Cassazione: niente carcere all'indagato per violenza sessuale di gruppo

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|Lyuba|
00venerdì 3 febbraio 2012 13:11
La Corte riscrive la morale?
A CURA DI FLAVIA AMABILE

ROMA
La Cassazione ha deciso che il giudice può applicare all’indagato per violenza sessuale di gruppo, in attesa di processo, misure alternative al carcere. È la prima volta che una sentenza della Corte suscita problemi e polemiche?
No, la Corte di Cassazione è l’ultimo grado di giudizio del nostro ordinamento, le sentenze sono inappellabili e a volte, anche per questo, tentano di dare una parola definitiva sulle controversie. E sorprendono.

Spesso la Cassazione si occupa di problemi di coppia. Che cosa non devono fare marito e moglie, secondo le sentenze passate?
Se una donna non vuole essere picchiata deve mostrarsi intimorita. Se per alcuni anni sembra non avere paura non può all’improvviso cambiare atteggiamento. La Corte ha infatti annullato una condanna a otto mesi di carcere a un uomo di Livigno che per tre anni ha picchiato la moglie perché lei, avendo un carattere forte, non si è mostrata intimorita dalle percosse.

E nei casi di stupro?
La donna stuprata deve sperare di non aver indossato i jeans quel giorno, come è capitato a una vittima di violenza che non ha visto riconosciuto lo stupro ai suoi danni perché «l’indumento non è sfilabile senza la fattiva collaborazione di chi lo indossa». Dunque la ragazza che indossa i jeans è consenziente e non è stata stuprata, «perché non si oppone con tutte le sue forze». In realtà non tutti i giudici di Cassazione hanno questa visione dei rapporti fisici. Anzi. In un’altra sentenza è stato stabilito che già solo toccare una donna sotto le ascelle è violenza sessuale. E così la Suprema Corte ha condannato le «avances» di un ragioniere nei confronti di una praticante di studio: le aveva accarezzato i capelli e messo le mani sotto la maglietta toccandole la schiena in corrispondenza del seno. Condannato a due anni e due mesi di carcere, sospesi per la condizionale.

E il caso di stupro su minorenni?
È meno grave la violenza sessuale su una minorenne se la vittima ha già «avuto rapporti sessuali». Anche se la vittima ha 14 anni, perché «è lecito ritenere» che siano più lievi i danni che la violenza sessuale provoca in chi ha già avuto rapporti con altri uomini. In un’adolescente che ha già avuto rapporti «la sua personalità, dal punto di vista sessuale» è «molto più sviluppata di quanto ci si può normalmente aspettare da una ragazza della sua età». Quindi la Cassazione anche se ha considerato «riprovevole» il comportamento di un patrigno di una quattordicenne per la violenza su di lei, ha tenuto pure conto della «consapevolezza» della ragazzina.

Può esserci stupro anche durante un matrimonio?
Secondo i giudici di Cassazione è stupro se il marito puzzolente non si fa la doccia e pretende di fare sesso. Perché impone alla moglie rapporti sessuali senza rispettare la richiesta della donna di farsi prima una bella doccia. Per questo motivo è stato chiesto il rinvio a giudizio nei confronti di un pastore siciliano poco amante dell’uso del sapone e abituato a fare sesso con la moglie appena rientrato dal pascolo delle pecore, senza provvedere a farsi almeno una rapida toeletta preliminare. Dall’accusa di stupro, Mario C. di 51 anni, era stato prosciolto dalla Corte di Appello di Catania nel 2008 in quanto «pur essendo la moglie contraria ai rapporti sessuali, perché l’uomo era solito consumarli al rientro dalla propria attività di pastore, senza praticare alcuna igiene e pulizia del proprio corpo, finiva poi per accettare volontariamente i rapporti». Il pastore immobilizzava le mani e procedeva nei suoi intenti «senza aderire affatto alle richieste del coniuge di effettuare la necessaria igiene corporale». Ad avviso della Cassazione, quindi, si trattava di rapporti «imposti coattivamente».

Che succede in caso di tradimento?
Un uomo di Modena aveva tradito la fidanzata. La loro storia era finita per un po’ mentre lui continuava a vedere altre donne. Poi si sono ritrovati, lei è rimasta incinta, si sono sposati. A quel punto il tribunale ecclesiastico di Modena ha annullato il matrimonio perché l’uomo non ha mai tenuto fede ai cosiddetti «bona matrimoni», ossia non le sarebbe mai stato fedele a vita. La donna, innamorata di quello che ormai era non più solo un fidanzato un po’ espansivo con le donne, ma il padre di suo figlio, aveva presentato ricorso. La Cassazione lo ha respinto. La (non più) moglie, dopo essere stata tradita, si ritrova quindi single, con un figlio a carico e nessun riconoscimento del suo status di ex. Secondo i giudici gli indizi dei tradimenti c’erano, e ben visibili, e l’allora fidanzata non avrebbe potuto non accorgersene. E’ meglio però stare attenti a tradire perché secondo la Cassazione si può finire per pagare l’infedeltà a caro prezzo. Secondo una sentenza della Corte di Cassazione il tradimento, infatti, è un illecito civile.

La Stampa
OneOfTheesedays
00venerdì 3 febbraio 2012 18:11
Mai sentite tante cazzate come nel caso di questa sentenza.
E se me ne rendo conto io che sono una pippa in procedura penale è grave.
Magari si potrà anche dissentire, per carità, è lecito... ma farlo dando informazioni corrette ed evitando la solita sciocca, irritante demagogia chiagnazzara italiana, no eh?

(Giuro che oggi ho fornito dotte e particolareggiate opinioni su questa faccenda, ma tra noi giuristi posso solo dire un solo "bullshits", senza che ne stiamo neanche a discutere??)

(OK ok... ho capito... torno sul topic appena ho tempo)

Paperino!
00venerdì 3 febbraio 2012 19:06
Il problema è che chi fa editoriali sulla cronaca giudiziaria, dovrebbe poi capirne di giurisprudenza.
Questo articolo è incomprensibile, non si sa da dove vuole partire né dove vuole arrivare.
E' solo un'accozzaglia di casi giurisprudenziali mal introdotti e mal commentati.

Cmq, il caso del pastore che voleva fare sesso con la moglie senza prima lavarsi è eccezionale.. [SM=g2725400]
|Lyuba|
00venerdì 3 febbraio 2012 19:26
Secondo me l'autrice scimmiotta un po' la Cassazione, già dal titolo io ho inteso così. La Cassazione cercando di dare "risposte definitive" se ne esce con sentenze, talvolta, "stravaganti". Secondo me per questo dopo elenca una serie di casi abbastanza emblematici, che in un certo senso avvalorano la sua tesi.

Effettivamente il caso del pastore è... [SM=g51998]

Comunque per quanto riguarda l'argomento principale, ossia la possibilità per il giudice di scegliere misure alternative al carcere per l'indagato per violenza sessuale di gruppo in attesa di processo, non sono affatto d'accordo.
Adri84
00venerdì 3 febbraio 2012 19:41
Il problema è il delirio che si crea in conseguenza,gente che sui social network attacca i magistrati perchè "lasciano liberi gli stupratori"
come ho commentato anche su fb,è una non notizia,trasformata ad arte per creare clamore
diegoo.
00venerdì 3 febbraio 2012 19:45
Re:
Adri84, 03/02/2012 19.41:

Il problema è il delirio che si crea in conseguenza,gente che sui social network attacca i magistrati perchè "lasciano liberi gli stupratori"
come ho commentato anche su fb,è una non notizia,trasformata ad arte per creare clamore




e da dare in pasto a simil-teatrini come giletti e d'urso che invitano sempre uno della lega o una donna tipo mussolini/santanchè per inneggiare alla forca [SM=x43815]
|Lyuba|
00venerdì 3 febbraio 2012 19:45
Re:
Adri84, 03/02/2012 19.41:

Il problema è il delirio che si crea in conseguenza,gente che sui social network attacca i magistrati perchè "lasciano liberi gli stupratori"
come ho commentato anche su fb,è una non notizia,trasformata ad arte per creare clamore




Sì, è vero, anch'io su fb ho commentato diversi status del tipo "Ma siamo pazzi?! Da oggi la Cassazione ha deciso che gli stupratori di gruppo non vanno più in carcere! Giudici di me[SM=x43804]" e gli ho scritto che avevano capito male. [SM=x43803]



@Papero, me l'hai modificato tu il titolo? Ero stata troppo prolissa? [SM=g2725336]
Paperino!
00venerdì 3 febbraio 2012 22:09
Re: Re:
|Lyuba|, 03/02/2012 19.45:




Sì, è vero, anch'io su fb ho commentato diversi status del tipo "Ma siamo pazzi?! Da oggi la Cassazione ha deciso che gli stupratori di gruppo non vanno più in carcere! Giudici di me[SM=x43804]" e gli ho scritto che avevano capito male. [SM=x43803]



@Papero, me l'hai modificato tu il titolo? Ero stata troppo prolissa? [SM=g2725336]




Hai fatto un titolo di due metri [SM=x43819]
|Lyuba|
00sabato 4 febbraio 2012 14:37
La precisazione della Corte dopo le polemiche sulla sentenza. "Tutto nasce da un verdetto della Consulta"


ROMA - La sentenza della Corte di Cassazione sullo stupro di gruppo 1 - per il quale non sarebbe obbligatorio il carcere - contiene una "interpretazione doverosa" di una sentenza della Corte Costituzionale. L'alternativa sarebbe stata sollevare una questione di incostituzionalità, che avrebbe portato verosimilmente alla scarcerazione degli indagati per scadenza dei termini di custodia cautelare.

Lo precisa, in una nota, l'ufficio stampa della Corte di Cassazione a proposito della sentenza con la quale è stato stabilito, con effetto estensivo di una pronuncia della Corte Costituzionale, che le persone accusate di violenza sessuale di gruppo possano beneficiare, se sussistono i requisiti, anche di misure cautelari alternative rispetto alla detenzione in carcere. Una sentenza che ha suscitato polemiche e scatenato una ridda di critiche.

"La sentenza della Corte di Cassazione (n. 4377/12 della Terza Sezione penale) - dice la nota - non ha determinato alcuna conseguenza immediata sullo stato detentivo degli imputati. Essi restano in carcere fintanto che non si sarà concluso il giudizio di rinvio davanti al Tribunale del riesame di Roma, che potrebbe anche confermare la precedente valutazione di necessità della misura carceraria".

La Corte di Cassazione nella nota giustifica e conferma la propria decisione che è avvenuta per insufficenza di prove di colpevolezza e per la mancanza di dati sulla comprovata violenza sessuale degli indagati. Solo secondariamente è stata effettuata l'intrepretazione della sentenza n.265 del 2010 della Corte Costituzionale che prevede per i reati a sfondo sessuale, esclusi quelli di natura mafiosa, altri provvedimenti cautelari oltre la carcerazione.

Relativamente a questo secondo aspetto l'alternativa era quella di "investire la Corte Costituzionale", ovvero di dichiarare incostituzionale la sentenza del 2010. Ma la sospensione del procedimento fino alla decisione della Consulta avrebbe potuto determinare la scarcerazione degli imputati per decorrenza dei termini di custodia cautelare. Caso che non si è verificato proprio per la decisone della Corte di Cassazione.
|Lyuba|
00sabato 4 febbraio 2012 16:43
Lo stupro di gruppo delle leggi fatto su Facebook

Ancora una volta si è avuta la dimostrazione di come Facebook può passare da un sistema di pressione sui politici ad un sistema di disinformazione di massa, con uguale efficacia. L'ultimo esempio, in ordine di tempo, lo si è avuto ieri, dopo la diffusione della notizia riguardante una sentenza della Cassazione a proposito degli stupri di gruppo. Vediamo qual è stata la genesi di questa vicenda.
Tutto inizia nel 2009 quando il governo Berlusconi, dopo due o tre casi di stupro che ebbero un certo risalto, emanarono un decreto legge, poi convertito in legge, che aveva al centro una norma che obbligava i magistrati ad usare, come misura cautelare possibile per chi commetteva reati sessuali, solo ed esclusivamente il carcere. Ma attenzione ad un dettaglio importante: questo non significava che tutte le persone accusate di stupro finivano in carcere. Significava che il giudice se trovava che ci fossero gli estremi per il carcere, accordava quello; ma in caso contrario lasciava libero l'accusato. In altri termini, quelli che prima sarebbero andati agli arresti domiciliari, per esempio, con la nuova legge finivano liberi. Una anomalia che è durata fino a quando, nella primavera del 2010, la Corte Costituzionale - investita del problema - sancì che la norma, nella parte in cui limitava le possibilità di scelta del giudice era incostituzionale. E già allora ci furono le stesse polemiche: si disse che i giudici avevano fatto una legge a favore degli stupratori. Ma in realtà si limitava a rimettere il reato di stupro sullo stesso livello degli altri reati, restituendo ai magistrati la libertà di scelta e di valutazione su ogni singolo caso.
Oggi la Cassazione ha aggiunto una interpretazione a questa sentenza della Consulta. Ha detto che quella sentenza, che era stata adottata in riferimento al caso di un singolo individuo accusato di stupro, vale anche per i casi in cui gli imputati siano più di uno. Si tratta di una interpretazione non vincolante, ma di cui i giudici dovranno tenere conto. Anche qua, la sentenza non vuol dire che chi è accusato di stupro non dovrà andare in galera, ma una cosa completamente diversa: vuol dire che il giudice dovrà scegliere, di fronte a persone accusate di stupro di gruppo, se sia più adatto il carcere, gli arresti domiciliari e così via.
Ricordiamo una cosa: qui non parliamo di persone condannate per stupro, ma di persone che sono solo indagate per questo reato. Quindi le misure cautelare - in generale - vanno applicate solo se ci sono almeno una delle seguenti tre condizioni: pericolo di fuga dell'imputato, pericolo di inquinamento delle prove o pericolo di ripetizione del reato. Ma per decidere per il carcere, ce n'è anche un'altra da rispettare: che non ci sia altro modo per tenere sotto controllo la persona in questione. E questa è una situazione difficile da rispettare, soprattutto quando si tratta di un ragazzo.
Invece, tutti questi dettagli non sono stati spiegati sui giornali, dando l'idea - grazie anche a scelte discutibili nei titoli - che la sentenza significasse che laddove ci fosse uno stupro di gruppo, i colpevoli non vanno in galera. Niente di più falso: la pena minima per questo reato è di 6 anni, e quindi non c'è modo di evitare il carcere, se si viene condannati. Ma il punto è proprio questo: un conto è il carcere per una persona che è stata condannata con sentenza definitiva (praticamente obbligatorio, quando la pena supera i 3 anni); un conto è il carcere per una persona che invece non ha subito alcun processo. In questo caso bisogna andarci cauti; e il Codice prevede una certa gradualità nelle scelte da parte dei giudici.
Invece su Facebook è un fiorire di link e di commenti che parlano di incentivi allo stupro e di libertà per gli stupratori. Un qualcosa che non è mai passata per la mente di nessuno dei giudici che hanno emesso la sentenza. Ma questo dipende anche da un altro brutto vizio molto diffuso, che si può sintetizzare con "assoluta mancanza di senso critico". Infatti, la maggior parte delle persone, quando legge un articolo o quando sente una notizia in TV, non si chiede se sia verosimile o meno, se sia possibile o meno. La accetta o la rifiuta a priori, magari solo per ragioni di "tipo" politico o ideologico. Invece nulla va preso per oro colato, tutto va valutato, "pesato", diciamo così. Ed è una cosa che in pochi fanno, purtroppo.
erika-88
00martedì 7 febbraio 2012 10:50
Lyuba... Posso farti una statua d'oro?!
Paperino!
00martedì 7 febbraio 2012 11:04
Bene, questo può essere un esempio scolastico di un "difetto", sempre esistito a livello più o meno latente, ma del quale Facebook agisce come detonatore, moltiplicandolo esponenzialmente:
tutti che si mobilitano (fanno finta di), e nessuno che capisce un cazzo (e nemmeno è realmente interessato ad approfondire).
La capacità critica la lasciamo nel cassetto.
nando85
00martedì 7 febbraio 2012 11:37
Re:
Paperino!, 07/02/2012 11.04:

Bene, questo può essere un esempio scolastico di un "difetto", sempre esistito a livello più o meno latente, ma del quale Facebook agisce come detonatore, moltiplicandolo esponenzialmente:
tutti che si mobilitano (fanno finta di), e nessuno che capisce un cazzo (e nemmeno è realmente interessato ad approfondire).
La capacità critica la lasciamo nel cassetto.




[SM=x43799] [SM=g2725401]
OneOfTheesedays
00martedì 7 febbraio 2012 13:24
segnalo anche questo articolo che mi è piaciuto molto.

Violenza di gruppo e informazione demagogica

La Cassazione ha stabilito che non deve applicarsi obbligatoriamente la misura cautelare della custodia in carcere per gli indagati del reato di violenza sessuale di gruppo. La notizia si è rapidamente sparsa sul web facendo ritenere che la Suprema Corte avrebbe detto che gli stupratori non devono più andare in carcere e così risultando in un’umiliazione per le donne o quanto meno in una grave e incomprensibile sottovalutazione di un delitto particolarmente odioso.

Ovviamente ne sono seguite le varie reazioni indignate in difesa delle donne. E chi non sta dalla parte della donna e della persona offesa in generale in fatti simili? La Cassazione allora è composta da maschilisti retrogradi e insensibili? Capisco che la notizia presentata così sia più appetitosa e stimoli maggiormente il populismo forcaiolo, ma le cose stanno diversamente e la Cassazione non solo non è impazzita ma ha applicato un principio addirittura di rango costituzionale. Proviamo a fare chiarezza.

Anzitutto qui non si sta parlando della pena, ma della misura cautelare applicabile. Quindi si tratta di capire quali misure applicare a indagati (non stupratori, ma indagati) ancora non dichiarati colpevoli con sentenza definitiva e che quindi godono ancora della presunzione di colpevolezza. L’ordinamento sacrifica parzialmente questo principio laddove qualcuno sia accusato di reati gravi e in presenza di due fondamentali e ulteriori presupposti: presenza di gravi indizi (che però appunto non sono prova certa e garanzia di condanna) e sussistenza di esigenze cautelari, ovvero se c’è il rischio che l’indagato commetta altri reati gravi oppure che si dia alla fuga o ancora che cerchi di inquinare le prove. Solo in presenza di questi rigidi presupposti è possibile infliggere una limitazione della libertà personale anche ad una persona ancora non giudicata in maniera definitiva colpevole.

E’ una scelta sempre difficile e anche dolorosa perchè la presunzione di non colpevolezza è una cardine del nostro diritto, ma di fronte a determinati rischi e pericoli si giustifica la scelta di applicare una misura cautelare. Ciò detto si tratta di decidere quale misura. Il codice ci fornisce una regola di fondo: “la custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata”. Il carcere, insomma, è l’ultima spiaggia, e si deve ricorre a tale estremo strumento solo se ogni altra strada appare insufficiente. Quali sono le altre strade? Gli arresti domiciliari, l’obbligo di dimorare in un certo comune o di non andare in un certo posto, il divieto di vivere con la famiglia (per determinati reati “domestici”), ecc…

Può anche accadere che nonostante si tratti di un reato molto grave sia sufficiente una misura meno grave del carcere e vi faccio un esempio per farmi capire. Esiste un reato più grave e orribile che uccidere un neonato? Non credo, eppure Anna Maria Franzoni ha atteso la sentenza definitiva da persona libera e solo dopo è andata in carcere. Un paradosso? Non direi, e che si sia trattato di una scelta equilibrata lo dimostra il fatto che nel frattempo ella non ha commesso altri reati: quindi da questo punto di vista i giudici hanno giustamente ritenuto che non fosse necessario adottare misure restrittive nonostante l’estrema gravità del delitto e la presenza di indizi gravissimi che infatti poi hanno condotto alla condonna e alla pena detentiva.

Per tornare al reato di violenza sessuale di gruppo, il legislatore aveva tentato di obbligare i magistrati a tenere sempre in carcere gli indagati per taluni reati (tra cui quelli di violenza sessuale). La Corte Costituzionale ha bocciato una simile scelta, priva di razionalità giuridica e di buon senso: la presunzione di innocenza non può essere gettata alle ortiche e dovrà sempre valutarsi caso per caso e persona per persona se è necessario applicare una misura e quale tra le varie misure sia la più idonea e quella comunque sufficiente a garantire le esigenze cautelari.

Aggiungo solo che lo Stato ogni anno paga svariati milioni di euro per risarcire persone ingiustamente detenute, ovvero che sono state tenute in carcere e poi assolte nel processo: questo dato, che non sto qui adesso a commentare, ci dice quanto meno che anche in fase cautelare ci si può sbagliare e quindi serve grande equilibrio. Equilibrio nel saper tutelare e proteggere la persona offesa e la sicurezza pubblica in generale da un lato, garantendo però i diritti dell’indagato e difendendo i principi fondamentali dello Stato di diritto, che non deve mai cedere alla paura.

Che l’ex ministro Carfagna dica che così “si manda un messaggio sbagliato” la dice lunga sul senso del diritto di certa politica: i magistrati con i loro provvedimenti non mandano messaggi, ma accertano fatti e applicano la legge e la Costituzione a casi specifici e persone specifiche. Esistono sistemi in cui le persone vengono usate per mandare messaggi tramite provvedimenti esemplari e non calibrati sul caso specifico: sono i sistemi fascisti e illiberali.

(Marco Imperato sul Fatto quotidiano)
Giubo
00martedì 7 febbraio 2012 15:13
questo conferma di quanto mediocre sia il livello medio dell'informazione che non riesce a informare compiutamente il cittadino, e lo dico da parte in causa.
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