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Per fare l'avvocato divento frontaliere

Ultimo Aggiornamento: 26/06/2015 13:11
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Utente Junior
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26/06/2015 12:42
 
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che ne pensate?
Paolo ha trent'anni, un passato da studente in Bocconi e un presente da avvocato a cavallo tra l’Italia e la Svizzera. Dopo quattro anni passati a lavorare a Milano, prima in uno studio internazionale, poi in una delle più grandi società di revisione, ha deciso di fare il grande salto e tentare la carta del Canton Ticino.

«Chi come me è nato e cresciuto in provincia di Varese, ha sempre avuto un occhio rivolto verso la Svizzera. Le condizioni economiche e fiscali sono molto vantaggiose rispetto all’Italia e a un certo punto il trasferimento professionale è diventato inevitabile» – racconta.

Per lui, la svolta è arrivata con la nascita della prima figlia e la necessità di pagare un mutuo da mille euro al mese. È stato in quel momento che, faccia a faccia con le responsabilità del «diventare grandi», si è accorto che lo stipendio («pur migliore rispetto a quello di tanti miei colleghi» - riconosce), non bastava più.

Già perché Paolo era tra i fortunati che potevano contare su un’entrata (netta) di almeno 2mila euro al mese: «molti miei coetanei a Varese, lavorano per meno di 500 euro. E parliamo di avvocati abilitati, non praticanti!» – chiarisce – «A Milano, invece, difficilmente si va oltre i 1500 euro mensili, ma i costi di vita sono molto più alti».
Dopotutto, le difficoltà dei giovani avvocati italiani sono note: lavorano spesso come dipendenti pur figurando come liberi professionisti, con partite Iva che coprono una giornata lavorativa lunga fino 12 o 14 ore, con prospettive di crescita esigue.

La stessa Aiga, Associazione italiana dei giovani avvocati, ha sottolineato in un recente report come l’80% degli avvocati negli studi legali eserciti solo formalmente la libera professione. I più si accontentano di una corresponsione fissa o variabile, rinunciando all’idea di aprire un proprio studio e di avere contatti diretti con i clienti.

Sempre più numerosi, invece, sono coloro che scelgono l’opzione del frontaliere, proprio come Paolo. Dal 2000 a oggi, i laureati che attraversano ogni giorno il confine per lavorare sono passati dal 6% al 17%, tra questi, circa 4mila sono professionisti del settore intellettuale e scientifico, ben 2mila sono dirigenti o quadri superiori.

«Io stesso, ci pensavo da circa un anno, influenzato anche dai tanti amici che già facevano i frontalieri. Così, ho iniziato a guardarmi intorno e ho trovato tante opportunità interessanti vicino Lugano. Anche se, onestamente, le barriere all’entrata sono alte» – confida Paolo.
In primis, la materia: la legislazione è diversa e l’aggiornamento professionale spesso non basta. Inoltre, molte società richiedono non solo l’aver maturato esperienze in grandi multinazionali, ma anche dimestichezza con le lingue straniere. «Io conosco bene il tedesco che è l’idioma più ricercato e quanto al diritto, lavoro nell’ambito societario e sono avvantaggiato in un certo senso, rispetto a chi è penalista o giuslavorista, ad esempio».

In ogni caso, il gioco vale la candela, almeno a guardare il portafogli: «Lo stipendio in Svizzera è tre volte tanto rispetto a quello italiano e quanto alle tasse, fino al 2017 ho la possibilità di usufruire dell’agevolazione per i frontalieri, pagando solo il 20% su ciò che guadagno (il nuovo regime fiscale per i frontalieri entrerà in vigore solo nel 2018, ndr.)» – assicura Paolo che in Italia continuerà a versare solo i contributi.

«L’obiettivo è seminare, per poi raccogliere, accreditandomi in futuro come avvocato europeo»– conclude, rappresentando così a perfezione il nuovo modello del frontaliere varesino.


corriere.it
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Utente Gold
Amministratore
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26/06/2015 13:11
 
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La prospettiva è molto interessante, dato il quadro desolante in cui versa la situazione attuale...
Ovviamente balza all'occhio la valutazione sulle barriere all'ingresso: parlare di pregressa esperienza nelle multinazionali, tra le altre cose, e di insufficienza del semplice aggiornamento a fronte delle profonde differenze di disciplina, fa capire come sia un salto tutt'altro che agevole.
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