"I crimini staliniani non sono genocidio"

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J.Rebus
00giovedì 23 dicembre 2010 11:28
I crimini staliniani non sono genocidio" Fonte: NICOLA LOMBARDOZZI - la Repubblica | 23 Dicembre 2010


Sei Paesi est europei chiedono l´equiparazione alla Shoah. La Ue dice no. Il gruppo, guidato dalla Lituania, chiedeva una legge per punire chi nega i massacri sovietici

Mosca - Auschwitz e Katyn sono due tragiche tappe della Storia, ma non possono essere paragonabili per legge. La ferocia della repressione staliniana, la deportazione e lo sterminio di centinaia di migliaia di persone nella fase finale della Seconda guerra mondiale, non saranno equiparate giuridicamente dall´Europa al terrore dell´Olocausto perpetrato con metodica pianificazione dalla macchina del terrore nazista.
Al Cremlino, che pure è particolarmente impegnato in questi ultimi tempi nel riconoscere le gravi responsabilità del passato regime come il massacro degli ufficiali polacchi a Katyn, si è tirato un sospiro di sollievo quando la Commissione europea ha deciso di respingere una richiesta avanzata da sei governi. Chiedevano di proibire e perseguire in tutto il territorio della Ue la negazione dei crimini staliniani esattamente come avviene da tempo per chi neghi il genocidio degli ebrei. Una richiesta formulata dal governo lituano che da anni brilla per una politica anti-russa e minimizzatrice nei confronti dei crimini nazisti. E firmata anche da Lettonia, Ungheria, Romania, Bulgaria e Repubblica ceca. Tutti Paesi segnati da un orrore senza fine provocato dalle truppe occupanti sovietiche.
Ne è venuto fuori un acceso dibattito a Bruxelles, che ha coinvolto storici e politici e che si è concluso con un nulla di fatto. «Opinioni troppo diverse per prendere una decisione», è stato il verdetto finale. Ostacolo fondamentale per una legge antinegazionista è la definizione stessa di genocidio, che si attribuisce alla persecuzione di un´etnia o di un gruppo politico in particolare. E nel caso dei crimini staliniani in Europa, queste condizioni giuridiche non ci sono. Ci sarebbero semmai in altre terribili imprese compiute all´interno dell´Urss, con spostamento di intere popolazioni - come i calmucchi - in sperdute destinazioni siberiane e in lager che ne decimarono un numero ancora non calcolato di persone. Per questo, per evitare rivendicazioni interne, a Mosca si contava in un "no" europeo che fermasse sul nascere altre possibili iniziative.
Un´altra debolezza della proposta lituana era la troppo scoperta posizione del governo di Vilnius, che da tempo tende a considerare le truppe naziste come "liberatrici". Proprio un mese fa un articolo del ministro degli Interni lituano, lo storico Petras Stankeras, fece indignare gli ambasciatori di sette paesi europei. Sosteneva infatti che «la svastica è un simbolo importante per la Lituania», e definiva l´Olocausto «una leggenda».
Interpellato dal Guardian, il cacciatore di nazisti Efraim Zuroff, del centro Wiesenthal, non ha dubbi: «Qualcuno cerca una falsa simmetria. Non si può paragonare la gente che immaginò e costrui Auschwitz a chi, pur con troppi crimini orrendi, liberò l´Europa dal nazismo».
lucas22
00giovedì 23 dicembre 2010 11:35
si
e
cicciolina è vergine
giusperito
00giovedì 23 dicembre 2010 19:59
I lituani eccedono.. ma certe cose non si possono sentire
Primalux
00giovedì 23 dicembre 2010 20:55
ma eccedono cosa...ma stiamo scherzando!stiamo parlando di crimini identici,perpetrati con la stessa ferocia e il fatto che sei governi ne chiedono l'equiparazione è sintomatico di un disagio vissuto allora ma che ha lasciato un segno indelebile nei Paesi dell'est!Mi è capitato anni fa di andare ad Budapest, e vi assicuro che l'odio che ho visto negli occhi di quella donna( la nostra guida turistica)quando parlava di ciò che aveva vissuto il suo paese in quegli anni non l'ho mi visto!I suoi occhi erano colmi di tristezza!
Stalinismo non è marxismo, stalinismo non è comunismo!E' una dittatura che ha portato orrore, sangue e distruzione!sinceramente non ci trovo nessuna differenza se non le motivazioni politiche estenti alla base!




giusperito
00venerdì 24 dicembre 2010 03:20
Re:
Primalux, 23/12/2010 20.55:

ma eccedono cosa...ma stiamo scherzando!stiamo parlando di crimini identici,perpetrati con la stessa ferocia e il fatto che sei governi ne chiedono l'equiparazione è sintomatico di un disagio vissuto allora ma che ha lasciato un segno indelebile nei Paesi dell'est!Mi è capitato anni fa di andare ad Budapest, e vi assicuro che l'odio che ho visto negli occhi di quella donna( la nostra guida turistica)quando parlava di ciò che aveva vissuto il suo paese in quegli anni non l'ho mi visto!I suoi occhi erano colmi di tristezza!
Stalinismo non è marxismo, stalinismo non è comunismo!E' una dittatura che ha portato orrore, sangue e distruzione!sinceramente non ci trovo nessuna differenza se non le motivazioni politiche estenti alla base!







i lituani eccedono quando parlano di nazisti come liberatori e negano il genocidio degli ebrei.. per il resto hanno ragione..

detto ciò io questa differenza tra il marxismo\comunismo e lo stalinismo proprio non ce la vedo..
...Leon...
00venerdì 24 dicembre 2010 11:06
Sono Antistalinista nella misura in cui sono Antifascista.
In misura quindi pressochè TOTALE.

Ma i crimini dell' apparato stalinista non rappresentato di per loro un genocidio, se per genocidio intendiamo, secondo la definizione data dalle nazioni unita, 'gli atti commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso'.

E' ovvio che in alcuni contesti come quello della deportazione di massa dei Kulaki c'è stata un'opposizione politica atroce e condannabile sotto tutti i punti di vista, ma di questo si tratta. Non di genocidio.
Selkis
00venerdì 24 dicembre 2010 11:13
Re:
...Leon..., 24/12/2010 11:06:

Sono Antistalinista nella misura in cui sono Antifascista.
In misura quindi pressochè TOTALE.

Ma i crimini dell' apparato stalinista non rappresentato di per loro un genocidio, se per genocidio intendiamo, secondo la definizione data dalle nazioni unita, 'gli atti commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso'.

E' ovvio che in alcuni contesti come quello della deportazione di massa dei Kulaki c'è stata un'opposizione politica atroce e condannabile sotto tutti i punti di vista, ma di questo si tratta. Non di genocidio.




Appunto, nessuno sminuisce. Sono stati crimini atroci QUANTO un genocidio, ma non è stato un genocidio.
trixam
00venerdì 24 dicembre 2010 11:42
Mi pare incredibile che ci siano ancora persone che nel ventunesimo secolo ragionano come se fossimo negli anni 50, distinguendo i crimini sotto la categoria dello stalinismo, dal resto che magari era sbagliato nei mezzi ma non nei fini.

Sarebbe come se distinguessimo l'hitlerismo a cui addebitare i crimini del nazismo, dal resto della dottrina che forse poteva essere salvato.
Non c'erano fior di intellettuali che testimoniavano che sotto hitler la povertà in germania era diminuita e c'era più giustizia sociale?

Il comunismo è stato un crimine contro l'umanità, punto. Non esiste la possibilità di un comunismo democratico, il comunismo porta sempre al gulag, stalin o non stalin.
I paesi dell'est che hanno vissuto le gioie del comunismo lo sanno bene, capisco quindi la loro voglia di affermare anche storicamente la loro sofferenza. Infondo se ci pensiamo, la seconda guerra mondiale cominciò per salvare la polonia e alla fine, dopo che centomila polacchi erano morti negli eserciti alleati, l'Italia fascista si ritrovò libera e democratica, mentre la polonia sotto il tacco di stalin.
In occidente, dove il comunismo è stata per la maggior parte solo una esperienza intellettuale, questo non lo capiremo mai.
Montanelli racconta che nel 1937 si trovava in estonia e le mamme per spaventare i bambini dicevano: "ti mando dai russi".
I paesi baltici, che avevano una fiera storia di indipendenza anche sotto gli zar, vissero l'occupazione russa come un trauma profondo, allo stesso modo della finlandia con la Carelia.
Stalin per spezzare quello spirito di indipendenza tentò di annientare la cultura di quei paesi togliendo ad esempio i figli alle famiglie per mandarli a crescere nelle comuni in russia. Questo si può configurare come un tentativo di genocidio culturale, per fortuna non riuscito.
Resta il fatto che è vero che oggi questi paesi si stanno comportando male con le minoranze russe, replicando spesso gli atteggiamenti dei loro ex oppressori.

La shoah però resta un unicum nella storia, a cui nessun crimine può essere avvicinato.
trixam
00venerdì 24 dicembre 2010 12:02
Re:
...Leon..., 24/12/2010 11.06:

Sono Antistalinista nella misura in cui sono Antifascista.
In misura quindi pressochè TOTALE.

Ma i crimini dell' apparato stalinista non rappresentato di per loro un genocidio, se per genocidio intendiamo, secondo la definizione data dalle nazioni unita, 'gli atti commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso'.

E' ovvio che in alcuni contesti come quello della deportazione di massa dei Kulaki c'è stata un'opposizione politica atroce e condannabile sotto tutti i punti di vista, ma di questo si tratta. Non di genocidio.




La definizione dell'onu è un po' ristretta visto che anche l'unione sovietica contribuì a formarla.
Se pensiamo a definizioni di studiosi, come quelle di Horowitz che sottolinea il ruolo chiave della burocrazia e parla di genocidio come sterminio sistematico di persone innocenti, mi sembra che con i Kulaki ci stiamo dentro alla grande.

...Leon...
00venerdì 24 dicembre 2010 12:12
Re: Re:
trixam, 24/12/2010 12.02:




La definizione dell'onu è un po' ristretta visto che anche l'unione sovietica contribuì a formarla.
Se pensiamo a definizioni di studiosi, come quelle di Horowitz che sottolinea il ruolo chiave della burocrazia e parla di genocidio come sterminio sistematico di persone innocenti, mi sembra che con i Kulaki ci stiamo dentro alla grande.




Se allargassimo ad capocchiam il campo visivo potrei sostenere che anche la sparizione sistematica dei giovani dissidenti politici cileni durante la dittatura di Pinochet sostenuta dagli U.S.A. è genocidio, ma sarebbe una definizione forzata.
E' stata una barbarie umana, ma non certo genocidio.
JuanManuelFangio
00sabato 25 dicembre 2010 17:51
Re: Re:
giusperito, 24/12/2010 3.20:



i lituani eccedono quando parlano di nazisti come liberatori e negano il genocidio degli ebrei.. per il resto hanno ragione..

detto ciò io questa differenza tra il marxismo\comunismo e lo stalinismo proprio non ce la vedo..




In che senso? Cioè, secondo te, un Marxista è necessariamente anche stalinista?
E' una domanda sincera, non per polemica, giuro.
giusperito
00sabato 25 dicembre 2010 23:37
Se prendi in considerazione il pensiero di Marx nelle sue componenti principali (dittatura del proletariato, rivoluzione e necessità storica del comunismo), allora diventa difficile che non si abbia come diretta conseguenza lo stalinismo (mi domando quale sia la differenza con il leninismo a cui alcuni sentono di appartenere). Si tratta di un problema tipico di ogni teoria della dittatura. Sono profondamente convinto che non esista dittatore buono.. possano anche essere il popolo, il proletariato, gli sfruttati e i santi..
trixam
00lunedì 27 dicembre 2010 13:22
Re: Re: Re:
...Leon..., 24/12/2010 12.12:



Se allargassimo ad capocchiam il campo visivo potrei sostenere che anche la sparizione sistematica dei giovani dissidenti politici cileni durante la dittatura di Pinochet sostenuta dagli U.S.A. è genocidio, ma sarebbe una definizione forzata.
E' stata una barbarie umana, ma non certo genocidio.




Per te la deportazione e la morte di 5 milioni di persone innocenti(stima per difetto) organizzata dallo stato perché non condividevano il suo progetto di sviluppo economico è allargamento ad capocchiam?
Bell'umanitarismo che avete voi sweet souls.

trixam
00lunedì 27 dicembre 2010 13:36
Re:
giusperito, 25/12/2010 23.37:

Se prendi in considerazione il pensiero di Marx nelle sue componenti principali (dittatura del proletariato, rivoluzione e necessità storica del comunismo), allora diventa difficile che non si abbia come diretta conseguenza lo stalinismo (mi domando quale sia la differenza con il leninismo a cui alcuni sentono di appartenere). Si tratta di un problema tipico di ogni teoria della dittatura. Sono profondamente convinto che non esista dittatore buono.. possano anche essere il popolo, il proletariato, gli sfruttati e i santi..




Gius non è necessariamente così.
Non è che stalin calò dal cielo in russia. Stalin era un portatore di una linea politica che dopo una battaglia sanguinaria prevalse su quelle avversarie, la destra di bucharin e la sinistra di Trocky. Se Trocky avesse vinto, avremmo avuto una storia politica diversa anche se ugualmente una feroce dittature, perché un comunismo democratico non può esistere.
Tra il leninismo e lo stalinismo esistono molte differenze teoriche, a partire da quella fondamentale sul modo di concepire il socialismo:
per lenin la fase finale del capitalismo dei monopoli che avrebbe portato alla rivoluzione internazionale in tutto il mondo, concezione che il nostro aveva ereditato da kautsky.
Stalin invece, che non era un teorico come lenin e pur essendo un criminale era un genio politico quali ce ne sono stati pochi altri, varò la dottrina del socialismo in un solo paese che mandò in soffita le velleità internazionalistiche di lenin, espresse ad esempio negli scritti sul colonialismo del 1922 che tantò affascineranno in seguito tanti intellettuali; per concentrarsi sulla conquista del potere assoluto in russia su cui basare poi, alla fine della guerra, un imperialismo neozarista aggiornato ideolologicamente che conquistò quasi tutti gli obiettivi che gli zar avevano agognato per tre secoli. Sempre in dittatura siamo, ma in un modo diverso di concepirla.
giusperito
00lunedì 27 dicembre 2010 17:23
Trix forse nella fretta mi sono espresso male. Non intendevo dire che Lenin o Stalin la pensassero nello stesso modo, ma, fatta la tara alle diverse posizioni di principio, non vedo come si possa distinguere una dittatura da un'altra. Non ho mai capito quale differenza possano fare i numeri quando si discute di un genocidio (lo sterminio degli ebrei è peggio di quello degli armeni?) oppure cosa cambi tra deportazione e lavori forzati. Mi fa strano andare a distinguere tra dittatori ed idee legittimanti la dittatura oppure tra dittatore e dittatore (meglio Mussolini o Stalin? fare una valutazione significa accettare l'idea che si possa decidere cosa è meglio all'interno di ciò che è da condannare a prescindere.. cioè mettere in carcere Gramsci è meglio o peggio di assassinare Trocky?)
trixam
00mercoledì 29 dicembre 2010 01:12
Re:
giusperito, 27/12/2010 17.23:

Trix forse nella fretta mi sono espresso male. Non intendevo dire che Lenin o Stalin la pensassero nello stesso modo, ma, fatta la tara alle diverse posizioni di principio, non vedo come si possa distinguere una dittatura da un'altra. Non ho mai capito quale differenza possano fare i numeri quando si discute di un genocidio (lo sterminio degli ebrei è peggio di quello degli armeni?) oppure cosa cambi tra deportazione e lavori forzati. Mi fa strano andare a distinguere tra dittatori ed idee legittimanti la dittatura oppure tra dittatore e dittatore (meglio Mussolini o Stalin? fare una valutazione significa accettare l'idea che si possa decidere cosa è meglio all'interno di ciò che è da condannare a prescindere.. cioè mettere in carcere Gramsci è meglio o peggio di assassinare Trocky?)




Non è un problema di distinguere tra dittature per capire quale fosse meno peggio. Il fatto è che noi siamo persone empiriche e cerchiamo di studiare i fatti per quello che sono.
Se qualcuno, come hanno fatto anche qui, continua a portare tesi da anni 50 del tipo che i crimini del comunismo sono solo da inserire nella categoria stalinismo, mentre il resto poteva salsarsi se... a me cadono le braccia.
Ma se chiarito il dato di fondo che noi parliamo di una dittatura, quale fu quella sovietica fin dal primo giorno, perché non bisogna mai dimenticare che quella che si chiama convenzionalmente rivoluzione d'ottobre altro non fu che un colpo di stato del partito bolscevico contro i partiti che avevano fatto la rivoluzione di febbraio che aveva deposto gli zar; allora non possiamo dire che lenin e stalin erano identici, perché rappresentarono linee politiche diverse, così come erano diverse le linee di bucharin, zinoev e trocky. Certe volte penso, che cosa sarebbe successo se trocky avesse vinto contro stalin?
Probabilmente la storia del mondo sarebbe cambiata radicalmente, anche se questo non esclude che i bagni di sangue ci sarebbero stati lo stesso. Per me l'interesse nello studiare la storia politica sta proprio in questo, nel capire le differenze, a volte sottili, che esitono tra cose sembrano uguali e che non lo sono.

Per quanto riguarda il genocidio, non è un problema di numeri.
Se di ebrei ne fossero morti centomila, invece di sei milioni, la cosa non cambierebbe la drammaticità dell'olocausto e il suo essere un unicum storico.
Il novecento è stato il secolo dei genocidi.
Il fatto è che questa parola, che prima del 1944 nemmeno esisteva, nel linguaggio comune ha assunto una tale gravità che ogni gruppo che ha vissuto un dramma, e nel novecento ne sono successi a raffica, vuole vedersi riconosciuto questo status di vittima di genocidio.
Chiaro che se tutti i crimini sono in questa categoria, se ne perde il senso. Ma quelli che meritano di starci vanno inseriti, sotteso il fatto che non esiste solo un genocidio fisico.
Quello che stalin fece nei paesi baltici fu un tentativo di genocidio culturale, che voleva annientare la cultura di quei popoli che li portava all'indipendenza. Stessa cosa dicasi per la Carelia.
Se tu vai in finlandia e parli di russi vedrai che i finlandesi, che sono persone meravigliose, si incupiscono come non mai e gli vedi dentro l'odio. Idem con patate in ucraina, dove il tentativo di genocidio culturale riuscì quasi del tutto. Pensa che in ucraina negli anni ottanta nessuno conosceva più la letteratura ucraina del seicento e settecento e la cosa continuò anche dopo la caduta del muro. Per arrivare alla pubblicazione di una storia della letteratura ucraina così come era stata bisognò aspettare il 1998, per altro anche grazie all'italia che contribuì a finanziare decine di studiosi che redassero questa opera di ricostruzione della identità di un popolo che era stato annientato.
giusperito
00mercoledì 29 dicembre 2010 01:25
Re: Re:
trixam, 29/12/2010 1.12:




Non è un problema di distinguere tra dittature per capire quale fosse meno peggio. Il fatto è che noi siamo persone empiriche e cerchiamo di studiare i fatti per quello che sono.
Se qualcuno, come hanno fatto anche qui, continua a portare tesi da anni 50 del tipo che i crimini del comunismo sono solo da inserire nella categoria stalinismo, mentre il resto poteva salsarsi se... a me cadono le braccia.
Ma se chiarito il dato di fondo che noi parliamo di una dittatura, quale fu quella sovietica fin dal primo giorno, perché non bisogna mai dimenticare che quella che si chiama convenzionalmente rivoluzione d'ottobre altro non fu che un colpo di stato del partito bolscevico contro i partiti che avevano fatto la rivoluzione di febbraio che aveva deposto gli zar; allora non possiamo dire che lenin e stalin erano identici, perché rappresentarono linee politiche diverse, così come erano diverse le linee di bucharin, zinoev e trocky. Certe volte penso, che cosa sarebbe successo se trocky avesse vinto contro stalin?
Probabilmente la storia del mondo sarebbe cambiata radicalmente, anche se questo non esclude che i bagni di sangue ci sarebbero stati lo stesso. Per me l'interesse nello studiare la storia politica sta proprio in questo, nel capire le differenze, a volte sottili, che esitono tra cose sembrano uguali e che non lo sono.

Per quanto riguarda il genocidio, non è un problema di numeri.
Se di ebrei ne fossero morti centomila, invece di sei milioni, la cosa non cambierebbe la drammaticità dell'olocausto e il suo essere un unicum storico.
Il novecento è stato il secolo dei genocidi.
Il fatto è che questa parola, che prima del 1944 nemmeno esisteva, nel linguaggio comune ha assunto una tale gravità che ogni gruppo che ha vissuto un dramma, e nel novecento ne sono successi a raffica, vuole vedersi riconosciuto questo status di vittima di genocidio.
Chiaro che se tutti i crimini sono in questa categoria, se ne perde il senso. Ma quelli che meritano di starci vanno inseriti, sotteso il fatto che non esiste solo un genocidio fisico.
Quello che stalin fece nei paesi baltici fu un tentativo di genocidio culturale, che voleva annientare la cultura di quei popoli che li portava all'indipendenza. Stessa cosa dicasi per la Carelia.
Se tu vai in finlandia e parli di russi vedrai che i finlandesi, che sono persone meravigliose, si incupiscono come non mai e gli vedi dentro l'odio. Idem con patate in ucraina, dove il tentativo di genocidio culturale riuscì quasi del tutto. Pensa che in ucraina negli anni ottanta nessuno conosceva più la letteratura ucraina del seicento e settecento e la cosa continuò anche dopo la caduta del muro. Per arrivare alla pubblicazione di una storia della letteratura ucraina così come era stata bisognò aspettare il 1998, per altro anche grazie all'italia che contribuì a finanziare decine di studiosi che redassero questa opera di ricostruzione della identità di un popolo che era stato annientato.




Appunto questo sto dicendo.. lo stalinismo è una delle forme in cui si è manifestata la dittatura comunista. Ora le differenze di vedute tra i vari protagonisti o possibili protagonisti non cambia il problema: il comunismo era destinato a questo. Lenin aveva perso le elezioni, ma si fece espressione della volontà generale del popolo (la storia di Lenin in altre forme ne ha avuti tanti, uno su tutti Robespierre l'austero).
Possiamo ragionare dei possibili sviluppi di una vittoria di Trocky, ma credo che alla fine la strada imboccata da Stalin era l'unica realmente perseguibile (non è un caso che lo stesso Lenin aveva rinviato il progetto di portare la rivoluzione in Europa)
trixam
00mercoledì 29 dicembre 2010 02:08
Re: Re: Re:
giusperito, 29/12/2010 1.25:




Appunto questo sto dicendo.. lo stalinismo è una delle forme in cui si è manifestata la dittatura comunista. Ora le differenze di vedute tra i vari protagonisti o possibili protagonisti non cambia il problema: il comunismo era destinato a questo. Lenin aveva perso le elezioni, ma si fece espressione della volontà generale del popolo (la storia di Lenin in altre forme ne ha avuti tanti, uno su tutti Robespierre l'austero).
Possiamo ragionare dei possibili sviluppi di una vittoria di Trocky, ma credo che alla fine la strada imboccata da Stalin era l'unica realmente perseguibile (non è un caso che lo stesso Lenin aveva rinviato il progetto di portare la rivoluzione in Europa)




Su questo non concordo. Non credo che quel tipo di dittatura fosse necessariamente destinato a strutturarsi in quel modo come lo volle stalin.
Quel tipo di dittatura fu dovuto alla decisione di stalin di andare nella direzione della industrializzazione forzata.
Perchè mai altrimenti il partito avrebbe dovuto schierarsi conrto i condatini che lo avevano sostenuto durante i terribili anni della guerra civile post 1918? Perché a un certo punto smise di aver bisogno di contadini in cambio di operai che lavorassero a costo zero, cioè fossero obbligati, per sostenere il progetto dell'industrializzazione.

E se ci fosse stato un altro al posto di stalin che non avesse preso questa decisione?
Avremmo avuto una dittatura, strutturata in modo diverso. Una dittatura dove il proletariato veniva sostituito dai contadini, come in certo senso era nel lenin delle tesi di ottobre e nel disegno della legge agraria del 1918 che spazzò via i socialisti rivoluzionari che pure avevano una base contadini, che scappò ad arruolarsi sotto le bandiere blosceviche.
Non è poco.
Per me le decisioni politiche contigenti non vanno sottovalutate, anzi spesso assumono valori determinanti.

Pensiamo a marx, nella sua opera sulla comune di parigi, quando marx pensava in quali paesi potesse realizzarsi la rivoluzione proletaria, la russia era all'ultimo posto, perché la russia era un paese agricolo e il proletariato come entità storica e sociale praticamente non esisteva. Marx pensava alla germania come paese ideale della rivoluzione, eppure le cose andarono diversamente.
Perchè? Per la semplice ragione che in germania la nascita della spd e la filosofia politica di bernestein orientarono il movimento operaio tedesco verso un'altra direazione che avrebbe portato a costruire il più grande partito socialdemocratico del mondo.
Un partito che lenin chiamava, un covo di appestati di democrazia. Detto con il massimo del disprezzo.
giusperito
00mercoledì 29 dicembre 2010 22:57
Permettimi trix, ma il tuo passaggio finale è completamente fallace.
In pratica tu asserisci che Marx avesse ragione nel ritenere che il comunismo si dovesse necessariamente affermare e che per affermarsi dovesse disporre delle masse operaie. Se questa premessa è vera, allora il tuo ragionamento è valido, ma se la premessa è a sua volta da dimostrare la tua conclusione non è valida.
Inoltre se Marx aveva ragione nel ritenere il comunismo legato necessariamente al proletariato, allora la rivoluzione russa non è mai esistita.

In ogni caso sono d'accordo che le scelte contingenti siano spesso determinanti. In fondo i grandi politici individuano una strategia di lungo termine e la modificano ogni giorno attraverso le scelte contingenti (salvo avere la possibilità di sterminare gli oppositori ottusi). Tuttavia stavamo parlando di altro e cioè del fatto che dal comunismo e dalla teoria di Marx discenda solo la dittatura e la distruzione del senso dell'umanità. In questi termini le diverse modalità in cui ciò si realizza non credo sia elemento determinante per fare i soliti inutili ed ottusi distinguo.
trixam
00giovedì 30 dicembre 2010 00:41
Re:
giusperito, 29/12/2010 22.57:

Permettimi trix, ma il tuo passaggio finale è completamente fallace.
In pratica tu asserisci che Marx avesse ragione nel ritenere che il comunismo si dovesse necessariamente affermare e che per affermarsi dovesse disporre delle masse operaie. Se questa premessa è vera, allora il tuo ragionamento è valido, ma se la premessa è a sua volta da dimostrare la tua conclusione non è valida.
Inoltre se Marx aveva ragione nel ritenere il comunismo legato necessariamente al proletariato, allora la rivoluzione russa non è mai esistita.

In ogni caso sono d'accordo che le scelte contingenti siano spesso determinanti. In fondo i grandi politici individuano una strategia di lungo termine e la modificano ogni giorno attraverso le scelte contingenti (salvo avere la possibilità di sterminare gli oppositori ottusi). Tuttavia stavamo parlando di altro e cioè del fatto che dal comunismo e dalla teoria di Marx discenda solo la dittatura e la distruzione del senso dell'umanità. In questi termini le diverse modalità in cui ciò si realizza non credo sia elemento determinante per fare i soliti inutili ed ottusi distinguo.




Io non credo che si tratti di una questione di lana caprina.
Io ho detto che marx, il quale ovviamente pensava che il comunismo si sarebbe affermato necessariamente, non riteneva possibile che la rivoluzione proletaria potesse mai realizzarsi in russia e questo per la semplice ragione che la russia non aveva raggiunto quel grado di maturità capitalista che permettesse il suo crollo. La russia era un paese agricolo e il proletariato non esisteva.
Paesi come la germania e la francia erano molto più avanti e marx pensava che lì sarebbe avvenuta la rivoluzione.
Lo stesso lenin che era uno studente di giurisprudenza piccolo borghese le idee di marx non le conosceva granchè, infatti il suo riferimento culturale era kautsky, e quando elaborò le sue teorie, che non concordavano con quelle di marx su molti punti, si dovette coniare la categoria del marxismo leninismo, per dare l'idea di una coerenza ideologica che nella realtà non esisteva, perché lenin non era coerente nemmeno con sè stesso, figurarsi con marx.
Se i comunisti vinsero alla fine in russia non fu perché avevano una dottrina, ma perché le condizioni politiche di quel paese determinarono una serie di situazioni che portarono alla conflagrazione del 1917 che lenin con notevole abilità tattica seppe sfruttare a sua favore. Questo è quanto.

Marx era un eretico del liberalismo, il suo riferimento era smith, ed il suo pensiero fu un tentativo, di rovesciare i paradigmi dell'economia classica rifondandoli da un punto di vista politico diverso rispetto a quello di smith. Diciamo di più, marx schifava la democrazia come tutti i falliti, tra questi ci metto anche all'opposto quello scoppiato segaiolo di Nitsche, ma la conseguenza deterministica tra il suo pensiero e il comunismo russo io non credo si possa affermare in quei termini assoluti, non solo perchè ci sono stati marxisti che hanno combattutto quel modello politico, gramsci per esempio; ma anche perchè ci sono stati movimenti operai e politici, e qui l'esempio tedesco è calzante, ma anche quello inglese, che pur avendo una inferenza culturale marxista(almeno fino al congresso di bed godesberg del 1957), non sfociarono nella dittatura.

Nel 1917 ci fu una grande frattura nel movimento socialista internazionale, lì nacque e si cristallizzò la secolare divisione tra il socialismo democratico e il leninismo.
I socialisti nel 1917 non dovevano scegliere se essere marxisti o no, ma se essere leninisti o no.
Il comunismo leninista, che è poi stato quello culturalmente egemone e lo è ancora, divenne il sinonimo della dittatura, i partiti socialisti riformisti e democratici, pur avendo marx tra i loro riferimenti culturali, rimasero democratici. Insomma Filippo turati era marxista e secondo te era uno favorevole alla dittatura? Giacomo matteotti era marxista, anche lui era favorevole alla dittatura?

Io riformulerei così: il comunismo leninista porta necessariamente alla dittatura, perchè è una pratica politica.
Quella di marx è una filosofia politica antidemocratica, che però non è detto che porti chi la segue necessariamente a concordare con la dittatura.
Se non fosse così, alcuni dei più grandi pensatori liberali del novecento non sarebbero mai esistiti, penso a Froincois Furet che fu in gioventù l'astro nascente del marxismo intellettuale e poi diventò un maestro del liberalismo o per restare in casa italica a Lucio Colletti, che è stato forse il più importante interprete di marx e poi è passato al nostro campo.
Ho il vago sospetto che anche hayek, senza marx, non sarebbe mai stato veramente hayek.



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