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Generata da: Referendum

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2011 20:49
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10/06/2011 20:49
 
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Re:
trixam, 08/06/2011 19.22:

Mah, mi sembra che tu stesso hai detto sopra che chi si astiene non necessariamente condivide lo status quo, io ho detto che sono d'accordo ma che

logicamente se si astiene e non condivide lo status quo significa che ritiene lo strumento referendario inadatto ad incidere concretamente sui problemi.


Non si raggiungerebbe mai il quorum e soprattutto è falsificato dagli esempi che porti dopo. Probabilmente chi non va a votare non comprende il senso del problema per l'eccessiva complessità e la scarsa pubblicità.



Faccio un paio di esempi che sono lapalissiani. Al referendum sulla responsabilità civile dei magistrati ci fu una valanga di voti a favore, e poi il

parlamento ha varato una legge per aggirare il risultato del referendum come tutti sappiamo. Idem con patate per i finanziamenti pubblici ai partiti dove i

referendum sono stati ben due con maggioranze più che plebiscitarie. Anche lì il volere del referendum è stato aggirato.
Ora questo è a sostegno di quello che dici tu, i politici possono fare i furbi, ma questo dimostra anche che il referendum non è uno strumento utile a

risolvere i nostri problemi.


La sua inutilità è conseguenza del vizio dell'intero sistema. Inoltre a questo punto il problema non è il quorum, ma l'istituto di cui potremmo fare a meno visto che anche negli esempi da te portati il quorum si è raggiunto.



Dunque ecco quello che io dicevo. I referendari hanno cercato di usare il referendum come strumento di legislazione indiretta concorrente con quella

ordinaria, la gente andava a votare, questo avvenne soprattutto in quello sulla preferenza unica del 1991, perché era incazzata con la partitocrazia e usava

il referendum per dare uno schiaffone ai politici, poi tutto più o meno restava così.
Poi con il tempo la gente ha smesso di credere che il referendum fosse uno strumento utile anche per fare il gesto morale di dare lo schiaffone. Negli ultimi referendum l'astensione è stata del 75% di media, un dato che si commenta da solo.


Dovresti anche riuscire a giustificare il referendum costituzionale... se la gente si è convinta che è inutile lo strumento non va a votare mai. Probabilmente ci sarà da giustificare anche questa tornata referendaria.


L'astensione in un paese dove normalmente vota l'80 dei cittadini è un gesto politico, per cui l'idea che questo gesto debba essere annullato perchè i referendari dicono che siccome i referendum non raggiungono i risultati da loro sperati allora non funzionano, è un modo di pensare antidemocratico.

C'è anche la scheda bianca... altro che antidemocratico. Inoltre l'astensione nel referendum equivale a voto contrario, quindi non è un gesto neutro di contestazione.


Chi propone il referendum accetta consapevolmente di assumersi degli oneri, un po' come la regola che nel processo penale l'accusa ha l'onere della prova. Ebbene l'onere del referendum è quello di combattere una battaglia politica che coinvolga la maggioranza del corpo elettorale.
Altrimenti visto che gli astenuti sono il cancro da estirpare, perchè non gli togliamo il diritto di voto? In questo modo avremmo risolto.
Io ribadisco che l'astensione può essere un valore civile. Solo nelle elezioni farlocche sotto le dittature va a votare il 99.9 deli aventi diritto.


Sul resto, io credo che bisogna capirsi quando parliamo di certe cose. Il primo è che non va confusa la democrazia rappresentativa con la repubblica

parlamentare, che è una espressione della prima, ma non l'unica. Ora che la democrazia rappresentativa appartenga solo al campo delle idee è una cosa che

hayek non condividerebbe per nulla, essa è il prodotto delle idee e le idee devono far che si realizzi al meglio e non deragli dalla sua natura sfociando

nella democrazia totalitaria. Infatti esistono delle buone democrazie rappresentative.
Ora io ho già detto e ritengo che la democrazia rappresentativa è l'unica vera forma di democrazia, mentre quella diretta che tanto affascina molte persone

che oggi sono deluse dal nostro sistema politico sfocia inevitabimente in un gioco a somma zero dove tutti cercano di fregare tutti, insomma nel

totalitarismo e nell'arbitrio.


Infatti non stiamo parlando di democrazia diretta tout court, ma di uno strumento residuale che corregge le potenziali distorsioni del sistema rappresentativo. Insomma sembra quasi che il referendum sia un problema italico. E' giusto che ci sia partecipazione, soprattutto nel nostro sistema rappresentativo che è viziato. Insomma al momento è più democratico il referendum che la camera delle attuali corporazioni.



La repubblica parlamentare invece è il nostro sistema istituzionale. Forse semplifico eccessivamente, ma di fatti in questa forma di governo comanda il

parlamento a cui il popolo delega temporaneamente la sovranità, che ritorna al popolo il giorno delle elezioni affinché possa delegare di nuovo.
Questa forma di governo è quella che meno tollera istituti di democrazia diretta e i nostri costituenti lo sapevano benissimo e per questo la scelsero.
Non è niente casuale. Disegnarono un sistema in cui i partiti politici, che erano partiti di massa, sarebbero stati i soggetti centrali della vita politica,

economica e sociale del paese. Per questo previdero come forma residuale il referendum abrogativo, che ai loro era quasi inutile. In fondo per uomini come

Pertini o saragat o de gasperi o per togliatti, era inconcepibile che ci fossero persone che potessero promuovere azioni politiche al di fuori dei partiti, e

se c'erano andavano guardate con sospetto, anche alla luce del periodo storico che avevano passato.



Come dice il buon Pannella tutta questa discontinuità tra la partitocrazia del partito unico del ventennio e l'attuale partitocrazia non la vedo.
Insomma il referendum abrogativo può essere uno strumento di segnalazione di un orientamento. Il fatto che venga disatteso è ulteriore rispetto al nostro ragionamento, perché quello è il segno di un vizio, anzi dovrebbe farci riflettere sulla reale portata dei nostri bilanciamenti del potere.



Non è un caso che la legge attuativa del referendum, che si ebbe nel 1970, 22 anni dopo l'approvazione della costituzione, fu frutto di un patto politico e

fu usata dalla Dc e dal mondo cattolico come extrema ratio per la lotta contro il divorzio.


Il fallimento segna proprio l'importanza dello strumento che diventa un chiaro indicatore delle tendenze politiche in atto nel Paese, ma in quel caso la gente andò a votare anche se era contraria. Insomma non si lucrò sull'astensione.

Naturalmente quel sistema era destinato a degenerare, come era successo nella terza e nella quarta repubblica francese, ed infatti così è stato.
Dal 1994 poi il nostro sistema ha subito una semimutazione genetica, perché con la discesa in campo, con il semimaggioritario, con le coalizioni e l'idea che

ci fosse l'elezione diretta del presidente del consiglio con il nome inserito sulla scheda, colpa di cui non smetteremo mai di rimproverare il presidente

ciampi per averlo permesso, il parlamento ha trasferito la sovranità, che nella prima repubblica aveva ceduto ai partiti; al governo, in particolare il capo

del governo, fino ad arrivare al porcellum che ha sovvertito ogni logica facendo si che di fatto il presidente del consiglio nomini la sua maggioranza la

quale per sopravvivere politicamente è tenuta a godere della fiducia del capo.

Per me, pensare di cambiare una situazione del genere con i referendum, i commissari prefettizi alle elezioni locali o con tutte le altre trovate che ci

possono venire in mente per sentirci buoni cittadini è una pia illusione. Per me tutti questi problemi si possono solo risolvere per via politica, costrundo

una diversa politica, come avviene nei paesi civili.


Qua nasce il controsenso. Il problema in Italia sono le regole del gioco e non solo i giocatori. Tu attendi il "buon dittatore" o il politico snaturato (cioè quello che non pensa a massimizzare le sue utilità). Per me questa categoria di soggetti non esiste. Finché le regole del gioco sono sbagliate, non avremo mai un buon capo del governo. Altrimenti ci potevamo tenere lo Statuto albertino. La nostra Costituzione ha dei limiti ormai sempre più evidenti e nessun santo o eroe ci attende. Un discorso che condividiamo è quello su Saviano. Il suo errore è credere che tutti possano essere eroi come lui, ma non si rende conto che ciò non è possibile e che per combattere la criminalità servono altre regole del gioco. Quanti magistrati come Borsellino e Falcone possiamo sperare di avere.. non è più semplice pensare a, per esempio, legalizzare la droga? Si avrebbero risultati migliori con una legge di questo tipo che con 10 Borsellino.
Tu riproponi lo stesso errore di Saviano solo che ne parli per i politici. Un politico che cambierà la storia dell'italia.. al momento vedo un'inquietante continuità. Le migliori riforme ci sono state dettate dell'esterno. Il punto è, quindi, cambiare le regole del gioco, perché con le attuali togliamo B. (lo toglieremo mai?) e ci ritroviamo Di Pietro o Vendola o Veltroni. Insomma da dove deve venire questo leader? Dai partiti? benissimo, ma da questi partiti non potrà mai venire (v. l'articolo di Panebianco sul berlusconismo). Parliamo di lotta continua tra fazioni ed interessi corporativi.



Solo che quando lo dico mi si obietta in sostanza che in Italia c'è il popolo bue che è ignorante, rozzo

e non capisce nulla.

L'esempio di Pisapia è significativo. Un candidato che ha saputo parlare a persone di differenti fasce sociali e inclinazioni culturali, che si è presentato

con una proposta politica alternativa a quella della Moratti e ha vinto nella capitale del Berlusconismo. Io non lo avrei votato perché ritengo il suo

programma da neolitico, però è un esempio di come le cose che sembrano impossibili si possono fare e che gli italiani non sono i caproni che si pensa quando

hanno una alternativa credibile da scegliere.


E' il berlusconismo che è in crisi. Milano voleva un'alternativa, ma il terzo polo ha portato via tanti voti e Pisapia ha vinto coalizzando anche l'estrema sinistra (se contiamo l'estrema sinistra e la scissione a destra, allora rischiamo che B. non avrebbe vinto le ultime elezioni e non avrebbe pareggiato quelle del 2006)


Per quello che mi riguarda personalmente non ritengo mai il popolo bue, perché sono lincoliano. Ho rispetto di quello che pensano gli altri, solo che non mi

faccio influenzare.
Il 95% degli italiani è contrario al nucleare, è una scelta che rispetto ma che considero profondamente sbagliata e credo che tra 30 o 40 anni

quando vedremo le conseguenze di questa scelta(almeno speriamo che il buon Dio ci dia questa soddisfazione a noi nuclearisti) se ne renderanno conto anche

tanti altri.


Sull'argomento specifico della legge elettorale, ma davvero possiamo arrivare ad una buona legge con i referendum? Quando c'è stato il referendum sul

procellum? L'anno scorso o due anni fa mi sembra, andò a votare meno del 25% e ricordo piuttosto bene un articolo sul corriere del professor sartori, che

credo entrambi stimiamo, che invitava a non andare a votare perché la modifica che si voleva introdurre con il referendum gli sembrava peggio del male.
La legge elettorale è fondamentale, ma non è una legge neutra. Si tratta di una legge che ogni parte politica cerca di piegare ai propri vantaggi.


La legge elettorale è la cartina al tornasole della democrazia


Se ci mettiamo qui in tre a discuterne non ne usciremo mai: io sono per il sistema inglese, tu per quello australiano, uno è già dichiarato per il sistema tedesco,

se arriva un altro sarà per il sistema francese. Pensare che dopo i referendum del 1991 e del 1993 siamo arrivati alla legge mattarella, con il 75%

maggioritario e il 25 proporzionale, mi sembra significativo. Finché non avremo un sistema politico chiaro, la legge elettorale non si farà mai.

Io vorrei riprendere anche un esempio già fatto, perchè filosofeggiamo tanto sui referendum che riguardano cose come la legge elettorale e non l'Unione Europea?
La partecipazione all'unione è molto più limitativa della sovranità di qualsiasi altra cosa.
Perché non abbiamo votato sulla nostra partecipazione all'Euro? Un argomento cu cui credo la totalità dei cittadini italiani sarebbe ansiosa di esprimersi.
Naturalmente sono domande retoriche, che però chi vuole una democrazia partecipata dovrebbe porsi.

Quindi concludendo la questione è chi siamo e dove vogliamo andare. Se il problema è che vogliamo una maggiore partecipazione dei cittadini sperando così

anche di migliorare la politica allora dobbiamo discutere non di come forzare uno strumento come il referendum che era stato pensato per altro, ma della

architettura generale della nostra repubblica.

Su questo siamo d'accordo, ma l'architettura generale passa anche per la trave referendum, che anche se extrema ratio deve essere normalizzato (l'esempio iniziale è quello della Germania, mica della corea del nord)


Faccio un esempio che sto seguendo in questi giorni, che forse in Italia piacerebbe a molti, ed è quello della lettonia.
In questa simpatica repubblica baltica che consiglio vivamente di visitare(naturalmente senza la fidanzata dietro, mi ringrazierete), nei giorni scorsi si è

aperta una crisi politica fortissima, che è l'ultima di una lunga serie di scandali che hanno minato la credibilità della classe politica.
La magistratura ha aperto una indagine su uno degli oligarchi più potenti del paese ed ha chiesto al parlamento l'autorizzazione a perquisire l'abitazione di

questo personaggio che è sotto inchiesta per vari reati che vanno dalla corruzione al riciclaggio. La maggioranza ha rifiutato l'autorizzazione, tutte cose a

cui in Italia siamo abituati. Ebbene la costituzione lettone ha disegnato un modello di democrazia rappresentativa dove però il popolo ha un ruolo molto

attivo, questo perché sono stati scottati dal precedente regime. Dunque è successo che il presidente della repubblica preso atto del voto del parlamento ha

avviato la procedura per sciogliere il parlamento stesso, che secondo la costituzione lettone deve essere confermata con un voto popolare.
Il prossimo 23 luglio i cittadini saranno chiamati ad esprimersi in una sorta di referendum senza nessun tipo di quorum. Se vinceranno i si il parlamento si

scioglierà, se invece vinceranno i no, il parlamento continua la sua attività e la costituzione prevede che il presidente si deve dimettere.
I cittadini sono quindi arbitri.

Pensiamo a cosa sarebbe successo in Italia se avessimo avuto anche noi delle disposizioni analoghe.


Uhm... credo nulla... visto che B. vince tutte le elezioni (falsate dalle leggi elettorali antidemocratiche che portano al governo chi non raggiunge nemmeno il 43% dei consensi... altro che legge truffa) da anni ormai.





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