maximilian1983, 15/11/2012 14:19:
Non credo nelle virtù salvifiche della democrazia. Credo che nei paesi islamici, o laddove ci si ispiri ad una cultura basata su fondamenti di "oggettività", la democrazia rischia di risolversi semplicemente in una questione di "metodo". E la si può "riempire" con qualsiasi contenuto. E' evidente che guardo al fenomeno con occhi "occidentali" e temo che questo contenuto andrà recuperato nella religione. Del resto, basta guardare alla tragica situazione delle minoranze cristiane in questi paesi di "instaurata" democrazia. Prima non era così. Quanto alla questione marocchina e giordana. Ho scritto che la Giordania potrà essere facilmente travolta (ma non si puo' negare che il paese non sia stato travolto dalle primavere...) in un'eventuale escalation se non altro per questioni geografiche. Il Marocco, invece, rappresenta un'eccezione. E non si può escludere che la stabilità si radichi più che sugli assetti istituzionali sulla intangibilità della famiglia reale discendente da Maometto.
Infine il titolo. Era la sintesi giornalistica contenuta nel sottotitolo del corriere che riportava le parole di Hamas, ma non puoi negare che è di forte impatto. Poi... mi scelgo i titoli che voglio!
Ma credere o meno nella democrazia per il medioriente non c'entra nulla. I fatti sono semplici: alla fine quei popoli si sono rivoltati contro quei dittatori. L'impulso glielo abbiamo dato noi il 30 dicembre del 2006 quando Saddam Hussein fu impiccato, uno choc per il mondo arabo paragonabile alla decapitazione di Luigi XVI nel 1793 che desacralizzò il ruolo del re cristianissimo.
Dal nostro punto di vista le opzioni non erano molte: o appoggiavi i tiranni mandando i marines a piazza Tahir a sparare sulla folla perdendo lo stesso o accampagnavi quel processo come ha fatto il presidente Obama segnando una continuità sostanziale con la politica estera di George Bush.
Sulla politica estera il presidente è stato grande e infatti nel dibattito di Boca Racon incentrato sul tema Romney è stato praticamente impotente.
Anche la libia è stata una guerra totalmente americana nonostante le fanfare francesi.
Se il pericolo temuto è che l'egitto faccia la guerra ad israele, io mi chiedo: ma con cosa? Le tricchitracche e le castagnole?
Primo morsi non controlla l'esercito egiziano, sta provando ad assumere influenza ma non lo controlla. Secondo l'80% del budget militare egiziano è costituito dagli aiuti americani, tolti quelli non hanno i soldi per mettere la benzina nei carri armati da lanciare nel Sinai.
Ma anche se trovassero il modo di lanciarli, quale sarebbe l'obiettivo strategico egiziano? Perché se si fa una guerra, soprattutto contro un esercito che è due volte più potente e ti ha già annientato 4 volte in passato, bisognerebbe averne uno.
In egitto c'è una transizione e c'è la politica che esiste sempre in qualsiasi tipo di regime. C'è politica nelle classi popolari falcidiate dalla crisi economica, nella classe media che ha partecipato alla rivoluzione e aspira a diventare la classe dirigente nella quale c'è una forte componente laica, c'è politica nel campo islamista che non è affatto unito come la falange macedone. tutt'altro. I risultati di questo processo politico possono portare in molte direzioni, ma non mi sembra un buon motivo per riampiangere i dittatori che ci rassicuravano. Credo che il primo modo per evitare che la democrazia diventi una questione di metodo è ricordarsi che essa ha una portata di valore morale di cui noi che ne beneficiamo dovremmo essere testimoni.
Poi qui si fa i conti senza l'oste vero che è Hezbollah, attuale il primo vero nemico strategico di Israele perché può portare ad una guerra asimmetrica di tipo vietnamita che l'esercito israeliano non è in grado di sostenere a lungo come ci ha dimostrato la campagna del 2006.
Per questo gaza e quello che sta succedendo in queste ore drammatiche(un missile è appena caduto vicino a Tel Aviv) è così importante.
Gaza è strategicamente fondamentale, lasciarla nel 2005 fu un grande passo politico compiuto da Sharon ma un suicidio strategico. Senza la forza politica e morale del vecchio leone è una spina nel cuore dello stato ebraico in mano ad Hamas per impedire ogni tipo di negoziato, per questo aumentano le voci non solo per una offensiva di terra, ma per riprendere sostanzialmente una posizione stabile nella striscia.