Dal professore Prisco e da Pollastro, assieme
Era "tosto" e poliedrico, Antonio Guarino. Beneventano di nascita (a Cerreto Sannita), milanese di formazione (ma anche tedesco, per guerra e poi per studi dopo la laurea), siciliano (a Catania) di prima cattedra,
british nel tono e nel tratto, tennista a suo dire non malvagio, "romanista" nell'insegnamento (fu allievo e poi suocero di Vincenzo Arangio Ruiz, liberale e politico della prima fase del secondo dopoguerra), ma anche giornalista gustoso, chiaro, ironico e che non "la mandava a dire" alla sede Rai di Napoli (aveva vinto un concorso e fu incaricato da Veltroni padre di organizzarla, ma in seguito ufficialmente lasciò, prima per la magistratura, poi per la cattedra, anche se per un po' continuò a lavorarci sotto pseudonimo), senatore "indipendente di sinistra" per una legislatura.
Quante cose fu: per entrambi noi che scriviamo il primo professore incontrato all'università, per il primo una mattina di autunno del 1968, per il secondo lo stesso, ma vent'anni dopo (l'anno successivo andò in pensione ed era stato preside a Giurisprudenza).
Fu soprattutto un Maestro di un'università che non esiste più, in un mondo che oggi si può solo ricordare, in cui i professori e i loro esami si sognavano anche la notte (specialmente sotto l'appello e se si erano mangiati i peperoni a cena).
L'università si deve assolutamente rinnovare, per temi e metodi, ma nulla si crea se non ha una base nella memoria.
E' la catena umana: quella che ci ha fatto ciò che siamo, quella che farà gli studenti di oggi ciò che diventeranno e così per i figli e i figli dei figli, senza fine.
Grazie, Professore, R.I.P. Te lo diciamo con due
emoticon dei ragazzi di oggi, noi che ragazzi lo siamo stati, perché Ti sarebbero piaciuti