La riforma Gelmini finisce su un binario morto

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trixam
00lunedì 4 ottobre 2010 21:52
La strada è in salita e piena di curve (politiche) pericolose. Per salvare la riforma dell'università il governo è pronto addirittura a cambiare strategia. E a giocarsi l'ultima carta: far modificare il calendario dei lavori alla Camera e progettare un intervento a favore dei ricercatori, la categoria più critica verso il ddl Gelmini.


Il problema numero uno è proprio quello dei tempi. Giovedì scorso l'esame della riforma da parte dell'Aula di Montecitorio è stato spostato dal 5 al 14 ottobre. Sembra poco, in realtà cambia tutto. Il 15 ottobre, cioè il giorno dopo, alla Camera comincia la sessione di bilancio che dura circa un mese e per regolamento costringe tutti gli altri provvedimenti ad aspettare in coda. Se sarà confermata la data del 14, quindi, la riforma non solo non sarà approvata prima che l'attività accademica entri nel vivo, come era nelle intenzioni del governo anche per evitare le proteste. Ma finirà su un binario morto, specie considerando l'eventualità delle elezioni anticipate a marzo, che comincia ad essere evocata anche all'interno della maggioranza e del governo.


Sarebbe una sconfitta per il centrodestra, che su questa riforma ha investito parecchio. E la fine di un disegno di legge che non solo ridisegna il sistema di governo delle università, riducendone l'autonomia, ma distribuisce le risorse in base alla qualità della ricerca e della didattica e reintroduce il concorso nazionale per i docenti. Misure, e il vero nodo è questo, che il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha definito condizione essenziale per ripianare almeno in parte il taglio da un miliardo e 350 milioni di euro previsto nel 2011 per l'intero settore.


Ce ne è abbastanza perché la maggioranza tenti di modificare il calendario della Camera mettendo sul tavolo della prossima conferenza dei capigruppo due ipotesi: anticipare l'esame dell'Aula all'11 di ottobre oppure rimandare al 18 l'inizio della sessione di bilancio. In tutti e due i casi ci sarebbe qualche giorno per approvare in Aula la riforma e poi tornare al Senato, dove votare prima che anche lì cominci la sessione di bilancio. Possibile cambiare una decisione presa solo pochi giorni fa? Difficile ma non impossibile.


Il rinvio della settimana scorsa non è stato il frutto solo delle perplessità dell'opposizione sul disegno di legge ed in particolare sulla sua copertura finanziaria. Ma è stato uno dei primi segnali di un clima politico generale mutato, a poche ore dal voto di fiducia al governo Berlusconi che non ha certo chiuso le ferite del centrodestra. Non è dunque da escludere che un esame a freddo della questione possa portare ad una scelta diversa.


Per provare a spingere in questa direzione i tecnici del ministero dell'Istruzione stanno studiando la fattibilità di un emendamento che arriva dall'opposizione e prevede per i ricercatori un'indennità didattica, cioè una piccola aggiunta in busta paga. Per legge i ricercatori che lavorano nelle università non sono tenuti ad insegnare. La realtà è ben diversa, perché sulle loro spalle pesa circa il 40 per cento della didattica. Proprio per questo, in segno di protesta contro la riforma Gelmini, quasi la metà dei ricercatori ha annunciato che da quest'anno non farà lezione. L'indennità didattica sarebbe un modo per venire incontro alle loro proteste e - visto che l'idea originale è del pd Luigi Nicolais - anche alle perplessità dell'opposizione. Ma è una strada davvero percorribile?


Anche considerando una somma contenuta (intorno ai 150 euro netti al mese) e tenuto conto che i ricercatori che fanno lezione sono circa 15 mila, si arriverebbe ad un costo di 45 milioni di euro l'anno. Non pochi dal momento che basterebbe qualche milione in meno per far partire quel piano di assunzioni di professori associati (9-10 mila in sei anni) che nelle intenzioni del governo rappresenta la strada maestra per risolvere la questione ricercatori, per la quale si esclude qualsiasi ipotesi di stralcio. I tecnici del ministero al momento sono scettici. Ma pur di riuscire a tirar fuori la riforma dal binario morto dove è inaspettatamente finita, correzioni fino a qualche giorno fa impensabili adesso hanno tutto un altro aspetto
trixam
00lunedì 4 ottobre 2010 21:53
L'editoriale del professor Panebianco.

Il governo e la sua maggioranza, o ciò che ne resta, accumulano autogol. Non sono bastati la disastrosa gestione del conflitto fra Berlusconi e Fini e il suo impatto negativo, registrato dai sondaggi, sui consensi al governo. Adesso, la maggioranza è anche decisa a giocarsi credibilità e aperture di credito faticosamente ottenute, grazie al lavoro dei ministri migliori, presso settori qualificati dell’opinione pubblica. Mi riferisco al probabile affossamento della riforma universitaria. La riforma era in dirittura di arrivo (l’inizio della discussione alla Camera era prevista per il 4 ottobre). I capigruppo hanno deciso il rinvio al 14 ottobre.

Dieci giorni soltanto ma sufficienti per affossare il provvedimento. Infatti, il 15 ottobre comincia la sezione di bilancio e la discussione dovrà essere subito sospesa per almeno un mese. Non solo la riforma non arriverà in porto prima dell’inizio dell’anno accademico. Ma, probabilmente, a causa dei vincoli dei calendari parlamentari e delle risse nella maggioranza, finirà per slittare sine die (si veda la puntuale ricostruzione fatta oggi, su questo giornale, da Lorenzo Salvia). Con le probabili elezioni a primavera che ormai incombono, se ne riparlerà nella prossima legislatura.

La riforma del ministro Mariastella Gelmini è un ambizioso tentativo di ridare slancio all’istruzione superiore. Non è perfetta. Ci sono anche cose che non convincono. Ma è sicuramente il frutto di uno sforzo encomiabile di affrontare di petto i problemi dell’Università. Chi la rifiuta in blocco lo fa per faziosità ideologica oppure perché appartiene ai settori più conservatori del mondo universitario. Molti, però, fra gli universitari, si rendono conto che il provvedimento è indispensabile. I rettori più consapevoli della necessità della riforma e anche tanti professori la aspettano con più fiducia che apprensione. Ed è un merito della Gelmini e del suo lavoro. Anche gli imprenditori attendono il provvedimento essendo chiaro che miglioramenti sensibili del capitale umano (della preparazione dei nostri laureati) saranno necessari, nei prossimi anni, all’economia italiana. Il varo della riforma era insomma un test atteso da m o l t i p e r v a l u t a r e l’affidabilità dell’esecutivo.

Che fanno allora il governo (il «governo del fare» come piace definirlo al presidente del Consiglio) e la sua maggioranza? Rinviano la riforma e ne mettono a rischio l’attuazione. Mandano un altro pessimo segnale al Paese e mettono in difficoltà quei rettori che avevano dato fiducia alla Gelmini. Sembra difficile attribuire queste scelte sciagurate ad altro se non a una grave forma dimiopia politica. Varare una così importante riforma significherebbe dire al Paese: è vero, siamo immersi in risse continue, ma sappiamo anche, su questioni concrete come il destino dell’istruzione superiore, portare a termine i nostri progetti. Forse, ai capigruppo di maggioranza converrebbe ripensarci. Cosa resterà altrimenti? Solo la rissa quotidiana e la prospettiva, che non dovrebbe essere allettante per la maggioranza, di uscirne alla fine con le ossa rotte.

trixam
00lunedì 4 ottobre 2010 21:55
Insomma i conservatori hanno vinto di nuovo.
Ormai bisogna riadattare lo slogan del gattopardo.
In Italia bisogna parlare di cosa si vuole cambiare, affinché non cambi niente.
giusperito
00martedì 5 ottobre 2010 23:54
Questa era una non riforma.. non mi stancherò mai di dirlo! Appena ho un attimo per cercarlo posto il link dove si analizzava passaggio per passaggio
Etrusco
00mercoledì 6 ottobre 2010 08:32
Re:
giusperito, 05/10/2010 23.54:

Questa era una non riforma.. non mi stancherò mai di dirlo! Appena ho un attimo per cercarlo posto il link dove si analizzava passaggio per passaggio




Concordo:
parlare di "riforma" è scorretto per tanti e diversi motivi.
Etrusco
00giovedì 13 gennaio 2011 12:07
Re:
giusperito, 05/10/2010 23.54:

Questa era una non riforma.. non mi stancherò mai di dirlo! Appena ho un attimo per cercarlo posto il link dove si analizzava passaggio per passaggio




A cosa ti riferisci? E' una discussione fatta su questo forum o altrove? [SM=x43667]
Mojo Pin
00giovedì 13 gennaio 2011 12:23
Re:
giusperito, 05/10/2010 23.54:

Questa era una non riforma.. non mi stancherò mai di dirlo! Appena ho un attimo per cercarlo posto il link dove si analizzava passaggio per passaggio



secondo me invece, e ribadisco quanto detto in altri topic, la riforma aveva un'ottima ossatura, certo alcuni punti da limare(i ricercatori e le risorse su tutti) ma alcuni punti notevoli.rimane l'autogoal del governo, perchè un asso della manica è rimasto ancora nel polsino


.pisicchio.
00giovedì 13 gennaio 2011 12:29
La riforma del ministro Mariastella Gelmini è un ambizioso tentativo di ridare slancio all’istruzione superiore. Non è perfetta. Ci sono anche cose che non convincono. Ma è sicuramente il frutto di uno sforzo encomiabile di affrontare di petto i problemi dell’Università. Chi la rifiuta in blocco lo fa per faziosità ideologica oppure perché appartiene ai settori più conservatori del mondo universitario. Molti, però, fra gli universitari, si rendono conto che il provvedimento è indispensabile. I rettori più consapevoli della necessità della riforma e anche tanti professori la aspettano con più fiducia che apprensione. Ed è un merito della Gelmini e del suo lavoro. Anche gli imprenditori attendono il provvedimento essendo chiaro che miglioramenti sensibili del capitale umano (della preparazione dei nostri laureati) saranno necessari, nei prossimi anni, all’economia italiana. Il varo della riforma era insomma un test atteso da m o l t i p e r v a l u t a r e l’affidabilità dell’esecutivo.


Quelli che non condividono la lucida analisi di Panebianco (e quelle coeve di Sartori, Galli della Loggia etc.) evidentemente non conoscono il mondo dell'università.


La riforma Gelmini è uno dei pochi asset su cui può puntare la curatela fallimentare del governo Berlusconi. E' una sorta di good company da tenere in vita. Spero davvero che venga attuata senza concessioni.



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