border="0"

È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
       
CHI SIAMO
            
PROBLEMI D'ACCESSO?
            
SALVASTUDENTI
            
MATRICOLE
     
GALLERIA
      
INFO UTILI UNIVERSITà
        
FACEBOOK
 

Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 2 3 | Pagina successiva
Stampa | Notifica email    
Autore

Diritto canonico - Valdrini (a.a. 2014/2015)

Ultimo Aggiornamento: 03/09/2017 21:36
Email Scheda Utente
Post: 3.457
Post: 3.449
Utente Master
Moderatrice
OFFLINE
27/07/2012 14:49
 
Quota

<b>a pag 1 riassunto de "il pensiero di Castellion"relativo alla parte speciale
QUI il topic della sessione precedente [SM=x43813]


Si ricorda agli utenti di prendere visione del regolamento di cartella, prima di postare un messaggio, e soprattutto:

1) di utilizzare le apposite cartelle per le richieste che esulano dall'oggetto del topic (evitate ot e spam).
2)evitare offese al prof e agli assistenti
3)il maiuscolo è contrario alla netiquette


I moderatori interverranno con censura o cancellazione del messaggio, nei casi gravi con ammonizione.




La Libertà Di Coscienza Nel Pensiero Di Sebastian Castellion
Il dibattito sulla tolleranza che sul piano filosofico e politico si è sviluppato negli ultimi anni, consente di evidenziare la funzione positiva che tale concetto assume nell'accezione di rispetto reciproco e di volontà di dialogo.
Tuttavia, gli studi sul pensiero politico spesso sottolineano l'ambiguità del concetto di tolleranza che: da un lato ha acquistato la valenza positiva di modus vivendi nella società democratica moderna; dall'altro conserva il carattere etimologico di pati, di sopportazione.
Tale ambivalenza di significato rispecchia l'evoluzione storica del concetto di tolleranza nel lungo e tortuoso cammino che ha portato all'affermazione dei diritti di libertà dell'individuo.
I percorsi di indagine storico-politici sulla sua genesi e sviluppo considerano la tolleranza come lo strumento per l'affermazione progressiva dello Stato moderno e per la laicizzazione della politica in rapporto alla religione.
Tale ricostruzione storico-concettuale implica la contrapposizione tra tolleranza e libertà. La tolleranza è considerata come un concetto negativo in rapporto alla libertà: si tollera ciò che non si considera giusto ma che si sopporta per evitare un male peggiore. È, in sostanza, una concessione che l'autorità fa ai suoi sudditi e che per sua natura può essere anche revocata.
Al contrario, il diritto di libertà sarebbe l'evoluzione naturale del concetto in principio giuridico concernente in primo luogo gli individui, i loro diritto soggettivi, non l'autorità. In tal senso, nel suo significato politico e giuridico, la tolleranza costituirebbe un minus rispetto alla libertà: <<... lo stato non deve più conoscere tolleranza, ma solamente libertà: poiché quella suona concessione graziosa dello stato al cittadino, questa invece diritto del cittadino verso lo stato>>.
L'approfondimento del contesto religioso in cui si sviluppa e delle sue radici teologiche consentono di mettere in evidenza come il concetto di tolleranza non è frutto solo di una lotta politica. Ma nasce come esigenza morale e come teologia della rifondazione della vera Chiesa di Cristo.

L'esigenza di individuare le radici teoriche che nel loro sviluppo storico hanno determinato le moderne configurazioni concettuali dell'idea di tolleranza e di libertà religiosa, trova nella figura di Sebastien Castellion un appoggio molto importante. La riflessione castelloniana acquista particolare importanza ai fini della individuazione, nel termine tolleranza, del momento di compenetrazione delle due accezioni, religiosa e giuridica, che a partire proprio dalle discussioni teologico-politiche del XVI secolo segnano il delicato processo di formazione del moderno pensiero politico.
All'interno della produzione castelloniana due opere appaiono particolarmente significative: il De haereticis a civili magistratu non puniendis; e il Conseil à la France dé solée. Nella prima opera Castellion sviluppa in maniera specifica, rispetto alle opere precedenti, la sua riflessione sull'incompetenza del magistrato civile a giudicare del dissenso religioso, delineando un sistema di rapporto tra diritto e religione diverso da quello conosciuto fino a quel momento in Europa.
Il rapporto tra potere civile e religione è la tematica che collega il De haereticis a civili magistratu non puniendis al Conseil à la France dé solée, il pamphlet scritto da Castellion nel 1562 in pieno scoppio degli scontri sanguinosi tra protestanti e cattolici in Francia. La tematica affrontata in questa seconda opra riguarda, infatti, la teorizzazione della tolleranza quale strumento politico di governo della società. La difesa della libertà di coscienza è il fondamento teorico della concettualizzazione della tolleranza civile indicata da Castellion quale unico rimedio all'instabilità politica cui conduce l'intolleranza religiosa. Gli studi monografici dedicati all'umanista savoiardo Castellion hanno messo in evidenza quanto i rapporti, e successivamente i contrasti, con Calvino e i calvinisti abbiano contrassegnato l'intera vicenda personale ed intellettuale dello stesso Castellion.
Nacque nel 1515 nei pressi di Nantua da una famiglia di origini modeste e si trasferì ben presto a Lione per proseguire gli studi. Non si conoscono con certezza i motivi che hanno determinato la sua adesione alla fede evangelica. Certamente il rogo degli eretici a cui assistette a Lione procurò in lui grande turbamento e, probabilmente, l'indignazione contro la violenza perpetrata in nome della religione determinò il suo distacco dalla religione cattolica e comunque il suo abbandono della città. Nel 1540 si reca a Strasburgo, dove conosce Calvino e l'anno successivo si trasferisce a Ginevra, dove viene invitato a dirigere il Collegio della città.
Ma ben presto si manifestano i primi contrasti con Calvino. In seguito al rifiuto del Consiglio della città di concedergli l'incarico di ministro protestante, decisione certamente influenzata dal parere di Calvino, Castellion decide di abbandonare Ginevra e di trasferirsi a Basilea.
Si apre un periodo di grave miseria per Castellion e ,la sua famiglia. Eppure nonostante le difficoltà economiche continua a dedicarsi alla sua attività di studioso, in nome della quale con coraggio affronta le conseguenze delle proprie scelte. Ma soprattutto continua a lavorare alla traduzione della Bibbia, la cui edizione latina viene pubblicata nel 1551. il rogo di Michele Serveto (medico umanista), il 27 ottobre 1553, segna l'inizio della vivace polemica con Calvino e Teodoro Beza, allora professore greco all'Accademia di Losanna, sulla libertà di coscienza e la tolleranza degli eretici. La polemica con Calvino e Teodoro Beza continua anche sulla dottrina della predestinazione.
La memoria del Castellion, nonostante le difficoltà di divulgazione e di diffusione delle sue opere causate dall'opposizione degli ambienti calvinisti, continuò ad essere viva e feconda soprattutto grazie alla comunità intellettuale che da Basilea si diffuse in tutta Europa.

Rispetto alle altre opere, di carattere ”polemico” (quelle di Calvino e Beza),la tematica centrale del libro di Castellion (De haereticis a civili magistratu puniendis), la tematica centrale è certamente il rifiuto dell'uso della pena di morte contro gli eretici da parte del magistrato civile. Il suo pensiero appare svilupparsi su due versanti: il primo destruens, teso a confutare le opinioni degli avversari; l'altro construens, mirante ad esporre la propria specifica concezione in tema di rapporto tra l'uomo ed il divino. Le idee di tolleranze nei confronti degli eretici sono considerate dai teologi ginevrini quale espressione di posizioni scettiche e di conseguenza pericolose poiché tese a negare in campo teologico la certezza di ogni conoscenza religiosa. Nella storia dell'idea di tolleranza, Castellion è conosciuto soprattutto per la sua opera polemica in difesa degli eretici.
Il pensiero teologico-filosofico di Sebastien Castellion in difesa della libertà di coscienza trova la radice proprio nella sua formazione umanistica e nell'applicazione di un diverso metodo logico di conoscenza della verità rispetto alla logica di tipo analitico-deduttiva, propria del sistema aristotelico-tomistico medievale. Appare significativa una lettura unitaria dell'opera castelloniana, quantomeno rispetto al gruppo di scritti di carattere polemico, a partire dalla metodologia della conoscenza indicata dallo stesso Castellion nell'ultimo suo trattato, scritto un anno prima della morte.
Sulla scia di Erasmo, l'umanista savoiardo distingue all'interno della Scrittura parti chiare ed evidenti passaggi oscuri, di difficile comprensione. Attraverso tale modalità di esegesi scritturistica, Castellion delinea una impostazione, in rapporto alla conoscenza della verità in materia di religione, nettamente contrapposta alla concezione teologica dei Riformatori di Ginevra. Alla Scrittura quale fonte ultima della conoscenza della volontà di Dio che assicura all'uomo la salvezza, viene contrapposto un criterio non dogmatico e formalistico di ricerca della verità. Pur difendendo la verità contenuta nelle Sacre Scritture, l'umanista savoiardo individua nell'interpretazione letterale delle stesse e nella presunzione di considerare certo ciò che è solo probabile, la causa delle discordie dottrinali che dividono i Cristiani.
Le cause dei contrasti dottrinali e dell'intolleranza dell'errore in materia di fede è legata, per il Savoiardo, al fatto di credere alle cose dubbie e dubitare delle cose certe.
L'intento di Castellion è l'indicazione di un metodo di interpretazione delle Scritture differente da quello strettamente letterale.
Il criterio del giudizio nelle controversie deve essere affidato, secondo Castellion, agli strumenti specifici del giudizio dell'uomo che sono i sensi e l'intelletto.
In opposizione alla concezione calvinista della comprensibilità di tutti i passaggi del testo sacro e della sua indubitabilità, Castellion distingue all'interno delle Scritture ciò che è necessario conoscere ai fini della salvezza, e ciò che non lo è. Per Castellion tutto ciò che è necessario viene indicato in modo chiaro e sentito come manifesto, evidente e naturale da tutti gli uomini dotati di ragione e non solo da chi è allenato a disquisire sulle “subtilitates” filosofiche o sulle questioni teologiche. L'oscurità dei passaggi delle Scritture non significa, per il Savoiardo, che questi non possano essere compresi, ma che la loro comprensione non costituisce necessariamente, contrariamente a quanto ritiene Calvino, la vera conoscenza, ma solo supposizione di scienza. Attraverso l'interpretazione della Scrittura, l'uomo può esercitare e sviluppare le proprie facoltà raziocinanti, giungendo a distinguere quali delle proposizioni contenute nelle Scritture siano certe, indubitabili e chiare a tutti e quali, invece, necessitano di una tale sottigliezza di pensiero e preparazione teologica senza le quali restano oscure e difficili.
Le controversie in materia religiosa sono, nel pensiero del Savoiardo, frutto della hominum curiositas che induce a discutere di questioni la cui conoscenza non conduce alla salvezza, che si ottiene, invece, solo mediante la fede. Il significato della vera fede cristiana, per Castellion, consiste non nel ricercare in senso meramente intellettuale la certezza della verità teologica, ma nel far rivivere attraverso la ricerca razionale la parola dello Spirito divino all'interno della coscienza individuale dell'uomo.
L'attaccamento alle parole della Scrittura conduce a confondere la verità soggettiva con la certezza oggettiva, ovvero l'opinione con la verità certa. Il criterio di certezza della fede è per Castellion identificato dalle capacità razionali dell'uomo. Riguardo, invece, alle parti della Scrittura che non sono chiare ed evidenti, Castellion distingue tra la: cosa supra sensu; cosa contra sensu.
L'umanista savoiardo replica che la fede attiene alle cose che non possono essere percepite dai sensi o che, pur essendo percepibili, non si manifestano nella vita. Mentre sono senz'altro da respingere, in quanto false, tutte le cose che contrastano palesemente con l'esperienza dei sensi. Ne consegue che la fede non consiste nel credere passivamente anche a ciò che è irrazionale e contrario ai sensi, ma nell'assentire, attraverso l'uso della volontà, a ciò che non sia in contrasto con le facoltà umane.
Il confronto tra Castellion e Calvino può essere considerato espressione di due diversi sitemi logici di conoscenza della verità: il primo fondato sulla ragione critica del credente; il secondo sull'adesione incondizionata alla verità oggettiva della rivelazione scritta, garantita dall'autorità e dall'istituzione ecclesiastica. Tale prospettiva di analisi consente una diversa qualificazione del valore del dubbio rispetto all'interpretazione storiografica prevalente del pensiero dell'umanista savoiardo, la quale tende ad accostare Castellion allo scetticismo filosofico, concentrando l'attenzione principalmente sulla prima parte del titolo dell'opera: l'arte del dubitare (De arte dubitandi et confidendi, ignorandi et sciendi).
Il valore del dubbio ha un significato profondamente religioso, di difesa da qualsiasi metodo intollerante che derivi dalla certezza della propria verità. In tal senso, nell'opera, il diritto al dubbio sulle questioni dottrinali esprime non tanto la convinzione dell'impossibilità per gli uomini di conseguire la certezza assoluta, ma indica il rifiuto di posizioni speculative ed intellettualistiche che vengono relegate nel terreno degli adiaphora (cose indifferenti).
La conoscenza della verità divina, strettamente finalizzata alla salvezza, si ottiene, per Castellion, solo attraverso l'obbedienza ai precetti provenienti da Dio, non attraverso i dogmi. Tale conoscenza deve tradursi in una trasformazione spirituale dell'uomo, attraverso il continuo esercizio delle virtù cristiane e la mortificazione dei vizi, segno concreto ed evidente dell'autentico essere seguaci di Cristo. La via per raggiungere la verità è nell'uomo e nel suo rapporto immediato e diretto con il divino.
Al potere salvifico della corretta conoscenza dei dogmi, Castellion contrappone la rivelazione interiore della verità divina che attraverso la ricerca razionale consente di far rivivere la parola dello Spirito divino all'interno della coscienza individuale. È in tale concezione che si racchiude il significato di libertà di coscienza, intesa come “coscienza libera” per Castellion: libertà che significa essenzialmente liberazione del proprio animo da quegli impedimenti legati al proprio io ed alle proprio passioni umane, che ostacolano la forza della grazia divina che è già impressa da Dio nell'uomo.
Il dubbio, in quanto strumento di purificazione dell'anima dai vizi che l'accecano, è mezzo di conoscenza della verità. Difendere la verità non significa, dunque, reprimere l'errore altrui, ma coltivare la purificazione di se stessi, allontanando ed evitando le cause di controversia e di dissidio con l'altro, frutto dell'amore di sé e quindi dell'ignoranza di quel che è vero e giusto. La verità va difesa all'interno di noi stessi.
Il relativismo dogmatico di Castellion è reso, dunque, a salvaguardare l'individuo, il singolo cristiano e la sua libertà di fede soprattutto rispetto al dogmatismo della Chiesa costituita: è espressione della libertà di coscienza di ogni credente.
La fede è la conoscenza interiore di ciò che è bene e fiducia che scegliendo il bene, ovvero obbedendo ai precetti divini iscritti nel proprio cuore e riconoscibili attraverso la ragione, si possa vivere ed operare come Cristo, riuscendo a compiere il miracolo di <<cancellare le opere del diavolo, ossia i peccati>> e, quindi, divenire liberi da quegli impedimenti legati al proprio io.
La relativizzazione dell'essenzialità dei dogmi ai fini della salvezza, nel pensiero di Sebastien Castellion, è espressione di un concetto attivo e perfettibile di fede che consiste nell'obbedire. La sua posizione rispetto alla disputa sui cosiddetti adiaphora , ovvero problemi non fondamentali, si fonda su una concezione di obbedienza alla verità che non è quella imposta dall'esterno, ma che è ricercata all'interno della propria coscienza.
Come afferma nel De haereticis, an sint persequendi, per evitare le dispute dottrinarie, fonte dei profondi dissidi tra i Cristiani, occorre trovare nella religione una moneta d'oro che abbia valore in tutti i paesi. La “moneta aurea” in materia di religione, valida ovunque, consiste nel <<credere in Dio padre, figlio e spirito santo e nei precetti di pietà che sono nelle Scritture>>.
Tale concezione irenistica di Castellion risente dell'influsso del pensiero di Erasmo, anche se diverso ne è l'obiettivo di fondo: per Erasmo la riduzione dei dogmi è un mezzo per ristabilire la pace al fine di salvare l'istituzione ecclesiastica cattolica; il relativismo dogmatico di Castellion, invece, è conseguenza della sua concezione umanistica di libera ricerca della verità.
La Chiesa pur fondandosi sui dogmi e sui sacramenti non è più irrigidita nella sua funzione di custodia e di garanzia del rispetto obbligatorio dell'unità della dottrina, ma viene ad essere considerata come una comunità spirituale proiettata alla rigenerazione degli uomini attraverso la carità e la persuasione.
Alla Chiesa come organizzazione, fondata sull'unità di fede e sul principio di autorità viene contrapposta la Chiesa come comunità, fondata non sull'identità del credere, ma sull'identico operare per la conversione dei cuori.
All'intolleranza della Chiesa dogmatica, al di fuori della quale non ci può essere salvezza, Castellion contrappone una comunione ecclesiastica fondata sulla libertà di coscienza.
Potremmo dire che è proprio nella sua concezione di Chiesa come comunità e non come organizzazione che si condensa la sostanza di quella che dai suoi oppositori viene definita come eresia.
Essere cristiani significa imitare Cristo. È la mitezza di Cristo rispetto ai detrattori e ai persecutori il modello che ogni cristiano deve seguire per raggiungere la luce interiore e la salvezza. Se la verità è nella legge del perdono e della sopportazione, solo la tolleranza, conseguenza effettuale della mitezza dell'animo, è il retto agire che conduce alla verità.

riassunto del pensiero di Castellion (parte II)
La tolleranza per Castellion, dunque, è un mezzo di difesa dall'errore e diviene il metodo per creare le condizioni per ricongiungersi a Dio, restaurando attraverso la crocifissione del proprio io. La tolleranza in tal senso è il segno esteriore della fede cristiana.
La prima formulazione della tolleranza religiosa di Castellion è contenuta nella Praefatio alla traduzione latina della Bibbia, pubblicata nel 1551.
La moderazione è l'unico rimedio per evitare lo spargimento di sangue dei più deboli. Essa, come radice della tolleranza, ha, nel pensiero di Castellion, una connotazione più profonda. La sua funzione consiste nell'evitare un giudizio imprudente e precipitoso di cui ci si potrebbe pentire.
La via della clemenza e della pazienza è la via più sicura per non cadere in errore, mentre la crudeltà ed il giudizio imprudente sono pericolosi perchè potrebbero portare a commettere cose di cui ci si potrebbe pentire.
Castellion prosegue affermando che la regola di prudenza è prescritta da Cristo stesso quando afferma: <<non giudicate e non sarete giudicati>>. Sulla nostra coscienza il vero giudizio spetta solo a Dio e nessun uomo può e deve arrogarsi tale potere, poiché, nella sua ignoranza su ciò che è vero e giusto per la salvezza delle anime, rischierebbe di condannare anche chi non dovrebbe esserlo o chi potrebbe correggersi.
L'invito alla moderazione ed alla clemenza trova una sua formulazione più articolata e approfondita nel De haereticis, an sint persequendi. Nella prefazione all'edizione latina dell'opera, Castellion delinea le ragioni non solo dell'opportunità della tolleranza per la pacifica convivenza civile, ma soprattutto della sua legittimazione in obbedienza alla legge del Vangelo che è la legge del perdono e della sopportazione.
La mitezza verso gli altri significa, dunque, per Castellion, un mezzo di purificazione del proprio cuore dall'accecamento delle passioni e dai vizi, in questa concezione, la tolleranza, conseguenza effettuale della mitezza d'animo, non è solo un comportamento sociale di convivenza con le coscienze erranti, ma recupera il significato etimologico di “sopportazione”. Non è solo una norma di clemenza verso l'altro che si considera in errore, ma è patientia dell'errore altrui. La tolleranza acquista, in tal modo, una connotazione ambivalente: è la sopportazione del più forte nei confronti del più debole; ma anche del più debole nei confronti del più forte. L'intolleranza e la persecuzione divengono il peggiore dei peccati perchè, oltre a contravvenire alle leggi divine, impediscono alle coscienze di essere fedeli alla propria verità. La rivendicazione della non perseguibilità dell'eresia viene svolta dal Castellion oltre che attraverso la ricostruzione del concetto di tolleranza come obbedienza alla legge divina, anche attraverso la confutazione di tutte le argomentazioni addotte a difesa dell'intolleranza. Per Castellion, la giustificazione dell'intolleranza dell'errore in materia di fede è la conseguenza di una lettura ed delle fonti non corrette sul piano logico e metodologico. I fautori dell'intolleranza trovano nella legge mosaica gli esempi in cui si ordina l'uccisione degli idolatri, dei falsi profeti, dei bestemmiatori ed estendono agli eretici tale punizione come voluta dalla volontà divina.
Non essendo espressamente prevista in nessun luogo delle Scritture l'uccisione dell'eretico, non si può, se non con un'arbitraria interpretazione, dichiarare applicabile la pena di morte che, invece, nel Vecchio Testamento è prescritta per casi specifici diversi.
La separazione concettuale dell'eresia dalle altre forme di oltraggio a Dio consente, dunque, di escludere la possibilità di un procedimento di interpretazione estensiva o analogica della norma divina, argomentata sul concetto di similitudo. Può aversi similitudo solo quando due o più fattispecie, pur non essendo identiche, hanno in comune l'eadem qualitas.

Solo nella lettera a Tito è nominata la parola eretico e confrontandola con l'insegnamento di Cristo in Matteo 18, è possibile capire cosa sia l'eretico: un individuo pertinace che ammonito a ragione non ubbidisce. Subito dopo Castellion distingue due generi di eretici: coloro che sono pertinaci nel comportamento; coloro che sono pertinaci nelle cose spirituali e nella dottrina. L'attributo che contraddistingue il termine è la pertinacia, che riguarda non il contenuto della dottrina, ma l'atteggiamento interiore di ostinazione nell'errore. Non è l'errore di comprensione delle Scritture, in quanto tale, ad essere configurabile come eresia, ma l'ostinazione che inficia la perfettibilità dell'uomo nella sua sfera spirituale.
Dal significato di setta indicato per il vocabolo eresia, l'eretico è propriamente chi appartiene ad una setta. Il significato della parola eresia, nel significato etimologico di setta, viene approfondito nel Contra libellum Calvini. In quest'opera Castellion chiarisce che ogni dottrina è eresia, cioè opinione. Ma è proprio nel concetto di dottrina che Castellion si oppone a Calvino. La pretesa di ogni setta cristiana di detenere il monopolio della verità, e dunque l'ortodossia, genera l'arroganza nel giudicare le altre opinioni come eterodosse, profanatrici della sana dottrina, fino a spingerle al furore della persecuzione. Ma per Castellion la buona e sana dottrina va giudicata tale non in base all'autorità del magistero teologico che la garantisce, ma dai frutti che produce. È buona e sana quella dottrina che diviene una pedagogia per l'anima, preservandola e curandola dal peccato e dal male e riportando l'uomo alla sua sana natura, partecipativa dell'amore divino, attraverso la liberazione dalla carne, ovvero dai proprio egoismi e vizi mondani. È l'adesione alla dottrina di Cristo, ovvero al doppio precetto di amore verso Dio e verso il prossimo.
Da tale specificazione del concetto di dottrina nasce la difesa di Castellion della libertà di pensiero in materia di fede. La Chiesa di Cristo è quella che rinnova e aiuta l'uomo nella rifondazione morale della sua vita, non quella che impone l'uniformità esteriore ad una dottrina teologica, punendo con la morte il dissenziente. È l'uomo il centro e il fine della dottrina per Castellion.
Sostiene Castellion che, se ciò che caratterizza l'eresia è la pertinacia, cioè un vizio spirituale, essa può essere combattuta solo con armi spirituali, non con la spada corporale, cioè con la pena di morte. La libertà di coscienza dell'individuo, quale obbedienza al proprio essere creatura di Cristo, è la pietra angolare per l'affermazione della libertà ed autonomia della religione rispetto al potere secolare.
Nel De haereticis a civili magistratu non puniendis, Castellion delinea le funzioni e l'ambito di operatività del potere civile, specificando l'origine delle leggi e del principio di autorità del principe e dei magistrati. È l formula paolina che guida il ragionamento del Castellion sul fondamento del potere politico. San Paolo nella Lettera ai Romani afferma che <<i popoli che non hanno legge sono legge a se stessi>>. Il diritto di giudicare e perseguire del magistrato civile risale alla legge naturale, poicghè non è stato istituito da Cristo, ma è presente in tutta la società civile, anche precristiana, in quanto il malfattore, minacciando l'integrità fisica e i beni degli altri, minaccia la sicurezza e la stabilità della comunità civile.
Per Castellion la funzione principale del potere civile è assicurare la giustizia.
Il potere dei magistrati esiste perché esiste il peccato nel mondo, ed è necessario, dunque, per castigare i malfattori. L'autorità civile è lo strumento di Dio per separare il giusto dall'ingiusto e per condannare chi opera il male poiché contravviene alla legge naturale. L'ordine naturale è regolato dalla legge, la quale dà all'uomo la coscienza del peccato, ma non la forza interiore per vincerlo. In quanto tale, è sottoposto al principio di subordinazione alla giustizia dell'autorità. L'ordine dello Spirito, invece, supera la giustizia della legge dando all'uomo la possibilità di liberarsi dal peccato del mondo, e liberandolo, quindi, dalla legge. È la coscienza libera che supera la giustizia della legge, poiché la porta a compimento, trasportandola in un nuovo mondo di valori. Se tutti gli uomini seguissero Cristo e la Sua legge di perfezione e di amore, il peccato del mondo non esisterebbe più, e i magistrati non sarebbero più necessari poiché nessuno commetterebbe peccati e farebbe del male agli altri. Il legame organico tra politica e religione, ovvero tra l'obbedienza all'autorità e la salvezza dell'uomo, viene efficacemente confutato nella concezione del superamento di ogni potere politico nel legame spirituale che congiunge tutti i cristiani direttamente alla volontà divina. Il magistrato è ministro degli ordinamenti politici terreni, nei quali è lecito usare la forza per amministrare la giustizia, ma non appartiene, in quanto carica terrena, alla comunità spirituale, che è la vera Chiesa dinanzi a Dio, e che è la sola a poter giudicare legittimamente l'eretico secondo i comandamenti di Cristo. Il magistrato deve giudicare secondo la legge di equità dell'ordine naturale, poiché ha giurisdizione solo su ciò che è conoscibile attraverso la luce della ragione naturale e che è comune a tutti i popoli e in tutti i tempi. Ne consegue che il magistrato può avere giurisdizione solo sulle cause civili. In base alle leggi naturali il magistrato non può punire l'eretico, ma può legittimamente punire l'ateo, cioè chi nega l'esistenza di Dio e la sua onnipotenza, poiché costui pecca contro la legge di natura che riconosce l'esistenza del trascendente. L'ateismo, per Castellion, non è espressione dell'autonomia della coscienza, poiché consiste nel rifiuto della spiritualità dell'uomo. Come tale, chi è ateo, quindi, è contrario non solo alla legge divina, ma principalmente alla legge che regola l'ordine naturale umano.
Non è l'autonomia dell'uomo, ma l'autonomia della sua coscienza, ossia della sua sfera spirituale, che Castellion difende rispetto al potere politico. Il “Conseil à la France désolée” fu scritto nel 1562, in pieno scoppio della guerra civile in Francia tra protestanti e cattolici.
È la crisi tragica della Cristianità ciò che affligge e tormenta la Francia, la cui “malattia” nasce dalla discordia tra coloro che, pur chiamandosi discepoli di Cristo, in nome dell'amore di Dio, combattono con spietata crudeltà i loro fratelli, ignorando la legge divina dell'amore del prossimo.
La guerra di religione tra protestanti e cattolici in Francia diviene l'occasione per una complessiva riflessione del Castellion sui meccanismi politico-giuridici della società civile e religiosa.
Il fondamento costitutivo della societas christiana è, per Castellion, il principio del rispetto dell'alterità, non il principio dell'uniformità, poiché il dovere di ogni vero cristiano è tendere alla realizzazione della pacifica convivenza con l'altro, rifiutando qualsiasi forma di violenza, di esclusione e di annientamento nei confronti di chi si considera in errore.
Per Castellion, la causa vera delle lotte religiose è il coinvolgimento delle istituzioni politico-giuridiche quali “braccio secolare” della Chiesa.
Tale legame organico tra potere civile ed autorità ecclesiastica alimenta il fanatismo religioso e, coartando la libertà di fede e di pensiero degli individui, tradisce la missione terrena dello stato di garantire nella pratica collettiva la pace sociale attraverso la tolleranza, espressione di carità, realizzando una comunità cristiana fondata sull'autonomia spirituale degli individui.
Le problematiche attinenti alla tolleranza, nel pensiero di Castellion, trovano il loro compimento logico nella delineazione delle finalità e delle funzioni del potere politico quale garante del sistema sociale.
La tolleranza non può essere attuata e praticata dalle istituzioni ecclesiastiche.
Spetta, dunque, al potere civile farsi garante del rispetto della libertà di coscienza dei propri consociati. La dimensione politica della tolleranza, invocata dal Castellion come la sola medicina per curare lo strazio della guerra tra cattolici e protestanti, risulta, in tal modo, strutturalmente legata alle funzioni del potere civile in quanto fattore determinante l'equilibrio sociale e la pace; ma costituisce anche l'indicazione dei limiti di tale potere, costituiti dall'autonomia e libertà della coscienza.
La soluzione auspicata dal Castellion si compone di due momenti che riflettono i due ambiti di riferimento del concetto di tolleranza che si compenetrano: tolleranza come “disposizione interiore”, afferente all'atteggiamento mentale e comportamentale dell'individuo rispetto all'atro e alla collettività; e tolleranza pratica come “astensione dalla costrizione delle coscienze”, afferente al sistema sociale-politico della collettività rispetto all'individuo.

Il legame di convivenza tra gli uomini, che possa tutelare la libertà del rapporto interiore ed individuale dell'uomo con Dio, non può essere che quello indicato da Cristo nel doppio precetto di amore verso Dio attraverso il prossimo.
Libertà significa amore per l'altro come se stesso, ovvero riconoscimento nell'accettazione della diversità di pensiero, dell'unica verità che ci è dato di conoscere con certezza: la parola di Dio che parla nei nostri cuori attraverso il nostro atteggiamento di vita realmente cristiano nei confronti del prossimo. Se dal punto di vista pratico ed effettuale la tolleranza quale instrumentum regni indicata da Castellion diventa nel Conseil à la France désolée problema di ordne politico e non più solo teologico, le motivazioni e le finalità di tale teorizzazione appaiono diverse dalla concettualizzazione della tolleranza civile quale strumento di governo per porre fine alle lotte intestine che scuotono il tessuto sociale-religioso della comunità civile ai fini del raggiungimento della pace e dell'ordine sociale.
In tal senso, diviene interessante analizzare la diversità di posizione tra Sebastien Castellion e Michel de l'Hospital. L'interesse primario da raggiungere per Michel de l'Hospital è l'unificazione politica nazionale: la tolleranza civile è un rimedio pragmatico e provvisorio necessario per salvaguardare l'unità del regno.
La teorizzazione della tolleranza civile del Cancelliere non mira dunque all'affermazione della libertà di coscienza, ma indica uno strumento politico per evitare disordini e conflitti al fine di salvaguardare l'esistenza stessa dello stato.
Non è espressione, dunque, di tolleranza religiosa, ma potremmo dire, è una strategia politica per affermare l'autorità del potere dello stato e la costituzione di una comunità civile autonoma nelle sue finalità da quella religiosa. Apparentemente la soluzione auspicata da Sebastien Castellion nel Conseil à la France désolée sembrerebbe convergere con le idee di Michel de l'Hospital.
Tuttavia, per l'umanista savoiardo non è il fine dall'unificazione politica nazionale a rendere necessaria l'indifferenza dello stato per le scelte religiose dei propri cittadini. Sono, al contrario, proprio le finalità profondamente religiose della comunità cristiana a rendere necessaria la separazione dell'ambito politico-giuridico da quello spirituale dei cittadini.
Per Castellion la tolleranza, invece, è la pace e la concordia garantita e perseguita dalla comunità civile e politica, attraverso il riconoscimento della libertà di fede e di pensiero, ad assicurare l'espressione cristiana dell'identità umana, cioè della sfera spirituale dei singoli individui, fondamento unitario e comune della società.
La libertà di ognuno che si esprime nel riconoscimento della eguale libertà dell'altro: questo è il fine a cui la società cristiana deve tendere, ed è questo il significato profondamente religioso dell'appello <<laisser les deux religions libres>>: realizzare attraverso la libertà dell'individuo la pace religiosa, ovvero la pace tra gli uomini senza distinzione di credo, non tra fedeli di confessioni diverse.
[Modificato da __Lei__ 23/10/2012 13:19]

Per leggere gli altri messaggi devi essere iscritto al forum!
Login
Username o Email
Password
Accedi con:

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 3 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 23:27. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com