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Hillary Clinton (Reuters) |
- La situazione a Gaza è «insostenibile e inaccettabile, non può andare avanti». Sono parole dure quelle pronunciate dal segretario di Stato americano Hillary Clinton che ribadisce la preoccupazione per la situazione umanitaria nella regione all'indomani del raid israeliano contro le navi della "Freedom Flotilla" che dovevano portare aiuti umanitari ai palestinesi della Striscia: «Va rispettata l'esigenza israeliana di sicurezza tanto quanto le richieste palestinesi di assistenza umanitaria e l'accesso regolare ai mezzi di ricostruzione» spiega. La Clinton ha poi difeso la risposta prudente degli Stati Uniti al blitz facendo appello alla necessità di «reazioni attente e ponderate» di fronte a una situazione difficile e ha aggiunto che Washington appoggia l'ipotesi di un'inchiesta israeliana sull'attacco, a patto che sia «immediata, imparziale, trasparente e credibile».
BERLUSCONI - In serata anche il premier Berlusconi ha chiesto con una nota che «la dinamica dei fatti sia oggetto di un'inchiesta completa e imparziale, come già richiesto dall'Unione Europea e dalle Nazioni Unite». Berlusconi si dice «profondamente preoccupato per la vicenda al largo di Gaza, che ha causato numerose vittime civili. Alle loro famiglie esprimiamo le nostre condoglianze. Il governo è in attività per seguire la sorte dei nostri connazionali, per i quali abbiamo già chiesto un immediato ritorno a casa. Auspichiamo che venga evitata ogni azione suscettibile di innalzare ulteriormente la tensione e compromettere il dialogo e invitiamo Israele a dare un deciso segnale per la soluzione della situazione umanitaria a Gaza».
«PUNIRE ISRAELE» - Durissima la reazione della Turchia, secondo cui Israele deve essere punito. Gli scontri si sono infatti verificati solo su una delle sei imbarcazioni, la Marmara, battente bandiera turca. «Il comportamento di Israele deve essere assolutamente punito» tuona da Ankara il premier Tayyip Erdogan, condannando il raid e l'uccisione di quattro connazionali. «Psicologicamente per noi è come l'11 Settembre» ha aggiunto il ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu prima di incontrare a Washington Hillary Clinton.
Davudoglu ha detto che Israele «crede di essere al di sopra di qualsiasi legge» e paragonato l'attacco a quello dei pirati al largo della Somalia.
RELAZIONI MILITARI - La minaccia di Ankara è forte: rottura delle relazioni militari ed economiche tra i due Paesi. «Nulla sarà più come prima nelle relazioni tra il nostro Paese e Israele - ha aggiunto Erdogan -. È tempo per la comunità internazionale di dire basta e l'Onu non deve fermarsi davanti a una risoluzione che condanna Israele ma deve appoggiarla. Oggi è l'inizio di una nuova era: non volteremo più le spalle ai palestinesi». Israele e la Turchia hanno da oltre dieci anni una forte alleanza militare ed economica: nel 2009 il volume dell'interscambio è stato di 2,5 miliardi di dollari per la maggior parte dovuto all'industria militare. I due Paesi collaborano anche a livello energetico: in particolare hanno approntato studi di fattibilità per la costruzione del condotto Medstream per il trasporto di gas naturale, petrolio e acqua. Secondo quanto ha riferito il ministro dell'Energia, però questi legami potrebbero presto essere rivisti: «Abbiamo esaminato le dimensioni della nostra cooperazione energetica con Israele. È possibile che una decisione strategica venga presa dal primo ministro».
SANTA SEDE - Anche dal Vaticano arriva una dura presa di posizione, pur senza riferimenti diretti all'attacco alla flottiglia. Nell'Instrumentum laboris, il documento di base del prossimo Sinodo dei vescovi sul Medio Oriente che il Papa presenterà ufficialmente il 6 giugno a Cipro (anticipato dall'agenzia Ansa), l'occupazione israeliana viene definita «un'ingiustizia politica imposta ai palestinesi». Il testo, 40 pagine frutto di un lavoro collettivo di questi ultimi mesi, affronta la difficile situazione dei cristiani nella regione, stretti tra un «estremismo islamico» che minaccia tutti, compresi i musulmani, e i conflitti regionali, con l'irrisolta questione palestinese sullo sfondo. «L'occupazione israeliana dei territori Palestinesi - si legge nel testo preparatorio dell'assemblea vaticana per il Medio Oriente - rende difficile la vita quotidiana per la libertà di movimento, l'economia e la vita sociale e religiosa (accesso ai Luoghi Santi, condizionato da permessi militari accordati agli uni e rifiutati agli altri, per ragioni di sicurezza). Inoltre, alcuni gruppi fondamentalisti cristiani giustificano, basandosi sulle Sacre Scritture, l'ingiustizia politica imposta ai palestinesi, il che rende ancor più delicata la posizione dei cristiani arabi».
NATO: «LIBERARE CIVILI» - Si fa pressante anche le richiesta di rilasciare gli attivisti arrestati. Una dura presa di posizione arriva dal segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen, che chiede a Israele di liberare immediatamente i civili (circa 700) e le navi coinvolte nel blitz, unendosi agli appelli delle Nazioni Unite e dell'Unione Europea per «un'inchiesta imparziale, credibile e trasparente sull’accaduto». Parigi esige «la liberazione immediata» dei nove francesi detenuti. Anche il ministro Frattini, pur confermando «l'amicizia dell'Italia verso lo Stato d'Israele», ha condannato «l'inaccettabile uccisione di civili» e chiesto l'immediata liberazione dei sei italiani. Londra ha fatto invece sapere che sono una quarantina i britannici detenuti. L'Egitto ha aperto i valichi con la Striscia di Gaza, chiusi da quando Hamas aveva assunto il controllo delle forze di sicurezza del territorio nel 2007, per consentire il passaggio degli aiuti umanitari e sanitari. È stata autorizzata anche l'accoglienza dei palestinesi malati o feriti che vogliono farsi curare in Egitto. Nessuna durata è stata precisata, ma solitamente le aperture di Rafah, fra l’Egitto e Gaza, sono limitate a pochi giorni al mese.
LO SCONTRO - Intanto è scontro tra l'Onu e Israele. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che è rimasto riunito per oltre dodici ore, ha condannato gli atti sfociati nella perdita di vite umane durante l'operazione israeliana contro la flottiglia di attivisti filo-palestinesi. Ha quindi chiesto un'inchiesta «rapida, imparziale, credibile e trasparente» e il rilascio degli attivisti e delle imbarcazioni. Una ricostruzione fatta dal Guardian avanza l'inquietante ipotesi del sabotaggio: due navi degli attivisti, la Challenger I e la Challenger II, hanno riportato dei danni nello stesso momento e allo stesso modo. Secondo il quotidiano inglese le imbarcazioni potrebbero essere state danneggiate da militari israeliani.
ISRAELE: «CONDANNA IPOCRITA» - Israele, sebbene non citato direttamente nella dichiarazione dell'Onu, ha replicato definendo «ipocrita» la condanna del Consiglio di sicurezza. Per il portavoce del ministero degli Esteri, Yigal Palmor, la dichiarazione è stata «precipitosa e non ha lasciato un tempo i riflessione per considerare tutti i fatti». Si è trattato, ha aggiunto, di «un riflesso condizionato basato unicamente su certe immagini televisive e su una certa dose di ipocrisia, non sulla conoscenza dei fatti». Palmor ha anche spiegato che finora è stato difficile dare un nome ai nove morti nel blitz israeliano sulle navi perché gli altri attivisti si rifiutano di identificarli.
IL COMPROMESSO - I rappresentanti dei Paesi membri del Consiglio Onu sono rimasti riuniti per oltre 12 ore prima di arrivare a una conclusione, frutto di una lunga e difficile mediazione. Distanti le posizioni della Turchia, assolutamente intransigente, e Stati Uniti, tradizionali alleati di Israele e orientati verso un documento più morbido. Grazie agli Usa, infatti, nella risoluzione non è apparsa alcuna condanna esplicita dell’assalto condotto dalla marina dello Stato ebraico. Nel corso della riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza, il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu ha ribadito la sua condanna all’incidente, chiedendo che sia svolta una inchiesta per fare luce sui fatti. Il capo della diplomazia turca ha detto che Israele ha «perso ogni legittimità internazionale, commettendo un grave crimine in spregio a tutti i valori che abbiamo giurato di difendere dopo la creazione delle Nazioni Unite». La dichiarazione è stata approvata all’unanimità.
INSOSTENIBILE SITUAZIONE A GAZA - Il Consiglio Onu «sottolinea che la situazione a Gaza non è sostenibile» e ribadisce l’importanza di un’attuazione piena delle sue risoluzioni 1850 e 1860. Quest’ultima, che risale all’8 gennaio 2009, chiede che «siano forniti e distribuiti aiuti umanitari senza alcun ostacolo». Infine, «il Consiglio esprime il suo sostegno ai negoziati indiretti» tra israeliani e palestinesi sotto l’egida degli Stati Uniti, «ed esprime la sua preoccupazione per il fatto che questo incidente si verifica proprio mentre queste discussioni sono in corso». Il documento si conclude con l'esortazione che le parti in causa diano «prova di moderazione ed evitino ogni atto unilaterale e di provocazione».
LE PROTESTE NEL MONDO - Non si fermano nel mondo le manifestazioni di protesta per l'attacco israeliano alla spedizione pro-Palestina. A Roma un centinaio di persone si sono riunite davanti all'ambasciata israeliana al grido di "Libera Palestina", "Boicotta Israele", "Assassini". Tra le sigle presenti Cobas e Sinistra critica. A Parigi 150 persone si sono radunate davanti al ministero degli Esteri srotolando un'immensa bandiera palestinese e gridando "No al blocco di Gaza", "Siamo tutti palestinesi". A Istanbul centinaia di tassisti si sono radunati davanti al consolato israeliano suonando a lungo i clacson in segno di protesta. Migliaia di persone sono scese di nuovo in piazza in Grecia, ad Atene e Salonicco.