giusperito, 20/04/2012 11:47:
Obbligazione per quanto condivida il tuo punto di vista sull'argomento. Sarebbe sempre interessante argomentare le proprie posizioni.
Ho letto rapidamente l'articolo e a pezzi. Le prime considerazioni che mi sono venute sono, attendo il conforto di persone più esperte di me:
1) Il neoliberismo c'entra poco anzi pochissimo. Il fatto che una banca si indebiti e pretenda che i suoi debiti siano pagati dallo Stato non ha nulla a che vedere con il neoliberismo. Il neoliberismo prevede che quella banca fallisca, arrivederci e grazie. Pretendere di pagare i debiti privati con denaro pubblico è una forma distorta, ma molto reale, di socialismo.
2) Nel caso dell'Italia il debito non è quello delle banche, ma proprio quello dello Stato. Non sono situazioni simili. In un caso si può tranquillamente far fallire una banca, nell'altro c'è il problema di far fallire uno Stato. Concretamente vuol dire che domani mattina non si pagano più gli stipendi.
Nel 2006 le banche islandesi non riescono piu' a finanziarsi sul mercato obbligazionario, la situazione migliora quando il governo offre la propria garanzia e gli istituti islandesi iniziano ad offrire (tramite le loro filiali estere) tassi di deposito piu' alti rispetto ai concorrenti. Nel 2008 succede quello che sai, la corona islandese subisce una svalutazione violenta e le banche dell'isola chiedono l'aiuto della banca centrale islandese e della BCE. Nell'ultima fase, il governo che fino ad allora era stato troppo lassista ed aveva fatto crescere banche (fin troppo aggressive) senza alcun controllo, spesso attuando politiche economiche abbastanza cieche, decide di nazionalizzarle
3) La democrazia diretta non è mai una buona cosa soprattutto quando si parla di milioni di persone. Le esperienze più simili alla democrazia diretta le abbiamo con Napoleone III e con i totalitarismi del '900.
4) Ciò che dovrebbero capire i cittadini italiani e co. riguarda la distribuzione del peso del risanamento. Non dovrebbe riguardare semplicemente ricchi e poveri, ma capitali produttivi ed improduttivi. In pratica la distorsione non è avvenuta tra ricchi e poveri di oggi, ma tra generazioni precedenti ed attuali in particolare future.
Ha argomentato Trixam, la situazione e' piu' complessa e francamente non ho ne' tempo ne' voglia di scrivere un wall of text.
In sintesi: il boom economico islandese inizia nel 2001, a seguito della dot com bubble, le banche USA ed europee potevano beneficiare dei bassissimi tassi d'interesse della FED/BCE, concedere prestiti e successivamente rientrare a maturita' del credito incassando lo spread tra il tasso di sconto ed il tasso di interesse mutuario (questa e' l'attivita' piu' semplice, nel caso dell'Islanda credo ci fossero in giro anche parecchie transazioni di RMBS).
Quella crisi ha portato all'espansione creditizia, come nella fase elastica di qualsiasi bolla il valore dei beni aumentava, le banche securitizzavano il credito e spesso investivano oversea facendo ricorso a prodotti dal pricing piuttosto complesso laddove volessero spostare il rischio. La corona islandese si apprezzava (terribilmente), le imprese locali si espandevano usando il credito (l'Islanda e' un paese di 300mila abitanti)ed i governi avevano lanciato una serie di programmi di stampo Keynesiano (per bilanciare il crollo dell'export a seguito del currency appreciation), in estrema sintesi, il bilancio pubblico era piu' che raddoppiato mentre il valore degli immobili quintuplicava. Quando l'inflazione inizia a farsi sentire, la banca centrale islandese decide di alzare i tassi, il carry trade USD/ISK diventa una delle opportunita' d'investimento migliori, le imprese islandesi fanno ricorso all'eterofinanziamento straniero, il flusso creditizio si arresta brevemente nel 2006, le banche islandesi non riescono a collocarsi ed il governo giunge in loro soccorso, per incrementare i depositi vengono aperte filiali estere e promessi tassi di deposito piu' alti della concorrenza, simultaneamente le obbligazioni bancarie islandesi vengono collocate in giro per il mondo. Nel 2008 succede quello che succede, la corona si deprezza violentemente, le banche che fino ad allora avevano goduto di una liberta' quasi assoluta si ritrovano ad essere piene di spazzatura, chiedono l'aiuto del governo e della banca centrale islandese (anche la BCE avvia una linea creditiza)e vengono nazionalizzate, il paese dichiara il default sia sul debito pubblico pregresso che su quello bancario (che nel frattempo e' diventato pubblico), i risparmiatori stranieri (che all'Islanda avevano prestato in buona fede) vengono inculati, l'IMF fa da babysitter.
In a nutshell: le banche sono cresciute troppo mentre il governo non controllava anzi foraggiava certe operazioni, certi settori si ingigantivano senza alcun controllo mentre la politica era complice, da un lato si spendeva, dall'altro si chiedeva agli istituti di essere sempre piu' aggressivi, quando la situazione peggiora (un po' a causa di elementi macro, in parte per il carry trade e l'imprevedibile crisi del 2008) il castello di carte crolla, enti creditizi nazionalizzati e gli islandesi decidono di porgere il dito medio a quei poveracci che il loro sviluppo l'avevano pagato in prima persona. Ora una cosa del genere e' possibile per un paese piccolo, se l'avesse fatta uno stato piu' grande (ad esempio la Spagna) come minimo dovresti aspettarti una guerra continentale.
Molti dei prestiti non erano state insured, per intenderci, erano garanzie fornite dallo shadow banking system (la legge britannica permette la reipotecazione dei beni in deposito previa consenso) poi concesse dalle banche come prestiti, gli islandesi si son pappati soldi di gente che mai avra' l'opportunita' di ricevere un rimborso in quanto privi di garanzia, sia essa proveniente dall'Islanda o da una qualsiasi autorita' straniera.