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Intervista a Scalia

Ultimo Aggiornamento: 29/05/2013 08:46
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27/05/2013 10:55
 
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corte suprema USA
ROMA - «L'attivismo giudiziario è un abuso di potere e distrugge la pretesa dei magistrati di essere il legittimo arbitro finale del significato della legge». Lo dirà stamane Antonin Scalia a Torino nel «Discorso Bruno Leoni», la conferenza che l'omonimo istituto organizza in occasione del centenario della nascita del filosofo liberale. Il giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, punta di lancia della cultura conservatrice, parlerà del rapporto tra democrazia, attivismo giudiziario e libero mercato.

Il suo sarà un atto di accusa, come sempre diretto ed esplicito, alle «agende politiche di moda» che portano molti magistrati a sottovalutare le protezioni costituzionali dei diritti economici. Scalia ha in mente gli Usa, ma il suo messaggio sulla necessità per i giudici di «interessarsi di più ai diritti proprietari e alle libertà economiche» previste dalla Costituzione americana, acquista valore di appello universale.

Con Antonin «Nino» Scalia, nato nel 1936 a Trenton, New Jersey, da immigrati siciliani, abbiamo parlato al telefono alla vigilia dell'appuntamento torinese.

Mr. Justice, il presidente Obama ha detto di recente che la guerra al terrorismo, come tutte le guerre, dovrà finire, ammettendo anche che gli Stati Uniti in questi anni sono stati in conflitto con i propri stessi principi. Lei crede che dopo l'11 settembre l'America, in nome della sicurezza, sia stata in difetto con la sua Costituzione?
«La nostra Costituzione protegge i non-americani quando sono in America, ma non limita le attività del governo all'estero, eccezion fatta quando si tratta di cittadini americani. Questa è la legge. Naturalmente il presidente decide quale politica debbano seguire i militari».

Ma non esistono dei diritti universali?
«Io non applico diritti universali. Io devo applicare la legge americana, espressa nella Costituzione e nelle leggi approvate dal Congresso. Non applico le leggi di Dio o di chiunque promulghi la cosiddetta legge internazionale».

Ma ci sono convenzioni internazionali, cui gli Stati Uniti aderiscono...
«Certo. E nella misura in cui le abbiamo sottoscritte, sono diventate leggi americane che vincolano l'esecutivo. Ma non ne conosco una, in tema di guerra al terrorismo, che limiti le azioni degli Stati Uniti contro i nemici che ci attaccano. Certo, c'è la Convenzione di Ginevra. Ma non si può invocarla, se non si è un esercito, soggetto al comando di qualcuno, che indossa un'uniforme. I terroristi non indossano uniformi, giusto? Ginevra si applica nel caso di una guerra e non si applica a chiunque decida di far esplodere una scuola o un grattacielo».

Lei non pensa che nella guerra al terrore l'America abbia violato principi che sono alla base della sua democrazia?
«Troppo generale. A me interessa sapere se l'America abbia violato la sua Costituzione».

Ma è possibile mettere qualcuno in prigione per sempre senza giudicarlo?
«Sta parlando di Guantánamo?».

Sì.
«Non è una descrizione accurata. Il tema non è se uno possa essere detenuto laggiù, ma se vi possa rimanere senza un processo civile. I detenuti a Guantánamo sono stati giudicati da commissioni militari, cosa normale in guerra. Nessuno delle centinaia di migliaia di tedeschi catturati nella Seconda guerra mondiale ebbe un processo civile negli Usa, furono giudicati da tribunali militari. Questa nozione che stiamo facendo qualcosa di inaudito è assurda. Quando parlo con i miei amici europei e mi dicono che non possiamo tenerli in prigione per sempre, rispondo: "Bene, ci stiamo pensando. Vorreste prenderne qualcuno in Italia, in Germania, in Francia, visto che siete così ligi ai principi del rispetto dei diritti umani?". La risposta è sempre no. Trovo questa polemica molto ipocrita».

Lei è considerato la maggiore forza intellettuale dietro la cosiddetta lettura «originalist» della Costituzione americana. Può un testo redatto quasi due secoli e mezzo fa essere applicato, senza interpretazione, a una società radicalmente cambiata ed evoluta da allora?
«Ovviamente dev'essere interpretato. Quando ci sono nuovi fenomeni che non esistevano al tempo in cui la Costituzione fu scritta, uno deve calcolare in che modo lo spirito di quel testo si applica a loro. Per esempio, il diritto di espressione: come si applica alla radio, alla tv, ai social media. Ciò che non accade, secondo gli originalist , è che i fenomeni che esistevano al tempo vengano improvvisamente trattati diversamente poiché lo pensano i giudici di oggi. L'esempio migliore è la pena di morte. C'è qualcuno che pensa che la pena di morte sia diventata incostituzionale. Assolutamente incomprensibile per me: il popolo americano non ha votato per renderla incostituzionale. Ogni Stato se crede può abolirla e 17 di questi lo hanno fatto. Ma non c'è alcuna base per dire che la nostra Costituzione proibisca la pena di morte, chi lo dice è un incendiario».

E questo si applica anche al diritto di portare armi?
«Esattamente».

Ma allora l'autodifesa aveva senso, oggi ci sono istituzioni che proteggono il cittadino.
«Bene, allora cambino il secondo emendamento. E sarebbe anche più facile, perché il suo scopo era di consentire ai cittadini di difendersi dalla tirannia del potere. Se la gente non lo ritiene più necessario, allora si cambi la Costituzione, ma non mi dite che qualcosa sia cambiato. Ci sono molte proposte di legge che riguardano quali armi possano essere portate. Per esempio, armi a spalla che possono lanciare missili in grado di abbattere un aereo. Ma il principio generale che i cittadini possano avere armi, incluse armi da guerra, è chiaro nel testo del secondo emendamento. Se si vuole essere onesti e non si vuole che siano i giudici a scrivere la legge, i cittadini americani hanno il diritto di portare armi, come difesa dai tiranni».

Ma è un fatto che sempre più di frequente queste armi sono usate per uccidere persone innocenti...
«Nonsense. Non c'è nessuna prova che le combat arms o le "armi d'assalto" siano la causa di questi episodi. Ogni cacciatore in America ha un fucile automatico».

Paolo Valentino


tratto da : www.corriere.it/esteri/13_maggio_27/il-supergiudice-americano-scalia-chiudere-guantanamo-un-ipocrisia-paolo-valentino_cddb507a-c686-11e2-91df-63d1aefa93...
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28/05/2013 00:29
 
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Divertente vedere la distanza siderale tra il mondo parallelo dei giornalai italiani dove vivono boiate pazzesche tipo il diritto internazionale e la lucida razionalità del giudice Scalia.
Un giudice stracazzuto, oltre che uno dei più grandi giuristi viventi.

Consiglio vivamente la lettura dei suoi libri e articoli soprattutto le conferenze tenute alla Harvard Law School nel 2006 rintracciabili in rete. Magari il prof Prisco può farle leggere ai suoi studenti in rigoroso inglese.

Se il giornalista se le fosse lette si sarebbe risparmiato di farsi schiaffeggiare sulla questione delle armi posta con la solita baldanza italica del tipo "c'avemo dumila anni de cazzate e pe' questo mo ve'nzegnamo a civirtà".

Il giudice(primo italoamericano alla corte suprema) è uno dei più forti difensori del secondo emendamento che nella sua visione è un completamento del primo ed è uno degli architravi su cui si reggono le libertà costituzionali.
Se è stato messo per secondo non è un caso.
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28/05/2013 11:54
 
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Non si applica ginevra perchè non è una guerra, ma per guantanamo si è in guerra.
Pure il discorso kelseniano mi lascia perplesso
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28/05/2013 15:34
 
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Il rompicapo di guantanamo è solo meta-legale e la dice lunga su quanto il "diritto" , nella nostra storia e tradizione giuridica, sia diventato un mostro che si autoalimenta d'ipocrisia.

Guantanamo è diventato il caso simbolo di una non meglio identificata rivendicazione umanitaria, un inno al boh,ma se si avesse un pò d'onestà si criticherebbe ( per il principio "cosa avreste fatto al loro posto?" mi limito a non criticare) la politica USA per i waterboardings cia o le tristi vicende di bagram,non certo per guantanamo.

Snocciolando la questione abbiamo una prigione di massima sicurezza per detenzione di terroristi in un limbo extraterritoriale,un unicum non rinvenibile in nessun istituto penitenziario nazionale yankee,a giurisdizione speciale.
La peculiarità è anche nell'istituzione di tribunali speciali militari ad hoc,ibridi dunque.
Dovrebbero essere,se la memoria non m'inganna, due leggi del periodo bush jr ripulite dalla corte suprema.

Certo che il paese che esalta i pentiti è forse l'ultimo a poter dare lezioni di civiltà. [SM=g2725362]
[Modificato da connormaclaud 28/05/2013 15:40]
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29/05/2013 00:45
 
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Mica ha detto che non c'è guerra, ha detto che non possono invocare Ginevra perché la convenzione si applica ai soldati degli eserciti e quelli che stanno a Guantanamo non sono soldati. Quando sono stati catturati non avevano una divisa, non erano irregimentati, non avevano ufficiali e comandanti, non erano parte di un esercito. Per questo Scalia ritiene che sia giusto siano stati processati da tribunali militari così come avvenne con gran parte degli ufficiali tedeschi, giapponesi e italiani durante la seconda guerra mondiale. Dico gran parte perché escludiamo il processo di Norimberga che fu una processo
semicivile anche se celebrato in germania. Sta di fatto che nessun ufficiale delle forze dell'asse fu processato davanti ad un tribunale civile americano o inglese.
Per altro Bush non si inventò niente perché la legge che ha permesso l'apertura di guantanamo fu fatta da Roosevelt nel 1941 per internare i giapponesi in California. La questione di Guantanamo è che quel territorio non fa parte degli Stati uniti ed una sentenza della corte suprema degli anni 50(Johnson v. Eisentrager) affermava che la corte non aveva giurisdizione sui territori esteri, principio che la corte ribaltò nella famosa sentenza Ramdi vs Bush del 2004 con la quale la corte a maggioranza(scalia fu il relatore della dissenting opinion) affermava invece il suo diritto di ascoltare i casi dei detenuti.
Alla sentenza il congresso rispose con il Detainee Tratment Act del 2005 che escludeva la possibilità di ascoltare i casi e la corte controreplicò con la sentenza Hamdan vs Rumsfeld dove dichiarò che le commissioni speciali previste dal DTA violavano il codice di procedura militare americano e la convenzione di Ginevra(anche stavolta Scalia votò contro la decisione della maggioranza).

Quindi la posizione di Scalia è minoritaria nella corte ma sul problema della chiusura ha sostanzialmente ragione. Quelli che stanno lì non possono essere processati in un tribunale civile perché non ci sarebbero le condizioni per procedere, in un tribunale americano ci vogliono i testimoni diretti, dovrebbero forse mettersi a cercare testimoni in qualche valle afghana o uno sperduto villagio iracheno?
Dall'altra parte l'idea di rilasciarli e besta non è seriamente concepibile, quelli non sono agnellini. In questo limbo Obama si dibatte da 5 anni dopo aver promesso 1000 volte di chiudere il campo, l'ultima pochi giorni fa. Alla fine forse li spedirà in qualche paese arabo dove saranno lo stesso rinchiusi e torturati, ma almeno le coscienze liberal saranno soddisfatte e smetteranno di latrare.

Sul discorso dei giudici Kelsen non c'entra molto, il suo pensiero nel mondo giuridico americano è inifluente.
Il positivismo giudico in america ha come riferimento Oliver Wendell Holmes, ma Scalia non c'entra molto nemmeno con lui.
Scalia è hamiltoniano di formazione, sostiene le prerogative del governo federale, è conscio che il potere della corte di cui fa parte è autoattribuito(dalla sentenza Marboury vs Madison) e pensa che per conservalo è necessario mantenere in pieno l'autorevolezza della corte.
Il suo è un discorso sulla rule of law e sul fatto che la costituzione non conferisce al congresso "un potere legislativo in bianco" ma limitato e bisognoso di legittimazione costituente nei casi più importanti, noto è ad esempio la diatriba sull'introduzione della tassa sul reddito. La corte stabilì varie volte che il Congresso non aveva l'autorità di imporla ed alla fine fu necessaria l'adozione del sedicesimo emendamento.
Inoltre il suo è un discorso di responsabilità, un invito a non scaricare sulla corte e la magistratura l'incapacità della politica di assumere decisioni come avvenne nel caso Roe vs Wide quando l'incapacità della politica di decidere sull'aborto portò alla sua legalizzazione da parte della corte con un ragionamento giuridico abbastanza ardito che in sostanza si riassume così: "il governo non può impedire l'aborto perché per farlo dovrebbe violare la privacy
della donna costituzionalmente tutelata". Secondo Scalia questa opera di sostituzione della corte alla politica è un abuso dell'autorità della corte che serve a prendere scorciatoie indegne di una democrazia. Il dibattito che c'è stato per i quarant'anni della sentenza credo gli dia ragione, una femminista degli anni settanta notava amaramente giorni fa su politico che quella sentenza allora vista come una conquista oggi è di fatto una concessione conservatrice
che ha bloccato il movimento per affermare il vero diritto all'aborto.
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