Ciampi-Berlusconi: scontro istituzionale

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gran generale
00lunedì 23 gennaio 2006 09:25
Duro scontro istituzionale sulle elezioni. E sulla data di scioglimento delle Camere. Quasi due ore di teso confronto fra Ciampi e Berlusconi ieri sera, nello studio del presidente della Repubblica al Quirinale, sono diventate un braccio di ferro interlocutorio fra opposte vedute, alla fine inconciliabili. Muro contro muro. Se ne riparlerà a giorni, dopo l'incontro di Ciampi con Casini e Pera, dai quali Berlusconi ha intanto inviato ieri il ministro Giovanardi per trattare coi partiti i prossimi calendari parlamentari.

Ma un accordo sullo scioglimento sembra davvero lontano. Poi il presidente deciderà in totale autonomia. Fermo restando che solo a lui tocca sciogliere il Parlamento (con la controfirma di Berlusconi), mentre solo al capo del governo (con la controfirma di Ciampi) spetta la scelta del giorno in cui votare. Intanto il messaggio alle Camere è già pronto.

Un inconciliabile conflitto d'opinioni e poteri che ha fatto registrare nel lungo incontro di ieri sera frequenti momenti di freddezza e tensione. Fino alla "minaccia" dello stesso Berlusconi, se non otterrà proroghe sulla data di scioglimento, di ripresentare la legge Pecorella bocciata così com'è. A dispetto di Ciampi. Di questo brutto clima s'avverte chiaro segno perfino nello scarno comunicato ufficiale dell'incontro, diffuso dal Quirinale. Dove si dice che il capo dello Stato ha ricevuto Berlusconi "il quale ha chiesto al capo dello Stato di riferire sui provvedimenti legislativi in discussione presso le Camere". Un atto dovuto di cortesia istituzionale. Nulla di politicamente condiviso.

Per tutto il giorno Ciampi è rimasto distante in tutti i sensi, chiuso nella residenza di Castelporziano. Solo in serata è rientrato al Quirinale. Un'assenza d'interesse e di notizie che la diceva lunga sul gelo che di nuovo corre tra i due palazzi.

Gelo che ha ricoperto parole e virgole di quel lungo incontro. La questione posta da Berlusconi era emersa d'improvviso nei giorni scorsi, dopo la bocciatura della legge Pecorella, dopo la rinuncia del Parlamento a correggere le regole di garanzia tv sotto elezioni. D'improvviso Berlusconi s'è sentito mancare il tempo sotto i piedi. "Serve una settimana in più", come va dicendo in queste ore il ministro Calderoli e come aveva detto lo stesso presidente nel suo colloquio al Quirinale (trattando un leggero sconto sull'iniziale richiesta di due settimane).

Un rinvio "tecnico" della data già concordata di scioglimento delle Camere, decreto che si porta dietro la convocazione dei comizi elettorali e l'avvio della "par condicio" elettorale. Una settimana appena, ha spiegato tentando di convincere Ciampi, per cambiare, adattare e correggere quella legge così frettolosamente approvata e alla quale ha mostrato ieri di tenere davvero tanto, prima dello scioglimento del Parlamento.

Il capo dello Stato ha dovuto prender atto che i suoi ripetuti appelli alla serenità e a non strafare in tv (tre volte in Sicilia, una a Pavia, un appello alla Vigilanza Rai in appena una settimana) erano stati ignorati o addirittura beffati dal capo del governo (a suo dire "estraneo" a quegl'inviti). E registrare l'assoluta opposizione (fino a prova contraria) di metà Parlamento a ogni ipotesi di rinvio dello scioglimento.
leverkuhn83
00lunedì 23 gennaio 2006 09:53


scontro istituzionale.. capisco.. piuttosto grave..

ma una domanda [SM=g27818] : da quando in qua berlusconi è un'istituzione?
(tecnicamente magari, ma in sostanza?)



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