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caccia grossa al fuoricorso

Ultimo Aggiornamento: 07/03/2015 15:36
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05/03/2015 07:45
 
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tratto da: l'Espresso
Fonte: espresso.repubblica.it/inchieste/2015/02/26/news/universita-parte-la-guerra-ai-fuoricorso-ma-a-perdere-potrebbe-essere-la-qualita-...



Università, paradossale guerra ai fuori corso
"Gli atenei finiranno per regalare gli esami"
Il ministero, nell'erogare i fondi, adesso penalizza i centri con troppi studenti in ritardo con le materie. E a subire le peggiori decurtazioni sono le grandi università. Che, per correre ai ripari, hanno solo due strade: aumentare le tasse o promuovere con più facilità



Caccia grossa al fuoricorso. L’eterna lamentela sul numero eccessivo di studenti italiani che non si laureano “in tempo” è diventata un problema contabile serio. Da quando dalle stanze ministeriali è uscita la tabella che assegna i fondi pubblici agli atenei, mettendo in pratica la grande novità del “costo standard per studente in corso”. Che di fatto cancella dall’università italiana almeno 700.000 persone, perché fuori corso.

Risultato: gli atenei con maggior numero di studenti che non si laureano nei tempi dovuti hanno un danno economico consistente, e crescente. E crescono i timori per due conseguenze perverse del nuovo meccanismo: da un lato, l’aumento a tappeto delle tasse per i fuori corso; dall’altro, la tentazione di abbassare l’asticella delle prove d’esame, in modo da accelerare il percorso verso la laurea.

“Nella nostra università ci sono circa 20mila studenti fuori corso: è pensabile che non pesino per niente? A loro non dobbiamo dare servizi, offerte, insegnamenti?”. Il rettore di Pisa Massimo Mario Augello è stato uno dei primi a protestare contro le nuove regole.

L’ateneo che lui guida è uno dei più penalizzati: “non è questione di virtuosi o no”, afferma, ricordando classifiche internazionali sulle università che vedono Pisa tra le prime italiane. Il problema è un altro: “il numero dei fuori corso è più alto nei grandi atenei, quelli con un bacino di utenza più ampio”. Se in percentuale, nella classifica delle università, abbiamo quote di fuori corso superiori al 40 per cento in molte piccole università soprattutto del Sud, sopra la media ci sono anche alcune grandi, dalla Sapienza di Roma all’università di Pisa, da Napoli a Palermo.

Atenei dai numeri imponenti, nei quali gli studenti messi fuori con il nuovo calcolo dei fondi sono migliaia e migliaia: alla Sapienza si “perdono”, ai fini delle entrate di bilancio, 42 mila iscritti, a Palermo 20 mila, alla Federico II di Napoli oltre 30 mila, alla Statale di Milano 18.000. In soldi, la differenza è dolorosa: per fare un esempio, la prima università d’Italia e d’Europa, la Sapienza, ha perso una decina di milioni di euro di fondi con il nuovo meccanismo. E siamo solo all’inizio: infatti se per quest’anno solo il 20 per cento del finanziamento è attribuito sulla base di questo calcolo, entro cinque anni si salirà al 100 per cento. Cioè, i fuori corso saranno solo un “peso morto” per gli atenei, un costo che c’è ma non conta nulla ai fini del finanziamento pubblico.

“Il problema si può risolvere alla radice, con decreto del rettore: regaliamo ogni anno un esame a ogni studente, così molti di più si laureano in tempo”, ha detto provocatoriamente il rettore di Pisa.

Ma non è solo una battuta. Anche il Cun – il Consiglio universitario nazionale – ha denunciato il rischio di “comportamenti non virtuosi per ridurre il numero degli studenti fuori corso”. Che vuol dire? Un occhio più benevolo nella valutazione degli esami? “Qui a Milano abbiamo circa 18 mila fuori corso: cerchiamo di ridurli, investendo su orientamento, diritto allo studio, tutoraggio, servizi – dice Giuseppe De Luca, prorettore alla didattica della Statale di Milano - Ma molti piccoli atenei non hanno un soldo per fare queste cose, potrebbero reagire semplicemente abbassando l’asticella degli esami”. Perché spesso un alto numero di fuori corso deriva dalla serietà e selettività delle lauree.

O anche dal fatto che si tratta di studenti lavoratori. O addirittura “che hanno impiegato più tempo perché sono andati a fare degli Erasmus”, denuncia Alberto Campailla della rete Link degli studenti. “Tutti questi diventano fantasmi, non esistono. E però pagano sempre di più”, aggiunge Campailla.

E’ questa l’altra possibile conseguenza “non virtuosa” del nuovo meccanismo. Infatti, dai tempi del governo Monti le università hanno meno vincoli nell’aumento delle tasse: se in generale i contributi chiesti agli studenti non possono salire oltre una certa quota del Ffo, per i fuori corso il tetto è saltato. Risultato: i soldi persi per “eccesso” di fuori corso si possono recuperare tassando il loro ritardo. Già in alcuni atenei questi pagano di più degli altri: alla Sapienza, dopo il terzo anno fuori corso si paga il 50 per cento in più; anche Palermo ha introdotto un aggravio per chi non si laurea in tempo, che era allo studio anche a Pisa ma è stato bloccato in extremis. “Lo abbiamo rifiutato, è un modo per fare cassa che non riteniamo giusto – dice il rettore Augello – Ma questo è uno degli effetti distorsivi delle nuove regole: tutte le università stanno guardando al serbatoio dei fuori corso per cercare risorse”.

Chi è stato alle ultime riunioni dei rettori, dopo la stangata del “costo standard”, racconta che l’idea di aggravare la tassazione sui fuori corso è generalizzata. Giustificata da urgenze di cassa, e dal fatto che è una delle poche leve che gli atenei hanno; e dal vecchio stigma su quelli che l’allora sottosegretario Michel Martone (governo Monti) definì “gli sfigati”. Mentre cresce il numero di quanti lavorano e studiano, o restano indietro per altri motivi, spesso riconducibili proprio alla disorganizzazione delle università.

“Il concetto di fuori corso è cambiato – dice Guido Fiegna, già direttore generale del Politecnico di Torino ed esperto dei numeri dell’università italiana – già si farebbe molta pulizia se si utilizzassero di più le iscrizioni a part time, per gli studenti lavoratori, per le quali però le università fanno resistenza, proprio per non perdere iscritti e fondi”. Non solo: “non si capisce perché nel costo standard si calcolano solo gli studenti iscritti ai corsi, e non chi sta facendo il dottorato di ricerca, come se questi non studiassero”.



La FEDII come si comporterà?Aumento delle tasse?
[Modificato da connormaclaud 05/03/2015 07:48]
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05/03/2015 18:32
 
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Bilanceranno aumenti di tasse e improvvise facilitazioni quantomeno al 18.
Con questi due strumenti mireranno a contenere il più possibile i danni economici, smaltendo la massa dei fuoricorso...

- un po' facilitando esami (e quindi regalando loro un percorso agevolato alla laurea);

- un po' vessandoli economicamente (e quindi costringendo quanti nonostante tutto continuano a tardare all'abbandono forzato o a sostenere spese sempre più proibitive).
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05/03/2015 19:21
 
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Un'ottima soluzione davvero.

Così avremo finalmente anche il alla diritto alla laurea (dopo il diritto al diploma di scuola superiore). Chiunque si potrà iscrivere e aspirare a un 18 (ma poi perché fermarsi al 18? anche di più) semplicemente presentandosi all'esame.

Avremo così tanti avvocati, ma soprattutto medici, ingegneri, architetti, biologi etc.etc. laureati in tempo e abilitati alla professione. Povero chi ci capiterà. Un cattivo avvocato al massimo ti fa perdere una o più cause. Un cattivo medico, ingegnere etc.etc. avrà tra le mani la vita di una o più persone.

E' sicuramente questa la migliore strada da seguire per risollevare un Paese. Il merito innanzitutto.
E non raccontiamoci la favola che dopo le riforme Moratti e Gelmini la scuola oggi funziona e che i test d'ingresso sono a prova di bomba.

La ratio è la stessa che ispirò il legislatore quando si trattò di risolvere il problema dello sforamento del tetto massimo di picagrammi di diossina nell'aria (fattore altamente cancerogeno) a Seveso e in tutt'Italia. La soluzione? Aumentiamo il limite massimo e non se ne parli più.

Complimenti davvero [SM=g2719694] .
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Re:
Alessandro.1987, 05/03/2015 19:21:

Un'ottima soluzione davvero.

Così avremo finalmente anche il alla diritto alla laurea (dopo il diritto al diploma di scuola superiore). Chiunque si potrà iscrivere e aspirare a un 18 (ma poi perché fermarsi al 18? anche di più) semplicemente presentandosi all'esame.

Avremo così tanti avvocati, ma soprattutto medici, ingegneri, architetti, biologi etc.etc. laureati in tempo e abilitati alla professione. Povero chi ci capiterà. Un cattivo avvocato al massimo ti fa perdere una o più cause. Un cattivo medico, ingegnere etc.etc. avrà tra le mani la vita di una o più persone.

E' sicuramente questa la migliore strada da seguire per risollevare un Paese. Il merito innanzitutto.
E non raccontiamoci la favola che dopo le riforme Moratti e Gelmini la scuola oggi funziona e che i test d'ingresso sono a prova di bomba.

La ratio è la stessa che ispirò il legislatore quando si trattò di risolvere il problema dello sforamento del tetto massimo di picagrammi di diossina nell'aria (fattore altamente cancerogeno) a Seveso e in tutt'Italia. La soluzione? Aumentiamo il limite massimo e non se ne parli più.

Complimenti davvero [SM=g2719694] .



Il problema riguarda in primis Giurisprudenza.
Le altre facoltà hanno il numero chiuso e se ne fottono.

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Re:
Paperino!, 05/03/2015 18:32:

Bilanceranno aumenti di tasse e improvvise facilitazioni quantomeno al 18.
Con questi due strumenti mireranno a contenere il più possibile i danni economici, smaltendo la massa dei fuoricorso...

- un po' facilitando esami (e quindi regalando loro un percorso agevolato alla laurea);

- un po' vessandoli economicamente (e quindi costringendo quanti nonostante tutto continuano a tardare all'abbandono forzato o a sostenere spese sempre più proibitive).




voci di corridorio o pensiero personale?
Non molto tempo fa,dissero che non ci sarebbero stati aumenti consistenti e,almeno per quest'anno,da noi così è stato.
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Re: Re:
Paperino!, 05/03/2015 20:32:



Il problema riguarda in primis Giurisprudenza.
Le altre facoltà hanno il numero chiuso e se ne fottono.




Non sono d'accordo Paperino, il problema riguarda anche le facoltà a numero chiuso. Conosco molti casi di persone che a medicina sono di diversi anni fuori corso. Eppure sono stati selezionati con i test d'ingresso. Il meccanismo dei crediti formativi lì crea sbarramenti che selezionano anno dopo anno. Se accedono in 400 al primo anno, al sesto sono se tutto va bene il 60%.
Questo per dire che anche in altre facoltà lo svecchiamento coinciderà col regalare esami per non incorrere in sanzioni per l'ateneo. Così come oggi alle superiori i bonus per gli istituti sono legati al numero degli alunni iscritti. Più alunni più soldi al preside e alla scuola. L'effetto? Nessuno viene bocciato e tante braccia sottratte al lavoro.

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Re: Re: Re:
Alessandro.1987, 06/03/2015 10:56:



Non sono d'accordo Paperino, il problema riguarda anche le facoltà a numero chiuso. Conosco molti casi di persone che a medicina sono di diversi anni fuori corso. Eppure sono stati selezionati con i test d'ingresso. Il meccanismo dei crediti formativi lì crea sbarramenti che selezionano anno dopo anno. Se accedono in 400 al primo anno, al sesto sono se tutto va bene il 60%.
Questo per dire che anche in altre facoltà lo svecchiamento coinciderà col regalare esami per non incorrere in sanzioni per l'ateneo. Così come oggi alle superiori i bonus per gli istituti sono legati al numero degli alunni iscritti. Più alunni più soldi al preside e alla scuola. L'effetto? Nessuno viene bocciato e tante braccia sottratte al lavoro.





Siamo d'accordo, è tuttavia evidente che il problema si espande con i grandi numeri.

@Connor: era solo una riflessione personale, mi sembra un'evoluzione più che verosimile del prossimo futuro.
Del resto, la concorrenza di laureifici come le telematiche, che pur concedono un titolo in tutto e per tutto identico, da un punto di vista legale, non può che portare verso un generalizzato ribasso delle aspettative.
L'Università italiana finirà col sostituirsi alle scuole superiori, demandando a master o a pochi centri infinitamente più selezionati e selettivi il compito di formare le poche eccellenze necessarie.

Il resto...faldoni, inutili parti speciali e gran perdite di tempo tra mura lontane sia dal mondo in generale che dal mondo del lavoro in particolare.
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06/03/2015 15:06
 
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Sono molto meno pessimista, sarà la mia condizione di fuoricorso, ma credo che così come si è passati indenni dalle recenti riforme, con il buon senso, si riuscirà a trovare una soluzione ragionevole per chi,per un motivo o per un altro, non è in regola con gli esami e di questo non ne va fiero.

Come accennavo nel precedente intervento, fino ad oggi non si sono verificati aumenti consistenti e nelle grandi università i fuoricorso sono una realtà,giusta o sbagliata che sia, difficilmente cancellabile dall'oggi al domani e che, neanche con il più freddo cinismo, può essere boicottata con un aumento delle tasse, con qualche 18 elemosinato da chicchessia o col pietismo dell'università "facile", magari telematica.

In un periodo dove si registreranno diminuzioni di nuove immatricolazioni, dove l'abbandono ed il cambio di corso sono sempre più frequenti, colpire il fuoricorso rappresenterà un boomerang che nè le grandi università nè in ministero vogliono davvero.

Così,pour parler, all'aumento vertiginoso delle tasse molti potrebbero decidere di fare sì la rinuncia agli studi, ma per poi re-iscriversi, con il riconoscimento degli esami sostenuti, all'interno dello stesso ateneo, in università concorrenti ovvero cambiando corso di studi...

Ale,lasciami dire che già oggi la regola del 18 e sto è valida,per i fuoricorso ed i regolari, poichè il 18 è da sempre quel risultato minimo che si concede quando non si vuol bocciare, difficilmente sindacabile e ancor meno contestabile.
Impegno e costanza portano a terminare il percorso di studi in tempi utili, per carità lodevoli virtù, ma nulla di più e di laureati e professionisti diversamente competenti siamo già pieni e poco c'entra la meritocrazia in questo, se così fosse ci sarebbe già stato da un pezzo l'abolizione del valore legale della laurea.

Certo, come parte in causa ho una posizione difficile da difendere e sono consapevole che il futuro è nel modello anglosassone, ma parliamo sempre di cambiamenti che richiedono almeno un decennio per essere adeguatamente applicati e digeriti.
Trovandomi nel mezzo del cambiamento, mi auguro solo di non fare la fine del cane di mustafà...
[Modificato da connormaclaud 06/03/2015 15:18]
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06/03/2015 15:24
 
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Sono d'accordo con l'intervento di Paperino: le telematiche fanno inabissare il livello di preparazione medio.

Connor è tutto giusto quello che dici e mi ci ritrovo.
La mia riflessione in sintesi è solo questa: se le sanzioni per gli Atenei saranno una spada di Damocle sui rettori degli Atenei e sui vari presidi, questi pur di non perdere soldi daranno gli esami a tutti. E addio selezione. Sei più piccolo di me, ma sicuramente conosci Staiano, Grosso, Balbi e altri Prof. che non hanno il 18 facile. Beh alla mia sessione di diritto costituzionale di Marzo del I anno Staiano bocciò, su 53 presenti, ben 35 persone (se ne parlò anche su giuristifedericiani). Una sola ragazza prese 30 e lode; oggi si sta facendo spazio nel mondo universitario.
Molti di quelli capirono che non era arte loro e fecero richiesta di trasferimento alla Parthenope a Nola oppure si ritirarono del tutto.
Questo per dire che, se i prof dovranno promuovere tutti, addio selezione e tanti caproni laureati dopo 5 anni.
Il marciume, e ne abbiamo parlato proprio nell'altro topic che ho aperto io, c'è già ora. La decadenza è davanti ai nostri occhi.
E' poi verissimo che si laureano in tanti con 18 o poco più come media ma pensa se realmente si innescasse questo meccanismo perverso: te le immagini tutte le "vrenzole" leopardate piene di soldi alle sedute d'esame a Mezzocannone? oggi ci sono certo, ma sono comunque una minoranza.

Andrebbero invece premiati gli atenei i cui studenti nell'arco di un tot dopo la laurea trovano lavoro. Quello sì che avrebbe senso.
Questa riforma mi sembra proprio il classico modo di risolvere la cosa all'italiana.
[Modificato da Alessandro.1987 06/03/2015 15:33]
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06/03/2015 17:31
 
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Alessandro, se la sanzione è nel considerare come fantasmi i fuoricorso e nel non computarli nell'erogazione dei fondi pubblici, negli atenei come il nostro poco cambia: in rapporto agli introiti delle potenziali iscrizioni il fondo spese resta pressocchè invariato, sempre che non vogliano ridimensionare il dipartimento con accorpamento di cattedre e non rinnovare in blocco i contratti del personale ricercatore o amministrativo. Stando così le cose, le entrate dei fuoricorso sono grasso che cola e che, a ben vedere, non richiede più sforzi del semplice esaminare questi candidati una tantum.
Esiste poi la questione governativa, ammesso e non concesso che si possa costringere all'abbandono degli studi , immetti nel sistema decine, se non più, di migliaia di giovani disoccupati,fino ad oggi non conteggiati nel novero dei disoccupati.

Riporti un caso emblematico, ma comprensibile e per certi versi condivisibile se contestualizzato. Un accenno di selezione a matricole,nel primo semestre del primo anno, altro non è che un pressure test che, anche facendo una mattanza di bocciati, può al massimo far riflettere sulle aspirazioni e nel peggior dei casi si è ancora in tempo per uscirne indenni. Per quanto possa essere esigente una cattedra, se gli altri 4-5 esami sono andati lisci non ha un tale potere deterrente da portare ad abbandore l'uni. E' stato solo un evento contingente, IMHO.
Di professionisti, anche docenti universitari, che se la sono presa con calma ed oggi sono - meritatamente - di ruolo ce n'è più di uno.

Dubito che il pericolo sia quello del ti piace vincere facile, almeno nel nostro dipartimento, e non m'interessa granchè l'età di chi frequenta l'università, già oggi il pezzo di carta è inutilmente necessario e i filtri e gli sbarramenti professionali più che collaudati e stringenti nel post-laurea.

Tirando le somme, se si tratta di una battaglia culturale posso comprenderla ed anche condividerla,ma avendo fatto le scelte che ho fatto in virtù delle garanzie che l'università mi concedeva,se oggi dovessero cambiare le regole del gioco mi girerebbero alla grande.
[Modificato da connormaclaud 06/03/2015 17:35]
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06/03/2015 19:42
 
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Il principio che i fuoricorso dovrebbero essere tassati nettamente di più è di elementare buonsenso e non va nemmeno argomentato, si doveva farlo qualche decennio fa.

Naturalmente la questione è antipatica, anche perché non tutti i fuoricorso sono uguali e ognuno fa storia a sé. Lo studente che lavora non può essere messo sullo stesso piano dello studente puro che cazzeggia, ma distinguerli è tecnicamente possibile, ad esempio prevedendo una franchigia sull'aumento a favore dello studente
lavoratore o un'esenzione a certe condizioni. Certo magari si porrebbe un ulteriore problema perché di quelli che lavorano pochi hanno un regolare contratto e quindi avrebbero difficoltà a dimostrare la loro condizione, cosa che per altro allo stato attuale fa sì che vengano collocati in fasce più basse e godano di benefit ai quali magari non avrebbero diritto se dichiarassero tutto il reddito. L'italia è sempre complicata.

Ma il principio resta valido e riporterebbe un po' di razionalità in un sistema dove questa qualità scarseggia con un sistema piiuttosto regressivo, ricordiamo che l'Italia è sempre il paese dove gli operai o i braccianti, i cui figli in genere non vanno all'università, pagano l'università ai figli dei medici e degli avvocati ecc....

Quanto poi al fatto che così l'università diventerebbe più facile siamo nel solito scenario paranormale italiano dove ti viene da chiederti se non ci sia qualcosa negli acquedotti.

Ps Forza Connor, cerca di finire il prima possibile. Pensa alla festa di laurea, se vuoi ho una squadra di spogliarelliste lituane pronta ad intervenire che la renderanno indimenticabile.
Un incentivo potentissimo.
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07/03/2015 15:36
 
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Connor mi sa che stiamo dicendo la stessa cosa.

Il problema non è se Tizio si laurea in 5/6 o più anni, perché sulla carriera universitaria incidono tanti fattori. E ci sono tanti che, pur laureandosi in ritardo - ne abbiamo parlato anche sul forum - hanno alla fine una preparazione più completa di chi ha fatto la corsa.
L'idea di far pesare questo sanzionando gli Atenei non mi piace, perché a rendere buono o meno un corso di studi non è il numero di fuori corso, ma il percorso stesso.
I fuori corso inoltre già oggi pagano di più perché non accedono ai premi per i meritevoli e particolarmente meritevoli, e perdono bonus ad alcuni concorsi (a cominciare dai test d'ingresso delle sspl).

Se però per svecchiare le università bisogna dare il 18 politico a tutti perché sennò la mannaia cade sull'Ateneo mi sa che stiamo imboccando una strada che accentuerà ancora di più il divario Nord/Sud.

La selezione ci sarà anche dopo, certo, ma nel post laurea incidono tante di quelle variabili che non sarei troppo sicuro che vengano premiati i migliori.
[Modificato da Alessandro.1987 07/03/2015 15:45]
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