| | | | Post: 1.851 Post: 1.851 | Utente Veteran | | OFFLINE | |
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21/08/2013 19:16 | |
Non ho capito quale sia il senso dell'analisi, come al solito quando i giornali italiani parlano di politica estera. Ma questo è un mio limite.
Una volta nel Far West quando arrivavano guai in paese lo sceriffo aveva due opzioni davanti a sé: darsela a gambe di notte o scendere in strada a sparare per far capire chi comandava. Il generale Al Sisi ha sparato per far capire chi comanda. La sua scelta è stata un rischio calcolato, una escalation preparata e voluta sapendo che non avrebbe pagato dazio.
Tutte le considerazioni di realpolitik non contano niente se prescindono dal fatto che si tratta di una questione interna che ha riflessi internazionali(non una vicenda internazionale con riflessi interni), una faccenda politica in un paese dove la primavera non ha significato l'aspirazione alla democrazia occidentale, che non vuole nessuno, ma il ritorno ad una società politica che in egitto è sempre esistita e che era stata messa sotto chiave con il regime di Mubarak. La dittatura di Al sisi nata nel sangue è una dittatura politica come lo erano quelle di Nasser e Sadat, questo fa una grossa differenza soprattutto perché una buona fetta della borghesia è con i militari. Poi i FM urleranno e colpiranno ancora come fanno da un secolo, ma stavolta partono in svantaggio perché hanno governato e
fallito ed il mito della loro purezza, tipico dei movimenti integralisti e antagonisti, è stato fortemente intaccato.
Quanto ad Obama lasciatelo perdere, non esiste. Ci aspettano 3 anni di interregno fino a quando avremo di nuovo un presidente.
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