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E' morto Giulio Andreotti

Ultimo Aggiornamento: 09/05/2013 11:33
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07/05/2013 16:18
 
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Re: Re:
fridafrida, 07/05/2013 13:48:

Da il sole 24 ore di qualche anno fa..

Indro Montanelli, che Giulio Andreotti lo conosceva bene, raccontava spesso un aneddoto per descrivere la personalità del leader democristiano: «De Gasperi e Andreotti - diceva - andavano insieme a messa e tutti credevano che facessero la stessa cosa. Ma non era così. In chiesa De Gasperi parlava con Dio, Andreotti con il prete. I preti votano, Dio no». Basterebbe questa frase per ricollocare Andreotti nella sua giusta dimensione storica nella politica italiana e per comprendere i motivi per cui ancora oggi, malgrado i suoi 92 anni, il vecchio senatore a vita non sia cambiato affatto.


Più che il Belzebù della politica italiana, Andreotti era e resta il simbolo della gestione cinica del potere, l'ideologo della politica priva di idealismo, del pragmatismo cinico sia nei confronti dei vivi che dei morti. Lui l'ha definita «una battuta in romanesco male interpretata», e magari è anche sincero, ma dietro la frase infelice sull'omicidio di Giorgio Ambrosoli c'è in realtà un vecchio modo di interpretare la politica di cui Andreotti è la testimonianza storica, ma che a volte riaffiora con effetti dirompenti.


Nell'intervista a Giovanni Minoli, Andreotti ha detto che accettando l'incarico di liquidatore della banca di Michele Sindona, Ambrosoli «se l'è andata a cercare»: se non avesse indagato sui rapporti tra il finanziere siciliano, la mafia, il vaticano e la vecchia Dc, insomma, l'avvocato milanese sarebbe ancora vivo. Sulla base di questo principio, allora, anche Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino e tanti altri servitori dello Stato uccisi dalla mafia sarebbero ancora vivi se avessero evitato di scuotere il Palazzo. Ma la società civile sarebbe stata forse più sicura?


Il punto, per Andreotti, è però un altro. Che si tratti di un politico, di un poliziotto, di un magistrato o di un avvocato, il principio che vale è sempre lo stesso: quando si attaccano interessi forti e oscuri, si subiscono reazioni forti.


Montanelli diceva che chiamando Andreotti «Belzebù», come facevano i giornali e la sinistra italiana negli anni 70 e 80, si rischiava la querela del diavolo. Ma la sua non era un'accusa rivolta al politico: era un modo per dire che Andreotti è stato sopravvalutato nel bene e nel male, è stato mitizzato più che capito.


In questo senso, più che il complice della mafia, il burattinaio della massoneria o il garante di interessi oscuri nel cuore dello Stato, Andreotti appare più semplicemente come un cinico gestore del potere.


C'è una vecchia battuta di Andreotti che ben rappresenta non solo questa filosofia, ma che fa comprendere anche il senso della frase sull'omicidio Ambrosoli: «Meglio tirare a campare che tirare le cuoia». Più chiaro di così...


Questo giusto per restare in tema col post di Trixam che condivido in toto tranne per i giudizi espressi in chiusura, su cui signorilmente preferisco sorvolare.



Chi fa può sbagliare,indubbio,eppure alcune argomentazioni come quella sulla mafia - le celeberrime carte processuali:" ha salutato da lontano o dato la mano a tale boss?"- o il caso moro o la massoneria - interessante dal punto di vista cattolico - lasciano,a mio avviso,il tempo che trovano.
Andreotti non può essere da noi santificato (lo stesso dicasi per i falsi idoli) o mistificato,troppo presi da contorti meccanismi,ma come uomo di stato e di governo non può che essere omaggiato.
Incarnava,a suo modo, la natura dei grandi personaggi della storia politica e ricordiamoci che persino Churchill è stato duramente contestato. Il vero peccato originale di Andreotti è di essere stato ingombrante.

Non serve nascondersi dietro un dito ed è addirittura imbarazzante mettere in stato d'accusa le figure chiave della generazione che hanno portato questo paese dalla guerra al boom economico,la stessa che ha permesso un futuro e prospettive di benessere a milioni d'italiani,quella che ci ha fatto passare oltre gli anni non duri,ma di più, e ci ha fatto rialzare la testa.

Non bisogna essere dei convinti democristiani della corrente andreottiana per dargli atto che ha solo fatto quello che nel resto del mondo,ma non qui, è la normalità.
Non serve essere mafiosi per superare le considerazioni di questo o quel giornalista e farle proprie,non servono ricostruzioni storiche quantomeno discutibili e faziose.

A banchettare sul cadavere del Divo Giulio sono essenzialmente i padri ed i figli della seconda repubblica, i saccenti mediocri di professione ( discorso generale delle vicende nazionali di questo periodo ),le generazioni indottrinate all'idiozia più becera - e qui condivido il pensiero di Trixiam-,i lillipuziani della coerenza.

Non ha molto senso prendersela con loro, avrebbe forse senso incazzarsi con chi li ha indottrinati, ma basta guardare negli occhi i presunti detrattori per capire che questo paese non ha presente e non merita un futuro.
[Modificato da connormaclaud 07/05/2013 16:19]
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