Esame avvocato: la commissione non può valutare più di 300 candidati-altalex-

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00martedì 29 novembre 2005 23:12

Esame avvocato: la commissione non può valutare più di 300 candidati
TAR Piemonte, sez. I, sentenza 12.10.2005 n° 2904 (Giuseppe Buffone)

Il provvedimento di non ammissione alle prove orali dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione forense è da ritenersi illegittimo allorché la relativa commissione abbia valutato le prove scritte di un numero di candidati superiore al contingente massimo (trecento unità) stabilito dalla legge.

E’ questa la lettura ermeneutica data dal Tar Piemonte all'articolo 22 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito in legge 22 gennaio 1934, n. 36: “tale articolo, sostituito prima dall'articolo 1 della legge 27 giugno 1988, n. 242 e, successivamente, dall'articolo 1 bis del decreto legge 21 maggio 2003, n. 112, disciplina, tra l'altro, la nomina delle sottocommissioni d'esame e prevede, al comma 8, che a ciascuna sottocommissione non possa essere assegnato un numero di candidati superiore a trecento”.

Nella fattispecie sottoposta all’esame del Tribunale amministrativo, la sottocommissione de qua si era occupata di un bacino comprensivo di 359 candidati, superando, quindi, il limite legale previsto: la stessa, tuttavia, sosteneva che si trattasse di una mera irregolarità e non anche di un vizio formale censurabile con l’illegittimità dei provvedimenti consequenziali.

Il Collegio giudicante ritiene di non poter condividere la tesi della mera irregolarità sulla base di due argomentazioni:

1. in primo luogo, il dato testuale della legge - "a ciascuna sottocommissione non può essere assegnato un numero di candidati superiore a trecento" - tale da non ammettere deroghe di sorta;

2. in secondo luogo, “tale disposizione deve essere letta congiuntamente all'articolo 23, comma 4, del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, come sostituito dall'articolo 6 della legge 27 giugno 1988, n. 242, che fissa in sei mesi dalla conclusione delle prove il termine finale per la revisione dei lavori scritti, salvo proroga di ulteriori novanta giorni”

Dalle argomentazione richiamate, il Collegio ritiene di poteri evincere il chiaro disegno legislativo volto a garantire, da un lato, “la celerità delle operazioni di revisione delle prove scritte e, dall'altro, attraverso la previsione del numero massimo di candidati scrutinabili dalla singola sottocommissione, che tale esigenza di solerzia non vada a discapito dell'accuratezza delle operazioni e della ponderazione dei conseguenti giudizi”.

Conclude, quindi, il Tar Piemonte, che “tali condizioni non possono essere garantite laddove il numero dei candidati assegnati alla sottocommissione superi, come nel caso di specie, di quasi il 20% il limite massimo previsto dalla legge.

Segnatamente, il Collegio amministrativo ritiene che ne possano costituire riprova i tempi ridottissimi che, come testimoniato dal verbale prodotto in atti dalla ricorrente, la sottocommissione ha dedicato alla revisione degli elaborati scritti.

Nella fattispecie, peraltro, il Collegio censura per eccesso di potere anche l’errore in cui sono incorsi i commissari nell’apporre il giudizio alfanumerico sulla “brutta copia” anziché su quella definitiva: tale “svista” non è certo un mero errore irrilevante ma configura chiaramente eccesso di potere nella figura sintomatica della carenza di istruttoria.

La sentenza del Tar Piemonte che segue, è ammirevole per lo sforzo posto in essere al fine di superare il tradizionale arresto del Consiglio di Stato , (sez. IV, sentenza 17.09.2004 n° 6155), in tema di sindacabilità dei tempi medi di correzione degli elaborati dei candidati: secondo l’insegnamento di Palazzo Spada, infatti, “sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo il controllo dei tempi medi di correzione degli elaborati” (cfr. IV, ordinanza 7 febbraio 2003 n. 470; ordinanza 29 gennaio 2004, n. 385).

Ciò nonostante, è evidente il limite intrinseco della pronuncia piemontese: deve sussistere, in concreto, un superamento della soglia limite di candidati per sottocommissione nel rapporto matematico sancito ex lege.

La pronuncia, comunque, accende il dibattito in ordine alla natura giuridica delle norma de qua: la tesi della mera irregolarità ne proponeva una lettura riduttiva, volta a considerarla alla stregua delle disposizioni meramente ordinatorie, prive di portata precettiva; la tesi del Tar Piemonte, invece, la riconduce all’alveo delle norme imperative, derogabili nei soli modi e limiti ex lege.

L’assorbimento dei motivi, peraltro, esonera il Collegio dal pronunciarsi sull’exceptio ex art. 3 legge 241/1990, (violazione dell’obbligo di motivazione): come ben si sa, tale querelle è tutt’altro che sopita.

(Altalex, 24 novembre 2005. Nota di Giuseppe Buffone)




Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte


Sezione I


Sentenza 12 ottobre 2005, n. 2904


FATTO

La ricorrente ha partecipato all'esame per l'iscrizione all'albo degli avvocati, sessione 2004, presso la Corte d'Appello di Torino.

Al termine delle prove scritte, svoltesi nei giorni 14, 15 e 16 dicembre 2004, gli elaborati dei candidati sono stati trasmessi per la correzione, come previsto dall'articolo 22 del regio decreto n. 1578/1933, alla Commissione di esame istituita presso la Corte d'Appello di Palermo.

Le votazioni attribuite alla ricorrente, pubblicate nel mese di giugno 2005, sono state le seguenti: 26 per il parere in materia civile, 26 per il parere in materia penale e 30 per l'atto giudiziario.

Avendo conseguito un punteggio complessivo di 82, inferiore al minimo stabilito in 90 punti, l'interessata non era ammessa a sostenere le prove orali.

Essa contesta la legittimità di tale determinazione, deducendo all'uopo i seguenti motivi di gravame:

I) violazione di legge in relazione agli artt. 22, 23, 24 e 27 del regio decreto n. 37/1934. Eccesso di potere per incongruità, carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e disparità di trattamento;

II) violazione di legge in relazione all'art. 3 della legge n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione. Violazione di legge in relazione all'art. 22, comma 9, del regio decreto-legge n. 1578/1933, convertito in legge 22 gennaio 1934 n. 36. Eccesso di potere per disparità di trattamento. Violazione dell'art. 23, comma 3, del regio decreto n. 37/1934;

III) eccesso di potere per disparità di trattamento rispetto a procedure valutative identiche di pubblici concorsi;

IV) violazione di legge in relazione agli artt. 17 bis e 30 del regio decreto n. 37/1934. Eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione;

V) violazione di legge in relazione agli artt. 17 bis e 22 del regio decreto n. 37/1934. Eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione;

VI) violazione di legge in relazione agli artt. 17 bis e 30 del regio decreto n. 37/1934. Violazione dell'art. 22, comma 8, del regio decreto-legge n. 1578/1933. Eccesso di potere per disparità di giudizio.

L'esponente chiede, in conclusione, l'annullamento dei provvedimenti impugnati; in via cautelare, ne chiede la sospensione dell'esecuzione e l'ammissione, eventualmente con riserva, alla prova orale.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Giustizia, con il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, eccependo l'inammissibilità del ricorso e, nel merito, contrastandone la fondatezza.

DIRITTO

1. Il Tribunale, valutata la rituale instaurazione del contraddittorio e la sufficienza delle prove in atti, ritiene di dover definire il giudizio, in sede di esame dell'istanza cautelare, con sentenza succintamente motivata, ai sensi dell'articolo 26, commi 4 e 5, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come sostituito dall'articolo 9 della legge 21 luglio 2000, n. 205.

2. In via preliminare, deve essere vagliata l'eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dalla difesa erariale, con riferimento all'omessa notificazione dell'atto introduttivo del giudizio ad almeno un controinteressato.

L'eccezione deve essere disattesa in quanto non sono ravvisabili controinteressati in senso tecnico, ai quali debba essere notificato il ricorso, rispetto all'impugnazione del provvedimento di non ammissione alle prove orali degli esami per l'iscrizione all'albo degli avvocati.

3. Per ciò che concerne il merito, conviene procedere, per l'incidenza sull'intera procedura di esame, dalla disamina dell'ultimo motivo di ricorso con il quale l'esponente deduce la violazione dell'articolo 22 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito in legge 22 gennaio 1934, n. 36.

Tale articolo, sostituito prima dall'articolo 1 della legge 27 giugno 1988, n. 242 e, successivamente, dall'articolo 1 bis del decreto legge 21 maggio 2003, n. 112, disciplina, tra l'altro, la nomina delle sottocommissioni d'esame e prevede, al comma 8, che a ciascuna sottocommissione non possa essere assegnato un numero di candidati superiore a trecento.

L'esponente (non contrastata dall'Amministrazione) afferma che, nel caso di specie, erano stati invece assegnati alla prima Sottocommissione d'esame presso la Corte d'Appello di Palermo, che ne ha valutato le prove scritte, trecentocinquantanove candidati.

La Sottocommissione in parola ha conseguentemente provveduto, nei tempi ordinari previsti dalla legge, a valutare gli elaborati di un numero di candidati ampiamente superiore al contingente massimo previsto dal citato articolo 22, comma 8, del regio decreto-legge n. 1578/1933.

La circostanza sopra enunciata non costituisce, ad avviso del Collegio, mera irregolarità, bensì vizio sostanziale capace di inficiare gli atti successivi del procedimento di esame.

Depongono in favore di tale conclusione due argomentazioni.

In primo luogo, il dato testuale della legge - "a ciascuna sottocommissione non può essere assegnato un numero di candidati superiore a trecento" - tale da non ammettere deroghe di sorta.

Ma, soprattutto, tale disposizione deve essere letta congiuntamente all'articolo 23, comma 4, del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, come sostituito dall'articolo 6 della legge 27 giugno 1988, n. 242, che fissa in sei mesi dalla conclusione delle prove il termine finale per la revisione dei lavori scritti, salvo proroga di ulteriori novanta giorni che, ad ogni buon conto, non risulta essere stata disposta nel caso di specie.

Si evince dalle norme richiamate il chiaro disegno legislativo volto a garantire, da un lato, la celerità delle operazioni di revisione delle prove scritte e, dall'altro, attraverso la previsione del numero massimo di candidati scrutinabili dalla singola sottocommissione, che tale esigenza di solerzia non vada a discapito dell'accuratezza delle operazioni e della ponderazione dei conseguenti giudizi.

Tali condizioni non possono essere garantite laddove il numero dei candidati assegnati alla sottocommissione superi, come nel caso di specie, di quasi il 20% il limite massimo previsto dalla legge (ne possono costituire, d'altronde, riprova i tempi ridottissimi che, come testimoniato dal verbale prodotto in atti dalla ricorrente, la sottocommissione ha dedicato alla revisione degli elaborati scritti).

Il motivo, in conclusione, si appalesa fondato e deve essere accolto.

4. E' quindi opportuno procedere allo scrutinio del primo motivo di ricorso con il quale l'esponente pone in evidenza come la Sottocommissione, in sede di valutazione del parere in materia civile, abbia riportato la votazione in calce alla "brutta copia" dell'elaborato anziché alla "bella copia".

Ovviamente, tale circostanza assume rilievo unicamente quale sintomo inequivoco del fatto che la sottocommissione ha, in realtà, proceduto alla correzione e valutazione della sola "brutta copia", senza esaminare la versione definitiva dell'elaborato.

Osserva il Collegio che, in linea di principio, non può ritenersi precluso alla commissione esaminatrice di valutare la minuta o "brutta copia" di una prova scritta di esame (vale a dire la versione preliminare che il candidato redige prima di trasferirne il contenuto, con le opportune correzioni, in "bella copia").

Ciò può verificarsi, ad esempio, qualora il candidato non abbia potuto, per ragioni di tempo, redigere in tutto o in parte la "bella copia" ovvero anche, in via integrativa, per meglio interpretare segni grafici non chiaramente comprensibili nella stesura definitiva dell'elaborato.

Laddove, invece, non si verifichino tali circostanze, la commissione dovrà esprimere la propria valutazione avendo unicamente riguardo alla stesura formulata nella "bella copia".

Nel caso di specie, non potevano sussistere dubbi circa l'individuazione dell'elaborato da correggere, poiché la minuta consegnata dalla candidata recava in evidenza, nella prima riga della prima facciata, la parola "brutta", mentre la stesura definitiva si apriva con la dicitura "traccia n. 1".

L'erronea individuazione dell'elaborato da sottoporre a revisione è sintomatico di eccesso di potere per carenza di istruttoria.

Inoltre, pur avendo la minuta consegnata dalla ricorrente un contenuto assai simile a quello della stesura definitiva, essa era caratterizzata da numerose abbreviazioni e segni grafici di difficile comprensione che non consentivano un compiuto apprezzamento delle argomentazioni svolte.

Equivale a dire che la Sottocommissione d'esame, valutando la minuta dell'elaborato anziché la sua stesura definitiva, ha formato il proprio giudizio su un lavoro diverso da quello effettivamente redatto dalla candidata, di talché la relativa valutazione risulta inficiata anche sotto il profilo del travisamento dei presupposti fattuali.

Ne consegue l'accoglimento del motivo di gravame.

5. La riscontrata fondatezza dei sopra esposti motivi ha carattere assorbente ed esime il Collegio dal vaglio delle ulteriori censure mosse dalla ricorrente.

Il ricorso, pertanto, è fondato e deve essere accolto.

In conseguenza, deve essere disposto l'annullamento dei provvedimenti impugnati, limitatamente al giudizio di non ammissione della ricorrente alle prove orali, al verbale di correzione delle prove scritte e ai giudizi negativi relativi ai pareri in materia civile e penale.

Ritiene il Collegio che sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del grado di giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, prima Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie, disponendo per l'effetto l'annullamento dei provvedimenti impugnati, nei limiti specificati in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Amministrazione.



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