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from somalia with love

Ultimo Aggiornamento: 17/05/2013 10:12
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17/05/2013 09:36
 
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La seconda Conferenza di Londra conclusasi pochi giorni or sono ha evidenziato che senza un vasto piano di aiuti la Somalia non potrà mai risollevarsi. Lo ha sottolineato l’ammiraglio Fabio Caffio in un suo recente articolo sul sito dell’Istituto Affari Internazionali. Il summit londinese (al quale ha preso parte il ministro degli Esteri Emma Bonino) ha però anche mostrato brutalmente come l’Italia sia ormai tagliata fuori o ridotta ad avere un ruolo decisamente “periferico” nella sua ex colonia africana dove gli affari legati a ricostruzione, sicurezza, stabilizzazione e sfruttamento delle immense risorse presenti vedrà protagonisti ben altri Paesi. Come ha sottolineato l’articolo di Caffio “il presidente somalo, nel suo saluto di apertura Londra, ha esplicitamente ringraziato per il generoso sostegno Stati Uniti, Gran Bretagna, Turchia (la prima a riaprire l’ambasciata a Mogadiscio e a finanziare la costruzione di infrastrutture civili) e Norvegia (che si è ritagliata, grazie alla diaspora somala ad Oslo, un ruolo come consulente per le questioni offshore). Spiace che l’Italia non sia stata citata.”

Sono soprattutto gli anglo-americani a mostrare un intenso attivismo a Mogadiscio. La private military company Banctroft Corporation, che da anni ha un contratto con ONU e Dipartimento di Stato per addestrare le truppe della missione africana in Somalia, ha aperto un resort che ospita uomini d’affari garantendo loro scorte, comunicazioni e sicurezza. Il governo britannico ha messo in campo un impegno finanziario concreto a sostegno delle forze di sicurezza di Mogadiscio e per istituire una rete di telecomunicazioni indispensabile per la lotta contro la pirateria.Si tratta di 10 milioni di sterline (circa 12 milioni di euro) per lo sviluppo delle forze armate somale più altri 14,5 milioni (circa 17 milioni di euro) per raddoppiare il numero degli agenti di polizia e per la formazione di giudici e avvocati. Superfluo aggiungere che gli investimenti di Londra coinvolgeranno in Somalia consiglieri militari, contractors e aziende favorendo la già consistente penetrazione economica britannica.

Nel suo articolo Caffio non rinuncia all’ottimismo e offre qualche consiglio per riavviare la cooperazione italiana con Mogadiscio. “Il nostro paese, nonostante tutte le incertezze, gli errori, e le contraddizioni degli ultimi decenni, ha ancora titolo per presentarsi come il miglior amico della Somalia. Ora che la Somalia è pronta a prendere nuovamente il mare è il momento di dimostrarlo coi fatti, magari iniziando proprio dal sostegno alla pesca ed alla sorveglianza marittima.”



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17/05/2013 10:12
 
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Grande paese con più di 3.000 km di coste ed un affaccio su mari ricchi di risorse ittiche e minerarie, la Somalia pare pronta a riacquisire la dimensione delle sue potenzialità marittime.

Nel discorso tenuto a New York lo scorso primo maggio in occasione della Sessione plenaria del Gruppo di contatto sulla pirateria al largo delle coste somale (Cgpcs), il presidente somalo Hassan Sheikh Mohamud ha infatti preannunciato l'avvio, nell'ambito delle iniziative assunte dal c.d. "Kampala Process" cui partecipano tutti gli attori somali (governo federale, Puntland, Galmudug e Somaliland) di una strategia orientata alla protezione delle zone marittime nazionali. Tale impegno è stato riaffermato nella Conferenza 2013 sulla Somalia tenutasi a Londra il 7 maggio.

Pirati ex pescatori?
La minaccia della pirateria era stata sinora vista come un problema derivante dall'assenza di controllo sul territorio, ma da molti era stata espressa la tesi che la sua origine fosse da ricercarsi nella pesca illegale e nello sversamento di rifiuti tossici nelle acque somale.

Insomma, i pirati come ex pescatori animati da spirito di rivalsa. Questo assunto, pur essendo stato smentito dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu 2077 (2012) che pone l'accento sulle connessioni col crimine transnazionale, ha comunque trovato un'eco.

In altre risoluzioni si invitavano infatti gli Stati a rispettare i diritti della Somalia nelle zone marittime di giurisdizione, richiedendo nel contempo alla Somalia di proclamare la Zona economica esclusiva (Zee) come precondizione per l’esercizio dei relativi diritto sovrani, poteri di enforcement compresi.

Il problema della sicurezza degli spazi marittimi somali si è presentato sin dall'inizio della crisi della pirateria del Corno d'Africa, quando ci si è resi conto che la legislazione somala (risalente al 1972) prevedeva unicamente acque territoriali estese 200 miglia (mg) La norma aveva fatto discutere all'inizio della crisi della pirateria quando il governo federale aveva autorizzato lo svolgimento di attività di contro-pirateria anche nelle acque territoriali.

Poi era stata dimenticata, quasi fosse un fossile giuridico caduto in desuetudine, salvo tornare di attualità con riguardo alla condizione della proclamazione della Zee posta dall’Onu. Il Parlamento somalo avrebbe dunque dovuto sostituirla con una nuova legge conforme ai principi dell'Unclos, in aderenza agli impegni stabiliti dalla Road Map per la fine della transizione (terminata lo scorso anno dopo le conferenze 2012 di Londra ed Istanbul). Forti dubbi somali sull'opportunità di abrogare la vecchia legge del 1972 avevano tuttavia fermato l'iniziativa.

Disputa con il Kenya
Non è ancora chiaro per quale motivo certi settori politici somali ritenessero che un regime di acque territoriali di 200 mg, per quanto in contrasto con la Convenzione dell’Onu sul diritto del mare del 1982 (Unclos), fosse più adeguato agli interessi della Somalia.

Si può supporre che una ragione sia stato il desiderio di non alienare i legittimi diritti della Somalia sulle zone di mare circostanti, proprio nel momento in cui è in corso una disputa con il Kenya per il confine laterale della piattaforma continentale.

Il Kenya pretende che esso segua il parallelo partente dal confine terrestre; la Somalia ritiene invece che vada stabilito secondo i principi dell'Unclos che prevedono una linea di equidistanza perpendicolare alla costa, corretta da circostanze rilevanti in modo da raggiungere un equo risultato.

I due paesi erano sembrati raggiungere un accordo nel 2009 quando avevano congiuntamente deciso di adire la Commissione dell’Onu per i limiti della piattaforma continentale oltre le 200 mg, senza tuttavia considerare il disaccordo sul confine laterale entro le 200 mg.

Nel frattempo il Kenya ha concesso autorizzazioni ad effettuare attività petrolifere nell'area disputata. Secondo l’Agenzia di stampa Reuters, tra i beneficiari vi sarebbero le compagnie energetiche Eni e Total. Da notare che tale area è antistante la regione somala dell’Oltregiuba (ceduta nel 1924 all’Italia dalla Gran Bretagna) sotto il controllo degli Shabab stanziati a Chisimaio sino all’ingresso di truppe keniote nel settembre 2012.

Strategia marittima
Messa da parte la disputa di confine, le istituzioni somale si sono concentrate, da marzo di quest'anno, sulla strategia per rafforzare le capacità marittime incentrate su creazione di zone di giurisdizione, sfruttamento delle risorse naturali e creazione di Forze di pattugliamento costiere. Il nodo della Zee è stato superato individuando in provvedimenti somali già esistenti (in particolare la legge 11/1989 di ratifica dell'Unclos) la fonte che regola il regime degli spazi marittimi ed in particolare delle acque territoriali di 12 mg. e della Zee di 200 mg.

In mancanza di autonome capacità nazionali da dedicare all’esigenza, la dirigenza somala ha espresso auspici di sostegno internazionale come peraltro già in atto da parte dell’Unione europea, che concorre allo sviluppo della sicurezza marittima somala in funzione antipirateria con la missione militare-civile della Ue "Eucap Nestor".

Quali amici per la Somalia
La seconda Conferenza di Londra appena conclusa ha evidenziato che senza un vasto piano di aiuti la Somalia non potrà mai risollevarsi. È chiaro infatti che la riconversione delle giovani leve della pirateria e del terrorismo ad attività produttive postula un forte impegno finanziario in progetti di sviluppo e nell’organizzazione delle forze di polizia e di pattugliamento costiero.

Il presidente somalo, nel suo saluto di apertura Londra, ha esplicitamente ringraziato per il generoso sostegno Stati Uniti, Gran Bretagna, Turchia (la prima a riaprire l’ambasciata a Mogadiscio e a finanziare la costruzione di infrastrutture civili) e Norvegia (che si è ritagliata, grazie alla diaspora somala ad Oslo, un ruolo come consulente per le questioni offshore).

Spiace che l’Italia non sia stata citata. Eppure il nostro paese, nonostante tutte le incertezze, gli errori, e le contraddizioni degli ultimi decenni, ha ancora titolo per presentarsi come il miglior amico della Somalia. Ora che la Somalia è pronta a prendere nuovamente il mare è il momento di dimostrarlo coi fatti, magari iniziando proprio dal sostegno alla pesca ed alla sorveglianza marittima.

Fabio Caffio è Ufficiale della Marina Militare in congedo, esperto in diritto internazionale marittimo.



Che dire,si commettono sempre gli stessi errori e,cosa decisamente paradossale, li si fa passare come grandi opportunità.
Limitandomi al nostro Paese,non posso fare a meno di pensare di come l'Italia non sia in grado di "vendersi",ma capace unicamente di correre come un cane rincoglionito al primo segnale di chiunque.
Sarà l'innato complesso d'inferiorità,instillato da sempre e da sempre letale, o l'assenza di una linea politica pro-italia,eppure elemosinare un briciolo di pane stantio è un'offesa e uno spreco in termini di tempo e denaro più che evidente.
La nostra ex colonia,così come la libia, si è legata ad altri partners e fare il lavoro sporco per beneficiare l'altrui interesse supera ogni forma di masochismo.
Ampliando la portata del discorso, se l'Italia ha un progetto, il coraggio e la forza di ambire al ruolo di potenza regionale non ha altro da fare che modificare il proprio approccio diplomatico e aiutare - qui si senza ambiguità- gruppi conoscibili e conosciuti,potenzialmente nostri amici,altrimenti meglio restare in terza base.
Tra le tante lezioni che si possono imparare dalla questione libica c'è quella della necessità inderogabile di avere un interlocutore certo e ,se questo non è possibile (v. siria, appoggiare gli uni o gli altri porta comunque ad una sconfitta politica),non entrare in gioco senza il caschetto blu.

Per non passare dagli onori della beffa di buccari agli sberleffi di una beffa di mogadiscio,per quanto degradati al ruolo di barzelletta internazionale da troppo tempo, l'Italia non può e non deve prendere l'iniziativa con il governo somalo,ma solo gettare le basi di una futura alleanza con chi accetta di operare in simbiosi con roma.
Così come in Libia,sarà il tempo e la prevedibile instabilità interna a far ricordare che,nel bene o nel male, l'Italia è un partner privilegiato e uno dei pochi con i quali si può avere un ritorno di benessere.
Troppo avidi non lo siamo mai stati,almeno questo concediamocelo.
Non resta che attendere,risolvere i nostri drammi,e farci trovare pronti quando i tempi saranno maturi,nella speranza di non fare la fine del cane di mustafà [SM=g2725400]
[Modificato da connormaclaud 17/05/2013 10:16]
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