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idiocracy

Ultimo Aggiornamento: 01/10/2013 13:53
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24/09/2013 18:15
 
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«Roma spinge Alitalia nelle braccia di Air France-Klm», ma la francese corteggiata la fa sospirare

Il tormentato caso Alitalia è l'apertura di Les Echos: "Roma spinge Alitalia nelle braccia di Airfrance", titola con gran rilievo il quotidiano economico francese nella sua edizione cartacea. E non manca un avvertimento: "Farsi coinvolgere ulteriormente in Alitalia è rischioso per Air France-Klm", ammonisce un editoriale intitolato significativamente "Il ponte dei sospiri".

Il gruppo francese "attende di saperne di più prima di pronunciarsi". E può prendere tempo, poiché non sembra esserci "nessuna soluzione concorrente a quella di Air France-Klm". "Cinque anni dopo il salvataggio della compagnia da parte di una cordata di investitori della Penisola, in nome della difesa dell' ‘interesse nazionale', la fattura è pesante per il contribuente italiano", sottolinea Les Echos citando il blog dell'economista Piero Ichino: "Il rifiuto iniziale dell'offerta Air France-Klm ha finito per costarci almeno 4,5 miliardi di euro".

Ma i "piatti riscaldati" della storia "raramente sono i migliori", commenta Les Echos. Ancora una volta, Roma srotola il tappeto rosso davanti ad Air France-Klm e il gruppo francese ha l'occasione di prendere la prima compagnia aerea italiana "al prezzo di qualche apparecchio a lungo raggio". Ma in cinque anni "molta acqua è passata sotto i ponti". Alitalia, che prima suscitava l'interesse di Lufthansa, oggi suscita solo qualche "sospiro infastidito" presso i potenziali pretendenti del Golfo. Invece di tornare a essere redditizia come sperava, Alitalia "non ha deviato dalla traiettoria che le ha fatto perdere più di 3,8 miliardi di euro rispetto al 2008". I suoi attuali proprietari, un consorzio di industriali, guardano al pareggio l'anno prossimo, ma "l'apertura dei collegamenti nazionali alla concorrenza low cost permette di dubitarne". Les Echos consiglia ad Air France di ricordarsi di un proverbio: "Quando ci si deve rompere il collo, si trova la scala!".

"Alitalia è tornata al punto di partenza", constata Le Monde sotto il titolo "Deficitaria, Alitalia cerca investitori": cinque anni dopo che Silvio Berlusconi l'ha "salvata" dall'acquisto puro e semplice da parte di Air France-Klm, è di nuovo verso la compagnia franco-olandese che Alitalia si rivolge, nella speranza di far fronte alle sue difficoltà.

Già perché Alitalia perde soldi. L'italianità della compagnia è stata preservata, ma i suoi conti restano in rosso. Anzi, peggio: "Alitalia è diventata strutturalmente deficitaria". Dal suo fallimento nel 2008, "non ha mai guadagnato soldi". Secondo il sito de La Tribune, nell'ipotesi che offrisse di portare la propria partecipazione in Alitalia al 50%, Air France porrebbe due condizioni: il debito della compagnia italiana dovrebbe essere di nuovo lasciata a carico dell'Italia e la compagnia franco-olandese dovrebbe avere maggiore potere d'intervento sulla gestione di Alitalia.

La vicenda attira l'attenzione anche del Wall Street Journal: "Air France-Klm soppesa la sorte della partecipazione in Alitalia", titola il quotidiano Usa. Il board ha discusso se aumentare la sua partecipazione o lasciar perdere, ma ha detto di volere più informazioni dalla compagnia italiana.

Air France-Klm "vuole mantenere un'entratura nell'ampio mercato italiano ma – ricorda il Wsj – affronta difficoltà finanziarie per conto suo, dopo avere registrato due anni di perdite. I dirigenti di Alitalia – continua il quotidiano Usa – considerano un takeover come una "potenziale ancora di salvezza"

Gli outsider sono attirati in Italia dal mix di passeggeri per turismo e business. Ma l'attrattiva di Alitalia è diminuita con l'erosione della sua fetta di mercato, tra "interferenze politiche, agitazioni dei lavoratori e oscillanti politiche di governo".
Alcuni dirigenti di Air France-Klm, scrive il Wsj citando fonti bene informate, mettono in discussione la necessità di avere partecipazioni in Alitalia. "La dimensione non è una panacea per i problemi né una garanzia di successo", osserva Chris Tarry, un consulente del settore. "Più si è grandi, più grandi possono essere le perdite".
A ragion veduta il Financial Times, nella sua Lex Column, parla di "ginepraio".

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L'accordo è stato raggiunto. Telecom Italia, l'ex-monopolista italiano e la maggiore società telefonica nazionale, passerà probabilmente nel giro di un anno nel pieno controllo del gruppo spagnolo Telefonica. L'intesa avverrà in diversi passaggi: il gruppo presieduto da Cesar Alierta sottoscriverà infatti inizialmente un aumento di capitale di Telco da 324 milioni (a 1,09 euro per azione). In questo modo giungerà a detenere il 66% del capitale. In una seconda fase Telefonica arriverà al 70% del capitale di Telco. Infine avrà un'opzione, esercitabile a gennaio, per salire al 100%: con la conseguenza che i soci italiani di Telco (Intesa Sanpaolo, Generali e Mediobanca) avranno due finestre per uscire dal patto: a giugno del 2014 oppure a febbraio del 2015. La Borsa è prudente sull'accordo: Telecom Italia è in rialzo dell'1,53%, Mediobanca sale del 2,76%, Intesa Sanpaolo sale dello 0,26%, Generali cresce dell'1%, mentre Telefonica a Madrid perde lo 0,8%.

Restano da capire però diversi punti che al momento sono ancora poco chiari. L'accordo è infatti stato raggiunto a monte, nella holding di controllo del gruppo. E' stato risolto soprattutto il problema dell'indebitamento della cassaforte visto che a novembre sarebbe scaduto un debito importante per 1,065 miliardi. E' stato decisa la tempistica con la quale i soci italiani (Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Generali) usciranno dalla catena di controllo. Ma restano diversi nodi: a cominciare dal ruolo che avrà Telecom Italia nel panorama futuro delle telecomunicazioni. Resterà una società centrale per le Tlc europee oppure sarà una delle tante controllate del colosso spagnolo? Cosa farà Telefonica delle attività in Sudamerica di Telecom Italia, che sono state l'unica gallina dalle uova d'oro della società presieduta da Franco Bernabè? Come sarà affrontato il problema del debito delle società operative? Telecom Italia ha infatti 28 miliardi debiti e finirà sotto il controllo di Telefonica, che di debiti ne ha addirittura per 45 miliardi. Infine: che fine farà la rete di Telecom Italia, che resta un network di interesse generale per il Paese? Alcune di queste domande, tra gli addetti ai lavori, hanno già una risposta. Il Brasile ad esempio sembra destinato a una vendita o a uno spezzatino: Tim Brasil, controllata di Telecom Italia, cioè una delle società più promettenti del mercato carioca, finirà in breve tempo sul mercato. Un po' di soldi serviranno a ridurre il debito di Telecom Italia e ad evitare declassamenti delle società di rating sull'ex-monopolista italiano. Inoltre l'operazione in Brasile servirà a venire incontro alle richieste dell'Antitrust brasiliano. Sulla rete, invece, la situazione è ancora in evoluzione. Telefonica non ha fatto mistero di essere fredda sullo scorporo. Mentre le autorità italiane sembrano avere una linea ben precisa: il commissario dell'Agcom Antonio Preto ha infatti affermato che "se lo scorporo non sarà volontario, forse ci sono le condizioni per imporlo". Resta quindi l'impressione che la presa di controllo di Telco sarà soltanto il primo paletto di una vicenda che darà in futuro altre grandi sorprese. Il timore è che possa essere decisa una maxi-cura dimagrante per il gruppo nei confini italiani, una volta cedute le attività in Brasile. Secondo i sindacati sarebbero a rischio tanti posti di lavoro, circa 12mila. Insomma, l'operazione finanziaria che è stata archiviata in queste ore – secondo alcuni addetti ai lavori – potrebbe essere il preludio per avere una Telecom Italia a controllo spagnolo ormai lontano ricordo del gruppo che negli anni passati aveva mire di espansione internazionale con il monopolio assicurato in casa propria. Fondamentale sarà dunque capire il piano industriale di Telefonica per la "nuova" controllata italiana.

Non è un caso che in queste ore stiano montando le polemiche politiche, sia in ambienti del Pdl sia in quelli del Pd. "La vendita di Telecom alla spagnola Telefonica rappresenta un vero disastro per il sistema industriale italiano. Per di più la Telefonica è oberata di debiti per cui non si sa il destino complessivo di tutta l'operazione" ha dichiarato Fabrizio Cicchitto. Sulla stessa linea Renato Brunetta che ha chiesto che il premier Enrico Letta venga a spiegare in aula. "Le notizie che arrivano sul caso Telecom sono molto preoccupanti perché riguardano asset strategici del nostro paese. Chiedo pertanto che il Governo venga al più presto a riferire alla Camera circa il futuro di questa aziendà" ha detto il capogruppo Pd alla Camera, Roberto Speranza. I passi previsti dall'accordo tra Telco e Telefonica «sono solo manovre diversive di attesa, che oltre a provocare dei fuochi di artificio nel breve presto saranno deleterie per il futuro assetto di Telecom Italia» ha indicato l'Asati, l'associazione dei piccoli azionisti di Telecom Italia. Ha invece cercato di affrontare la vicenda con prudenza il presidente esecutivo di Telecom Italia, Franco Bernabè: "L'operazione non riguarda Telecom ma solo Telco. Telecom non è diventata spagnola, solo Telco ha avuto un cambiamento azionario". Di sicuro Telefonica per ora è riuscita ad avere il controllo di una società internazionale con "relativamente" poche risorse: due aumenti di capitale da complessivi 450 milioni, più la conversione del bond con azioni dello stesso gruppo quotato a Madrid. Con circa un miliardo di euro, si è aggiudicato un gruppo come l'ex-monopolista italiano, che nelle sole attività brasiliane ha un incasso possibile di 10 miliardi di euro.

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