border="0"

È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
       
CHI SIAMO
            
PROBLEMI D'ACCESSO?
            
SALVASTUDENTI
            
MATRICOLE
     
GALLERIA
      
INFO UTILI UNIVERSITà
        
FACEBOOK
 

Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Stampa | Notifica email    
Autore

Una donna ogni due giorni viene uccisa in Italia

Ultimo Aggiornamento: 29/03/2012 14:45
27/03/2012 21:39
 
Quota

Le vittime di omicidio da parte di partner o ex partner sono passate da 101 nel 2006 a 127 nel 2010. Molte violenze non vengono neppure denunciate, per quello che è ancora il contesto italiano, «patriarcale e incentrato sulla famiglia». E un triste primato tutto italiano è quello di vedersi affibbiata in un documento ufficiale delle Nazioni Unite la parola «femminicidio». In questo lo Stivale è insieme al Messico, condannato nel 2009 dalla Corte interamericana per i diritti umani per il femminicidio di Ciudad Juarez.

In contemporanea in diverse città d’Italia, nei giorni scorsi sono state accese migliaia di fiaccole per ricordare Stefania Noce. Uccisa da un uomo che dice di aver amato «più della sua vita». Luci e fiamme per lei e per tutte le donne vittime di violenza, volute da «Se non ora quando» di Catania, da tutta Snoq e da tante associazioni e organizzazioni politiche. In tutto il mondo, la violenza maschile è la prima causa di morte per le donne: in Italia sono aumentate del 6,7% nel 2010. La violenza di compagni, mariti, o ex è la prima causa di morte per le donne dai 15 ai 44 anni. «Con dati statistici che vanno dal 70% all’87% la violenza domestica risulta essere la forma di violenza più pervasiva che continua a colpire le donne in tutto il Paese», ha detto la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, Rashida Manjoo, al termine della sua visita ufficiale in Italia.

Le vittime di omicidio da parte di partner o ex partner sono passate da 101 nel 2006 a 127 nel 2010. Molte violenze non vengono neppure denunciate, per quello che è ancora il contesto italiano, «patriarcale e incentrato sulla famiglia». Vi è di più: capita ancora che la violenza domestica non venga percepita come reato. E «un quadro giuridico frammentario e l’inadeguatezza delle indagini, delle sanzioni e del risarcimento alle vittime sono fattori che contribuiscono al muro di silenzio e di invisibilità che circonda questo tema».

L’Italia non ha ancora ratificato la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza nei confronti delle donne firmato a Istanbul lo scorso maggio da 10 stati europei. La piattaforma italiana «Lavori in Corsa: 30 anni CEDAW», D.I.Re (Donne in Rete contro la violenza), e l’UDI (Unione Donne italiane), ne chiedono in questi giorni l’immediata ratifica. E un triste primato tutto italiano è quello di vedersi affibbiata in un documento ufficiale delle Nazioni Unite la parola «femminicidio». In questo lo Stivale è insieme al Messico, condannato nel 2009 dalla Corte interamericana per i diritti umani per il femminicidio di Ciudad Juarez. Una storia della quale si parla poco e dai confini ancora troppo incerti: centinaia di donne, più di 500, violentate e uccise nella totale indifferenza delle autorità dal 1993. E altrettante sarebbero scomparse. Donne, ragazze e bambine (bambine) uccise ma prima sequestrate, torturate, mutilate, violentate (ed è un eufemismo) nello Stato di Chihuahua. I cadaveri straziati – nei corpi ancora in vita inseriti oggetti a beneficio di giochi erotici (anche questo è un eufemismo) mortali – buttati nella monnezza, o sciolti nell’acido. Secondo alcune denunce, si sarebbero macchiati di questi crimini anche uomini delle forze dell’ordine. Ma tanto, nonostante l’aumento della violenza contro le donne, il dibattito politico in paesi come il Messico e il Guatemala continua secondo molti osservatori ad archiviare tutti questi orrori come un danno collaterale della grande guerra del narcotraffico.

Nel 1985 l’Italia ha ratificato la Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (CEDAW) adottata dall’Assemblea Generale dell’ONU nel ’79, impegnandosi ad adottare «misure adeguate per garantire pari opportunità a donne e uomini in ambito sia pubblico che privato». Il monitoraggio dei risultati avviene ogni quattro anni. Gli Stati firmatari presentano un rapporto governativo con tutti gli interventi portati avanti per raggiungere i risultati richiesti dalla Cedaw. Oltre al rapporto governativo, in parallelo e autonomamente anche la società civile redige un proprio rapporto, il «Rapporto Ombra». Il Comitato Cedaw, composto da 23 esperti provenienti da tutto il mondo, eletti dagli Stati firmatari, esamina entrambi i rapporti e formula le proprie raccomandazioni allo Stato, che è tenuto a considerarle nell’ottica dell’avanzamento delle donne nella società e a risponderne negli anni successivi.

L’organismo delle Nazioni Unite ora ha chiesto all’Italia un aggiornamento entro due anni (invece dei canonici quattro) sulle misure adottate. Le ultime raccomandazioni fatte al nostro Paese, pubblicate il 3 agosto, sono state finalmente pubblicate sul sito delle Pari Opportunità in lingua italiana solo in questi giorni. Tra quattro anni sarà la volta di un nuovo rapporto periodico, il settimo da quando esiste la Convenzione. Nelle raccomandazioni del 2011, il Comitato Cedaw ha accolto con favore l’adozione della legge del 2009 che introduce il reato di stalking in Italia, «il Piano di Azione Nazionale per Combattere la Violenza nei confronti delle donne e lo Stalking, così come la prima ricerca completa sulla violenza fisica, sessuale e psicologica nei confronti delle donne, sviluppata dall’Istat». Azioni che, però, non bastano: «il Comitato rimane preoccupato per l’elevata prevalenza della violenza nei confronti di donne e bambine nonché per il persistere di attitudini socio-culturali che condonano la violenza domestica, oltre ad essere preoccupato per la mancanza di dati sulla violenza contro le donne e bambine migranti, Rom e Sinte». E qui l’affondo: «Il Comitato è inoltre preoccupato per l’elevato numero di donne uccise dai propri partner o ex-partner (femminicidi), che possono indicare il fallimento delle Autorità dello Stato-membro nel proteggere adeguatamente le donne, vittime dei loro partner o ex-partner».

«Femminicidio» è la distruzione fisica, psicologica, economica, istituzionale, della donna in quanto tale, della donna che non rispetta il suo ruolo. Il termine è stato coniato per i fatti di Ciudad Juarez, e ha fatto il giro del mondo. Barbara Spinelli, avvocato di Giuristi Democratici, tra le associazioni della società civile che si occupano del Rapporto Ombra rappresentante della piattaforma Lavori in Corsa – 30 anni CEDAW, ne parla in un libro scritto già nel 2008. «Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale». Già, perché tante sono e sono state nel tempo le richieste delle organizzazioni che si occupano di diritti umani di riconoscimento giuridico del femminicidio come reato e crimine contro l’umanità. Questo, si legge nella descrizione del libro, per «individuare il filo rosso che segna, a livello globale, la matrice comune di ogni forma di violenza e discriminazione contro le donne, ovvero la mancata considerazione della dignità delle stesse come persone».

Ai sensi della Convenzione Cedaw, spiega Barbara Spinelli a Linkiesta, «lo Stato ha delle obbligazioni note internazionalmente come le 4P»: prevenire la violenza sulle donne, attraverso un’adeguata sensibilizzazione, proteggere le donne che decidono di uscire dalla violenza, perseguire i reati commessi e procurare riparazione alle donne, supporto psicologico e sostegno all’ingresso nel mondo del lavoro. Inutile dire che, per le 4P, l’Italia potrebbe fare di più. «Il rapporto presentato dal governo italiano al Comitato Cedaw non dedica un capitolo specifico alla violenza sulle donne come richiesto», spiega la giurista. E «illustra troppo genericamente i provvedimenti che l’Italia ha preso». Quello che manca è «l’inquadramento della violenza dell’uomo sulle donne come carattere culturale». Le violenze si consumano soprattutto in famiglia, e soprattutto quando una famiglia si sta spaccando: ecco perché si auspica l’introduzione del divorzio breve. «La violenza sulle donne non è frutto di raptus, ma dalle relazioni di genere. E l’incapacità di adattare un’ottica di genere si riflette in un’inadeguatezza», dice la Spinelli.

Inadeguatezza e non sistematicità nella formazione degli operatori sanitari, sociali, delle forze dell’ordine e dei magistrati, «che costituiscono il primo ostacolo concreto alla protezione delle donne». Su 10 femminicidi, 7.5 sono stati preceduti da denunce alle forze dell’ordine o agli operatori sociali. «Quindi c’è una risposta inadeguata da parte dello Stato», spiega Barbara. Il comitato Cedaw «si dice appunto preoccupato per l’elevato numero di femminicidi che potrebbero evidenziare una responsabilità dello Stato nel non dare alle sue azioni in questo ambito carattere strutturale e culturale». Garantendo, tanto per cominciare, il risarcimento alle vittime. Ad oggi in Italia «la legge europea che prevede il risarcimento per le vittime è stata attuata per le vittime della violenza negli stadi, ma non per le donne», conclude amara l’esponente di Giuristi Democratici.


Fonte: http://www.linkiesta.it

Il fatto che si arrivi a coniare un termine per esprimere ciò che succede alle donne è agghiacciante. Ovviamente sono statistiche che non tengono conto delle "scomparse" ultimo sotterfugio per sviare le indagini quando si ammazza la propria moglie/compagna/fidanzata.
Ho messo in grassetto ciò che più di tutto mi ha impressionata: 7 volte su 10 c'erano già state denunce. Un esempio dalle cronache di questi giorni?
Lo stupro di una ragazza avvenuto fuori una discoteca (non si può credo definire stupro ma tentato omicidio, visto che il militare (definirlo animale e bestia sarebbe un insulto per gli animali!) dopo averla violentata...l'ha penetrata con un ferro di quasi 60 cm bucandole utero,intestino e parte dello stomaco). Un'altra ragazza scossa dall'accaduto ha denunciato un fatto gravissimo cioè che un amico di questo militare aveva provato ad abusare sessualmente di lei, è riuscita a scappare ed è andata dritta a sporgere denuncia. Peccato che in caserma le hanno detto "che non era in caso di denunciare perchè in fondo violenza non c'è stata".


E' possibile che non c'è via d'uscita?Possibile che solo se veniamo violentate, picchiate a morte forse riusciamo ad avere giustizia? Mah...
Email Scheda Utente
Post: 39.385
Post: 13.693
Utente Gold
OFFLINE
27/03/2012 21:41
 
Quota

nemmeno in quel caso temo...
Email Scheda Utente
Post: 142.156
Post: 1.304
Utente Veteran
OFFLINE
28/03/2012 19:08
 
Quota

e nella più piccola striscia di Gaza, quante donne muoiono ogni settimana? [SM=g2725336]

Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
Email Scheda Utente
Post: 1.524
Post: 1.524
Utente Veteran
OFFLINE
28/03/2012 19:13
 
Quota

Re:
Etrusco, 28/03/2012 19.08:

e nella più piccola striscia di Gaza, quante donne muoiono ogni settimana? [SM=g2725336]




Questa va nella serie tutta italiana: "come trasformare un argomento serio in una troiata".
28/03/2012 19:17
 
Quota

Re:
Etrusco, 28/03/2012 19.08:

e nella più piccola striscia di Gaza, quante donne muoiono ogni settimana? [SM=g2725336]




Mi sembra evidente che questa riflessione non prende in considerazione le donne che muoiono di fame in Africa, quelle nella striscia di Gaza, in Darfur ecc ecc. Anche perchè non solo donne muoiono ma anche bambini,anziani e uomini(se proprio vogliamo dirla tutta)

Stiamo parlando di una situazione diversa, di un Paese "civile" dove di civiltà ha ben poco. Dove non c'è tutela per chi chiede aiuto. [SM=g2725340]
Email Scheda Utente
Post: 3.218
Post: 3.218
Utente Master
OFFLINE
28/03/2012 20:02
 
Quota

Re: Re:
Niña de Luna, 28/03/2012 19.17:




Mi sembra evidente che questa riflessione non prende in considerazione le donne che muoiono di fame in Africa, quelle nella striscia di Gaza, in Darfur ecc ecc. Anche perchè non solo donne muoiono ma anche bambini,anziani e uomini(se proprio vogliamo dirla tutta)

Stiamo parlando di una situazione diversa, di un Paese "civile" dove di civiltà ha ben poco. Dove non c'è tutela per chi chiede aiuto. [SM=g2725340]




Quoto
Etrusco perdonami, ma la tua uscita rientra a pieno titolo fra quelle che sarebbe meglio risparmiarsi.

Comunque sono molto d'accordo con l'affermazione che "quello che manca è «l’inquadramento della violenza dell’uomo sulle donne come carattere culturale»".
Le cifre agghiaccianti riportate nell'articolo denunciano, oltre all'inadeguatezza della tutela che le istituzioni dovrebbero garantire, una distorsione culturale... o meglio un retaggio culturale mai soppresso che nell'attuale contesto sociale si trasfigura in una violenza che appare episodica, irrazionale, ma che non lo è affatto. E' infatti figlia di un modo di intendere la donna mai mutato, ma solo nascosto sotto il tappetto. La violenza è la risposta all'impossibilità di continuare a convalidare -quantomeno in un paese civile- una indomita (e talvolta, magari inconscia) pretesa di superiorità e possesso dell'uomo nei confronti della donna.
[Modificato da sissy forte 28/03/2012 20:03]
Email Scheda Utente
Post: 2.407
Post: 2.407
Utente Veteran
OFFLINE
29/03/2012 14:40
 
Quota

Fino al 1956 l'uomo poteva usare metodi "correttivi" sulla donna.
Fino al 1981 in Italia c'era il delitto d'onore.
Fino al 1996 lo stupro era considerato reato contro la morale e non contro la persona.

Questo retaggio del possesso sulla donna ancora non c'ha lasciato, e pian piano che la donna si emancipa la mentalità retrograda di certi individui viene fuori. Spero davvero che ci sia una rivoluzione culturale in tal senso e che soprattutto vengano prese delle misure serie che la favoriscano!
Questa situazione, questi numeri, mi fanno una rabbia!
[Modificato da |Lyuba| 29/03/2012 14:44]
29/03/2012 14:45
 
Quota

Re:
|Lyuba|, 29/03/2012 14.40:

Fino al 1956 l'uomo poteva usare metodi "correttivi" sulla donna.
Fino al 1981 in Italia c'era il delitto d'onore.
Fino al 1996 lo stupro era considerato reato contro la morale e non contro la persona.

Questo retaggio del possesso sulla donna ancora non c'ha lasciato, e pian piano che la donna si emancipa la mentalità retrograda di certi individui viene fuori. Spero davvero che ci sia una rivoluzione culturale in tal senso e che soprattutto vengano prese delle misure serie che la favoriscano!




Quoto assolutamente!Inoltre trovo assurdo che da un lato incitano a denunciare e dall'altro,quando la donna trova finalmente il coraggio,manca la risposta dello Stato!
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 01:10. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com