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Il Capo dello Stato e i bambini stranieri nati in Italia

Ultimo Aggiornamento: 25/11/2011 01:11
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24/11/2011 18:31
 
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Superare lo jus sanguinis e introdurre lo jus soli
Dal professore Prisco, che mi prega di postare. Il ccommento è in The Monitor, nuovo quotidiano on line , presentato come "il primo dell'era post - berlusconiana"

ECCO LA FANTASIA DELLA STORIA
Come accogliere l’invito del Capo dello Stato a ripensare (almeno per i bambini nati qui da stranieri) la legge sulla cittadinanza, da noi fondata ancora sullo jus sanguinis, mentre i più grandi Paesi del vecchio continente legano l’acquisto della condizione di cittadino ad una residenza pluriennale sul suolo patrio, pur se diversamente graduata e gli Stati Uniti appunto alla nascita sul loro territorio, elemento non secondario della situazione di melting pot per la quale vanno famosi?
Questo rilancio si presta a qualche considerazione di merito e a valutazioni - per così dire - di scenario, relative al momento e al clima in cui esso viene effettuato.
Sul primo terreno, chi abbia presente la realtà delle nostre classi elementari ormai multietniche, chi non abbia dubbi sull’italianità di Balotelli e chi pensi all’apporto che immigrati regolari danno alla languente economia nazionale, non può nutrire serie riserve. Quanto favorisce la piena integrazione di coloro che sono nati nel Paese, pur se forniti di colore della pelle e di tratti fisiognomici differenti da quelli che ci sono più abituali, va incoraggiato per motivi di equità e perfino di convenienza. Da questo punto di vista, assecondare simile proposta (che ne ricalca una di iniziativa parlamentare degli onorevoli Turco, Violante e Montecchi, presentata alla Camera fin dal 2001 e condivisa dall’onorevole Fini, che lega il riconoscimento della cittadinanza al completamento di un ciclo scolastico) non sarebbe un obiettivo eccentrico rispetto alla mission di un governo tecnico che si ispira alle parole d’ordine “risanamento, sviluppo, equità”, né certo alle sopra ricordate tendenze comuni alle legislazioni di molti Stati dell’Unione Europea, alle quali veniamo invitati ad adeguarci con riferimento a vari settori, oltreché intercettare la sensibilità di larga parte del mondo cattolico, anche moderato (si guardi alle favorevoli reazioni odierne di Casini e Di Pietro) e di quello di sinistra.
Sotto il profilo del soggetto che rilancia l’idea e del clima in cui essa ripiomba nella politica italiana, peraltro, il giudizio si fa più complesso.
Da un lato, il Presidente della Repubblica conferma il suo asse con quello della Camera dei Deputati e - sulla base di un tasso di popolarità e di fiducia testimoniato dall’altissimo indice di gradimento dei connazionali e dei circoli esteri che contano, pari al discredito in cui è invece precipitata la classe politica - la tendenza a costruire in proprio l’agenda del governo (sul chi debba cioè comporlo e sul che cosa esso debba fare). La forma di governo parlamentare italiana è insomma di fatto cambiata, da tempo e per più ragioni. Quest’ultimo intervento non fa che darne conferma.
Dall’altro, esso sembra fatto apposta per introdurre un ulteriore cuneo di divisione tra Lega Nord e PdL, già divaricati nell’atteggiamento verso l’Esecutivo, col secondo faticosamente impegnato a mantenere tuttavia un collegamento con la prima. In questa parte dell’opinione pubblica e dei suoi referenti partitici, la paura - del resto esplicitata con dura schiettezza - non è solo quella di salvaguardare la molto problematica identità etnica della penisola (siamo tutti storicamente, in realtà, materiati di molto sangue diverso), ma è più concreta: diventati maggiorenni, insomma, i bambini di oggi voteranno. Anche se l’esito dell’opposta vicenda dell’apertura di tale facoltà agli Italiani all’estero - che AN pensava all’epoca, intestandosi questa istanza, di egemonizzare quanto a consensi elettorali, mentre non è andata per nulla così - dovrebbe ammonire circa il fatto che la fantasia della storia è sempre più forte dei calcoli degli uomini.
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Utente Master
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24/11/2011 19:51
 
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Non stravedo per napolitano,pur riconoscendone i meriti:per questo dico che pur non essendo un organo politico in senso stretto credo sia normale e giusto che in una situazione come la nostra attuale si prenda delle responsabilità e indirizzi per così dire il governo.
La proposta in se poi mi sembra ottima e giusta.In Italia si sentono cose assurde che non sono al passo coi tempi,che alla base pongono sempre e solo la paura,in questo caso del diverso ,dello straniero.






[Modificato da J.Rebus 24/11/2011 19:52]
xxx Meglio essere vittima che complice.xxx
http://www.studibiblici.it/conferenze.html

Schiavo di nessuno,Servo di tutti.
http://www.studibiblici.it/videoomelieindiretta.html
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Utente Veteran
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24/11/2011 20:14
 
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non riesco mai a condividere il pensiero che gli stranieri siano una opportunità,che fanno i lavori che noi non vogliamo fare più ecc... Credo che fanno i lavori che noi non vogliamo fare perché li fanno in molti casi privi di tutele giuridiche e con una retribuzione non certo adeguata a quanto imposto dalla costituzione. Per me così si crea solo dumping. (si dice così,credo)detto questo,mi chiedo qualora venisse introdotta una norma del genere poi cosa succederebbe ai genitori,magari extracomunitari?avere un figlio italiano faciliterebbe le pratiche per ottenere una posizione di regolarità di presenza sul nostro territorio? [SM=x43826] quali sarebbero gli effetti secondo voi?
________ ______________ _________ ________ _______







www.pensieriecassate.blogspot.com
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Utente Veteran
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25/11/2011 01:11
 
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Il professore scrive delle verità.
Io sono d'accordo con quello che ha detto napolitano, chi è nato in Italia deve poter essere italiano.

Ma il mondo in cui l'ha detto è tutto politico e si conforma al momento storico che stiamo vivendo.
Il parlamento è esautorato, il governo risponde solo al presidente che prende anche iniziative politiche.
Roba normale in tempi di dittatura commissaria.

Però c'è del vero anche in quello che dicono i leghisti.
Nell'area di centrosinistra l'idea piace anche perché c'è la speranza che i nuovi italiani possano cambiare l'antropologia elettorale della nazione.
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