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Intercettazioni, l'ultimo blitz: più difficile ascoltare i corrotti

Ultimo Aggiornamento: 23/07/2010 10:47
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23/07/2010 10:47
 
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Intercettazioni più difficili per i gruppi criminali che, tra i loro obiettivi, possono inseguire corruzione, concussione, peculato, truffa, bancarotta, usura. Associazioni a delinquere, come la P3 tanto per fare un esempio, che perseguono un obiettivo delittuoso e deviato. Per loro, nel ddl sugli "ascolti", scatta una protezione. Una tutela. Per mettere sotto controllo i telefoni degli adepti al gruppo non basteranno i "sufficienti indizi di reato", come per la mafia e il terrorismo, ma ci vorranno i "gravi indizi" e tutti i numerosi paletti imposti dalla riforma. Per realizzare questo obiettivo, che il Pd critica aspramente, per confermare la norme salva-casta, è bastato solo respingere, in commissione Giustizia, l'emendamento dei Democratici che chiedevano di non eliminare l'articolo 13 della legge Falcone datata 1991. Norma strategica, difesa dal procuratore antimafia Piero Grasso, per cui ogni associazione criminale, sia essa mafiosa o non mafiosa, italiana o straniera, può essere investigata con una corsia straordinaria e senza lacciuoli. Ma la maggioranza non ha voluto ascoltare e ha soppresso l'articolo 13.

È l'ennesimo coup de théatre nella storia di una riforma che assomiglia sempre di più a un pozzo nero, in cui è possibile trovare nuovi e pericolosi veleni. L'ultimo è stato messo in luce in commissione Giustizia alla Camera dove è finito l'esame degli emendamenti. Passate tutte le proposte migliorative della presidente e relatrice Giulia Bongiorno, compresa quella sulla responsabilità giuridica degli editori, che è stata cancellata. Ma anche il ripristino della possibilità di intercettare gli ignoti e di mettere microspie. Approvate anche le migliorie della stessa maggioranza, come quelle del capogruppo Pdl Enrico Costa sulla durata (75 giorni prorogabili di 15 in 15). Grazie a una modifica Pd-Udc ci sarà un'udienza-filtro per escludere le intercettazioni "irrilevanti". L'Udc smonta un'ulteriore protezione per i parlamentari introdotta al Senato, l'obbligo di chiedere l'autorizzazione pure per un deputato o senatore intercettato sull'utenza di una terza persona. Su questo votano tutti a favore. Ma poi esplode la grana della norma Falcone, fuori della commissione la capogruppo Pd Donatella Ferranti si scontra con il sottosegretario Giacomo Caliendo. La prima contesta di aver smontato "una norma basilare nella lotta al crimine" voluta da Falcone; il secondo difende le scelte del governo, le "sue" scelte, e sostiene che i reati gravi, con il riferimento alla lista dell'articolo 407 del codice di procedura, sono comunque intercettabili. Lei replica: "Sai bene che non è vero perché li sono indicati solo quelli per cui c'è l'arresto in flagranza". Lui brontola, ma alla fine è costretto ad ammettere che da quella lista "qualcosa resta fuori". Ma che non ha rilievo.

Il Pd sfida il governo. Proporrà il voto segreto nella settimana di fuoco d'agosto in cui si voterà in aula. Un voto che ormai pare scontato. Insistono il Guardasigilli Alfano e il ministero della Difesa Frattini. "Si metta un punto definitivo" dice il primo. E il secondo: "Dobbiamo votare il ddl prima della pausa". Berlusconi già si attrezza per mettere una nuova fiducia, in linea con quella già messe alla Camera e al Senato. I troppi voti segreti preoccupano il Cavaliere. A partire da quello sulle pregiudiziali di costituzionalità su cui proprio i berluscones più scontenti potrebbero impallinare la legge.

Sulla quale, per ora, sono le opposizioni a fare schermaglie. Il Pd e l'Udc lavorano alla "riduzione del danno". E incassano risultati. Soddisfatta la Ferranti per l'udienza-filtro. Altrettanto il centrista Roberto Rao per aver abolito l'ulteriore tutela per i parlamentari ("È un colpo alla casta"). Che fa dire a Berlusconi: "È un disastro, alla fine è meglio la legge che già c'è". Ma Antonio Di Pietro spara a zero in quanto il ddl resta "una schifezza all'ennesima potenza", accelerata "perché i soliti noti ne hanno bisogno". La Ferranti replica con l'elenco delle migliorie, che però non sanano i punti neri (tribunale collegiale "irragionevole", comunque la stretta su ambientali e tabulati). E il colpo ai siti web con l'obbligo delle rettifiche in 48 ore. Per finire con una nuova sorpresa, l'obbligo di depositare le intercettazioni se, solo su queste, si basa un sequestro, un'ispezione, una perquisizione.
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