Lodo Cassazione ( Processi tributari chiusi pagando il 5%)

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Koogar
00sabato 31 ottobre 2009 13:49
ROMA - E siamo al "lodo Cassazione" visto che lì, prima o poi, finiscono comunque i processi di Berlusconi. Il contenitore: la legge Finanziaria. Il luogo: il Senato. Il contenuto: due emendamenti, uno per mandare al macero migliaia di processi tributari pur di evitare quello che riguarda la Mondadori; e un altro per premiare le toghe della Cassazione, a cominciare dal suo primo presidente Vincenzo Carbone, spostando l'età pensionabile da 75 a 78 anni e garantirgli così altri tre anni di dominio assoluto sulla Corte.

Due emendamenti preceduti da un'abile mossa: prima della regolare udienza fissata per mercoledì 28 ottobre, il processo "Agenzie delle entrate versus Mondadori" - per un contenzioso da 400 miliardi di vecchie lire - viene sottratto al collegio e al presidente Enrico Altieri, che ha fama di giudice inflessibile, e spostato dal vertice della Corte alle sezioni unite.

Due giorni dopo ecco al Senato l'emendamento che sta alle spalle: il governo ipotizza che tutti i processi tributari in cui l'imputato abbia avuto ragione in primo e in secondo grado possano chiudersi d'emblée con una transazione del 5% sulla cifra complessiva dovuta. Ma, com'è ovvio, l'emendamento ha bisogno di tempo, visto che la Finanziaria è ancora al suo primo passaggio al Senato, e dunque il processo di Berlusconi viene tolto dalle mani di Altieri e rinviato.

Il presidente Carbone si giustifica, dice che è stato il vice segretario generale, che il presidente della sezione tributaria è stato avvertito, adduce una "prassi consolidata", ma gli stessi giudici tributari spiegano che la prassi va invece all'opposto: è il collegio assegnatario, cui si rivolgono le parti, a decidere per l'invio alle sezioni unite di fronte alla richiesta, come in questo caso, delle parti.

Nel lungo elenco delle leggi ad personam ecco dunque il nuovo "lodo Cassazione" che però ha già ricevuto un primo, autorevole stop. Quello del presidente della Camera Gianfranco Fini che, avvisato in tempo dal relatore della Finanziaria al Senato Maurizio Saia, ha bloccato l'ipotesi della transazione al 5 per cento. Alla Suprema corte i giudici, esterrefatti, la considerano "una totale follia che farebbe perdere allo Stato centinaia di miliardi di euro" visto che per la sezione tributaria transitano ogni anno circa 20 mila processi.

Ma a Berlusconi questo non importa. Ed ecco che giovedì sera il finiano Saia si vede recapitare sul tavolo l'emendamento incriminato verso l'ora di cena. Glielo manda, per firmarlo e presentarlo, il presidente della commissione Bilancio Antonio Azzollini. Lui lo legge, sente subito puzza di bruciato, avverte Fini. Il piatto, accuratamente preparato a palazzo Chigi anche da Gianni Letta, salta. Fini, che non sapeva nulla, blocca tutto. L'emendamento è congelato.

I finiani s'interrogano "sull'utilizzatore finale" della norma, si chiedono quale processo si voglia chiudere, rileggono l'intervento di Carbone sul processo Mondadori. Il gioco si scopre. Alla sezione tributaria della Corte c'è almeno un altro processo, quello ai danni della Danieli di Udine, che fruirebbe dell'emendamento.

Se la Mondadori è finita nel mirino degli accertamenti per via di una complessa ristrutturazione aziendale, quello della Danieli è un caso di dividend stripping con imposte non pagate per 200 milioni di euro. La Mondadori è stata messa in salvo, tolta alle mani del giudice Altieri che, esperto di diritto comunitario, una lunga esperienza al servizio giuridico della Commissione Ue, da quando è in Cassazione ha sanzionato più volte le società che compiono un'operazione al solo fine di ottenere un vantaggio fiscale.

In Corte lo chiamano il filone dell'abuso del diritto, sanno che con Altieri non si tratta, Berlusconi ci ha anche provato mandandogli un emissario. Ma l'esito negativo ha prodotto la strategia a tenaglia del "lodo Cassazione": via d'un colpo i processi, basta pagare il 5 per cento.
J.Rebus
00sabato 31 ottobre 2009 13:52
la giustizia in italia è un concetto molto astratto,etereo ormai.
fulvio25
00mercoledì 11 agosto 2010 12:44
CONFLITTO INTERESSI
La legge ad aziendam salva la Mondadori
la maxicausa chiusa con una transazione
Tasse evase, si conclude una vicenda iniziata nel 1991 con una plusvalenza da 173 milioni. Una cifra su cui per il fisco andavano pagati Ilor e Irpeg. Sono bastati 8,6 milioni

MILANO - Legge salva-Mondadori doveva essere e legge salva-Mondadori è stata. La casa editrice controllata dalla Fininvest si avvia a chiudere con una mini-transazione da 8,6 milioni un contenzioso quasi ventennale in cui l'agenzia delle entrate le contestava il mancato pagamento di 173 milioni di tasse evase nel '91, in occasione della fusione tra Amef e Arnoldo Mondadori. Segrate ha già contabilizzato a tempo di record nella sua semestrale il versamento della sanzione per calare il sipario sulla partita con l'amministrazione finanziaria "grazie al decreto legge 25 marzo 2010 n. 40 sulla chiusura delle liti pendenti". Si tratta - in soldoni - del cosiddetto "Lodo Cassazione", un provvedimento contestato dall'opposizione per il macroscopico conflitto d'interessi del premier che consente di archiviare i processi tributari arrivati in Cassazione con due sentenze favorevoli al contribuente mediante il pagamento del solo 5% del valore della lite.

La società di Marina Berlusconi - che aveva vinto in primo e secondo grado le cause con il fisco - ha colto subito la palla al balzo archiviando questo delicatissimo caso giudiziario prima della decisione della Corte suprema. I vertici di Segrate hanno confermato nella relazione di bilancio "la convinzione della correttezza" del proprio operato ma hanno preferito metter mano al portafoglio per "non esporre l'azienda a una situazione di incertezza ulteriore". Anche perché negli ultimi mesi il contenzioso con l'erario aveva causato più di un attrito tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini.

Il presidente della Camera negli ultimi due anni si è messo di traverso per ben due volte alla norma salva-Mondadori che la maggioranza ha provato a far approvare a più riprese: in una prima occasione facendo cancellare la cosiddetta "definizione agevolata delle liti" dal pacchetto giustizia per il processo breve messo a punto da Angelino Alfano e poi costringendo il governo a sfilarla lo scorso novembre dalla finanziaria 2010 dopo essere stato avvisato in extremis della presenza del decreto tra le pieghe della legge di bilancio dal relatore al Senato Maurizio Saia (Pdl).

L'ennesima legge ad personam, però, una volta uscita dalla porta, è rientrata dalla finestra ben mimetizzata all'interno del Dl incentivi. E a questo punto, nella scorsa primavera, anche Fini ha ceduto, dando luce verde al provvedimento che ha consentito tra l'altro alla società di casa Berlusconi di evitare un imbarazzante braccio di ferro con il ministero dell'economia di Giulio Tremonti. La controllata Fininvest a dicembre 2009 aveva accantonato in bilancio solo 1,8 milioni a fronte delle liti pendenti con l'erario.

Il vecchio contenzioso fiscale di Segrate era un serio cruccio pure per lo stesso presidente del consiglio che in una conversazione telefonica intercettata con l'ex consigliere Agcom Giancarlo Innocenzi si lamentava delle richieste per il divorzio di Veronica Lario - "mia moglie vuole 45 milioni" - paragonandole alla voracità di un fisco che gliene chiedeva 900 milioni. In realtà la cifra richiesta dalle Entrate alla Mondadori (tecnicamente legata al disavanzo di fusione con Amef) era di soli 173 milioni dell'epoca destinati a salire con gli interessi a 350 milioni. Una cifra comunque molto importante per la casa editrice di Segrate che ha chiuso l'esercizio 2009, un anno difficile per tutta l'editoria, con 34 milioni di utile netto e un giro d'affari di 1,5 miliardi di euro.
Giubo
00mercoledì 11 agosto 2010 14:27
Licio Gelli ha di che essere soddisfatto,tutto il suo piano di rinascita è stato realizzato in toto dai suoi tesserati
fulvio25
00mercoledì 11 agosto 2010 20:14
Nelle sue telefonate intercettate durante l’indagine di Trani, il premier si diceva molto preoccupato con il suo fido commissario dell’Agcom per una questione fiscale: “È una cosa pazzesca”, spiegava a Giancarlo Innocenzi, “ho il fisco che mi chiede 900 milioni”. Proprio in quei giorni, uno degli arrestati per l’associazione segreta che voleva intervenire sugli organi costituzionali – Pasquale Lombardi – si muoveva per risolvere il suo problema. Ovviamente a sua insaputa.

Ieri abbiamo raccontato le pressioni della lobby segreta per ottenere la nomina di Alfonso Marra alla presidenza della Corte di Appello di Milano. Il caso fiscale di cui ci occupiamo oggi è ancora più inquietante. Se la nomina di Marra poteva influire solo indirettamente sui processi pendenti di Mediaset, nel caso fiscale la trama della “nuova P2” interessa direttamente le casse della famiglia Berlusconi.

Tutto ruota intorno al ricorso in Cassazione presentato dalla Mondadori e che riguarda un accertamento da 200 milioni di euro che, con gli interessi può arrivare, non ai 900 milioni del Cavaliere catastrofista, ma a 350 milioni. Pasquale Lombardi, il giudice tributario campano arrestato insieme a Flavio Carboni e Arcangelo Martino, si è mosso in quel periodo per ottenere lo spostamento della causa alle sezioni unite della Cassazione, considerate meno pericolose per la Mondadori. Questa vicenda non è contestata nell’ordinanza del Gip Giovanni De Donato. Ma al Fatto Quotidiano risulta che è considerata molto interessante dagli inquirenti. Il pm Capaldo ha sentito nelle scorse settimane l’avvocato generale dello stato Oscar Fiumara e gli ha chiesto perchè l’avvocatura ha scelto di non opporsi al trasferimento alle sezioni unite.

La vicenda Mondadori inizia nel 1991 quando, a seguito di una fusione societaria, la casa editrice riesce ad abbattere le imposte. L’Agenzia delle entrate, sostenendo che l’operazione è stata architettata allo scopo di aggirare le norme fiscali, chiede alla società 200 milioni di euro. Mondadori impugna e vince sia in primo che in secondo grado. La vicenda, tecnicamente molto complessa, si trascina per un decennio e arriva in Cassazione su ricorso dell’Agenzia delle entrate, rapresentata dall’Avvocatura dello Stato. Mondadori vuole evitare la sezione della Cassazione competente in materia tribuataria, che in altri casi ha assunto una linea dura sull’elusione delle imposte e, grazie anche al presidente della Cassazione Vincenzo Carbone e al numero uno dell’avvocatura, Oscar Fiumara, entrambi amici di Lombardi, ottiene il suo scopo.

Quando la causa Mondadori finisce alle Sezioni unite, in molti notano la strana coincidenza con due emendamenti in finanziaria: il primo innalza l’età della pensione da 75 anni a 78 per i magistrati, una norma applicabile a Vincenzo Carbone e Oscar Fiumara. Il secondo introduce la possibilità di chiudere le liti pendenti con il fisco davanti alla cassazione – come il caso Mondadori – pagando il 5%.

Fortunatamente il capo dello Stato e l’Associazione Nazionale Magistrati si oppongono, così la proroga salta, Fiumara e Carbone si rassegnano alla pensione. Quando la giornalista Liana Milella mette in connessione il trasferimento della causa Mondadori da parte di Carbone con la proposta sulla sua pensione, il presidente minaccia querele e scrive che la rimessione alle sezioni unite è stata adottata perché chiesta da entrambe le parti (avvocatura dello Stato e legali della Mondadori). Ora si scopre che in quei giorni Lombardi – intercettato – diceva al sottosegretario Giacomo Caliendo, del Pdl, “sono stato dal presidente (Carbone) e ti ringrazia e disse guarda che Giacomo si impegna al massimo per quel/o che tu desideri … gli ho fatto… gli ho fatto prevedere i 3 anni… quindi lui… tutto contento e soddisfatto gli ho detto vedi che Giacomino ti sta facendo tutte le operazion i che vuoi tu quindi… ”.

Gli inquirenti stanno verificando le carte del trasferimento alle sezioni unite. Al Fatto, Oscar Fiumara dice: “Ero presente anche al convegno di Santa Margherita all’hotel Forte e le spese sono state coperte dal centro giuridico di Lombardi, come è accaduto in un altro convegno all’hotel Gallia di Milano. Certamente parlavo con lui ma non abbiamo mai affrontato il tema del trasferimento alle sezioni unite della causa Mondadori. Comunque quella rimessione non fu chiesta da noi, come sosteneva erroneamente la lettera spedita a La Repubblica dalla Cassazione. Insieme ai colleghi che seguono più direttamente la causa, gli avvocati Gianni De Bellis e Giorgio D’Amato, semplicemente non ci siamo opposti e ci siamo rimessi alla scelta del presidente Carbone”.
fulvio25
00mercoledì 11 agosto 2010 20:15
La guerra di Segrate per il controllo della Mondadori continua, ma è durata così a lungo – vent’anni – che ormai assume forme sempre più strane. Per un caso del destino, un vecchio guaio fiscale di Carlo De Benedetti è diventato l’occasione per bloccare il regalo del governo Berlusconi alla Mondadori (che è della Fininvest, cioè la holding che fa capo proprio a Silvio Berlusconi). I giudici della Cassazione, partendo dal procedimento che riguarda gli ex partner di De Benedetti della 3M Italia, fanno ricorso alla Corte di Giustizia europea, per bloccare la norma “ad aziendam” che permette alla Mondadori di risolvere un contenzioso con il fisco da 200 milioni pagandone solo 10. E tutto questo mentre la Cassazione – e proprio il procedimento Mondadori – sono al centro dell’inchiesta sulla cosiddetta P3. Ma partiamo dall’inizio.

DOPO SEGRATE. Nel 1991 la Fininvest di Silvio Berlusconi riesce a sottrarre la Mondadori a Carlo De Benedetti grazie a una sentenza che tre gradi di giudizio hanno stabilito essere stata comprata, con i giudici corrotti da Cesare Previti nell’interesse della Fininvest. Grazie all’imprenditore Giuseppe Ciarrapico, mandato da Giulio Andreotti, si trova una mediazione: a De Benedetti restano L’espresso, Repubblica e i quotidiani locali, in quel momento parte della Mondadori, a Berlusconi tutto il resto. Vent’anni dopo non è ancora finita, pende ancora un risarcimento da 750 milioni di euro che la Fininvest potrebbe dover pagare alla Cir di De Benedetti. Una vicenda marginale di quello scontro riguarda un contenzioso della Mondadori con il fisco, derivante da una fusione interna al gruppo seguita alla guerra di Segrate. Lo Stato chiede alla Mondadori 200 milioni di euro per plusvalenze non contabilizzate in una fusione tra due holding (operazione preliminare al passaggio delle testate giornalistiche a De Benedetti). Mondadori vince il primo e il secondo grado di giudizio, ma lo Stato non si arrende, nel 2000 la vicenda finisce in Cassazione: a firmare il ricorso per conto della Mondadori è un famoso fiscalista, l’avvocato Giulio Tremonti. Dieci anni dopo Tremonti è ministro dell’Economia; mentre sta approvando la Finanziaria 2010 compare un emendamento che si presenta come un condono mirato: i soggetti che hanno contenziosi aperti con il fisco, hanno vinto i primi due gradi e sono in Cassazione, possono sanare la propria posizione pagando solo il 5 per cento del dovuto. E’ l’identikit della Mondadori, che se la caverebbe con 10 milioni. Il blitz salta, lo ferma Gianfranco Fini, presidente della Camera. La Procura di Roma, nelle carte dell’inchiesta sulla nuova loggia P3 ipotizza che a quel punto un gruppo di soggetti che agisce nell’interesse di Berlusconi sceglie un’altra strada. I pm attribuiscono il trasferimento (28 ottobre 2009) dal giudice competente alle sezioni unite alle pressioni su Vincenzo Carbone, primo presidente della Cassazione fino a gennaio e quindi presidente delle sezioni unite, fatte da Arcangelo Martino e Pasquale Lombardi, due degli esponente più attivi della cosiddetta P3. In cambio a Carbone sarebbe stato promesso uno slittamento di tre anni della pensione (obbligatoria a 75 anni). Per Berlusconi era anche il candidato ideale alla presidenza della Consob. Se le cose sono andate come dice l’accusa, la norma serve a guadagnare tempo. In primavera i parlamentari Pdl tornano all’assalto e la norma salva-Mondadori diventa legge a maggio, come emendamento al decreto sugli incentivi.
fulvio25
00sabato 21 agosto 2010 22:20
e anche questa è andata...
“E così Berlusconi, grazie al codicillo inserito proditoriamente nel decreto incentivi, è riuscito a sistemare un vecchio contenzioso della Mondadori: in pratica chi ha avuto due sentenze a favore in un procedimento che lo vede contrapposto all’erario per tasse non pagate, può risolvere la questione con una transazione pari al 5 per cento delle somme dovute”. Lo afferma il presidente del Gruppo Italia dei Valori al Senato, Felice Belisario, sottolineando come “con soli 8,5 milioni di euro Marina Berlusconi (la Mondadori ufficialmente è sua) ha sistemato un mancato pagamento di 173 milioni sulle plusvalenze realizzate nel ’91 quando ci fu la fusione tra Amef e Arnoldo Mondadori”.

“Insomma - continua Belòisario - la famiglia Berlusconi, utilizzando una legge fatta dal Governo Berlusconi e approvata dalla maggioranza parlamentare di Berlusconi, ha risparmiato in un botto circa 164 milioni di euro (per non parlare degli interessi, qualcosa come altri 230 milioni, ma quelli non contano…). Milioni che il fisco non incasserà più e che, tanto per pareggiare i conti, dovranno essere sborsati da tutti i contribuenti italiani (quelli onesti che pagano le tasse, ovviamente). Alla faccia della lotta all’evasione fiscale e ai “furbetti” tanto sbandierata dal ministro Tremonti”.

“Tra l’altro in questi giorni la maggioranza rischia di incagliarsi per sempre sul processo breve e sul lodo Alfano in Costituzione, certamente non per risolvere i problemi del Paese - conclude Belisario - ma solo i problemi giudiziari di Berlusconi. Per credere chiedere all'avvocato Mills”
gran generale
00domenica 22 agosto 2010 14:05
ecco risolta una delle vere emergenze della società italiana! onore a Berlusconi e ai suoi servi [SM=x43799]
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