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Il cav. dopo il calo dei sondaggi chiede aiuto al PD con una lettera aperta a Bersani

Ultimo Aggiornamento: 02/02/2011 10:27
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31/01/2011 12:05
 
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il cav. si prepara alle elezioni e dirà:" il PD non ha accettato la mia proposta e non ho potuto cambiare l'Italia"
una personale prospettiva futura racchiusa in poche righe [SM=x43668]
è un uomo finito, fa anche un pò pena

www.ilgiornale.it/interni/caro_bersani_giu_maschera_vuoi_liberalizzare_fallo_me/politica-berlusconi-bersani-patrimoniale_secca-piano_bipartisan-ripresa_economica/31-01-2011/articolo-id=503010-page=0-co...


ormai è alla frutta
[Modificato da legittimagiustizia 31/01/2011 12:09]









IO NON VESTO!! IO COPRO IL MONDO
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31/01/2011 12:18
 
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Il Pd respinge la proposta di inciucio del Premier, sto leggendo un pò di commenti in giro,molti dicono che per colpa di Bersani e del PD Berlusconi non potrà cambiare l'Italia....
io dico che Berlusconi è un genio.....









IO NON VESTO!! IO COPRO IL MONDO
31/01/2011 12:30
 
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non mi sembra peggio dell'alleanza costituente,visto i partiti che abbiamo :D

stiamo rovinati,paradossalmente la proposta di berlusconi e' quella piu' ragionevole,dal momento che l'alternativa e' deprimente.
[Modificato da --letizia22-- 31/01/2011 12:31]
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31/01/2011 12:40
 
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Re:
--letizia22--, 31/01/2011 12.30:

non mi sembra peggio dell'alleanza costituente,visto i partiti che abbiamo :D

stiamo rovinati,paradossalmente la proposta di berlusconi e' quella piu' ragionevole,dal momento che l'alternativa e' deprimente.




Appunto!!!!!!!!
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31/01/2011 13:26
 
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Dal Corriere delle Sera.

La lettera del presidente del consiglio al corriere
«Piano bipartisan per la crescita»
La proposta di Berlusconi. Offerta a Bersani: agiamo insieme. Il presidente del Consiglio contro le elezioni

di SILVIO BERLUSCONI

Gentile direttore,
il suo giornale ha meritoriamente rilanciato la discussione sul debito pubblico mostruoso che ci ritroviamo sulle spalle da molti anni, sul suo costo oneroso in termini di interessi annuali a carico dello Stato e sull’ostacolo che questo gravame pone sulla via della crescita economica del Paese. Sono d’accordo con le conclusioni di Dario Di Vico, esposte domenica in un testo analitico molto apprezzabile che parte dalle due proposte di imposta patrimoniale, diversamente articolate, firmate il 22 dicembre e il 26 gennaio da Giuliano Amato e da Pellegrino Capaldo. Vorrei brevemente spiegare perché il no del governo e mio va al di là di una semplice preferenza negativa, «preferirei di no», ed esprime invece una irriducibile avversione strategica a quello strumento fiscale, in senso tecnico-finanziario e in senso politico.

Prima di tutto, se l’alternativa fosse tra un prelievo doloroso e una tantum sulla ricchezza privata e una poco credibile azione antidebito da «formichine», un gradualismo pigro e minimalista nei tagli alla spesa pubblica improduttiva e altri pannicelli caldi, staremmo veramente messi male. Ma non è così. L’alternativa è tra una «botta secca», ingiusta e inefficace sul lungo termine, e perciò deprimente per ogni prospettiva di investimento e di intrapresa privata, e la più grande «frustata» al cavallo dell’economia che la storia italiana ricordi. Il debito è una percentuale sul prodotto interno lordo, sulla nostra capacità di produrre ricchezza. Se questa capacità è asfittica o comunque insufficiente, quella percentuale di debito diventa ingombrante a dismisura. Ma se riusciamo a portare la crescita oltre il tre-quattro per cento in cinque anni, e i mercati capiscono che quella è la strada imboccata dall’Italia, Paese ancora assai forte, Paese esportatore, Paese che ha una grande riserva di energia, di capitali, di intelligenza e di lavoro a partire dal suo Mezzogiorno e non solo nel suo Nord europeo e altamente competitivo, l’aggressione vincente al debito e al suo costo annuale diventa, da subito, l’innesco di un lungo ciclo virtuoso.

Per fare questo occorre un’economia decisamente più libera, poiché questa è la frustata di cui parlo, in un Paese più stabile, meno rissoso, fiducioso e perfino innamorato di sé e del proprio futuro. La «botta secca» è, nonostante i ragionamenti interessanti e le buone intenzioni del professor Amato e del professor Capaldo, una rinuncia statalista, culturalmente reazionaria, ad andare avanti sulla strada liberale. La Germania lo ha fatto questo balzo liberalizzatore e riformatore, lo ha innescato paradossalmente con le riforme del socialdemocratico Gerhard Schröder, poi con il governo di unità nazionale, infine con la guida sicura e illuminata di Angela Merkel. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: la locomotiva è ripartita. Noi, specialmente dopo il varo dello storico accordo sulle relazioni sociali di Pomigliano e Mirafiori, possiamo fare altrettanto.

Non mi nascondo il problema della particolare aggressività che, per ragioni come sempre esterne alla dialettica sociale e parlamentare, affligge il sistema politico. Ne sono preoccupato come e più del presidente Napolitano. E per questo, dal momento che il segretario del Pd è stato in passato sensibile al tema delle liberalizzazioni e, nonostante qualche sua inappropriata associazione al coro strillato dei moralisti un tanto al chilo, ha la cultura pragmatica di un emiliano, propongo a Bersani di agire insieme in Parlamento, in forme da concordare, per discutere senza pregiudizi ed esclusivismi un grande piano bipartisan per la crescita dell’economia italiana; un piano del governo il cui fulcro è la riforma costituzionale dell’articolo 41, annunciata da mesi dal ministro Tremonti, e misure drastiche di allocazione sul mercato del patrimonio pubblico e di vasta defiscalizzazione a vantaggio delle imprese e dei giovani.

Lo scopo indiretto ma importantissimo di un piano per la crescita fondato su una frustata al cavallo di un’economia finalmente libera è di portare all’emersione della ricchezza privata nascosta, che è parte di un patrimonio di risparmio e di operosità alla luce del quale, anche secondo le stime di Bruxelles, la nostra situazione debitoria è malignamente rappresentata da quella vistosa percentuale del 118 per cento sul Pil. Prima di mettere sui ceti medi un’imposta patrimoniale che impaurisce e paralizza, un’imposta che peraltro sotto il mio governo non si farà mai, pensiamo a uno scambio virtuoso, maggiore libertà e incentivo fiscale all’investimento contro aumento della base impositiva oggi nascosta. Se a questo aggiungiamo gli effetti positivi, di autonomia e libertà, della grande riforma federalista, si può dire che gli atteggiamenti faziosi, ma anche quelli soltanto malmostosi e scettici, possono essere sconfitti, e l’Italia può dare una scossa ai fattori negativi che gravano sul suo presente, costruendosi un pezzo di futuro.
*presidente del Consiglio









Nolite conformari huic saeculo sed reformamini in novitate sensus vestri.
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31/01/2011 14:22
 
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Re:
--letizia22--, 31/01/2011 12.30:

non mi sembra peggio dell'alleanza costituente,visto i partiti che abbiamo :D

stiamo rovinati,paradossalmente la proposta di berlusconi e' quella piu' ragionevole,dal momento che l'alternativa e' deprimente.




non mi dire che hai creduto che quella di berlusconi fosse una proposta seria, dai non ci credo [SM=x43822]

è una bassa mossa elettorale,ma proprio a livello bassissimo,tanto per far dire all' elettore:"hai visto è colpa del PD"









IO NON VESTO!! IO COPRO IL MONDO
31/01/2011 14:50
 
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Re: Re:
legittimagiustizia, 31/01/2011 14.22:




non mi dire che hai creduto che quella di berlusconi fosse una proposta seria, dai non ci credo [SM=x43822]

è una bassa mossa elettorale,ma proprio a livello bassissimo,tanto per far dire all' elettore:"hai visto è colpa del PD"




e' una mossa disperata.
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31/01/2011 15:09
 
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Fino a ieri sghignazzava sul fatto che il terzo poloe Fini non avevano alcuna credibilità in quanto avrebbero potuto solo cercare appoggi nella sinistra...ed adesso cerca stabilità proprio nell'appoggio del Pd?

E' chiaro che è una mossa ben studiata, consapevole del no del PD, per poter dare l'idea di esser uno che le ha tentate tutte e a cui stanno impedendo di fare le cose.
E' cmq una mossa disperata, indice della situazione desolante in cui si è andato a infilare da solo.
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31/01/2011 15:37
 
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Le sta inventando tutte pur di non lasciare la poltrona...questa mossa è davvero disperata nonchè patetica...
Ma perchè non si ritira ad Arcore con Ruby? [SM=x43607]
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31/01/2011 16:51
 
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Re:
maximilian1983, 31/01/2011 13.26:



Dal Corriere delle Sera.

La lettera del presidente del consiglio al corriere
«Piano bipartisan per la crescita»
La proposta di Berlusconi. Offerta a Bersani: agiamo insieme. Il presidente del Consiglio contro le elezioni

di SILVIO BERLUSCONI

Gentile direttore,
il suo giornale ha meritoriamente rilanciato la discussione sul debito pubblico mostruoso che ci ritroviamo sulle spalle da molti anni, sul suo costo oneroso in termini di interessi annuali a carico dello Stato e sull’ostacolo che questo gravame pone sulla via della crescita economica del Paese. Sono d’accordo con le conclusioni di Dario Di Vico, esposte domenica in un testo analitico molto apprezzabile che parte dalle due proposte di imposta patrimoniale, diversamente articolate, firmate il 22 dicembre e il 26 gennaio da Giuliano Amato e da Pellegrino Capaldo. Vorrei brevemente spiegare perché il no del governo e mio va al di là di una semplice preferenza negativa, «preferirei di no», ed esprime invece una irriducibile avversione strategica a quello strumento fiscale, in senso tecnico-finanziario e in senso politico.

Prima di tutto, se l’alternativa fosse tra un prelievo doloroso e una tantum sulla ricchezza privata e una poco credibile azione antidebito da «formichine», un gradualismo pigro e minimalista nei tagli alla spesa pubblica improduttiva e altri pannicelli caldi, staremmo veramente messi male. Ma non è così. L’alternativa è tra una «botta secca», ingiusta e inefficace sul lungo termine, e perciò deprimente per ogni prospettiva di investimento e di intrapresa privata, e la più grande «frustata» al cavallo dell’economia che la storia italiana ricordi. Il debito è una percentuale sul prodotto interno lordo, sulla nostra capacità di produrre ricchezza. Se questa capacità è asfittica o comunque insufficiente, quella percentuale di debito diventa ingombrante a dismisura. Ma se riusciamo a portare la crescita oltre il tre-quattro per cento in cinque anni, e i mercati capiscono che quella è la strada imboccata dall’Italia, Paese ancora assai forte, Paese esportatore, Paese che ha una grande riserva di energia, di capitali, di intelligenza e di lavoro a partire dal suo Mezzogiorno e non solo nel suo Nord europeo e altamente competitivo, l’aggressione vincente al debito e al suo costo annuale diventa, da subito, l’innesco di un lungo ciclo virtuoso.

Per fare questo occorre un’economia decisamente più libera, poiché questa è la frustata di cui parlo, in un Paese più stabile, meno rissoso, fiducioso e perfino innamorato di sé e del proprio futuro. La «botta secca» è, nonostante i ragionamenti interessanti e le buone intenzioni del professor Amato e del professor Capaldo, una rinuncia statalista, culturalmente reazionaria, ad andare avanti sulla strada liberale. La Germania lo ha fatto questo balzo liberalizzatore e riformatore, lo ha innescato paradossalmente con le riforme del socialdemocratico Gerhard Schröder, poi con il governo di unità nazionale, infine con la guida sicura e illuminata di Angela Merkel. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: la locomotiva è ripartita. Noi, specialmente dopo il varo dello storico accordo sulle relazioni sociali di Pomigliano e Mirafiori, possiamo fare altrettanto.

Non mi nascondo il problema della particolare aggressività che, per ragioni come sempre esterne alla dialettica sociale e parlamentare, affligge il sistema politico. Ne sono preoccupato come e più del presidente Napolitano. E per questo, dal momento che il segretario del Pd è stato in passato sensibile al tema delle liberalizzazioni e, nonostante qualche sua inappropriata associazione al coro strillato dei moralisti un tanto al chilo, ha la cultura pragmatica di un emiliano, propongo a Bersani di agire insieme in Parlamento, in forme da concordare, per discutere senza pregiudizi ed esclusivismi un grande piano bipartisan per la crescita dell’economia italiana; un piano del governo il cui fulcro è la riforma costituzionale dell’articolo 41, annunciata da mesi dal ministro Tremonti, e misure drastiche di allocazione sul mercato del patrimonio pubblico e di vasta defiscalizzazione a vantaggio delle imprese e dei giovani.

Lo scopo indiretto ma importantissimo di un piano per la crescita fondato su una frustata al cavallo di un’economia finalmente libera è di portare all’emersione della ricchezza privata nascosta, che è parte di un patrimonio di risparmio e di operosità alla luce del quale, anche secondo le stime di Bruxelles, la nostra situazione debitoria è malignamente rappresentata da quella vistosa percentuale del 118 per cento sul Pil. Prima di mettere sui ceti medi un’imposta patrimoniale che impaurisce e paralizza, un’imposta che peraltro sotto il mio governo non si farà mai, pensiamo a uno scambio virtuoso, maggiore libertà e incentivo fiscale all’investimento contro aumento della base impositiva oggi nascosta. Se a questo aggiungiamo gli effetti positivi, di autonomia e libertà, della grande riforma federalista, si può dire che gli atteggiamenti faziosi, ma anche quelli soltanto malmostosi e scettici, possono essere sconfitti, e l’Italia può dare una scossa ai fattori negativi che gravano sul suo presente, costruendosi un pezzo di futuro.
*presidente del Consiglio







Tagli mai..
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31/01/2011 16:52
 
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Re: Re:
giusperito, 31/01/2011 16.51:




Tagli mai..




...e poi la politica come si perpetua?



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31/01/2011 16:56
 
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vabè ma Silvio che cita Melville è ridicolo.




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31/01/2011 17:07
 
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Re:
Selkis, 31/01/2011 16.56:

vabè ma Silvio che cita Melville è ridicolo.




solo per quello? [SM=x43819]
Per fortuna la sua ridicolaggine è coperta dalle altre dei suoi ministri e sottosegretari...
non so se hai notato anche i suggeritori del Min.Rotondi.... [SM=x43812]

Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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01/02/2011 11:17
 
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Bersani

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Bersani: dal presidente del Consiglio
proposta che arriva fuori tempo massimo
La ricetta del leader del Pd. «Il motore della crescita è la riduzione delle disuguaglianze»
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di PIERLUIGI BERSANI *


Caro Direttore,
il mio partito sta lavorando ormai da un anno ad un progetto per l'Italia. Alla nostra Assemblea nazionale di venerdì e sabato se ne discuterà la prima sintesi. Benché tanti dei nostri documenti approvati siano pubblici, si è trattato di un'operazione svolta, nostro malgrado, in clandestinità, essendo l'agenda politico-mediatica sempre occupata da ben altri temi e contingenze.

Noi ci siamo fatti un'idea piuttosto precisa della situazione italiana e dei possibili e difficili rimedi. Stiamo ragionando come un partito di governo temporaneamente all'opposizione. Con questa stessa attitudine, considero la proposta che il Presidente Berlusconi mi rivolge dalle pagine del Corriere. Non nascondo la mia prima impressione: se la proposta è un astuto diversivo per parlare d'altro, mostra di essere davvero tempestiva; se è sincera, suona singolarmente estemporanea! D'altra parte negli anni trascorsi abbiamo imparato a nostre spese che Berlusconi ama gettare ponti quando è in difficoltà per abbatterli un minuto dopo. Ma non amo divagare o scherzare quando finalmente si può parlare di Italia. Nemmeno voglio dilungarmi in recriminazioni a proposito della sprezzante indifferenza con cui sono state ignorate dalla maggioranza in questi due anni le proposte pragmatiche dell'opposizione.


Pier Luigi Bersani, segretario del Partito democratico (Ansa)
Non posso tacere, tuttavia, dell'umorismo un po' macabro di cui Berlusconi fa sfoggio concedendomi «sensibilità» in materia di liberalizzazioni. Se chi ha fatto la liberalizzazione del commercio, dell'elettricità, delle ferrovie e di un certo numero di mestieri e di attività economiche è una persona «sensibile al tema», come definiremmo chi ha testardamente osteggiato tutto questo, chi ha affidato formalmente la riforma delle professioni agli ordini professionali, chi detiene personalmente posizioni dominanti in gangli vitali della vita civile?

Ma passiamo oltre, e parliamo di cose serie. Negli ultimi dieci anni i nostri problemi antichi si sono drasticamente aggravati. Il Sud si allontana dal Nord, il Nord si allontana dall'Europa. Non c'è indicatore che non lo certifichi. La crisi ha accelerato il divario rispetto ai Paesi con cui siamo stati per molti anni in compagnia. Ci giochiamo il nostro ruolo nella divisione internazionale del lavoro; ci giochiamo la tenuta di un sistema di welfare e, in particolare, le prospettive di occupazione e di reddito della nuova generazione. Il fatto di essere, in Europa, il grande Paese a più bassa crescita e a debito più alto ci espone inevitabilmente a possibili tempeste. La positività e l'ottimismo tanto cari al Presidente del Consiglio possono venire solo dalla verità e dall'avvio di una riscossa e non dalla retorica oppiacea dei cieli azzurri che ha colpevolmente paralizzato le enormi energie potenziali del Paese (nemmeno può servire allestire astutamente bersagli immaginari: nella nostra proposta sul fisco discussa e approvata alla Camera si parla di evasione e di rendite, non di patrimoniali!).

Mi predispongo a proporre, assieme al mio partito, una scossa riformatrice che riguardi assieme democrazia ed economia. Una riforma della Repubblica che investa il funzionamento delle Istituzioni, la legge elettorale, un federalismo credibile, la giustizia e la legalità, la concorrenza e i conflitti di interessi, l'immigrazione, i costi della politica, i diritti, la dignità e il ruolo delle donne. Un nuovo patto per la stabilità, la crescita e l'occupazione, fatto di riforma fiscale, di liberalizzazioni, di norme sul lavoro, di riforma della pubblica amministrazione, di politiche industriali e dell'economia verde, di ricerca e tecnologia. Staremo al concreto e ci rivolgeremo con il nostro progetto alle forze sociali, all'arco ampio dei partiti di opposizione e a chiunque voglia discutere con noi.


Ma eccoci al punto. Quel che serve, in modo ineludibile, è uno sforzo collettivo in cui chi ha di più deve dare di più; in cui la riduzione delle diseguaglianze sia un motore della crescita; in cui tutti accettino di disturbarsi leggendo il futuro con gli occhi della nuova generazione. Uno sforzo paragonabile a quelli più ardui che abbiamo pur superato nella nostra storia repubblicana. Chi chiamerà a questo sforzo? Con quale credibilità? Con quale coerenza, con quale sincerità? Con quale capacità di unire un Paese diviso? Lo si lasci dire a un cosiddetto pragmatico: pensare di fare riforme difficili senza metterci la spinta di quei valori sarebbe come pretendere di tenere in piedi un sacco vuoto.

Per rivolgersi oggi credibilmente all'opposizione bisognerebbe che il Presidente Berlusconi fosse in grado di rivolgersi credibilmente al Paese. Non è così. Il Presidente del Consiglio non è in condizione di aprire una fase nuova: ne è anzi l'impedimento. Nessuna partita si può giocare a tempo scaduto. Ormai il Paese non chiede al Presidente Berlusconi un programma: gli chiede un gesto. Mentre l'Italia perde drammaticamente la sua voce nel mondo ed è paralizzata davanti ai suoi problemi, se ci fosse da parte del Presidente del Consiglio la disponibilità a fare un passo indietro, tutti dovrebbero garantire, e ciascuno nel suo ruolo, senso di responsabilità ed impegno. Se questa non sarà l'intenzione, il nuovo progetto per l'Italia dovrà essere presentato agli elettori. Noi ci accosteremmo a quella scadenza chiedendo a tutte le forze di opposizione di impegnarsi generosamente non «contro» ma «oltre»; in una operazione comune, cioè, di ricostruzione delle regole del gioco e del patto sociale, capace di suscitare, in un Paese sconfortato, un'idea di futuro
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Utente Master
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02/02/2011 10:27
 
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...un'altra mossa astuta x dire "io ci ho provato in tutti i modi a fare il bene degli italiani, ma la sinistra non me lo ha permesso...", ormai sa che gli manca il terreno sotto i piedi e vuole fare in modo di dare l'idea di xsona che le sta tentando tutte pur di portare avanti il suo mandato...
...ormai è prevedibilissimo!!!






"Quando tutto intorno tace, basta una voce per rompere la magia, per tagliare il sottile filo del silenzio.
Quando a regnare, invece, sono caos, anarchia e rumore,
non bastano mille silenzi per far sì che i sospiri di chi è stanco di urlare si odano"
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