11 metri
di Francesco del Grosso
Tutti per Ago, capitano degli «11 metri»
Ma i giallorossi di oggi disertano
ROMA - Undici metri è la distanza fra il dischetto del calcio di rigore e la linea della porta. «11 metri» è anche una distanza virtuale fra Agostino Di Bartolomei, storico capitano della Roma che finì i suoi giorni il 30 maggio 1994 sparandosi al cuore a 39 anni con una P38, e quel mondo che forse non lo riuscì a capire fino in fondo. E «11 metri» s'intitola il film di Francesco Del Grosso, proiettato lunedì 31 ottobre alle 18 nella sala Petrassi.
Red carpet disertato. All'Auditorium ha sfilato la vecchia guardia della Roma, qualche tifoso illustre come Carlo Verdone, ma nessuno della Roma di oggi. «Peccato, forse qualcuno poteva venire», commenta Verdone. E sì che erano attesi, tra gli altri, Perrotta e De Rossi: dopo la sconfitta con il Milan, forse, nessuno aveva voglia di un bagno di folla. Anche perchè, a Trigoria a fine allenamento, lunedì c'è stato un lungo faccia a faccia tra il tecnico e i giocatori chiusi negli spogliatoi. Il clima è positivo, ma la tensione sale nonostante l'unità d'intenti e soprattutto la mancanza di risultati che inizia a far incrinare la fiducia.
Ma la Roma di ieri non è mancata all'Auditorium per ricordare capitan Agostino. Sono arrivati giornalisti,e vecchie glorie: Ubaldo Righetti, Roberto Pruzzo e Odoacre Chierico. C'era anche Antonello Venditti, che a Diba (e a Marco Pantani e Luigi Tenco, vite diverse, un solo destino) dedicò «Tradimento e perdono», mentre De Gregori s'ispirò a lui per «La leva calcistica del '68» («Ma Nino, non aver paura...»). Colonna sonora insieme alle musiche originali di Raffaele Inno.
In sala la vedova di Ago, Marisa De Santis, e i figli Luca e Gianmarco, nato da una precedente relazione della donna. Biglietti andati a ruba, difficile trovare posto. «Segno di quanto ancora oggi Di Bartolomei, cresciuto fra Tormarancia e Garbatella, schivo ma affettuoso, sia amato da tutti noi» commenta il regista ventinovenne, già autore di un bellissimo ritratto di Vittorio Mezzogiorno premiato al Festival di Venezia.
«Vado alla ricerca dell'uomo - precisa Del Grosso - attraverso le testimonianze di chi l'ha conosciuto. Più che un diario intimo, il mio è un road movie emozionale, un incrocio di luoghi e di persone per capire di più su quella morte avvenuta il 30 maggio, a dieci anni esatti dalla finale della Coppa Campioni persa dalla Roma contro il Liverpool ai rigori. Solo un caso?».
Così Marisa racconta di Agostino sullo sfondo di San Marco di Castellabate, il paese di lei dove si ritirò a vivere negli ultimi anni, portando la Salernitana dalla C1 alla serie B, scontrandosi però con alcune difficoltà. Il progetto è nato lì, nella cittadina che fa da sfondo al film «Benvenuti al Sud»: uno dei produttori, Daniele Esposito, incontra Marisa, le chiede di Ago. Viene contattato Del Grosso.
Case basse, gente alla mano, la lontananza dal «centro» che allarga il respiro, ma può anche soffocarlo, quando ti chiami Agostino Di Bartolomei, hai vissuto una carriera gloriosa, e ti ritrovi a scrivere ai dirigenti della squadra a Roma con la voglia di esserci ancora, ma quelli ti salutano, e basta.
«Probabilmente Di Bartolomei soffriva per non essere stato chiamato in un ruolo da dirigente - spiega il regista -. Voleva costruire un centro sportivo ma si ritrovò stretto fra le maglie della burocrazia. Colto e intelligente, amico di politici come Andreotti e di artisti come Guttuso, di vescovi e cardinali, un passato nella Democrazia cristiana, il suo avvicinamento a Forza Italia venne letto da alcuni come un cambio di casacca. Ci fu chi non glielo perdonò».
Del Grosso fa parlare Luca dentro l'oratorio San Filippo Neri di Roma, dove Ago tirò i primi calci a un pallone. Riporta lo storico presidente della Salernitana Giuseppe Soglia dentro lo stadio Arechi, i compagni di squadra con i capelli ingrigiti a Trigoria, a Milanello, all'Olimpico. «Il mondo del calcio avverte un grande senso di colpa per quel che è successo, anche se il film non è un'apologia di Agostino - conclude il regista -. Nelle interviste sono evidenti le sue passioni come anche le sue paure, un orgoglio e un pudore che gli impedivano di chiedere». Si ride anche: Berlusconi che in Vaticano paragona il carisma di Karol Wojtyla a quello del suo Milan, gli sfottò fra amici di squadra. Trentanove interviste, settanta ore di materiale d'archivio, sei mesi di montaggio. Resta quella domanda: «Perché?».
Il tradimento e il perdono di Agostino Di Bartolomei: "11 metri" commuove Roma
Una staffilata. Come quelle che Ago Di Bartolomei, numero 10 atipico, piazzava agli angoli delle porte, gonfiandole, quasi rompendole. Ecco cos'è 11 metri, uno degli eventi della sezione L'altro cinema/Extra: una bomba dalla distanza, sotto il sette, imparabile. E Francesco Del Grosso, coautore del già bellissimo documentario "Negli occhi" su Vittorio Mezzogiorno, qui fa proprio il regista alla Di Bartolomei. Parte da dietro, firma il film lasciando alla storia, generosamente, tutto lo spazio di cui ha bisogno. Ma non abdica al suo
di Boris Sollazzo - Il Sole 24 Ore - leggi su
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