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Un'analisi geo-politica

Ultimo Aggiornamento: 21/08/2013 19:16
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18/08/2013 17:44
 
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Il fiume di sangue in Egitto
Noi così impotenti, di Franco Venturini, Corriere della Sera, sabato 17 agosto 2013

Il fiume di sangue che scorre in Egitto approfondisce le lacerazioni del nondo arabo, sottolinea l’indecisionismo (o è nuova impotenza?) dell’America, conferma quello dell’Europa, accende nel bel mezzo del Mediterraneo una miccia che può condurre a nuove deflagrazioni e innescare massicce correnti migratorie sull'uscio di casa nostra. Non è un ritornello stanco, quello sull’importanza dell’Egitto. Restando ai tempi moderni è sempre dal Cairo che sono venuti i segnali di guerra o di pace, di stabilità offerta o di instabilità contagiosa, di svolte storiche (ricordiamo soltanto il viaggio di Sadat a Gerusalemme) o di storiche involuzioni. Per questo l’Egitto era - non osiamo dire è - il principale e decisivo laboratorio della «Primavera araba», di quella Primavera che ancora resiste, a malapena, nella sola Tunisia. E per questo ora il regolamento di conti tra militari e Fratelli Musulmani non segna soltanto un esperimento fallito, quello di Morsi, ma autorizza anche interrogativi inquietanti sulle intenzioni della repressione in atto, quella di Al-Sisi. Davanti alle stragi è sempre difficile disegnare una valutazione equilibrata, ma è anche necessario provarci senza farsi travolgere dall’orrore. Morsi Presidente eletto è stato un disastro: incompetente, ambiguo, più impegnato a piazzare uomini della Fratellanza in posizioni di potere che a governare il Paese, cocciuto nel suo diniego quando da ogni parte del mondo gli veniva chiesto di creare un governo di unione nazionale, sordo fino all’inverosimile davanti agli avvertimenti dei militari. Ma quando il neonasseriano Al-Sisi, generale pio e nazionalista, ha deciso di appellarsi al popolo e di far muovere i carri armati per quello che tecnicamente resta un golpe, si è scoperto che al vuoto rampante di Morsi corrispondeva una assenza progettuale dei militari. Che al Cairo i sit-in di massa della Fratellanza non potessero durare in eterno tutti lo capivano. Ed è anche vero che la sicura presenza di gruppi armati dei Fratelli Musulmani e gli assalti ai commissariati hanno dato una parte di ragione alle denunce dei generali, appesantendo il tragico bilancio degli scontri. Eppure sono stati i militari più dei Fratelli - secondo testimonianze credibili - a decretare con una certa fretta il fallimento degli sforzi di mediazione americani ed europei, come se una terribile lezione dovesse comunque essere impartita alla Fratellanza e alla sua sfida non più tollerabile. Lì si è vista la sostanziale «impotenza da attendismo» dell’America di Obama, lì è emersa la conferma di un minore impegno statunitense nell’area mediterranea già palesatosi in occasione della guerra in Libia e poi, in una cornice strategica diversa, nella guerra civile siriana. Al-Sisi ci ha messo del suo, gridando alle «interferenze occidentali», forte dei denari provenienti dagli Emirati e dall'Arabia Saudita. E così l’indecisionismo e l’imbarazzo americani sono continuati e continuano dopo le stragi. con il risultato che le autorità del Cairo stigmatizzano apertamente le pur caute critiche di Obama, e che Washington scopre di non avere più amici in Egitto: non i Fratelli Musulmani che l’accusano di aver favorito il golpe, non i moderati che le rimproverano di ondeggiare continuamente, non i militari scontenti dei suoi rimproveri, anche se prontissimi a incassare il miliardo e mezzo di dollari che l’America fa giungere ogni anno in gran parte proprio per foraggiare le forze armate. Quanto all'Europa essa ha fatto quello che poteva, forse più di altre volte. La signora Ashton si è fregiata della prima visita a Morsi in prigionia. Ma il peso dell’Europa (per sua colpa) è quello che è. Eppure America ed Europa, forse oggi più di ieri, possono svolgere un ruolo cruciale: quello di capire quale possa essere il futuro prossimo e di tentare, con maggiore convinzione, di influenzare chi mena le danze. Il colpo durissimo alla Fratellanza Musulmana è stato dato. Che intende fare ora Al-Sisi? Se al pugno di ferro non si affiancherà una mano tesa, la radicalizzazione dei Fratelli proseguirà in un Paese che non è più quello di Mubarak, e invece di una finta stabilità avremo esplosioni ricorrenti di guerra civile. Con l’avanzata delle frange islamiste più radicali e nessun rafforzamento scontato per le forze democratiche. E con il proseguimento del martirio dei Copti. Ora che il suo «lavoro sporco» è stato fatto almeno nella parte emergente, Al-Sisi sarà forse più disposto ad ascoltare. Perché una qualche forma di recupero della Fratellanza e lo spostamento delle priorità operative sull’economia restano necessità impellenti per chi non vuole il «contagio egiziano». Ma per giungere a tanto con i Fratelli bisognerà pur parlare nelle nuove ardue condizioni, e serviranno dei mediatori. Ammesso che dopo tanto sangue non sia già troppo tardi. Ammesso che quella del grilletto non sia già l'unica politica praticabile. L’estate calda di Obama continua, e diventa anche la nostra.
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18/08/2013 18:33
 
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L'europa ha fatto l'unica cosa che sa fare e l'Italia non ha perso tempo andando in prima linea a contraddistinguersi nel cianciare e spararle grosse,l'america si morde la coda e si scervella tra la consapevolezza della realtà ed il compromesso dell'apparenza.

Primavere arabe? Ahi ahi ahi
La tunisia è l'unico paese, per inciso il più bistrattato nei mesi della protesta, che ha accettato e voluto il modello di democrazia occidentale,ma ancor oggi paga a caro prezzo una situazione da far west dove la popolazione della rivolta invoca sicurezza e fanatici islamisti,oltre ai residui pro- Ben Ali, destabilizzano il paese.
Altrove solo la demenza senile degli occidentali ha visto "primavere arabe".

Comunqie sia, la distorsione della realtà egiziana da parte dei media è qualcosa d'aberrante e conferma che parole come golpe e colpo di stato perdano di significato quando a pronunciarle siano degli ipocriti.
Piaccia o meno in egitto è in atto una guerra civile con il popolo schierato da una parte o dall'altra,con un esercito garante della stabilità del paese ( rimando a questo interessante articolo ) e una politica della democrazia ad oltranza,deleteria per loro e per noi, deve essere assolutamente abbandonata.

Se non si ha fiducia e non si lascia che gli egiziani modellino il loro stato tanto vale ritornare alla politica delle colonie.
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19/08/2013 15:04
 
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Concordo con Conn sull'impossibilità di parlare di primavere arabe, espressione chiaramente coniata da media incapaci di guardare alla realtà delle cose ed ostinatamente convinti di poter utilizzare categorie occidentali per questa parte del mondo.
In realtà credo che la caduta di Hussein sia servita a "desacralizzare" la figura del tiranno, creando la convinzione della possibilità del cambiamento.
Il problema è cosa si intende in quelle aree per cambiamento. Il mondo arabo non è, non riesce e soprattutto non vuole essere laico. L'Islam, declinato in mille modi, non è solo un fatto religioso, ma è anche un modo di vivere e, soprattutto, una forma di organizzazione della vita pubblica, in particolare politica.
I grandi ideali del mondo occidentale, troppo spesso disprezzati e considerati erroneamente relativi, non riescono ad attecchire in quell'area perché manca una cultura in grado di recepirli. Inoltre la crisi economica impedisce agli Usa e all'Ue di proporre un modello di vita alternativo.
L'Arabia Saudita sta giocando la sua partita sul territorio. Purtroppo il miliardo e mezzo di dollari a stelle e strisce si scontra con 18 miliardi di petrodollari sauditi. Infatti il vero errore di Morsi è stato il viaggio in Iran che lo ha allontanato prematuramente dall'Arabia Saudita. Insomma la capacità di convincimento occidentale si è ridotta all'osso. La crisi ha messo all'angolo l'occidente con tutti i nostri valori di libertà. E' ovvio che ora in Egitto ci sia un'instabilità per noi ingovernabile. Inoltre i FM hanno avuto la capacità di educare generazioni di arabi in tutto il MO. Hamas, costola palestinese dei FM, è un chiaro esempio di questa decennale attività di educazione e supporto alla popolazione.
In ogni caso parlare di colpo di stato e tutelare le ragioni di Morsi sono l'ennesima prova che l'occidente ha vergogna dei suoi valori. Credo soprattutto perché li ha dimenticati quando ha deciso di appoggiare i vari Mubarak e Gheddafi in giro per il mondo.
Ci siamo ritrovati in una situazione particolare per cui appoggiare un Batista al posto di Castro appariva cosa buona e giusta. Purtroppo è stato in quei momenti che si è perso credibilità. Ora quel vuoto pare debba essere colmato rinunciando alla difesa della libertà, relativizzando ogni principio.

p.s.
La politica estera di Obama si sta rivelando, IMHO, pessima.
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21/08/2013 19:16
 
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Non ho capito quale sia il senso dell'analisi, come al solito quando i giornali italiani parlano di politica estera. Ma questo è un mio limite.

Una volta nel Far West quando arrivavano guai in paese lo sceriffo aveva due opzioni davanti a sé: darsela a gambe di notte o scendere in strada a sparare per far capire chi comandava. Il generale Al Sisi ha sparato per far capire chi comanda. La sua scelta è stata un rischio calcolato, una escalation preparata e voluta sapendo che non avrebbe pagato dazio.
Tutte le considerazioni di realpolitik non contano niente se prescindono dal fatto che si tratta di una questione interna che ha riflessi internazionali(non una vicenda internazionale con riflessi interni), una faccenda politica in un paese dove la primavera non ha significato l'aspirazione alla democrazia occidentale, che non vuole nessuno, ma il ritorno ad una società politica che in egitto è sempre esistita e che era stata messa sotto chiave con il regime di Mubarak. La dittatura di Al sisi nata nel sangue è una dittatura politica come lo erano quelle di Nasser e Sadat, questo fa una grossa differenza soprattutto perché una buona fetta della borghesia è con i militari. Poi i FM urleranno e colpiranno ancora come fanno da un secolo, ma stavolta partono in svantaggio perché hanno governato e
fallito ed il mito della loro purezza, tipico dei movimenti integralisti e antagonisti, è stato fortemente intaccato.

Quanto ad Obama lasciatelo perdere, non esiste. Ci aspettano 3 anni di interregno fino a quando avremo di nuovo un presidente.
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