Per il passato mi lasciavo maggiormente coinvolgere in "animate discussioni". Anche su giuristi. Poi mi sono reso sempre più conto che spesso si cade solo preda di un furore incontrollato o, in ogni caso, di un poco salutare malanimo. Cos'è? Amor proprio? Orgoglio? Delirio? Non so. So solo che il mezzo può essere assolutamente pericoloso. E non credo che ci siano rimedi. Non ce ne sono se non nei termini di un deciso autocontrollo. Il mezzo crea una situazione, a mio avviso, dove non siamo del tutto sinceri. Lo schermo del computer, la lontananza, lo schermo dei finti nomi, tutto congiura ad un sovrappiù di "sfrenatezza". Il mezzo ci consente, paradossalmente, di coniugare il momento della meditazione della parola scritta, con la sfrenatezza irrazionale della folla. Inoltre, proprio la parola scritta, con la sua caratteristica "assertiva", ci precipita spesso nella fascinazione della "certezza" del nostro pensiero, dei nostri convincimenti, ricondotti al valore di granitici dogmi, riducendo le possibilità di un contraddittorio costruttivo. La rete può trasformarsi, a mio avviso, nel luogo del "non dialogo". E, quindi, di una guerriglia continua. In un mondo sempre più "frantumato" (e non semplicemente "plurale") la rete può rappresentare lo sfogo di tutte le frustrazioni. E trasformarsi da mare aperto, dove navigare con la fiducia e il piacere della conoscenza, in sentina di abbrutimento.
[Modificato da maximilian1983 09/05/2013 16:16]
Nolite conformari huic saeculo sed reformamini in novitate sensus vestri.