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Il mito dei troppi avvocati

Ultimo Aggiornamento: 25/02/2010 16:42
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24/02/2010 23:54
 
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da www.avvocati-part-time.it Segue breve intervista a Giuseppe Tesauro sull'argomento (rilasciata ben 3 anni fa)


Non si imbrogli sui numeri!
In un articolo pubblicato da ilsole24ore il 28 aprile 2009, dal titolo "Classe forense, i numeri da sfatare", si leggeva che all'albo avvocati di Roma sono iscritti 20.186 avvocati; all'albo di Madrid più del doppio, addirittura 45.166; all'albo di Monaco pochi di meno e cioè 18.364.
Altra notazione si leggeva, ancor più interessante; quella per cui, se è vero che in Francia ci sono circa tanti avvocati quanti ne sono iscritti all'albo di Roma, è pure vero che la Francia costituisce un eccezione tra i paesi europei, nei quali sono presenti avvocati in misura non molto diversa che in Italia. In particolare quasi in ogni paese d'Europa il numero degli avvocati supera i 150.000 (159.295 in Spagna, 150.375 in Germania, 151.802 in Inghilterra-Galles).
Interessante la progressione numerica degli iscritti all'albo in Germania (vedi articolo di Roberto Giardina a pag. 11 de ItaliaOggi del 18/2/2010): erano poco più di 36.000 nel 1980; 56.000 nel 1990; nel 1995 erano già un 50% in più; 104.000 nel 2000; oggi, nel 2010, sono 150.400.
Ancor più interessanti due notazioni di Giardina:
- quella per cui "i primi dieci studi internazionali in Germania, che occupano fino a 500 legali ciascuno, danno lavoro al 4% degli avvocati, e incassano il 40% degli introiti complessivi";
- quella per cui in Germania "gli ostacoli per esercitare sono minori che in Italia per un giovane che si affaccia alla professione".
Dunque basta con la tiritera dei troppi avvocati in Italia. Già la si ripeteva stancamente intorno al 1920 e oggi ci tocca sentirla sempre più spesso (persino in occasione dei discorsi d'apertura dell'anno giudiziario) e assurdamente posta a motivo dell'eccessivo numero di cause in Italia (assurdamente perchè di certo, per il penale, le cause non le sollecitano gli avvocati, mentre per il civile e l'amministrativo la colpa della litigiosità eccessiva è tutta del legislatore e della giurisprudenza, i quali sono uno più incerto dell'altro) .
Gli avvocati italiani si aspettano che gli organismi che si dicono rappresentativi dell'avvocatura li difendano dall'accusa infamante di creare artificiosamente le cause che intasano i Tribunali.
Invece che sulla "autoritaria" (e incostituzionale perchè irragionevole, sproporzionata e anticoncorrenziale) riduzione del numero degli avvocati, si focalizzi l'intervento di modifica della legge professionale sulla necessità di porre rimedio ad una regolazione anticoncorrenziale della professione forense.
Al riguardo occorre rammentare che un settore produttivo può dirsi aperto alla concorrenza non se è alto il numero dei concorrenti ma se i loro redditi non sono eccessivamente differenziati, come avviene invece tra gli avvocati italiani, in piccola percentuale titolari d'alti redditi e in alta percentuale ormai "proletarizzati".

o-o-o-o-o-o

L'attuale giuduce della Corte costituzionale Giuseppe Tesauro, già presidente dell'Antitrust, intervenne su il sole 24 ore del 18/8/2007 per denunciare la carenza di concorrenzialità nella regolamentazione italiana della professione forense. Tra l'altro, censurando il divieto di costituire società (diverse dalla forma societaria oggi ammessa), parve censurare ogni presunzione odiosa di conflitto di interessi. LEGGI DI SEGUITO QUELLO CHE PUO' VALERE COME UNA SORTA DI MANIFESTO PER UNA RIFORMA VERA DELL'AVVOCATURA. DOVREBBE VALUTARE BENE IL LEGISLATORE CHE ORAMAI LE COSCIENZE CRITICHE DI AVVOCATI E PRATICANTI SONO DESTE E CHE UNA EVENTUALE RIFORMA VIZIATA DI ILLEGITTIMITA' COSTITUZIONALE O DI ILLEGITTIMITA' COMUNITARIA AVREBBE VITA BREVE ...

Affermava, tra l'altro, Tesauro: "L'avvocatura italiana ha senza dubbio bisogno di modernizzarsi. Oggi la domanda di servizi legali è per una parte significativa molto diversa da quella per la quale è stata concepita la disciplina della professione ancora in vigore. Spesso questa domanda sofisticata, multidisciplinare, multinazionale, non trova risposta adeguata nell'offerta italiana, ancorata pervicacemente ad un approccio antiquato alla professione, pur se di grande qualità. Ritengo che questo sia il terreno sul quale vanno concentrate le energie della politica ma anche della professione e delle istituzioni. ... L'accesso alla professione assume oggi toni quasi paradossali. La pratica è un sogno che non tutti riescono a realizzare, a meno che non si abbia un parente stretto con studio; spesso, pertanto, ci si arrangia a farla solo sulla carta. L'esame è avventuroso, teoricamente il più difficile per un laureato in legge ma in realtà è una lotteria, soprattutto a causa del numero dei candidati. Tanto vale allora inventare qualcosa di diverso e di più serio: percorsi pratici presso le aziende, presso studi professionali selezionati, nelle amministrazioni pubbliche, negli uffici giudiziari, da sempre bisognosi di personale. A fare la vera selezione in base alla professionalità sarà la vita, che normalmente si sbaglia poco. Gli ordini professionali devono avere un senso che non sia solo quello di corporazione. ... La concorrenza è un tema che negli ultimi anni ha turbato i sonni di alcuni avvocati, ma soprattutto degli Ordini. Sul punto ci sono molti equivoci, spesso alimentati ad arte o per ignoranza. Anzitutto offende immotivatamente l'accostamento alle imprese per l'applicazione delle regole di concorrenza, in particolare comunitarie, quando ciò non ha nessuna conseguenza ma vuole solo rilevare la incontestabile portata economica dell'attività legale.... D'altra parte, l'accostamento troppo immediato della tariffa alla qualità della prestazione, questo si, dovrebbe offendere un avvocato che si rispetti. La pubblicità è anch'essa al centro di equivoci . E' oggi vietata ma di fatto è ipocritamente consentita in forme striscianti e sofisticate ad alcuni professionisti: televisione, giornali, convegni e altro. Tanto vale disciplinarla, prevederne forme particolari di tipo informativo, a vantaggio dei cittadini-clienti, che pure hanno il diritto di sapere che un avvocato matrimonialista non necessariamente è quello giusto per difendere chi ha ucciso il coniuge; e che per costituire una società a Rio de Janeiro spesso non basta un qualsiasi avvocato civilista. Resta l'organizzazione della professione, che si dovrebbe modernizzare, anche con strumenti e forme in sintonia con i tempi. Disciplinare si, ma non vietare la convivenza nello stesso impianto professionale di avvocati e commercialisti, ma perchè no, anche con ingegneri e architetti, economisti e analisti finanziari. L'imprenditore, nemmeno tanto piccolo, non può essere costretto a girare le sette chiese per un'iniziativa economica di qualche rilievo. E se, per una certa fascia di offerta, c'è bisogno di una struttura di tipo societario, non si comprende per quale motivo debba essere preclusa, una volta che la motivazione razziale dell'attuale divieto è, per fortuna, venuta meno da più di mezzo secolo e la responsabilità personale del legale è compatibile con il nuovo assetto. Tanto più che oggi uno studio professionale ha spesso una società di servizi alle spalle, per il solito motivo fiscale. La professione di avvocato ha bisogno di aria nuova, per rispondere ad una domanda che è cambiata e non può essere lasciata ai soliti <>, niente affatto più bravi di un medio avvocato italiano".

Cosa aggiungere? Solo un confronto con la situazione e la regolametazione inglese dell'avvocatura.

Il Legal Services Bill ha radicalmente riformato i servizi legali inglesi. A partire dal 2010/2011 saranno introdotte grandi novità: le più importanti paiono la possibilità di quotazione in borsa per gli studi legali e la possibilità di vendere una quota di minoranza dello studio, pari al 25%, così consentendo l'accesso agli assetti proprietari degli studi a non avvocati per permettere la nascita di studi multidisciplinari. Pure importante sarà, quanto alle istituzioni di governo dell'avvocatura, la separazione della funzione disciplinare dalla funzione sindacale (che erano entrambe attribuite alla Law society of England and Wales).

Le law firms inglesi potranno essere acquistate da società commerciali, anche se con alcuni limiti di legge che tutelano qualità, indipendenza e deontologia: tutti i soggetti che parteciperanno all'attività "multidisciplinare" degli studi saranno sottoposti agli stessi principi e canoni deontologici degli avvocati; nell'acquisizione degli incarichi difensivi si dovrà rispettare un "codice di doveri"; gli investitori esterni che intenderanno acquisire quote di uno studio legale saranno sottoposti ad un "test di probità" e se non rispetteranno nel tempo le regole loro imposte potranno anche essere espulsi. Oltre la Manica il processo organizzativo degli studi legali è già molto avanzato e si avvia, dunque, a un ulteriore adeguamento alle esigenze dei tempi: i grandi studi associati inglesi (già nel 2000 un centinaio di grandi studi con più di 25 soci impiegava il 36% degli avvocati e generava più del 50% del fatturato professionale forense inglese. Nel 2008 fa il più grande studio legale al mondo, Clifford Chance, aveva più di 600 soci, circa tremila avvocati e fatturava circa un miliardo di sterline con più di 300 milioni di utile). In Italia altro che borsa! Siamo fermi alla affermazione di principio della Corte Costituzionale 189/01 per cui la professione forense è settore del mercato dei servizi professionali naturalmente concorrenziale. Da noi c'è solo qualche timida apertura allo studio associato multispecializzato e multidisciplinare; nessun ragionevole vantaggio fiscale è previsto per lo studio associato; vige ancora l'anacronistico e ipocrita divieto di lavorare come avvocato dipendente di uno studio legale. La realtà della regolazione italiana vede una concorrenza selvaggia in fatto che paradossalmente si fonda su una normazione anticoncorrenziale che, con rara miopia, è strenuamente difesa da troppo ampia parte della "classe forense". Alcuni dubitano addirittura della compatibilità del sistema inglese con la nostra Costituzione. Altri dubitano che quel sistema sia compatibile con i caratteri di riservatezza del rapporto cliente-professionista in Italia. In realtà, forse, sono a disagio con quel lo cuturale di mercato. Una cosa è certa: l'"industria legale" britannica portava (prima della crisi finanziaria del 2009) 2,2 miliardi di sterline alla bilancia commerciale (i ricavi degli studi legali erano ben l'1,5% del P.I.L. britannico) ed è, tuttora, sempre più protagonista nel mercato globalizzato, mentre gli avvocati italiani non fanno altrettanto bene. Penso che troppi di noi siano legati ad un mondo superato, classista, autoreferenziale e ipocritamente negatore della realtà economica e sociale. E i risultati, nel confronto si vedono: 1) Non è stato un problema ma una opportunità per l'intera "classe forense" britannica veder raddoppiare in venti anni il numero degli avvocati (nel 2008 erano 140.000 tra barristers e solicitors); 2) lo stipendio minimo annuo che percepiva nel 2008 un praticante agli inizi dell'attività era di ben circa 16.000 sterline; 3) lo stipendio medio di un avvocato dipendente di una law firm appena abilitato era di ben circa 70.000 sterline annue. E in Italia cosa si profila all'orizzonte? IL GATTOPARDO: CAMBIARE TUTTO PER NON CAMBIARE NIENTE.
[Modificato da mymo 24/02/2010 23:55]


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25/02/2010 14:20
 
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Pienamente d'accordo nello sfatare un falso mito.
Aggiungerei che in Italia abbiamo 300 mila ingegneri, 135 mila architetti,ma si parla solo di sfoltire il numero degli avvocati. E chi lo dice poi? Chi ha studi avviati da anni e teme di perdere qualche migliaio di euro al mese.
Sulla questione del numero elevato di cause nel civile e nell'amministrativo molto dipende dall'infima qualità della nostra pubblica amministrazione. Esempio:esiste l'istanza di autotutela,ma qualcuno di voi è mai riuscito ad avere risposta nel giro di una settimana ad un'istanza del genere?
Poi ci si lamenta che le cause aumentano... [SM=x43619]




Martin Niemoller :
Quando i nazisti vennero per i comunisti, | Io restai in silenzio; | Non ero comunista. || Quando rinchiusero i socialdemocratici, | Rimasi in silenzio; | Non ero un socialdemocratico. || Quando vennero per i sindacalisti, | Io non feci sentire la mia voce; | Non ero un sindacalista. || Quando vennero per gli ebrei, | Rimasi in silenzio; | Non ero un ebreo. || Quando vennero per me,
Non era più rimasto nessuno che potesse far sentire la mia voce.



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25/02/2010 15:55
 
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insomma è contro la riforma di Alfano?
Io anticipo che il 10 farò un controsciopero contro lo sciopero dei signorsì
a costo di beccarmi sanzioni andrò a Torre Annunziata e farò d'ufficio tutte le cause che potrò fare come praticante abilitato è ora di dare un segnale alla casta
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25/02/2010 16:38
 
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Devo dire che ho da pochi mesi iniziato la pratica ed ho notato un corporativismo scandaloso tra gli avvocati...

peggio di quanto mi aspettassi, non vogliono perdere un solo EURO di quanto guadagnano oggi e per questo non vogliono concorrenza...

noi giovani non siamo per niente tutelati, anzi tentano in tutti i modi di tarparci le ali...
diamo molto fastidio.

[Modificato da nando85 25/02/2010 16:38]
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25/02/2010 16:42
 
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Re:
Giubo, 25/02/2010 15.55:

insomma è contro la riforma di Alfano?
Io anticipo che il 10 farò un controsciopero contro lo sciopero dei signorsì
a costo di beccarmi sanzioni andrò a Torre Annunziata e farò d'ufficio tutte le cause che potrò fare come praticante abilitato è ora di dare un segnale alla casta




Giubo fai bene, anche se devo dire che come segnali, purtroppo, ne possiamo dare ben pochi, non abbiamo nessuno che ci tuteli veramente all'interno del consiglio dell'ordine, alla fine decidono tutto tra di loro ed ovviamente a favore loro...

in sostanza non penso che abbiamo strumenti utili per far sentire efficaciemente la nostra voce. [SM=x43606]

[Modificato da nando85 25/02/2010 16:43]
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