trixam, 14/01/2011 11.45:
Sergio Chiamparino dice al Riformista di essere «stufo del benaltrismo di una sinistra» che ormai ragiona «come se fosse fuori dal mondo reale». Sostiene che «in qualsiasi altro paese, Marchionne sarebbe stato accolto col tappeto rosso».
Allora Ghidella lo avrebbero beatificato.
Aggiunge che la posizione del Pd sul caso Fiat «rimane confusa». E parlando della classifica del Sole 24 ore sui sindaci più apprezzati, scandisce: «Renzi primo, io secondo. Sono un pensionando e lo dico con molta umiltà: è ora che il Pd inizi ad ascoltare davvero queste persone che hanno dimostrato di avere cultura di governo. Oppure l’unico requisito per entrare nel gruppo dirigente nazionale del partito è quello di non aver mai vinto un bel niente?».
Giusto, peccato che dimentica Veltroni. Plebisciti a Roma dove fu votato anche da persone di destra, peccato che alle elezioni nazionali fu una debacle.
Chiamparino, Berlusconi dice che se vince il «no» al referendum di Mirafiori, la Fiat farà bene ad andarsene. È d’accordo?
Se malauguratamente vincesse il no, il governo dovrebbe convocare un tavolo per trovare un rimedio. Anche se sarebbe molto difficile farlo. Come ha ben spiegato Marchionne, le auto che vanno vendute sulla “piazza” internazionale hanno bisogno di essere prodotte con modalità e tempi coerenti con la domanda dei mercati.
No. Le auto che vanno vendute sulla piazza internazionale devono essere innanzitutto auto. Non rientrano nella categoria: Duna, Multipla, Stilo, Brava. Quelle attuali sono state progettate prima dell'arrivo di Marchionne e, salvo qualche caso, non sono competitive perché inserite in produzione in ritardo rispetto ai concorrenti. Ma ragionare sul prodotto ogni tanto?
Come sta Torino a poche ore dal referendum di Mirafiori?
Mi creda, la gente è infastidita dal tentativo di politicizzare una questione sindacale, economica e sociale. E soprattutto la città sa che Marchionne è stato l’uomo che ha salvato il Gruppo Fiat e che, insieme agli enti locali, ha impedito la chiusura di Mirafiori.
Aggiungo ai salvatori della Fiat anche la mia famiglia con le tasse (rectius imposte, qualcuno dovesse infastidirsi) pagate da mio padre, ma credo anche da molte altre famiglie.
Visto l’acceso dibattito in corso tra i lavoratori, non le sembra di esagerare un po’?
Nel 2003-2004 Mirafiori era praticamente chiusa. Al punto che c’erano già alcune proposte per riconvertire quell’area persino in un mastodontico parco divertimenti. Una specie di Gardaland di Torino, non so se mi spiego. Quanto a Marchionne, rimane l’uomo che ha preso quella macchina ingrippata che era diventata la Fiat e l’ha salvata. Tornando a Mirafiori, c’è la possibilità storica non solo di portare quella produzione che là manca da vent’anni. Ma di farne un vero e proprio “hub” dell’innovazione per la mobilità sostenibile.
Il jts dell'alfa è un capolavoro di mobilità sostenibile. Consuma tre stazioni esso al km ed eroga una potenza inferiore ad un diesel di una berlina media tedesca.
Sembra una gigantesca réclame del sì, non trova?
Detto con la massima sincerità, io sono esterrefatto per tutte le polemiche su Marchionne. L’ad della Fiat sta solo proponendo un nuovo modo di lavorare. Nel settore del tessile e dell’alimentaristica lavorano così da vent’anni. Ma soprattutto sono senza parole perché, in qualsiasi altra parte del mondo, uno che mette sul tavolo un miliardo di investimenti sarebbe stato accolto col tappeto rosso.
serviranno anche a migliorare le rifiniture della tappezzeria?
Però non vorrà negare l’accordo prevede l’appesantimento dei carichi di lavoro.
L’appesantimento c’è e va compensato. Alzando i salari e coinvolgendo sempre di più il sindacato nelle decisioni dell’azienda.
tipo 30 euro lordi al mese?
Il modello tedesco.
Appunto. Se al referendum vince il sì, tutte le strade sono praticabili. Se passa il no, invece, si finirà tutti a fare i gatti neri in un gigantesco limbo. Dobbiamo metterci in testa che nelle relazioni industriali italiane c’è sempre questo gap di dieci anni che va colmato. Le faccio un esempio: se l’accordo del 1993 fosse stato fatto dieci anni prima, come proponevano Tarantelli, Modigliani e la Cisl, i lavoratori ne avrebbero guadagnato in diritti e in tutela del reddito. Oggi ci troviamo di nuovo a un bivio. Se non anticipiamo, finiremo per subire. Le vie sono due: votare sì al referendum per lasciare aperte tutte le strade e correggere in seguito tutte quelle criticità che ci sono nell’accordo. Oppure, se vince il no, tocca prepararsi al nulla.
Questo è molto condivisibile, però presuppone che la Fiat diventi competitiva nel lungo periodo.
Torniamo a Marchionne. Come giudica il fatto che, considerando le stock options, l’ad Fiat paga meno tasse dei suoi operai?
Tra Marchionne e un metalmeccanico c’è uno scarto troppo grande. Primo, per una ragione di natura morale, visto che chi guadagna di più dovrebbe versare dei contributi straordinari. Secondo, per una distorsione nel meccanismo delle stock options. Questo discorso però non vale solo per Marchionne, ma anche per moltissimi altri manager.
Questo è un tema sollevato da sinistra. Non sembra un aspetto di poco conto.
Io sono stufo di questo “benaltrismo” della sinistra, di questo modo di ragionare che alla sinistra ha provocato e sta provocando danni irreparabili. Ormai, a sinistra, è quasi sempre così. Il problema è sempre “ben altro”…
Iniziamo dalla Fiom. Ce l’ha con Landini?
Io non ce l’ho con Landini. Ma siamo seri, la torsione politica della Fiom è ormai una cosa scontata.
Ripone le sue speranze nella Camusso?
Tenuto conto dei vincoli che derivano dal peso della Fiom sull’intero sindacato, bisogna riconoscere che la Camusso si sta muovendo con saggezza. Se passano il sì al referendum e la sua linea di firmare, un minuto dopo si può porre il tema della rappresentanza sindacale che sta tanto a cuore alla Cgil.
Dal “benaltrismo” al “maanchismo” di cui è stato accusato il suo partito, il Pd, sul caso Mirafiori. Deluso?
Se fossi stato il segretario del Pd avrei detto le stesse cose che sto dicendo adesso. Tiri le somme e veda lei se sono deluso o no. Io mi rendo conto che il leader di un partito come il nostro senta la necessità di provare a tenere “tutti dentro”. Ma alcune cose non sono chiare. L’approccio del Pd alla questione Fiat è stato all’insegna di una grande incertezza. Oggi, da quell’incertezza, è scaturita la linea del dire «sì agli investimenti» e no a tutto il resto.
Il sospetto del “ma anche”, appunto.
Il problema è che mi devono spiegare come il sì agli investimenti può convivere col fatto che il responsabile Economia del partito, Stefano Fassina, continui a parlare di «accordo regressivo». Di regressivo, in questa storia, ci sono soltanto le attuali relazioni sindacali che il Pd continua inspiegabilmente a difendere. Le stesse che hanno contribuito a portare a meno salari per i lavoratori e meno produttività per le aziende.
Mai parlare di qualità del prodotto, non sia mai!!!
Sta dicendo che il Pd è fuori dalla realtà dell’anno 2011?
Oltre al benaltrismo della sinistra, il Pd ha un altro grave problema. Sembra infatti che questo partito sia prigioniero di un diaframma invisibile che ci ributta addosso tutte le nostre parole. E la Fiat, purtroppo, è soltanto uno dei temi sui quali potremmo sfondare e invece andiamo all’indietro. Perché una sinistra che non pensa a prospettive di crescita che siano fuori dall’ombrello della spesa pubblica è una sinistra fuori dal mondo. Le faccio un esempio?
Prego.
Vorrei rivolgere un quesito all’amico Vendola. È più “di sinistra” tenere il 60 per cento delle società ex municipalizzate e conservare le poltrone? Oppure mantenere il controllo di quelle aziende limitandosi al 30 per cento e col ricavato dell’altro 30 costruire gli asili nido? Io credo che sia più di sinistra la seconda opzione. Certo, bisogna rinunciare a qualche poltrona per aumentare i servizi per i cittadini.
Vorrei sapere al comune di Torino come funzionano le cose,lo dico sinceramente.
Chiamparino, sia sincero. Con queste parole sta pensando ad “altre” prospettive politiche?
Per me mancano quattro mesi all’alba, e cioè alla fine del mandato. Il mio obiettivo è la scadenza pensionistica di luglio, alla quale arriverò finendo di pagare il riscatto degli anni dell’università.
E la sua intenzione di candidarsi alle primarie per la premiership?
Le faccio una rivelazione. Ho deciso di ascoltare i consigli di Beppe Severgnini. Quando finirò di fare il sindaco, mi metterò “a disposizione”. Valuterò le eventuali proposte non necessariamente nell’ambito della politica di chi me ne farà, di chi sente di aver bisogno di un’esperienza come la mia.
Ne sta già valutando qualcuna?
Niente di particolare, per ora.
Secondo lei, il Pd tenterà di ridimensionare le primarie?
Per me le primarie non hanno una funzione salvifica. Ma non capisco davvero che bisogno c’è di farne a meno. Viene il sospetto che le si vogliano accantonare per tentare di coinvolgere qualche possibile alleato che, in realtà, non ci sta neanche a sentire.
Si riferisce a Casini?
L’idea secondo cui per fare un’alleanza con l’Udc bisogna mettere in discussione noi stessi non la capisco affatto.
Io si, l'Unione Dei Carcerati non è il massimo per fare una riforma della giustizia o per fare le liberalizzazioni.
Renzi primo. Lei, secondo, ha raggiunto il podio per il decimo anno consecutivo. De Luca terzo. Tre piddì guidano la classifica del sindaci del Sole24 ore.
Renzi è uno su cui puntare per il futuro. Detto questo, visto che io sono un pensionando, vorrei umilmente chiedere ai vertici del Pd: non sarebbe il caso di ascoltare e coinvolgere un po’ di più questo pezzo di partito che sul territorio ha dimostrato di avere capacità di governo? In caso contrario, inizierei a sospettare che il requisito necessario per entrare nel gruppo dirigente nazionale del nostro partito sia il non aver vinto mai niente.
Vale quanto detto sopra su Veltroni.
Pensa forse a un congresso straordinario?
Ai congressi non ci credevo nemmeno quando servivano a discutere e non solo a contare delle tessere. Io chiedo soltanto che questo partito, una buona volta, impari a fare chiarezza. E a stare se possibile nel mondo reale, non al di fuori.
Dal riformista