dei missili di Cuba fu il momento peggiore, quella in cui il mondo si ritrovò sull'orlo della fine e in cui il presidente fu al meglio di sé, grazie al suo coraggio e alla sua capacità di resistere ai militari l'apocalisse fu evitata.
Nel 1963 a Berlino un milione di persone lo applaudì entusiasticamente mentre diceva: "a chi crede che il comunismo sia libertà io dico: vieni a Berlino e guarda. A chi crede che il comunismo sia progresso io dico: vieni a Berlino e guarda.... Un tempo il più grande onore per una persona era poter civis romanus
sum. Oggi il più grande onore è essere cittadini di Berlino. Tutti gli uomini liberi del mondo sono cittadini di Berlino. Anche io sono un berlinese(Ich bin ein Berliner)".

Il dibattito storico è interessante. Noam Chomsky si riferisce a Kennedy come ad un moderno Re artù, uno stregone politico capace di creare molte illusioni che non avevano nessuna ragion d'essere. Lo storico liberal Bancroft lo fa capire meglio quando dice: "il kennedysmo fu l'anticipazione del reaganismo, senza il primo non ci sarebbe stato il secondo. Con i Kennedy cominciò la crisi della rappresentanza politica negli stati uniti".
L'idea di Bancroft può essere così sintetizzata: non c'è dubbio che i Kennedy fossero brave persone, ma il fatto che fossero dei ricchi privilegiati che parlavano a nome dei poveri creava un meccanismo di distorsione nella rappresentanza. Le classi medio basse accettarono di votare per coloro che non avevano i loro interessi e quando i poveri cominciano a ragionare così può darsi che prima o poi si ritrovino a votare per George Bush e allora....
Insomma anche in America c'è la dannazione della sinistra che non va abbastanza a sinistra per gli intellettuali.

Il kennedysmo fu il segno di un'epoca in cui gli stati uniti raggiungevano l'apice della loro potenza: un'era di benessere, ottimismo, impegno civile.
Questa è la ragione profonda per cui Kennedy, al di là dei suoi meriti o demeriti, resta il simbolo di un sentimento, un sogno colletivo, un mito.
Una speranza eterna, come la fiamma che brucia sulla sua tomba nel cimitero di Arlington.



Etrusco
00giovedì 20 gennaio 2011 21:55
Fonte?

Link?
trixam
00giovedì 20 gennaio 2011 21:59
Estratto riassuntivo di un capitolo della mia tesi di laurea.
democrat4lyf90
00venerdì 21 gennaio 2011 00:15
Re:
trixam, 20/01/2011 21.59:

Estratto riassuntivo di un capitolo della mia tesi di laurea.



sborone [SM=x43828]


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